Ligabue (frame tratto dal videoclip di “Siamo chi siamo”)
“Siamo chi siamo”, in rotazione radiofonica dallo scorso 29 agosto, è l’ultimo singolo estratto dal fortunato e premiatissimo album di Luciano Ligabue, intitolato “Mondovisione”. Prima di addentrarci nel merito di questo brano particolarmente significativo, è il caso di soffermarci sul videoclip, realizzato da Riccardo Guernieri, in cui abbiamo avuto l’occasione di scoprire un Ligabue inedito. Seduto dietro una scrivania, il rocker di Correggio offre al pubblico una serie di frame che lo ritraggono in diverse vesti: Luciano passa con disinvoltura da un basco alla Celentano a un boa alla Renato Zero, da una tuta alla Fabri Fibra a una pelliccia alla Lucio Dalla, dalla giacca bianca, simile a quella indossata nel video di “Viva”, al gilet di qualche anno fa, mentre una serie di espressioni non verbali, tra gestualità e mimica facciale, ci trasmettono l’idea di un artista maturo che può permettersi di fare un bilancio ed invitarci a fare un ragionamento simile anche nei confronti di noi stessi.
Ligabue (frame tratto dal videoclip di “Siamo chi siamo”)
Sullo sfondo, intanto, scorrono le foto di alcune delle più significative frasi trovate sui muri d’Italia, perle di vita vissuta che Luciano ha proposto al pubblico anche nel corso del suo seguitissimo Mondovisione tour 2014: “Diffida dai libri, leggi sui muri”, “Non accettate sogni dagli sconosciuti”, “Attenti, sono ancora vivo”, “Non prendere la vita troppo sul serio tanto non ne uscirai vivo”, “Non è mai troppo tardi per farsi un’infanzia felice”, “Voi ridete perché io sono diverso, io rido perché siete tutti uguali” sono solo alcune delle frasi più significative proposte nel videoclip. Su tutte svetta “Il sistema non sistema”: un riferimento diretto e immediato alla politica, una critica ma anche uno stimolo a reagire e a smuovere la nostra esistenza, un incentivo alla partecipazione attiva all’interno della società. “Di tutte quelle strade averne presa una, per tutti quegli incroci nessuna indicazione…Di tutte quelle strade trovarsi a farne una, qualcuno ci avrà messi lì…siamo chi siamo”, canta Ligabue, e poi, ancora, “di tutte quelle strade, saperne solo una. Nessuno l’ha già fatta, non la farà nessuno. Per tutti quegli incroci, tirare a testa o croce…qualcuno ci avrà messi lì…”: in queste parole Ligabue è riuscito a rendere, nero su bianco, un profondo senso di smarrimento, l’incertezza, la confusione, l’ignoranza, la paura di mettersi in gioco e rischiare.
Ligabue (frame tratto dal videoclip di “Siamo chi siamo”)
Nonostante tutto, non manca, tuttavia, nel finale della canzone, un messaggio rassicurante: serio e composto, Luciano chiude il brano con una valutazione personale dalla valenza universale: “conosco le certezze dello specchio e il fatto che da quelle non si scappa e ogni giorno mi è più chiaro che quelle rughe sono solo i tentativi che non ho mai fatto”: parole intrise di saggezza che, senza cadere nella saccenza, consentono a Luciano Ligabue di interpretare il pensiero comune facendolo proprio e mettendoci la faccia. Siamo chi siamo e non c’è miglior presupposto per prendere in mano le redini della nostra vita.
Raffaella Sbrescia
Ligabue, intanto, sarà ancora in giro con il Mondovisione Tour – Stadi 2014 in Italia con le date di sabato 6 settembre allo Stadio Nereo Rocco di Trieste, martedì 9 allo Stadio Olimpico di Torino, sabato 13 al Dall’Ara di Bologna e sabato 20 all’Arena Della Vittoria di Bari per poi volare per la prima volta in carriera in America con ben 5 tappe negli Stati Uniti e in Canada.
Avevamo lasciato i Subsonica sulle energetiche e dinamiche note di “Lazzaro”, il primo singolo estratto dal nuovo album di inediti del gruppo torinese, intitolato “Una nave in una foresta”. Li ritroviamo oggi, 5 settembre, con “Di Domenica”, un brano apparentemente distante dai contenuti solitamente proposti dai Subsonica e con un testo destrutturato, essenziale, quasi minimalista eppure incredibilmente efficace. Prima di addentrarci nello specifico di questo nuovo singolo, per capirne l’ampia valenza immaginifica è importante parlare del bellissimo lyric video realizzato dal visionario Donato “miklyeyes” Sansone: piccoli tratti di matite e carboncini creano impercettibili intrecci visivi e metaforici. L’artista compie, infatti, un percorso a ritroso partendo da un’immagine definita per scoprirne l’intima essenza. Piccole figure geometriche si rilevano portatrici di vita, di speranza, di sogni creando una piccola magia in stop motion.
