“Ufficialmente Pazzi”, Pallante presenta il suo nuovo album. La recensione e l’intervista

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“Ufficialmente pazzi” è il nuovo lavoro discografico di Pallante. Elegante, creativo, stimolante, a tratti amarcord, questo disco lascia trasparire tutta la cura, l’impegno e la maniacale attenzione con cui è stato realizzato.  Ad affiancare Pallante, un gruppo di lavoro eccellente: Michele Rabbia (batteria e percussioni), Pino Forastiere (chitarra e supervisione del progetto), Alex Britti (basso, batteria, lap steel guitar e amichevole supervisione), Enrico Terragnoli (banjo), Filippo Pedol (contrabbasso), Eric Daniel (sax), Mike Applebaum (tromba e supervisione ai fiati), Massimo Pirone (tuba e trombone), Gabriele Benigni & The Gabbo 4th (violino e supervisione agli archi). Dall’alto della sua profonda conoscenza del pentagramma, Pallante crea e scrive tra suggestioni e ricordi di tempi andati, senza rinunciare ad un chiaro richiamo ai toni internazionali d’oltreoceano. Spaziando liberamente tra cantautorato, canzone popolare, swing e ballate, Pallante smuove l’animo con ferma delicatezza. La sua voce ruvida, ipnotica e coinvolgente accompagna, descrive, critica, racconta storie armonizzata da chitarre, arpeggi e pause  che veleggiano indisturbate tra tastiere e archi, senza soluzione di continuità.

 In questo lavoro si parla di follia ( Ufficialmente pazzi) ma anche di lavoro sommerso (King, un nome da re), di senza tetto ( Andiamo in pace), di povertà e ricchezza (La Caroppa e Carmelo casalingo), di rapporti famigliari (Fino alle ossa) e anche d’amore ( Per sempre). Ironia e disincanto si alternano ad un elegante ed irresistibile romanticismo metropolitano per poi confluire, infine, nella magia di “A night in Manduria”,  un brano strumentale dai toni crepuscolari, caratterizzato dalla travolgente carica di chitarre incalzanti e furiose, indomabili e lussureggianti, proprio come l’amore che Pallante nutre per ogni forma di espressione artistica.

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L’intervista

Perché il tuo album s’intitola “Ufficialmente pazzi” ? Dove hai trovato la forza, la tenacia, il coraggio di rifare il disco da zero per la seconda volta?

Ancora me lo sto chiedendo… in realtà dopo averlo azzerato e rifatto da capo ho dovuto fermarmi e ricominciare molte volte. Sono accadute cose impreviste durante il percorso ma anche cambiamenti di idea. Sai a volte capita che il risultato di un lavoro non sia esattamente quello che pensavi e allora puoi accettarlo così oppure ricominciare. Io ho ricominciato e oggi sono pienamente soddisfatto, so di aver fatto bene e anche se ho dovuto faticare un po’ di più ho esattamente il disco che pensavo, nel bene e nel male. “Ufficialmente pazzi” prende le mosse dalla poesia che ho avuto in regalo da Helèna, una mia amica. Contiene delle esperienze reali e delle riflessioni personali di grandissimo impatto e volevo che fosse chiaro che l’energia vitale di questo disco parte proprio da lì. In fondo chi decide cosa è folle o cosa è normale?

In una recente intervista hai dichiarato “non so suonare senza parlare e  non so parlare senza suonare”…potresti approfondire questo discorso spiegandoci questo tuo rapporto viscerale con la musica e con la chitarra, più nello specifico?

Sono sempre stato un chitarrista, un amante della musica e dello strumento ma poi mi sono accorto che mentre suonavo avevo voglia di parlare, di raccontare. Molti anni fa, mi ricordo, avevo un gruppo rock e già avevo preso il vizio di “condire” le canzoni con racconti, parodie, improvvisazioni parlate mentre giocherellavo con la chitarra. Un giorno un mio “collega” musicista, molto meno propenso alla parola detta o ascoltata, dopo un concerto mi disse: “ ma che te parli, la gente te vo senti sonà, mica ragionà”. Chissà, forse aveva pure ragione, ma da quel momento non ho mai più smesso di parlare. Quello che vuole il pubblico è la verità, la purezza, vuole che un’artista ci metta la faccia e non finga, scimmiottando le star d’oltreoceano che scorrazzano sul palco. Per il resto, non può essere certo il pubblico a decidere cosa devo fare o non fare.

