I Negramaro pubblicano il nono album “Free Love” e ancora si emozionano come la prima volta.
In questa occasione sono dodici le tracce che compongono il disco con tanti duetti che sono figli di amicizie di lunga data e di stampo fraterno. Tra tutti segnaliamo i duetti con Niccolò Fabi, Fabri Fibra, Malika Ayane, JJ Julius Son e quella con Aiello, frutto di una sintonia nata dietro le quinte del Festival di Sanremo del 2021.
Il disco è stato registrato a Berlino negli Hansa Studios ma le musiche e i testi sono di Giuliano Sangiorgi la cui produzione artistica si è avvalsa della collaborazione di diversi decani del settore come Taketo Gohara, Andro, d. whale (Davide Simonetta). Il file rouge che accompagna il lavoro trova efficace espressione nella cover del disco in cui è riprodotta l’opera originale “Narciso” di Jago in cui vengono rappresentati l’uomo riflesso in una donna e il suo contrario. L’intento è quello di rispecchiare la simmetria dei sentimenti narrati dai Negramaro che, partendo da racconti personali, rivendicano la libertà di amare sé stessi e gli altri senza pregiudizi ma anche senza possesso o prevaricazione della libertà altrui.
“Questo disco è il frutto di una consapevolezza acquisita dopo anni e anni di lavoro nella band”, spiega Giuliano Sangiorgi alla stampa. “C’è stata veramente una grande evoluzione, siamo noi all’ennesima potenza, ci ritroviamo in tanti artisti giovani, ritroviamo tante analogie di cose fatte all’interno della band. Essere liberi è determinante ma è una libertà che stiamo imparando ad avere. Siamo sempre stati liberi ma in una civiltà la libertà si impara, non è fare quello che vuoi e basta, si tratta di imparare a fare quello che vuoi rispettando gli altri; è un’ossessione bellissima quella di voler essere liberi, quell’ossessione che abbiamo dentro non è mai negativa, ti spinge a fare le cose migliori, significa voler mostrare l’animale migliore di sé, è un disco quindi che impara ad essere più libero e senza la parola però accostabile accanto.
Anche i feat. rispettano la libertà con cui sono arrivati, con ognuno di essi è stato così. Impariamo anche dagli errori, senza rimanere nel pregiudizio.
Amore è tutto quello che sta dentro l’essenza dell’umanità stessa, noi crediamo che ci sia amore in ogni manifestazione di vita, nell’arte soprattutto. Stiamo cercando di non smussare più gli angoli ma di incastrarci in essi, facendone la nostra grandezza; sono passati 24 anni ed è stupendo essere qui a raccontare di dischi, concerti, stadi e palasport. Ci siamo quindi concessi di amarci per come siamo stati in questi anni e per come saremo nel futuro.
Produrre un disco con più produttori ci esponeva al rischio di avere diversi suoni invece questa cosa non si è verificata. Questa volta, racconta Giuliano, ho preso in mano un po’ il lavoro, non voglio fare il producer, ma tutto ciò che sentite ha molti provini che si mantengono fedelissimi all’originale. Per me la prima cosa che faccio è sempre quella sbagliata, in realtà quello che arriva e traspare dal suono dell’album è l’istinto, salvato dai produttori. Questo disco aveva quindi già la chiave corretta, sono stati bravi i produttori intorno a tenere viva quella cosa che io di base avrei trasformato, questo ci ha consentito di andare dritti in studio e fissare la magia. Il tempo è stato stato fondamentale, eravamo a Berlino a marzo -aprile ed eravamo già pronti con il disco, abbiamo però chiamato da Berlino Filippo Sugar, chiedendogli di uscire con il disco nel momento in cui eravamo pronti a incontrare le persone, era un nostro desiderio che ci ha spinto a programmare l’uscita in questo periodo in cui eravamo liberi per farlo. Non è solo questione di tempo che passa ma di rispetto per gli altri; i nostri dischi non hanno mai avuto una data di scadenza.