Ad accompagnare il testo della canzone è, invece, un arrangiamento soffice, vellutatamente delicato, una carezza per l’anima in cui ogni strumento svolge un ruolo preciso anche se le piccole e periodiche distorsioni di chitarra regalano un’aura peculiare ad un sound fortemente caratterizzato dall’uso dell’elettronica, come tra l’altro, è tipico dei Subsonica. Il brano, come è facile intuire, già a partire dal titolo, sceglie la domenica come giorno speciale, un momento unico, forse irripetibile, propizio per esorcizzare la paura, l’incertezza, la confusione, la sensazione di rimorso, la frustrazione del peccato. “Nel vuoto del letto dolce di una domenica, sono cambiamenti solo se spaventano, sono sentimenti. Anche se domani sarò un rimorso forse puoi abbandonarti di domenica. Sono cambiamenti solo se spaventano, sono sentimenti tutti i giuramenti oggi che è domenica sono adolescenti”, canta Samuel, con voce calda, sensuale e dolce al contempo. Un mood quasi melenso che forse molti fan dei Subsonica non ameranno ma che, col tempo, impareranno ad apprezzare come già è accaduto con altri brani pubblicati in passato. Un manto ritmico ovattato e coinvolgente, da ascoltare e riascoltare, lecca le ferite, rassicura il cuore incerto, ammorbidisce gli spigoli dei pensieri e delle costanti preoccupazioni che ci attanagliano l’anima.
Molto efficace il messaggio lanciato dal monito scandito a poco più di metà canzone: “Capovolgi il tuo destino, sarò sempre qua, sarò sempre qua/capovolgi il tuo cuscino, di domenica, di domenica”: una dichiarazione d’affetto incondizionato, una spinta a tuffarsi nel futuro, un incoraggiamento a credere in se stessi e nelle proprie capacità. I Subsonica ci regalano ancora una volta un brano ottimista e fiducioso che ci catapulta, più curiosi che mai, verso il full lenght “Una nave in una foresta” in uscita il prossimo 23 settembre, in pre-order da oggi su iTunes e nei principali stores digitali. Disponibili anche altri due brani, sempre tratti dall’imminente album: si tratta della title track “Una nave in una foresta” e de “I cerchi degli alberi”.
Scritto e musicato da Mario Venuti, Francesco Bianconi e Kaballà,“Ventre della città” è il nuovo atteso singolo di Mario Venuti che anticipa l’uscita de “Il tramonto dell’Occidente”, nuovo album di inediti del cantautore siciliano, la cui uscita è prevista per il 23 settembre (Microclima-Musica & Suoni/Believe Digital). “Ventre della Città” è un brano delicatamente intenso, in grado di concentrare l’occhio e lo spirito all’interno delle viscere della più intima realtà delle zone degradate e periferiche dei grandi centri urbani. Le “Storie di Corviale, di Quarto Oggiaro, di Scampia, di Librino e Zen sono conficcate come pugnali nel ventre della città…” e, in quanto tali, fanno male, tanto male. Un dolore quotidiano, ineludibile, insopportabile che rende insofferenti, insonni, cattivi e cinici. Un dolore che, in maniera assolutamente transitiva, è in grado di passare dalle esistenze individuali a interi quartieri delle grandi metropoli che, a causa della noncuranza di chi di dovere, trova sempre nuovi spazi in cui diffondersi, diventando endemico. A rendere visivamente l’idea del disagio sociale è il videoclip diretto da Lorenzo Vignolo e girato proprio a Librino, un quartiere periferico a sud ovest della città di Catania, in cui ciascuno dei frame proposti al pubblico diventa proporzionalmente necessario alla diretta comprensione di un testo dedicato alle vite dei quartieri venuti male, quelli in cui nessuno vuole andare, quelli che fanno paura, che fanno orrore, quelli che si vorrebbero dimenticare e che, invece, continuano ad attirare attenzione su di sé in maniera disperata, tragicamente drammatica.