Pallante

Pallante

Nelle 12 tracce che compongono l’album hai inserito ballate, swing, canzone popolare ed un lungo assolo nel finale. Quali sono le storie, le visioni, le suggestioni, i sogni e le speranze che hai racchiuso in questo lavoro?

Wow! Potrei dire che se c’ho messo così tanto a fare questo disco, potrei metterci sei anni a rispondere alla domanda. Cercherò di condensare: In questo album c’è un mucchio d’amore. Tutto qua. Veramente tanto. L’amore è stata la chiave di svolta non solo del disco ma anche della mia vita. Ho dovuto ricostruire tutto il modo che avevo di guardare fuori, di vedere gli altri. C’ho messo tanto e ho cominciato ben prima di questo disco. Devo dire che anche il mio essere vegano ha influito molto. La capacità di un artista di guardarsi intorno e trasformare in emozione ciò che vede è il fulcro dell’essere artista. In questo senso sono idealmente vicinissimo a Yodorowsky e al suo pensiero sull’arte. Artista è colui che crea emozioni, in ogni istante, con il linguaggio che in quel momento gli è adatto allo scopo. Un artista non replica e non cerca di replicare emozioni, non ripete delle cose perché funzionano. In questo lavoro è racchiuso ciò che ho visto in questi anni, con le sue continue trasformazioni che mi hanno costretto a ricominciare più volte affinchè trovassi una forma che potesse almeno per un po’ superare il tempo, che potesse essere guardata oggi o domani ottenendo lo stesso risultato. Non mi sono posto il problema del “quanto ci metterò” o del “funzionerà in radio”. Non me ne importa un fico secco. Ho cercato di fare del mio meglio e questo lavoro è un buon compromesso fra ciò che vorrei io da me stesso e ciò che me stesso può darmi oggi. Sono soddisfatto.

Come descriveresti gli anni durante i quali hai forgiato, attimo per attimo, ogni nota, ogni parola, ogni dettaglio della tua creatura musicale?

Splendidi, di ricerca, di pausa e rumore, di neve e colline assolate. E’ stato un tempo magnifico che ho goduto fino in fondo, sapendo che sarebbe stato unico e che non tornerà.

“King, un nome da re” narra delle vite di chi prova a sopravvivere nell’ordinaria irregolarità. A cosa ti sei ispirato e che messaggio vorresti trasmettere al pubblico?

King è un uomo, uno dei tanti, che, venuto nel nostro paese per scappare alla guerra, si trova a vendere calzini. Dieci anni qui, da fantasma, anche se ormai regolare, ma da fantasma. La sua storia è quella di altri mille e non contano i particolari, conta la sofferenza, l’umiliazione, il dolore. Eppure c’è una cosa di King che mi ha sempre colpito: il suo magnifico sorriso, anche nei momenti più faticosi, anche quando il padre era morto e lui non poteva tornare a casa e a casa non avevano neanche i soldi per seppellire quest’anziano uomo. Ecco, il suo sorriso è così illuminante per me, così pacifico e pieno di speranza che ogni volta che sto con lui tutto riassume i contorni giusti e le giuste prospettive. Il messaggio è speranza. Il messaggio è capire che non siamo il centro del mondo, anzi non siamo il centro di un bel niente e le nostre “tragedie” quotidiane sono quasi sempre dei piccoli, inutili e miseri vezzi di bambini egoisti.

Pallante

Pallante

Blues, jazz, musica sinfonica e musica napoletana hanno rapito il tuo cuore…in che modo inglobi questi generi nel tuo mondo musicale quotidiano?

L’arte è una forma espressiva, non credo che contempli un “genere”. E’ una scatola inventata da chi ha bisogno di etichettare ogni cosa. Nel mio mondo musicale quotidiano c’è musica, poesia, libri, dipinti…c’è arte.

Che valore ha la “parola” nel tuo microcosmo personale e professionale?

Amo la parola, credo nella parola, come diceva Gianni Rodari non perché tutti siano poeti o scrittori ma perché tutti siano liberi.

Come mai hai scelto i disegni di Manuel De Carli per il libretto che accompagna l’album?