Quello dei tre minuti è rimasto un claim perfetto della mia vita, io rimango sempre affezionato a quelle canzoni che arrivano in meno di tre minuti, sono tagli sulla tela, sono quelle cose che restano appiccicate anche alla band altrimenti non ce la farebbero. Mi fido solo quando una canzone arriva e strazia il sereno, è una gioia quando una canzone racconta di qualcosa di felice, in qualche modo una canzone è sempre un errore del sistema, è un momento della quotidianità in cui si apre un varco spazio-temporale in cui essere totalmente libero. Vorrei essere sempre in grado di trovarmi pronto per quei tre minuti, è sempre quello l’approccio e quando succede ti senti in pace con te stesso, senti di nuovo quell’animale che ti porti dentro.
I dischi, in generale, sono delle occasioni, a partire da un emergente fino a un artista navigatissimo. Aldilà del nostro percorso, si sta perdendo il concetto di occasione per comunicare, lanciare dei messaggi. Ogni album per noi è stata una foto del periodo che abbiamo vissuto, l’aspettativa è quella di continuare a vivere di musica ma rimanendo slegati da vendite e streaming. Che siano passati 24 anni insieme, va già oltre ogni aspettativa. Ecco perché Free Love soffia su questo vento di libertà senza preoccuparci e senza voler sapere fin dove ci spingerà. Free love, do you feel the same?”
Da oggi, venerdì 9 dicembre, è possibile acquistare in pre-order su iTunes e Amazon il nuovo attesissimo album di J-AX & FEDEZ, “COMUNISTI COL ROLEX”,in uscita il 20 gennaio per Sony Music.
L’album della coppia di artisti è un viaggio che hanno deciso di affrontare insieme, ma non da soli. A partire da Stash, leader e cantante dei The Kolors, e della cantautrice Levante - con cui J-Ax e Fedez hanno scelto di collaborare per il singolo “Assenzio” – a cui si aggiungono le partecipazioni di altri amici e colleghi: Alessandra Amoroso, Arisa,Loredana Bertè, Alessia Cara, Giusy Ferreri, Nek e Sergio Sylvestre.
Video: Assenzio
Per chi acquisteràsu iTunes, sarà da subito disponibile “Comunisti Col Rolex”, la title track del nuovo disco. Su Amazon si potrà effettuare il pre-order fisico del cd in formato Standard, del Doppio Vinile, della speciale confezione Deluxe (cd e una bandiera a tema) e della Super Deluxe, che comprenderà un Picture Vynil con doppio singolo (da un lato “Assenzio” e dall’altro “Vorrei Ma Non Posto” con foto), supporto in plexiglas per esposizione, il doppio vinile con l’intero disco e la bandiera a tema.
Ascolta “Comunisti col Rolex”
Tracklist:
1. Assenzio feat. Stash e Levante
2. Comunisti col Rolex
3. Il giorno e la notte feat. Giusy Ferreri
4. Senza Pagare
5. Fratelli di paglia
6. Tutto il mondo è periferia
7. Milano intorno
8. Vorrei ma non posto
9. L’Italia per me feat. Sergio Sylvestre
10. Musica del cazzo
11. Piccole cose feat. Alessandra Amoroso
12. Cuore Nerd feat. Alessia Cara
13. Anni Luce feat. Nek
14. Meglio tardi che noi feat. Arisa
15. Allergia feat. Loredana Bertè
16. Pieno di Stronzi
Ad anticipare il progetto la hit, cinque dischi di platino, Vorrei Ma Non Posto e il nuovo singolo Assenzio, in radio e in digitale da venerdi 18 novembre e che ha già ottenuto oltre 6 milioni e mezzo di views ed è nella Top5 della classifica di iTunes e Spotify Italia.
Inoltre, è stato annunciato un altro sold out per il “Comunisti col Rolex Tour 2017”, che partirà l’11 marzo da Torino e vedrà J-Ax e Fedez esibirsi live nei palasport di tutta Italia: anche la seconda data di Milano ha registrato il tutto esaurito. I due rapper hanno quindi triplicato il live: dopo il 10 e l’11 aprile, si esibiranno al Mediolanum Forum di Assago anche il 13.
STING è tornato al ROCK e lo dimostra con “57th & 9th”, il nuovo atteso album del cantautore inglese da oggi disponibile in tutto il mondo nei negozi tradizionali e in digitale (e già Top5 su iTunes Italia).
L’album riassume un’ampia gamma di stili musicali e di scrittura di STING dall’intensa “Road Warrior” allo stile figurativo di“Petrol Head” fino all’inno “50.000” passando per l’aspra “I Can’t Stop Thinking About You”, dove è la chitarra a segnare il passo. Nel disco anche la toccante “Inshallah”, brano dedicato alla crisi umanitaria dei rifugiati.
