ERMAL META è in gara al 71° Festival di Sanremo con il brano “UN MILIONE DI COSE DA DIRTI”, contenuto nel nuovo album di inediti intitolato “Tribù Urbana”.
“Un milione di cose da dirti” è una canzone d’amore, una «semplicissima canzone d’amore», dal sound essenziale, pochi accordi per raccontare qualcosa di personale ma capace di risuonare anche a livello universale. Con questa ballad, il cantautore torna sul palco del Festival con la voglia di emozionarsi ed emozionare insediandosi con le sue parole sotto l’epidermide.
Parlando del suo nuovo album, Ermal Meta lo descrive come un lavoro pensato, scritto, realizzato e suonato immaginando di essere in platea, mimetizzato tra il pubblico, esattamente come chiunque di noi che, dopo più di un anno, torna a vedere un concerto con l’intento di lasciarsi trascinare e cantare a squarciagola. Ermal Meta non è rimasto confinato all’interno di un unico genere, il suo sound è di respiro internazionale, prende ispirazione dalla matrice rock degli esordi ma avanza spedito alla ricerca di nuovi suoni in modo sempre misurato e bilanciato. Mai come in questo caso il verbo “play” si addice perfettamente alla natura di “Tribù urbana”.
Nel frattempo Ermal Meta torna al Festival di Sanremo con uno spirito completamente diverso, l’obiettivo non è strettamente legato a una possibile vittoria bensì alla voglia di salire sull’unico palco in cui si possa cantare dal vivo in questo momento e, per chi come lui, respira musica da 20 anni, forse è questa la vittoria più importante in una situazione critica come quella che stiamo affrontando tutti. Nella canzone i personaggi non sono confinati in nomi e cognomi, ogni storia è un incantesimo e anche questa cerca di esserlo annullando i confini tra l’uno e l’altro. Un evento d’amore verticale in un crescendo di emozioni. Anche dal punto di vista visivo ci saranno importanti novità: forte del grande successo riscontrato dai suoi ultimi videoclip, anche Ermal Meta ha intuito l’importanza di porre l’accento sull’estetica dei propri lavori visuali e anche questa volta ha deciso di stupirci con un lavoro speciale e ragionato.
Per quanto riguarda la serata dei duetti al Festival di Sanremo, Ermal Meta spiega: “Canterò il 4 marzo ma non ho fatto un calcolo delle date. Per questo ho scelto “Caruso” di Lucio Dalla anche se tutti mi hanno sconsigliato di farla. Sono fatto così, cerco di andare controcorrente, preferisco misurarmi con i miei limiti, mettere i guanti e toccare l’intoccabile. Magari sbaglierò ma voglio misurarmi con questa canzone, vorrei provare a tirare una punizione al 93’ e vedere se mi avvicino allo specchio della rete. Insieme a me ci sarà la Napoli Mandolin Orchestra. Un giorno mi sono messo al pianoforte e ho registrato una take di “Caruso” e l’ho inviata al maestro Diego Calvetti a cui ho chiesto un arrangiamento degno della grandezza della canzone. Dato che è sempre molto difficile accostarsi a certe canzoni, gli ho suggerito che volevo farla con dei mandolini che fossero di Napoli. È stato Diego a parlarmi del gruppo e ovviamente ho subito detto di sì. Sarebbero dovuto essere 12 ma ci hanno consentito di poterne invitare solo 4. Sono sicuro che sarà stupendo, la canzone napoletana non mi ha formato ma, anche senza poter riuscire a spiegarne il motivo, sento un legame molto forte con Napoli. La prima volta che ci sono andato mi sono sentito a casa, la sento molto vicina e credo che sia la rappresentazione dell’Italia intera. Chi non capisce Napoli, non può capire l’Italia, anche musicalmente parlando. Ad ogni modo preferisco la serata delle cover rispetto alla rivisitazione degli inediti perché ti misuri con canzoni che conoscono tutti e le persone non devono far fatica potendosi concentrare solo sull’interpretazione che ne fanno i cantanti in gara”.
Tornando al disco “Tribù Urbana”, Ermal Meta racconta: “In questo lavoro lavoro ci sono storie nascoste. Ad esempio il brano “Invisibili” è una canzone molto importante nata dopo un viaggio negli USA durante il quale ho fotografato tanti homeless fino a fermarmi a parlare proprio con uno di loro. Nel giorno del suo compleanno, quest’uomo mi ha raccontato parte della sua vita e ho pensato che quella fosse una bella storia che nessuno avrebbe mai ascoltato e voluto darle un mezzo per farla volare. Tutti noi siamo stato invisibili almeno una volta, nella mia canzone gli invisibili diventano supereroi. C’è poi il brano “Stelle cadenti” che magari sulla carta poteva essere il brano più adatto per Sanremo ma in realtà mi sembrava pù giusto andarci con una ballad. Questa canzone è la vita fotografata in modo molto artistico ma poco nitido, questo aspetto la rende sicuramente più estiva. Un altro brano fondamentale è “Nina e Sara”: la storia è ambientata nel 1987 e ci porta a riflettere sul fatto che la nostra libertà individuale è ancora confinata tra mille tabù. La vicenda nasce da una storia personale, da ragazzino a 16 anni avevo una fidanzatina che spesso si comportava come un’anima in pena sia con me che con gli altri. Non ero in grado di capire cosa avesse, non ero in grado di spiegarlo. Solo dopo due o tre anni che ci eravamo lasciati l’ho ritrovata felice e fidanzata con una ragazza. La società non le ha dato gli strumenti per comprendere di non essere in errore e ancora oggi c’è una strada molto lunga da percorrere su questo tema. Quando la rividi, pensai a quanto potesse aver sofferto negli anni precedenti e ho voluto omaggiarla con questa canzone. Questo è un disco strano per me, ci ho lavorato con la voglia di libertà quando la libertà mancava, non ho pensato a nessuna collaborazione. Ho fatto qualcosa con un mio grande amico ma è un progetto che esula da questo album e l’ho fatto per puro gusto artistico. Ci sono troppi feat in giro, spesso anche scollegati tra loro. La verità è semplicemente non ho pensato di chiamare nessuno e va bene così”.
Raffaella Sbrescia