Mario Venuti si conferma, dunque, un cantautore in grado di scavare a fondo nell’animo umano, senza, tuttavia, rinunciare ad una linea melodica solare, quasi in contrapposizione con l’aspetto più propriamente semantico del testo. In questo caso l’arrangiamento è vivo e ritmato, un ampio utilizzo dell’elettronica ed una serie di riff di chitarra regalano al brano un’allure godibile e molto orecchiabile. “Ci incontreremo le sere d’estate/Sul mare d’asfalto di queste borgate/Non sarà male fermarsi a guardare le nostre ferite, le stelle inventate”, canta Mario, rendendo visivamente le immagini di un mare di sogni infranti lungo muri di cemento e, mentre le stelle vengono coperte dagli ecomostri delle periferie suburbane, non rimane che immaginarle durante le notti insonni in cui si sogna di scappare via lontano. Nonostante un così grigio affresco del nostro mondo periferico, Venuti, Bianconi e Kaballà trovano anche lo spazio per la poesia perché, allorquando non è possibile trovarla nei libri, allora è giusto forzare la mano e carpirla nei più reconditi meandri dell’istinto umano, tra vizi e virtù, mantenendosi in ogni caso lontano dalla corruzione del pensiero borghese senza rinunciare, infine, ad un omaggio a Gianni Celeste, esponente di un genere, quello neomelodico, sempre più forma di espressione dei mali e dei pensieri dei cosiddetti ultimi.
Geko Luca Dimauro voce, piano e chitarra e Joseph Di Fraia (Batteria, sequencer, batteria elettronica) sono l’anima ed il cuore del duo denominato L’Essenza del 2. Insieme fin da giovanissimi, i due artisti hanno fuso i propri percorsi in un progetto che, se in un primo momento era incentrato sulla rilettura di note cover, oggi muove i primi decisi passi verso una nuova direzione fatta di emozioni, testi e note inedite. In questo caso specifico vi parleremo del brano intitolato “Nelle Favole”, il secondo singolo tratto dal primo ep del duo “Benedetta Pace”, prodotto per l’etichetta One More Lab, con la supervisione artistica di Maurizio Mariano e Francesco Valente.
“Nelle Favole” segue un filone intimista, velato di affranta malinconia ed inarrestabile speranza. Accompagnato da un dolce e suggestivo videoclip, realizzato sul Monte Soratte con un quartetto d’archi, con il patrocinio del Comune di Ponzano Romano nella valle del Tevere e della Provincia di Roma, il video del brano, girato da Massimiliano Gordiani converge l’eleganza armoniosa dell’arrangiamento con le immagini rupestri ed incontaminate di una location a metà strada tra sogno e magia.
Grande protagonista di questa ballad è l’amore, un amore fatto di sbagli che possiamo ritrovare nelle favole, piccoli peccati veniali da stemperare a suon di note. La consapevolezza di un sentimento che fatica a lasciare gli androni del cuore spesso ci spinge a prendere atto delle nostre paure, ci dà l’occasione di metabolizzare e, nel caso, di affrontarle a viso scoperto, in nome di un paio d’occhi limpidi in cui riconoscersi, ancora una volta.
“Sottovuoto” è il nuovo singolo di Renzo Rubino. Il brano è tratto dall’album di inediti del cantautore pugliese, intitolato “Secondo Rubino”. Accompagnato da un video frizzante ed originale, realizzato da Duccio Forzano, il brano racchiude i brandelli di una storia d’amore, raccontati quasi sottoforma di filastrocca magica. Un incantesimo, più simile ad un maleficio, colpirà la malcapitata di turno: “fingevi amore/senza amore rimarrai”, “Riveli vuoto e un sottovuoto diventerai”, canta Renzo Rubino che, con la consueta attenzione ai dettagli, necessari per fare ancora una volta la differenza, associa al testo un arrangiamento veloce e travolgente; pianoforte ed archi si congiungono in un mix irresistibile e giocoso. Come preannunciato in apertura, il brano è accompagnato da un videoclip ispirato al surrealismo metafisico di artisti eterni come De Chirico e Dalì.
Nelle sequenze di questa storia narrata per immagini, Renzo veste i panni di se stesso inserendo nel video tutte le sue passioni: pianoforte, ciliegie e barattoli sono i compagni di viaggio di un piccolo genio vestito di tutto punto ma con dei calzini che rivelano una percentuale di follia, sufficiente quanto basta, per stravolgere la routine quotidiana. Una piccola coreografia, eseguita dallo stesso Renzo, moltiplicato a decine, rende appieno la versatilità di un cantamusicattore che, saltellando sui tasti di un pianoforte, riesce sempre a coinvolgerci nel suo magico mondo di note e a lasciarci il sorriso sulle labbra.