STINGe la sua band suoneranno tra gli altri anche questi nuovi brani durante lo show che si terrà domani in occasione della riapertura a Parigi del BATACLAN. Un evento molto atteso e denso di significati ad un anno dalla strage. Tutto il ricavato del concerto andrà a Life For Paris (www.lifeforparis.org) e 13 Novembre: Fraternité Verité (www.13onze15.org).
STING ha dichiarato: “In occasione della riapertura del BATACLAN abbiamo due importanti compiti da assolvere. Primo, ricordare e onorare quelli che hanno perso la vita nell’attacco di un anno fa, e secondo celebrare la vita e la musica che questo storico teatro rappresenta. Nel fare questo, speriamo di rispettare la memoria ma anche l’amore per la vita di quelli che sono caduti. Non dobbiamo mai dimenticarli”.
Sting ph Eric-ryan-anderson
STING sarà anche il primo ospite internazionale di Stasera Casa Mika, lo show evento di Rai2 in onda martedì 15 novembre in prima serata con protagonista assoluto Mika. STING raggiungerà Mika nella sua casa speciale, per un incontro in musica (e non solo) esclusivo e imperdibile.
L’album è stato registrato da Sting con gli storici collaboratori Dominic Miller (chitarra) e VinnieColaiuta (batteria) e contiene collaborazioni con il batterista Josh Freese (Nine Inch Nails, Guns n’ Roses), il chitarrista Lyle Workman e la band Tex Mex di San Antonio The Last Bandoleros.
Cavalcando l’ispirazione del momento, “57th & 9th” è nato in modo impulsivo, con sessioni chiuse in poche settimane: “È avvenuto tutto in modo molto veloce, molto spontaneo – racconta Sting– la mia idea è di cercare sempre di sorprendermi e sorprendere le persone con cui lavoro e, spero, gli ascoltatori”.
L’album, prodotto da Martin Kierszenbaum, prende il nome dall’angolo della strada di Manhattan che Sting percorre tutti i giorni mentre va in Studio a Hell’s Kitchen (dove il disco è stato registrato).
Sting ha osservato che se c’è un tema nei testi di “57th & 9th” ed è l’idea del viaggio e del movimento, concetti che appaiono con maggiore chiarezza nell’autobiografica “Heading South On The Great North Road” e in “Inshallah,”.
Questa la tracklist della versione standard: “I Can’t Stop Thinking About You”, “50,000”, “Down, Down, Down”, “One Fine Day”, “Pretty Young Soldier”, “Petrol Head”, “Heading South On The Great North Road”, “If You Can’t Love Me”, “Inshallah”, “The Empty Chair”.
La versione Deluxe contiene inoltre note scritte da STING e 3 bonus track: “I Can’t Stop Thinking About You (LA Version)”, “Inshallah (Berlin Sessions Version)”, “Next To You” con The Last Bandoleros (Live at Rockwood Music Hall).
È poi disponibile in versione tradizione Super Deluxe che contiene:
· 3 bonus tracks (I Can’t Stop Thinking About You (LA Version), Inshallah (Berlin Sessions Version) & Next To You with The Last Bandoleros (Live at Rockwood Music Hall))
· Note scritte da Sting
· DVD con una intervista esclusiva a Sting
· Live performance di Next To You with The Last Bandoleros (Live at Rockwood Music Hall)
Prodotto dai Green Day e registrato a Oakland, Revolution Radio è un’esplosione di 12 brani potenti e pieni di rabbia che uniscono l’approccio stilistico dei Green Day a temi che indirizzano le complessità e le incertezze della vita moderna. Musicalmente, l’album è grezzo, viscerale e senza paura – confermando la band come una delle voci guida della musica rock. Il primo singolo, “Bang Bang”, già disponibile e ispirato da avvenimenti recenti, segna il gradito ritorno di una band che ha, oggi più che mai, cose da dire.
“E’ ovvio che il mondo ha perso la testa…e io, Mike e Tré siamo anche noi delle anime perdute,” dichiara il frontman Billie Joe Armstrong. “Revolution Radio è un movimento che vuole riunire tutte le anime perdute…per ballare insieme…per cantare insieme…e soprattutto, per trovarsi gli uni con gli altri. Che è lo spirito dei Green Day fin dal primo giorno.”
