Niccolò Fabi torna a far sognare con un nuovo album. “Tradizione e tradimento” nasce da un percorso umano e artistico decisamente tortuoso e complesso; si tratta di una formula di perfetto equilibrio tra parole, emozioni e note. Tutto viaggia di pari passo e ogni elemento è complementare all’altro. La poetica di Fabi si conferma intima, profonda, necessaria. Ecco cosa ha raccontato lo stesso artista in occasione della presentazione del disco alla stampa.
“Il percorso di “Tradizione e Tradimento” è stato scandito da due fasi: fallimento e conferma. Subito dopo il forte successo riscontrato con “Una somma di piccole cose”, ho avvertito il desiderio di allontanarmi da quanto fatto fino ad allora. Per un anno ho preso le distanze dal concetto di essere cantante, ho chiuso una parte importante della mia vita, avevo la sensazione di aver esaurito quella vena, non avevo voglia di essere cantore di cose intime. Anzi, ne approfitto per specificare che la profondità ti fa trovare tutti gli altri. In fondo non parlo di me ma di tutti; è solo che andare lì in fondo è difficile sia per me, sia per la restituzione degli sguardi di tutti quelli che mi hanno scelto come accompagnatore di questa discesa. Mi onora essere accanto alle persone in quei momenti ma è anche un peso.Ho tenuto la chitarra chiusa nel fodero e svolto attività meravigliosamente estranee a tutto questo. Poi però il demone mi ha bussato alla porta e mi sono chiesto che senso avesse la mia vita mentre facevo finta di nulla. Quindi ho iniziato a sperimentare, a mettermi in discussione, a tentare un approccio diverso alla scrittura. Ho praticamente fatto il giro del “caseggiato” per poi realizzare che quella trasformazione d’identità non poteva andare a buon fine. Sono tornato sui miei passi e ho cercato un nuovo equilibrio insieme a Roberto Angelini e Pier Cortese. A questo proposito c’è il brano intitolato “I giorni dello smarrimento” che gioca un ruolo centrale. La svolta per me sta sempre nel raccontare quello che succede, ho risentito la mia voce familiare nel dire quello che sa dire. Nel sondare altri territori ero diventato uno qualsiasi. Sarà forse una condanna ma la mia struttura emotiva è fatta per tirare fuori quello che c’è in profondità. Ad ogni modo sono convinto che non ci sia bisogno di andare lontano quando quello che serve che l’hai nelle tasche. Di base non ho un talento musicale particolarmente sviluppato, non scrivo, non canto e non suono in modo speciale. Quando però raggiungo un certo tipo di intensità scrivendo qualcosa di importante, mi rendo conto di essere speciale.
A proposito di contenuti e retorica, “Io sono l’altro” non è una canzone sulla diversità, descrive bensì il desiderio di capire gli altri. Non credo sia interessante raccontare l’altro partendo dalla cronaca quotidiana, ho cercato di entrare nello sguardo dell’altro e capirne il punto di vista. Il mio modo per non sfuggire a un argomento centrale è “Migrazioni”: un quadretto, una canzone breve svincolata dalla cronaca, inquadrata in un flusso più grande per raccontare la ricerca della sopravvivenza attraverso il movimento. Il ruolo dell’artista non è quello dello sloganista elettorale. Sempre parlando di parole, rivendico una volta per tutte che per me scrivere canzoni è un atto in cui parole e musica viaggiano insieme in modo assolutamente equo e paritario rispecchiando un particolare stato d’animo e un’attenzione totale. In questo momento storico mi sento smarrito, la mia sensibilità è molto condizionata da una natura estremamente emotiva, sono profondamente scosso da una società che va in una direzione in cui non mi riconosco, le armi che ho per farmi ascoltare sono queste: le parole, i racconti, le emozioni. Cerco di stimolare le persone verso una dimensione di ascolto attento, cerco l’arginamento della disillusione, il contenimento dell’aggressività, lo smorzamento del cinismo. Questo è quello che posso realisticamente fare sulla sia della paura che la china non riesca a rialzarsi da una discesa che sembra sempre più ripida. Mi sono reso conto, nel corso del tempo, che a volte alcune considerazioni dette in un orecchio sono più devastanti di quelle dette in un megafono. In questo senso sono un seduttore e non un conquistatore, per questo ci ho messo tanti anni a portare avanti il mio percorso, per questo credo di essere stato bravo a non mollare questa mia attitudine. Spesso uso me stesso per capire meccanismi che non riguardano solo me, nella nostra società questo tipo di linguaggio sussurrato viene spesso considerato più debole perché la sua forma è meno invadente ma è proprio qui e ora che rivendico il pacifico e determinato esercizio del dissenso. Riconoscersi diverso in modo pacifico è molto più importante che convertirsi alla sloganistica gridata.