Energica e spontanea, Romina Falconi è una cantautrice romana che, all’amore per la forma canzone tradizionale, associa una vena sperimentale fresca ed innovativa. Dopo le prestigiose esperienze, vissute anche in qualità di corista, nell’ “Ali e Radici World Tour” di Eros Ramazzotti e al fianco di altri importanti personaggi del mondo musicale italiano, Romina ha scelto di mettersi in gioco con una trilogia di ep davvero molto promettente, insieme al produttore Filippo Fornaciari alias The Long Tomorrow, nuovo interessante nome della scena dubstep-elettronica italiana. Abbiamo raggiunto Romina al telefono per lasciarci conquistare dalla sua personalità forte e schietta al contempo; imprenditrice di se stessa, Romina Falconi ha le idee molto chiare sul da farsi e si è già rimboccata le maniche per raggiungere gli obiettivi che si è prefissata.
“Attraverso” è il secondo capitolo della trilogia intitolata “Certi sogni si fanno attraverso un filo d’odio”… Ci spieghi il significato del titolo di questa trilogia…il perché della suddivisione in 3 capitoli e i temi che affronti nei 5 brani di questo secondo ep?
Avevo tantissimo da scrivere e, pur avendo la possibilità di far uscire un disco, ero consapevole di quali fossero le operazioni discografiche che mi aspettavano perciò mi è venuta in mente questa cosa un pochino rivoluzionaria. L’idea è quella di provare a fare tre mini album e spalmarli nel tempo, facendo lo stesso anche con la successiva promozione: fare bene i videoclip, farne uscire più di uno. Visto che non sono un artista famosa, ho deciso entrare in questo mondo in punta di piedi e soprattutto a modo mio. Pur non avendo un budget stellare e senza una produzione holliwoodiana, siamo riusciti a raggiungere degli ottimi risultati, questo testimonia che l’importante è fare un lavoro dignitoso con i mezzi che si hanno a disposizione. Un pò di rivoluzione ci vuole, mi sono detta facciamo il nostro e troviamo un modo originale per farlo. In base a questo ragionamento ho suddiviso anche i brani che avevo scritto. In “Certi sogni si fanno” descrivo quello che sono, senza mezze misure, ho scelto le produzioni più estreme per far vedere come io mi approccio al mondo in generale. “Attraverso”, invece, è l’ep dei segreti, in cui si va più a fondo per far vedere quello che provo, quello che desidero. Infine in “Un filo d’odio” ci sarà il rischio vero perchè, dopo essermi presentata, dopo aver fatto vedere quello che ho dentro, ci saranno i pensieri taciuti e cose politicamente scorrette… ci saranno un po’ di sorprese a riguardo.
Il testo di “Circe” è particolarmente tosto ed immediato… queste caratteristiche rispecchiano anche la tua scrittura e la tua personalità?
Sì assolutamente! Partendo dal presupposto che adoro la musica italiana, ho molto da ridire sul pensiero comune che la donna debba sempre lanciare dei messaggi molto puliti, semplici. Io voglio raccontare anche la parte scomoda di noi donne, mi piace dire delle cose, che di solito non si dicono, ma che sono assolutamente reali.
Sei un artista piuttosto poliedrica, hai prestato la tua voce a diversi generi musicali… quale senti quello più vicino a te?
Mi piacciono gli ibridi, se dovessi cantare un lentone con lo stesso vestito che conosciamo, con gli arrangiamenti di sempre, non riuscirei a rendere al meglio, come invece faccio, quando, per esempio, faccio un pezzo soul e ci metto su un arrangiamento new wave. Ho notato che sto bene con l’elettronica perché possiede una miriade di colori e sfumature.
Come hai lavorato con Filippo Fornaciari?
Filippo Fornaciari è un pazzo visionario, amico fraterno, ormai. Ci conoscevamo da tempo ma non abbiamo mai lavorato insieme, ci siamo incontrati in studio per mettere delle voci su un suo progetto. Filippo non ascolta musica italiana ed è predisposto a fare cose estreme, io che, invece, adoro la musica tradizionale, ho pensato che sarebbe stato molto bello scrivere dei pezzi con lui che mi proponeva di stravolgerli: due mondi avulsi che si incontrano. Avevo paura di una cultura musicale diversa dalla mia, siamo stati 6 mesi a cercare soluzioni, sembravamo dei pazzi ma poi, nata la prima canzone, ogni giorno abbiamo fatto qualcosa che è poi diventato definitivo. In sintesi, trovare la formula giusta è stato molto difficile poi però, una volta capito il senso di quello che volevamo, non ci siamo più abbandonati.