La track-listing di Revolution Radio è la seguente:
La strategia vincente alla fine è quella di non vedere la crescita come uno sradicamento progressivo, ma come un evolversi ogni giorno. Hegel affermava che la tesi, l’antitesi e la sintesi si succedono logicamente e ogni giorno è necessario contraddirsi. Penso che la forza degli artisti risieda proprio nel fatto di essere inquieti. D’Annunzio diceva “Ama il tuo sogno seppur ti tormenta”, la cosa che riesco a fare meglio, nonostante tutto, è la musica”. Sono queste le nuove inderogabili consapevolezze da cui Francesca Michielin parte per presentare “di20” (Sony Music), un album di inediti che arriva a tre anni di distanza dal disco d’esordio. Un lavoro importante, intimo, ben lavorato, arricchito dalla produzione artistica di Michele Canova Iorfida e che vanta le collaborazioni di Fortunato Zampaglione, Ermal Meta, Fausto Cogliati, Matteo Buzzanca, Federica Abbate, Colin Munroe, April Bender, Viktoria Hansen e Negin Djafari. Undici brani in cui Francesca mostra se stessa senza filtri ed è bello scoprire una giovane donna di grande intelligenza e di invidiabile maturità. «Mi sono concessa tre anni di esperimenti e collaborazioni. I dischi si fanno con calma, pensando, ragionando cogliendo l’istinto della scrittura. Finché non si capisce che cosa si vuol dire si può anche stare in silenzio. Non bisogna sovraesporsi», racconta la giovane cantautrice esponendo una filosofia in netta controtendenza con le logiche contemporanee.
«Questo album è un completo featuring con me stessa. “Di20” racconta molto di me, il mio percorso di crescita in musica, la mia visione della vita e del mondo che mi circonda. C’è stata anche una crisi, un continuo interrogare me stessa alla ricerca di qualcosa di vero da dire. Nel processo, di fatto, non ho distrutto niente di quello che ero all’inizio: nella sintesi c’è molta sincerità. In queste canzoni credo moltissimo e c’è molta coerenza. Dopo XFactor ho vissuto in maniera traumatica questo inizio, avevo paura. Mi sentivo cambiata, non capivo. Quando hai sedici anni qualsiasi cosa canti non sei credibile, a sedici anni di cosa puoi parlare? Pian piano ho imparato a scoprirmi e alla fine posso dire di essere contenta di aver iniziato così giovane, nessuno potrà dire fra un anno la Michielin è finita perché, in realtà, ho una vita davanti per continuare a dimostrare musicalmente qualcosa», spiega Francesca, mostrandosi timida eppure risoluta nelle sue affermazioni di spessore.
Francesca Michielin live @ Unicredit Pavilion – Francesco Prandoni
«Per quanto riguarda il titolo e la copertina del disco abbiamo scelto “di20” per esprimere il concetto di diventare. Poi c’è l’icosaedro con venti facce, venti lati di me, che rappresentano le mie tappe da 0 a 20 anni. E’ un disco ricco di simboli, dall’occhio di “Battito di ciglia” al prisma di “L’amore esiste”. Le illustrazioni sono state realizzate da Anna Neudecker in arte LaBigotta». Parlando della lavorazione del disco Francesca ha spiegato: «Mi sono presentata a Michele Canova appena ventenne con le idee un po’ ribelli ma soprattutto con la paura dello scontro, invece ho trovato una persona meravigliosa. Lui ha abbracciato con entusiasmo questo progetto e mi ha lasciato molto spazio. Questo è un album in cui mi sono messa molto in gioco nei testi. Mi ha fatto crescere ancor più la voglia di fare questo mestiere. Ho scritto, e scrivo, brani sia in inglese sia in italiano (in verità amo molto anche il francese…) solamente perché alcuni pezzi suonano meglio in una lingua o nell’altra. Un caso particolare è il brano Almeno tu, che è nato in inglese e poi l’ho tradotto in italiano, e non è stato facile! La vera sfida è essere originali rimanendo comprensibili e vorrei sforzarmi a fare sempre più cose in italiano, che una lingua legnosa ma ricca e interessante. Questo disco è un featuring con me stessa, a me piace fare duetti perché ti permettono di crescere e ampliare la visione della musica ma voglio far conoscere anche quello che faccio e che ho fatto prima dei featuring. Non sono state inserite nell’album le versioni estese di “Cigno nero”, perché non ho ancora scritto il testo giusto e di “Magnifico”, di cui esiste invece una versione che sembra la risposta della ragazza a quello che canta Fedez nel suo brano. Il disco si chiude con “25 febbraio”, un pezzo molto complesso. Si tratta di una sorta di dialogo tra la me nella pancia della mia mamma e la Francesca di ora, un racconto tra la me stessa che deve nascere e quella che sono adesso», racconta Francesca lasciando intravvedere tutta la cura, l’impegno e la dedizione con cui ha lavorato ad un album di respiro internazionale e che mette in risalto la sua nuova maturità artistica.