Il movimento e l’idea di cambiamento attraversano anche “Tradizione e tradimento” segnando un passaggio dall’io al noi. Nel disco precedente non c’era nulla che non sia frutto delle mie dita e dei miei pensieri. In questo caso l’esigenza primaria era riuscire a trovare un modo per veicolare il mio linguaggio intimo ad altri esseri umani con cui ero in studio. Ho raccontato una nuova stagione della vita perseguendo l’obiettivo di essere credibile, per dare ai miei coetanei un modo diverso per ascoltarsi, a chi è più grande di creare memorie e a chi è più giovane di creare prospettive.
Video: Niccolò Fabi descrive il brano “Scotta”
L’insidia della rigidità mi porta alla ricerca dell’elasticità sia mentale che fisica. Non mi interessa la potenza ma l’adattabilità.Questo è quanto avviene in “Scotta” dove Quasimodo incontra i Sigur Ros. Il brano racchiude la mia aspirazione massima, l’ho scritto in meno di un’ora in un pomeriggio fortunato. La mia ossessione è unire due linguaggi opposti rispettandoli e facendoli stare insieme. Ecco perché spesso ci sono code strumentali nella mie canzoni. Le atmosfere musicali sono evocative, dopo aver messo a fuoco quattro immagini puoi prendere la musica per mano e portarla dentro di te alternando lucidità e confusione.
Se penso a come porterò tutto questo in tour, al netto del fatto che le prove non sono ancora state fatte, l’idea di base è che possa essere un concerto molto più vicino al concetto di performance artistica. Aspiro a fare un viaggio e a portare per mano chi mi ha dato tutta la fiducia che ho conquistato piano piano. Toglierò i rituali finora presenti nei miei live, vorrei introdurre un capitolo nuovo alternando sorpresa e rassicurazione. Nel dosaggio di questi elementi ci saranno Alberto Bianco, Pier Cortese, Roberto Angelini, Daniele “Coffee” Rossi. Quattro cantautori per un approccio decisamente emotivo che andrà oltre lo strumento.
Per concludere mi piacerebbe spendere due parole sulla copertina dell’album: tranquilli, non ho ambizioni da fotografo ma c’è una storia ben precisa dietro allo scatto che ho scelto. La foto è stata fatta in Mozambico. Come saprete, una volta l’anno parto con un’Associazione ONG di cui sono amico, fratello e sostenitore. L’ultimo di questi viaggi l’abbiamo fatto in Mozambico a seguito di un potente ciclone dagli effetti devastanti. In un momento di pausa dalle attività quotidiane, un pomeriggio abbiamo passeggiato lungo l’oceano e siamo saliti su un faro. Durante una sessione di scatti al panorama, la mia attenzione viene catturata da un pavimento dai colori particolari, un misto tra blu e verde con tratti scrostati in forte contrasto con una balaustra rossa anch’essa segnata dalla corrosione e dalla forte umidità. A livello fotografico la dualità cromatica mi è parsa molto emozionante in più mi piaceva il fatto che la foto fosse stata scattata in un posto particolare gli dava un significato personale importante. Ecco, il ruolo del poeta sta anche nel riuscire a notare i dettagli che gli altri notano meno, fornire un punto di vista diverso a chi è distratto da altro. Lo scopo della poesia è scoprire quello che abbiamo sotto gli occhi e mostrarlo a chi normalmente non riesce a vederlo”.
Raffaella Sbrescia