Romina Falconi
Ci parli del forte legame di amicizia che ti lega ad Immanuel Casto e della collaborazione nel brano intitolato “Eyeliner”?
“Eyeliner” è nata perché io sono cresciuta con una vicina di casa trasgender, si chiama Gio e mi ha aperto un mondo facendomi capire le difficoltà del suo di mondo. Quando ho scritto questo brano ho pensato a questo tema così delicato, il testo parla di tutte quelle persone che ne hanno passate di ogni ma che, nonostante tutto, non hanno perso quello che hanno dentro. Quando ho scritto “Eyeliner” ci tenevo moltissimo, non volevo solo descrivere il mondo dei trans, l’ho dedicata a Gio ma mi son detta: “chi vuol capire, capisce… chi ha provato certe cose, può capire.. .” In seguito mi sono rivolta ad Immanuel Csto, che adora i pezzi loschi, anche quelli più ambigui, in cui non è necessario spiegare tutto per bene. Il risultato, con l’inserimento della sua voce, mi è piaciuto tantissimo; lui è il mio Albano. Immanuel è la persona con cui sto crescendo artisticamente, è l’artista che amo di più, ha un coraggio invidiabile, che è quello di mostrarsi per come è, senza tornare indietro. Crescere insieme a lui è bellissimo poi stiamo diventando sempre più amici, questo è il terzo featuring che facciamo, ormai è un sodalizio, lui è un mio compagno artistico. Sono fiera di avere accanto lui come maestro, complice, compagno di viaggio anche se tante volte mi fa sentire una piccola Bridget Jones.
A proposito di questo brano, com’è stato partecipare alla Giornata Internazionale contro l’omofobia?
Essendo cresciuta con Gio che, oltre a mia madre, ha rappresentato una figura molto importante nella mia crescita, ci tengo tanto a far capire che non se ne può più. Bisogna far qualcosa, ho pensato di postare una foto su instagram con su scritto: “Si scrive omofobia, si legge basta”. Questo è un argomento che mi sta a cuore soprattutto per colei che ero solita chiamare “la mia mamma col distintivo”. Non riesco a capire perché ci siano ancora episodi omofobi, se ci pensiamo basterebbe così poco per vivere tranquilli e andare d’accordo. Purtroppo invece no, sembra quasi che quello che per noi è diverso ci fa talmente paura da essere aggredito. Adesso, con la vittoria di Conchita Wurst all’ Euro Song Contest 2014, bisognerà trovare il modo per farne parlare ancora di più. Sono convinta che ce la faremo, così come le donne sono riuscite a fare delle rivoluzioni immense, si riuscirà a debellare l’omofobia una volta per tutte. Chiedo anche agli altri di esprimere solidarietà e fare qualcosa, secondo me se ci fosse un uomo, etero, uno forte, famoso, che si schierasse contro l’omofobia sarebbe un fatto mediatico di notevole risonanza.
Come ti sei trovata durante le riprese del video di “Attraverso”?
Io adoro il regista Luca Tartaglia, anche lui è una persona che considero amica e che mi accompagnerà ancora per tutto questo percorso. Luca parte ogni volta da una mia idea, perché avendo scritto io i testi delle canzoni, partiamo da quello che è venuto in mente a me e magari costruiamo il video su quello. Per il video di “Attraverso” mi sono fatta cucire da mia madre questo vestito per avere un look senza tempo, non volevo appartenere a qualche sponsor o avere i soliti vestiti addosso, mi immaginavo uno scenario piuttosto apocalittico. Stavolta interpretavo il ricordo, lo staff è stato bravissimo a realizzare ogni volta i miei pensieri. La cosa più divertente del video è stata rompere tutto, piatti, bicchieri. Mi piace molto essere teatrale, questa cosa all’inizio non la sopportavo, poi ho cominciato a farmela piacere e a mettere questa teatralità anche in musica. Se non lo faccio adesso che sono imprenditrice di me stessa, non lo farò mai più. Per me ora è come stare dentro un sogno e, avere delle persone accanto che mi permettono di sperimentare, è davvero bellissimo.
Come hai vissuto l’esperienza da corista con Eros Ramazzotti e quali sono gli insegnamenti che ne hai tratto?