Francesca Michielin live (scatto presente sulla pagina Facebook dell’artista)
Subito dopo l’incontro con la stampa, Francesca Michielin si è esibita in uno speciale concerto all’interno dell’Unicredit Pavilion di Piazza Gae Aulenti nell’ambito dell’MTV Music Week. In scaletta tutti i brani del nuovo disco ma anche i successi tratti dall’album d’esordio. Una prova live intensa, arricchita da un’acustica eccellente e da sontuosi arrangiamenti intrisi di suoni elettronici. Convincente dal punto di vista vocale, Francesca Michielin ha dimostrato di essere anche una brava musicista polistrumentista e siamo sicuri che nel corso del tempo potrà fare sempre meglio.
L’amore esiste Battito di ciglia Tutto questo vento Almeno tu Distratto Io e te Amazing Honey Sun 25 febbraio Sons And Daughters Sola Un cuore in due DiVento Lontano Magnifico Tutto quello che ho
Rocco Hunt torna con un nuovo progetto discografico intitolato “SignorHunt”, in uscita il 23 ottobre (Sony Music). Per il titolo Rocco sceglie un sottile gioco di parole per un lavoro che lo stesso rapper ha definito come “l’album che ha sempre sognato di fare”. Masterizzato agli Sterling Studios di New York da Chris Gehringer (Mastering Engineer di Nas, MethodMan, 50 Cent, JayZ e molti altri) e prodotto da Ketra e Takagi (già produttori di “Nu Juorno Buono), Bassi Maestro (storico produttore hip hop italiano che ha collaborato con artisti hip hop americani), 2nd Roof (Guè Pequeno, Marracash), “SignorHunt” racchiude sedici inediti in cui Rocco si lascia finalmente andare; il suo rap è melodicamente morbido ma i testi lasciano trasparire un’anima forgiata da una crescita individuale vissuta all’insegna del rispetto dei valori sani. Rocco Hunt vive a Milano ma la sua testa e la sua penna sono ancora ben radicate a Sud e, se durante la presentazione del disco sulla Darsena di Milano, il giovane rapper parla in napoletano, nell’album è proprio questa lingua che si riveste di autorevolezza ed autentica credibilità. Tanti i featuring che arricchiscono le molteplici sfumature di questo lavoro: Clementino, J-Ax, Guè Pequeno, Neffa, Mario Biondi, Enzo Avitabile, Chiara, Speaker Cenzou, O’ Zulù, Luchè, Nazo,Zoa, Maruego e Chief hanno preso parte alla realizzazione di questo disco conferendogli una maggiore completezza e testimoniando la maturità artistica con cui Rocco Hunt si sta interfacciando con il mercato musicale italiano.
Intervista
“SignorHunt” è un disco libero?
A differenza del disco precedente, imprescindibilmente legato al Festival di Sanremo, non ho sentito la tensione di dover omaggiare “Nu juorno buono”. All’epoca avevo 18 anni, ero più chiuso in me stesso, mi facevo consigliare spesso. In questo caso, invece, non ho avuto paura di assumermi la responsabilità delle mie scelte. Non temo critiche e pregiudizi, esco con un album che non pretende altro che essere ascoltato.
Come sei cambiato in questi anni?
Oggi vivo a Milano ma la mia scrittura è legata ancora e soprattutto alla mia terra. Nel frattempo mi sono innamorato, ho scoperto per la prima volta l’amore. Anche in questo disco parlo dell’amore ma non in modo omologato.
Nel booklet del disco precedente c’erano le foto di posti a te molto cari, come ad esempio casa di tua nonna. In questo nuovo lavoro c’è qualcosa di simile?
