Il Trentino è uno scrigno ricolmo di tesori e ogni anno, in estate, il forziere viene aperto per lasciare che appassionati di montagna, di natura e di musica possano ammirarne l’estasiante contenuto. Anche quest’anno l’incantesimo si è ripetuto grazie a “I suoni delle Dolomiti”, uno dei Festival più suggestivi d’Italia che riesce a racchiudere al proprio interno l’anima delle Dolomiti e alcuni dei più prestigiosi nomi del panorama musicale internazionale. Tra gli appuntamenti più originali c’è sicuramente il concerto all’Alba, un momento unico, prezioso ed irripetibile che richiede passione, preparazione e dedizione.
L’arrivo
Sveglia alle 3.30, breve colazione al volo e poi via, tutti in auto fino al Passo di San Pellegrino. L’aria è pungente e gelida, il cielo è ancora scuro, la notte si appresa ad uscire di scena ma il sole è lontano. Sorprende scoprire centinaia di escursionisti camminare a passo svelto verso il piazzale della funivia del Col Margherita. Sciarpa, cappello e giacca a vento non bastano a scaldarsi eppure l’emozione e l’incanto smorzano il tremolìo delle mani illuminando lo sguardo perso tra le cime delle Dolomiti. Si sale nel buio della notte fino ai 2500 metri del Col Margherita, il cielo comincia ad illuminarsi mostrandosi terso come non mai. Migliaia di persone si sistemano sui sassi, assiepandosi come pinguini in Antartide.
Migliaia di colori, di occhi e di anime riunite nello stesso posto per godere della stessa voce; quella della cantante lappone Mari Boine che, insieme a Paolo Vinaccia, Corrado Bungaro, Carlo La Manna, Roger Ludvigsen, Giordano Angeli ha letteralmente accompagnato il sorgere del sole con la sua voce vorticosa e potente. Le sue movenze sciamaniche, la tangibile sintonia creatasi con i musicisti e l’irresistibile bellezza evocativa del posto hanno contribuito a rendere l’evento ancora più magico di quello che ci si potesse aspettare.
Il concerto
Un canto limpido, profondo, liberatorio che, quasi come un richiamo ancestrale, ha chiamato a raccolta migliaia di persone pronte a lasciarsi ammaliare. Con i suoi canti ispirati alla tradizione del popolo Sami, Mari ha raccontato di domande poste al vento, di danze dedicate al dio Sole che in Lapponia sparisce per mesi. La sua lingua è incomprensibile ma, anche quando canta in inglese l’artista arricchisce il suo canto di suoni e gorgheggi che dicono più di mille parole, la sua voce è energia da cogliere a piene mani mentre tutt’intorno si stagliano le cime del Focobon, del Cimon della Pala, dell’Agner e poi ancora la Civetta, il Pelmo e la Marmolada. Dopo un’ora di incanto, il sole è già alto, lo sguardo è attonito, l’anima trabocca di emozioni, il freddo è un lontano ricordo.
Il rito si è concluso ma rimane tutto il tempo di fermarsi a scoprire ogni centimetro di luoghi millenari dal fascino eterno. Rocce porfiriche e carbonatiche si alternano tra pozze ghiacciate e scorci di monti intrisi di storie di guerra e di fame. Irrinunciabile una passeggiata distensiva lungo i sentieri di Passo San Pellegrino fino alle sponde del bellissimo laghetto adiacente. Piante selvatiche e profumati larici sono i bonus concessi dalla natura a fronte di un’avventura faticosa ma oltremodo appagante.
Raffaella Sbrescia
In agenda
I Suoni delle Dolomiti continuano fino al 26 agosto. Il programma completo si trova su: www.isuonidelledolomiti.it