Dal tour di Ramazzotti ho imparato che la famosa frase “The show must go on” è vera, l’importante è fare bene sul palco e dare il massimo. Questo mi ha insegnato molto, anche il fatto di avere ogni sera un pubblico diverso, di paesi diversi, mi ha fatto mettere in gioco anche in questo senso. Eros stesso, all’epoca mi diceva che non vedeva l’ora che io smettessi di fare la corista per seguire il mio sogno. Ora, finalmente, è giunto il momento: stiamo cercando di studiare la soluzione live più adatta a me e alle mie canzoni… Vorrei creare lo stesso palco in ogni posto e, quando comincerà il tour, che stiamo organizzando, anche insieme a Barley, vorremmo fare in modo che ovunque ci sia sempre lo stesso palco, come se noi ci teletrasportassimo tutti. In ogni caso vedo l’ora di far ascoltare le mie cose al pubblico.
Si ringraziano Romina Falconi e Marta Falcon per Parole e dintorni
Silvia Tancredi è una cantante e autrice torinese, diplomata in canto presso il CPM di Milano e laureata in D.A.M.S. presso l’Università degli Studi di Torino. Innamorata da sempre del gospel, Silvia vanta una nutrita carriera come vocalist al fianco di artisti come Neja, Arthur Miles & The Allstars Gospel, Lee Brown, Fred jr. Buscaglione, Fabrizio Consoli, Anthony Morgan’s Inspirational Gospel Choir Of Harlem. Sempre pronta a sperimentare ed a mettersi in gioco, Silvia Tancredi sta lavorando al suo nuovo album di inediti e nel frattempo ci ha parlato di “The Cage”, il brano scelto dalla regista Mirca Viola per la colonna sonora del suo film “Cam Girl” (al cinema dal 22 maggio) e disponibile anche in versione remix a cura di Jeffrey Jey (Eiffel 65).
Silvia, il tuo percorso musicale è per lo più incentrato sullo studio e la pratica del contemporary gospel…cosa rappresenta per te questo universo musicale e cosa ti ha dato fino ad oggi in termini sia umani che artistici?
Il gospel è stato il mio primo amore e, in quanto tale, questo genere è stato una continua fonte di spunti per andare alla ricerca di aspetti musicali sempre nuovi. Il gospel è una musica che ha radici molto antiche, è nata nell’800 e ha preso forme sempre nuove fino ad arrivare al contemporary, una musica un po’ più difficile da inquadrare per noi italiani. In realtà si tratta di un genere che viene suonato su tutti i palchi in continuazione, uno stile musicale assolutamente vivo, che mi sono portata in tutti i miei progetti.
Quanto sono importanti per te lo studio e la ricerca quotidiana?
Beh, lo studio è fondamentale. Credo che la cultura possa darci delle chiavi per aprire le porte della nostra vita. L’approfondimento dell’aspetto musicale e la ricerca per la tesi della laurea specialistica per me sono stati importanti perché ho avuto modo di attuare un percorso di studio approfondito su un argomento molto attuale ovvero il mondo legato ai talent show. Il mio punto di vista non è stato solo quello di una studiosa, di una ricercatrice, si tratta, piuttosto, di un punto di vista etnoantropologico; in questo modo ho ottenuto dei riscontri e dei risultati molto più completi.
Silvia Tancredi Ph Roberto Borgo
“The Cage” è il tuo nuovo singolo che, insieme a “Sing your love”, brano tratto dal tuo primo album intitolato “L’importante è crederci”, fa parte della colonna sonora di “Cam Girl”, il nuovo film della regista Mirca Viola. Di cosa parlano questi brani e in che modo si ricollegano alla trama del film?
Sono convinta che Mirca abbia scelto queste due canzoni innanzitutto per la loro musicalità ma anche per il loro contenuto testuale. “Sing your love”è una canzone in cui compaiono pianoforte, archi e voci e nel film è stata messa, infatti, come musica di sottofondo in un momento più tranquillo della narrazione cinematografica. “The Cage”, invece, è una canzone che non ho scritto per il cinema quindi l’incontro con Mirca è stato molto fortunato. La mia canzone parla dell’illusione di trovarsi all’interno di una gabbia dorata, dell’impossibilità di riuscire a volare. Per queste ed altre ragioni, il contenuto del film si identifica con i concetti contenuti nel mio brano: quattro ragazze si troveranno, senza rendersene conto, intrappolate nella scelta di aprire un sito di Cam Girl. La mia canzone comunque lascia una porta aperta alla possibilità di realizzazione.
Che ne pensi della versione remix di “The Cage” curata da Jeffrey Jey degli Eiffel 65?