Sì, ci sono degli scatti che ritraggono me da piccolo. Lo shooting fotografico è stato fatto interamente a New York ma avevo bisogno di integrare il tutto con qualcosa che parlasse di me. Quando mia madre ha saputo che avevo bisogno di alcune foto, si è messa a cercare dappertutto. All’epoca era difficile scattare foto sia per questioni di tempo che di costo. Ho scelto una foto della recita dell’asilo, una in cui avevo tre anni con un murales dietro di me con la scritta hip hop, una sorta di segno del destino. Ho voluto rivivere un’epoca ormai estinta. Ringrazio i miei genitori che, con i loro sacrifici, mi hanno fatto crescere con poco ma dandomi tutto.
Rocco Hunt
Come sei riuscito a duettare con Neffa?
In questo brano abbiamo invertito le parti. Lui, che parte dal rap e che ha sempre avuto chi gli costruiva le melodie, stavolta l’ha realizzata per me. “Se mi chiami” è un brano radiofonico ma anche introspettivo. Un pezzo che emoziona e che parla dell’amore autentico. Personalmente lo consideravo un featuring impossibile perché Neffa collabora con pochissimi artisti. La cosa più bella che mi ha detto è stata che tra tutte le collaborazioni fatte di recente, quelle in cui si è sentito più coinvolto sono state quelle realizzate con me e Ghemon.
Come mai hai scelto Chiara?
Il disco ha molti ospiti che hanno a che fare con la mia terra. Con Chiara, che è veneta, ho voluto creare un ponte di collegamento con il nord ed il risultato è molto originale. Sentirete una Chiara molto diversa da quella che conoscete!
Stupisce il duetto con Mario Biondi…
Alcuni mi hanno chiesto: “Cosa c’entra Mario Biondi in un disco come il tuo?”. Vorrei sottolineare che l’hip hop in America parte dalla musica black, dal soul e dal funk. Se in Italia vogliamo pensare a una persona che fa questo tipo di musica, andiamo direttamente da Biondi. La cosa di cui ci si dovrebbe meravigliare non è il fatto che io abbia collaborato con Mario bensì che nessun’altro lo abbia fatto.
Una delle collaborazioni più belle è quella con Enzo Avitabile su “Eco del mare”. Un messaggio di speranza forte e chiaro.
Credo che non possa esserci un mio album senza il contributo di Enzo Avitabile. Il Maestro è una persona squisita e, a differenza di tanti altri grandi artisti di grande successo, si mostra sempre aperto a nuove intuizioni, ho potuto dirgli cosa non mi piaceva e viceversa. In questo modo c’è stato un reale scambio reciproco.
Un legame a doppio filo con la scuola napoletana?
In futuro amplierò ancora di più le conoscenze della scuola napoletana perché la mia aspirazione è diventare uno dei baluardi di quella corrente musicale che ha fatto diventare grande Napoli nel mondo. Parlo di Pino Daniele, Tullio De Piscopo, James Senese, lo stesso Avitabile. Io nasco da loro e con la mia musica cerco di creare un ponte di collegamento tra generazioni lontane.
Per quanto tempo hai lavorato al disco? C’è qualcosa che hai inserito o tolto all’ultimo momento?
L’album è stato lavorato in un anno e mezzo. Per fortuna sono molto prolifico, scrivo molto. In effetti ho già quattro pezzi pronti per il prossimo disco (ride ndr). Stare fermo mi debilita! Per questo disco ho voluto prendermi molto più tempo e me ne sarei preso ancora. Vengo dagli ottimi riscontri ottenuti da “A’ Verità” però non sono molto bravo nelle strategie, mi lascio consigliare spesso. Ho tolto tre tracce dall’album che non sentivo mie e, anche per questo, mi sento ancora più fiero del risultato raggiunto.
Rocco Hunt
Nell’ultimo brano “’Na stanza nostra” parli del desiderio di paternità, come mai?