Conosco Jeffrey da tempo e, quando lui mi ha proposto il remix, ho temuto che il risultato si discostasse dalla canzone invece devo dire che ha fatto un lavoro veramente entusiasmante!L’ultima volta che ho ascoltato il remix ballavo da sola per casa come una pazza perché Jeffrey ha messo nel brano tutta la sua energia.
Stai lavorando ad un nuovo album? Se sì, in che direzione ti stai muovendo?
“The Cage” è in effetti, il singolo che precede il mio nuovo album che è praticamente finito… A breve seguiranno dei nuovi singoli e poi uscirà l’album intero! In estate ci saranno delle belle novità in questo senso…
Si ringraziano Silvia Tancredi e Tatiana Corvaglia per Parole e Dintorni
“Da sule nun se vence maje” è il nuovo singolo dei Foja. Il testo è il frutto della collaborazione tra la band ed il noto attore e regista napoletano Alessandro Siani. Il brano rispecchia, in tutto e per tutto, l’anima e l’ormai riconoscibile cifra stilistica dei Foja che, all’interno del proprio sound, riescono a coniugare brillantemente elementi della tradizione classica napoletana con la più avanguardistica innovazione. Questo progetto rappresenta un nuovo incoraggiante passo di una formazione musicale consolidata che, forte di un background culturale molto radicato all’interno del proprio dna artistico, riesce ad attingere anche da altre culture nel mondo, creando una miscela musicale immeditata ed efficacemente incisiva. Un tripudio incalzante di chitarre acustiche ed elettriche, sposa il fascino e la musicalità della tradizione classica, attraverso il mandolino di Luigi Scialdone, senza mai rinunciare ad una texture semantica qualitativamente elevata.
Foja
L’uso della lingua napoletana conferisce un valore aggiunto al contenuto dei testi, così come avviene in quello che ci accingiamo ad approfondire. “Simme ’na cartulina maje mannata, ’sti panne spase ormaje se so’ asciuttate, e je nun sogno cchiù e je nun sogno cchiù”: poche parole riescono a racchiudere immagini, storie, vite vissute. Il linguaggio figurato è più espressivo che mai, sogni, vizi e virtù prendono vita lasciandoci addentrare nel ritornello della canzone: “Ma po’ ce staje tu e je nun penso a niente cchiù, si po’ ce staje tu ca me truove quanne saje, ca me lieve ’a mieze ’e guaje pecché da sule nun se vence maje”: Ma poi ci sei tu ed io non penso più a niente, se poi ci sei tu, che mi trovi nei momenti che solo tu sai riconoscere, tu che mi togli dai guai perchè da soli non si vince mai.
Sì, da soli non si vince mai, la grande verità racchiusa in questa frase che, tra l’altro, dà anche il titolo al brano, rappresenta, in realtà, la chiave di volta per comprendere cosa non funziona più della nostra umanità ripiegata su se stessa, tesa all’annichilimento e all’egocentrismo distruttivo. L’unione delle menti, dei cuori, degli spiriti, degli intenti, degli obiettivi è quanto di più forte possa esserci e i Foja hanno saputo raccontare questa necessità con grazia ed originalità. Seguendo il file rouge di questo intento anche nel videoclip del brano, con la regia di Dario Calise, c’è la partecipazione attiva dei fan, che hanno cantato il ritornello su una base postata sul profilo facebook dei Foja. Prodotto da Graf srl – Mad Entertainment 2014 e pubblicato da Full Heads, il video è un prodotto visuale creativo e d’impatto: a ulteriore conferma della “doppia vita” artistica del frontman Dario Sansone, che alla sua attività di cantante vede affiancata quella di affermato disegnatore, le immagini sono state elaborate come se si trattasse di disegni e, insieme al testo della canzone sincronizzato con le immagini, e ai riquadri con i fan, il risultato è un bel patchwork di volti e sorrisi.
Un altro importante tassello artistico per la carriera dei Foja che, con il loro brano intitolato “’A malia”, tratto dall’ultimo disco “Dimane Torna ‘o sole” sono anche in concorso per il Premio David di Donatello 2014 come miglior canzone contenuta all’interno della colonna sonora del film “L’arte della felicità” di Alessandro Rak. Una realtà musicale davvero originale e incoraggiante per quanti abbiano ancora voglia di mettersi in gioco e credere nelle proprie potenzialità.