Il brano riprende la storia dei miei genitori. Mia madre mi ha avuto quando aveva 18 anni, quindi giovanissima. Era orfana, il suo sogno era quello di avere una stanza con mio padre in cui potermi crescere. La cosa non era economicamente possibile, infatti i primi anni della mia vita li ho vissuti a casa di mia nonna fino a quando mio padre non ha trovato un lavoro dopo tanti anni di disoccupazione. “’ ‘Na stanza nostra” è il sogno di tutti i ragazzi di strada che vogliono avere una stanza in cui le paure non posso entrare, in cui crescere una creatura dando vita al futuro della propria famiglia, una cosa che attualmente è sempre più difficile da realizzare. Ho scelto come questa canzone come ultima traccia perché racchiude un sogno.
La title track “SignorHunt” è un gioco di parole ma racchiude anche un messaggio che esce fuori dal coro?
Menomale che è stato capito! Ho fatto ironia su me stesso e mi sono messo in gioco. Ho voluto fare lo sbarco in Darsena nel video con Maccio Capatonda ndr), proprio per dare una scossa. Che faremmo se lo sbarco avvenisse da noi a Milano? Tutto è relativo finchè non avviene a casa nostra, un tipico ragionamento italiano. Certo, non posso risolvere il problema, posso solo denunciarlo e fare sì che i miei coetanei e le persone che mi seguono siano consci della situazione che viviamo.
Tornerai a scrivere pezzi come “Pane e rap”?
Quei pezzi così ho smesso di farli perché la gente purtroppo non li capisce. Mi demoralizza stare tre ore a scrivere un pezzo mega incastrato, mega metrico per poi farlo uscire e vedere che non funziona. Con pezzi più orecchiabili e più melodici ottengo molti più risultati, la gente non è pronta per canzoni così. Un po’ mi dispiace perché vedo che in America i rapper passano in radio con la propria arte senza scontrarsi con stereotipi e pregiudizi.
“Drones”, il nuovo album dei Muse segna l’atteso ritorno della rock band a tre anni dal sovrastrutturato “The 2nd Law”. L’album è un lavoro diretto , molto più suonato ed incentrato su un concept di grande attualità e fascino. Presentato come un ritorno a suoni più grezzi e rock dagli stessi Matt Bellamy, Chris Wolstenholme e Dominic Howard e prodotto da Robert Mutt Lange, “Drones” parla dei contrasti tra libertà e oppressione, consapevolezza e alienazione, uomo e macchina. Nella tensione tra estremi opposti si compie, dunque, la narrazione di un’ opera intrisa di oscurità. La ‘progressiva disumanizzazione’ del mondo, simbolicamente rappresentata dall’invasione dei droni, è terreno fertile per la poetica dei Muse.
Il frontman Matt Bellamy ha descritto “Drones” come un album che esplora il viaggio di un essere umano, dal suo abbandono e perdita di speranza, all’indottrinamento del sistema per renderlo un Drone Umano, fino alla finale liberazione dagli oppressori: “Ho iniziato ad interessarmi ai droni – ha raccontato Matt alla stampa – leggendo un libro sul massiccio impiego di queste macchine nelle operazioni di guerra, soprattutto in Afghanistan (Predators -The CIA’s Drone War on al Qaeda Dartmouth del professor Brian Glyn Williams,ndr). Ho appreso che intelligenza artificiale e droni saranno sempre più integrati, così che la decisione di uccidere qualcuno potrà essere presa da un robot e non da un altro essere umano. Mi è sembrata un’interessante metafora del futuro, attorno alla quale far ruotare l’intero concept del disco”. A questo discorso si collegano le caratteristiche strumentali dell’album: un approccio diretto al noise rock, un forte pathos ritmico, schitarrate bollenti e batteria imponente.
“E’ esattamente questo il disco che volevamo fare: non ci interessava mettere insieme un “collage di canzoni” – ha spiegato Dominic Howard, il 37enne batterista – E’ nato tutto già all’epoca dell’ultimo tour quando abbiamo realizzato di aver bisogno di tornare a qualcosa di più concettuale e rockeggiante. Questa volta siamo partiti dalla musica, da noi tre in una stanza a suonare e il sound è venuto naturalmente più heavy. ‘Drones’ ci ha riportato alla musica “suonata”. Per questo abbiamo voluto un produttore esterno, volevamo essere concentrati sulla musica, riprenderci i nostri strumenti e tirare fuori da quelli il suono del disco. Oltretutto visto che il tema del disco è una lotta tra umanità e tecnologia, con quest’ultima vista come ‘il male’, aveva ancora più senso realizzare l’album in un modo più ‘umano”.