Crediti
Voce e chitarra: DARIO SANSONE / Chitarra elettrica: ENNIO FRONGILLO / Mandolino: LUIGI SCIALDONE; Basso: GIULIANO FALCONE / Batteria: GIOVANNI SCHIATTARELLA / Cori: GNUT
“Comete” è il titolo del primo singolo estratto dal nuovo album di inediti de Le Strisce, su etichetta Suonivisioni. Il disco vedrà la luce soltanto tra qualche mese ma, in occasione della pubblicazione del videoclip ufficiale della canzone, girato dal regista e video maker Tiziano Russo, ci sembrava opportuno approfondire la conoscenza di un testo che anticipa un lavoro discografico dai presupposti interessanti. “Pensi troppo, dormi male, sputi sulle webzine e ti senti intellettuale citando Baudelaire, spleen”, Davide Petrella (Voce -Testi), Francesco Zoid Caruso (Basso), Enrico Pizzuti (Chitarre), Andrea Pasqualini (Chitarre), Dario Longobardi (Batteria) descrivono la tristezza dei giorni nostri rigettandola in modo aggressivo e diretto. La crudezza espressiva delle parole si accompagna ad un uso massiccio della chitarra e alla vocalità leggermente graffiata di Davide Petrella. Anche nel video caos, disordine e violenza sono gli elementi che saltano subito all’occhio.
“È tuo il disordine, che caz*o vuoi da me?”: ecco la sintesi dell’egoismo difensivo in cui abbiamo imparato a rifugiarci per scampare al dolore e al furente abbattimento dei nostri sogni. “Prima alternative, indie, rapper, hipster è solo moda, tutto gira, tornerai triste”: tutto è effimero, identificare se stessi in una corrente di pensiero o in una moda è qualcosa di temporaneo, destinato ad estinguersi, qualcosa che finirà per rimetterci completamente a nudo, prima di fronte a noi stessi e poi di fronte a tutti gli altri. “Se non puoi chiamarla arte allora è do it yourself?”: in questa frase Le Strisce tracciano i presupposti per una riflessione più approfondita: cosa possiamo definire arte? Chi può dirci cosa è arte e cosa no? Qual è il confine che determina il passaggio tra un prodotto indipendente e un progetto “mainstream”? La storyline del videoclip accompagna queste parole con un’aggressione a degli artisti ed un maltrattamento di gruppo, da cui non usciranno né vincitori nè vinti. Un nichilismo di fondo attraversa queste ed altre incertezze proposte dai ragazzi de Le Strisce che, nel titolo del brano, propongono un gioco di parole a metà strada tra identificazione generazionale “come te” ed una più onirica suggestione tutt’altro che lapalissiana… Quello che ci rimane da scoprire è se noi ci facciamo ancora delle domande o se ci siamo rassegnati a vivere alla giornata seguendo le nostre personalissime “comete”.
“Quante Parole che non dici” è il nuovo singolo di Arisa, tratto dall’album intitolato “Se vedo te”. In radio, da Venerdì 25 Aprile, il testo scritto dal cantautore Antonio Di Martino per Arisa racconta in maniera intima e delicata l’emozione di una personalità che si evolve nel tempo e che trova la forza per lasciarsi alle spalle il passato. Il brano, carico di pathos, trova una naturale trasposizione nelle immagini girate da Gaetano Morbioli nella terra d’origine della vincitrice dell’ultima edizione del Festival di Sanremo, ovvero la Basilicata. Il confronto e il dialogo sono cose che ci occorrono in ogni singolo giorno della nostra vita per imparare a crescere a rapportarci con l’altro ma, sempre più spesso, ci risulta difficile dire “tutte le nostre parole” e questa difficoltà causa blocco, implosione, chiusura, confusione. Arisa si libera dalle barriere, fisiche, metafisiche, spirituali e mette nero su bianco questo suo racconto attraverso delle belle immagini girate tra foglie di boschi, la Grotta delle Meraviglie di Maratea e la bellissima Spiaggia Nera di Marina di Maratea, una terra trasparentemente selvaggia. “Quante parole che non dici e vorresti gridare, con il tempo vedrai esploderanno tutte nello stesso momento, tutte fino a farti sentire meglio”, canta Arisa, raccontando attimo per attimo la risalita di un flusso di pensieri che, pian piano, si amalgamano fino a diventare parola. “Le frasi si sommano, diventano delle addizioni, dei labirinti di coniugazioni. Uscirne è difficile, puoi rischiare di naufragare in un lago di virgole. Ma perché vuoi spiegare l’amore? Sono solo due numeri prima da calcolare!”.
Arisa si spoglia delle paure e delle incertezze e, alla fine del viaggio, un tuffo rigeneratore laverà via le lacrime e la paure del passato per provare a ricominciare tutto daccapo.
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