Con una copertina che rimanda a The Wall richiamando alla mente facili riferimenti orwelliani, il racconto di “Drones” inizia con la selvaggia “Dead Inside” proseguendo fino ad “Aftermath” tra sprofondamento psicologico, manipolazioni e rinascita individuale racchiusa tra le parole di “The Handler”: “I don’t want to be used by others. I don’t want to be controlled. I don’t want to be a cold, non-feeling person. I want to actually feel something”. Un discorso alla stampa di JFK (1961) centrato sull’indipendenza e sulla libertà di pensiero porta all’epilogo, dove il senso di inquietudine pare lasciare spazio alla fiducia nell’umanità e nell’amore. A chiudere l’album, e quindi la narrazione, è proprio la titletrack: “My mother, my father, my sister and my brother, my son and my daughter killed by drones”, recitano le liriche del brano che si chiude con una Missa Papae Marcelli, composta da Pierluigi da Palestrina nel 1562 e ‘rivisitata’ dallo stesso Bellamy.
I tre di Teignmouth porteranno “Drones” in tour già a partire da settembre: “Saremo prima in Asia e Sud America – ha anticipato Bellamy – e verso la fine dall’anno in Nord America. In Italia torneremo (dopo la data del 18 luglio al Rock in Roma festival) all’inizio del 2016 ma niente stadi: questa volta faremo più serate ma in spazi più piccoli, così da avere un maggior controllo sugli effetti speciali e sulle tecnologie – droni compresi – che vogliamo utilizzare”.
Accordi di piano potenti, melodie accattivanti, un’orchestra di 36 elementi nella title track all’album e una sezione fiati arrangiata da Will Gregory (Goldfrapp) donano alle canzoni di “How big, how blue, how beautiful”, il terzo disco di Florence Welch un carattere vigoroso, potente, travolgente, perfetto per fare da giusto contrappeso ai testi intrisi di tormentate riflessioni legate ad un forte sentimento d’amore. Pop star a 21 anni, con 2 album internazionali alle sue spalle ed un lunghissimo tour, Florence si riconcilia con la vita normale imparando a prendersi cura di sè con undici canzoni intense e vibranti , drammatiche e violente e un album potente, selvaggio, libero, virulento.
Prodotto da Markus Dravs (Björk, Arcade Fire, Coldplay) con il contributo di Paul Epworth, Kid Harpoon (vecchio amico e collaboratore di Florence) e John Hill, il terzo disco di Florence + The Machine è contraddistinto da melodie ricche e ben strutturate, grandi canzoni e cavalcate inarrestabili. Il plus ultra dell’intero progetto è un’ imponente sezione fiati : “How Big, How Blue, How Beautiful è stata la prima canzone che ho scritto per questo disco subito dopo la fine del tour – spiega Florence – è iniziato un anno incredibilmente caotico e tutto è finito dentro il disco ma alla fine il feeling di How Big How Blue è quello che stavo cercando. Le trombe alla fine di quella canzone sono quello che è per me l’amore, un’infinita sessione di fiati che va verso lo spazio e ti porta via con sé, così in alto. Questo è quello che la musica è per me. Vorresti solo che proseguisse per sempre ed è l’emozione più bella”.
Florence Welch
“How big, how blue, how beautiful” è, dunque, l’album di una donna che fa i conti con le proprie paure per imparare a superarle. Colori forti, metafore e riferimenti mitologici celano una profonda vulnerabilità nei confronti di un uomo perennemente indeciso “What kind of man”, di fronte alla natura che materializza i più reconditi tormenti “Various storms & saints”. Potrebbe essere il delirio conseguente ad una disillusione d’amore, invece l’album vive di un’inaspettata speranza: “È un disco su come imparare a vivere e ad amare senza fuggire”, ha detto Florence spiegando ciò che distingue queste 11 canzoni (16 nella versione deluxe) dalle storie di evasione dalla realtà contenute in “Ceremonials” . Il brano più bello del disco è “Mother” che parte da un immaginifico tappeto blues per poi evolversi con una sublime deflagrazione finale; una chiusura esplosiva per un album che ci lascia pienamente soddisfatti e pronti a ricominciare un viaggio di gaudente redenzione.
Ship to wreck What kind of man How big, how blue, how beautiful Queen of peace Various storms & saints Delilah Long & lost Caught Third eye St Jude Mother
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