Conoscevo e a apprezzavo il suo lavoro da un po’ di tempo. Poi ci siamo conosciuti e mi è sembrata la persona giusta a cui chiedere questo tipo di lavoro artistico. Ne abbiamo parlato per mesi, seduti davanti a un buon vino e poi è venuto tutto come desideravo. Quando gli artisti con cui ti confronti hanno determinate sensibilità, lavorare è facile e porta sempre a buoni risultati.

Nel tuo lavoro figurano diversi colleghi…come ti rapporti al contesto musicale italiano contemporaneo?

Non saprei… io mi rapporto con delle persone, in questo caso fantastiche. Sono degli amici, gli stessi con cui vado a prendere una pizza e sono anche grandi musicisti. Il contesto musicale italiano non lo conosco granchè, non riesco ad ascoltare la radio perché mi sembra che passino sempre la stessa orrenda canzone e non ho la televisione. Compro dischi e ascolto tutto quello che mi piace e mi sento felice quando trovo artisti capaci. L’Italia ne è piena. Ma non riescono a esser ascoltati.

In che senso ti “batti per il diritto alla vita”?

Sono antispecista, per me la vita è vita, sia la mia, sia la tua, sia quella di un fenicottero che quella di un riccio. Non faccio differenze. Battersi significa agire, improntare la propria vita e le proprie scelte a questa visione. Significa anche combattere, non solo sventolare la bandiera della pace ma agire concretamente nella direzione della pace. Non sono certo il primo a farlo. Ciò che mi conforta è che i più grandi pensatori e uomini della storia abbiano avuto gli stessi pensieri. Tolstoj scriveva che “Il cibarsi di carne è un residuo della massima primitività; il passaggio al vegetarismo è la prima e più naturale conseguenza della cultura”. Credo sia una palese verità e credo che sia una palese verità l’assenza totale di cultura nel nostro paese.

Cosa vuol dire “essere indipendente, sul serio”?

Vuol dire che ho prodotto, scritto, arrangiato, suonato, cantato, missato e gestito questo disco dalla a alla z. Per scelta. Non perché la Sony mi ha detto che il disco non voleva produrlo. Del resto non lo so neanche, visto che alla Sony non ci sono mai entrato. Per scelta.

Ci anticipi qualcosa sull’idea di “Ufficialmente pazzi a casa tua”  e del veg-tour?

Sarà un tour condominiale, per le case, con le famiglie allargate, gli amici. Suoneremo spesso in duo, io e Pino Forastiere, scegliendo solo i posti che davvero vorranno ascoltare la nostra musica. Non suoneremo accanto a banconi del bar o club-ristoranti mentre la gente chiede un piatto di penne al pesto. C’è una dignità da rispettare in quello che uno dei mestieri più difficili al mondo, quello dell’artista. Vogliamo azzerare la distanza tra il pubblico e il musicista, creare un vero rapporto di fiducia. Inoltre abbiamo superato il concetto di genere musicale, come dicevo all’inizio e suonare insieme con Pino, così diverso da me è un completamento, non un banale ostacolo. Usiamo la musica per comunicare e anche se la usiamo in modo diverso l’importante è comunicare, non conta la lingua che scegliamo. Sarà vegano perché non suonerò in posti che non assicureranno mangiare sano per me e per i miei ospiti. Sarà un bel divertimento.

Raffaella Sbrescia

Francesco De Gregori live al Forum di Assago: la poesia del Principe ipnotizza Milano

Francesco De Gregori live @ Forum di Assago ph Francesco Prandoni

Francesco De Gregori live @ Forum di Assago ph Francesco Prandoni

Dopo la trionfale data d’apertura al Palalottomatica di Roma, Francesco De Gregori approda al Mediolanum Forum di Assago con “Vivavoce tour”, la grande avventura live con la quale l’artista romano propone dal vivo, con una serie di date in tutta Italia, i brani tratti dal recente doppio album intitolato «Vivavoce» (già doppio disco di platino). Ad intrattenere il Forum, gremito fin dalle 20, il giovane e validissimo cantautore Paolo Simoni che ha presentato alcuni brani del suo ultimo album di inediti “Si Narra Di Rane Che Hanno Visto Il Mare” (Warner Music). Alle 21 è la volta del Principe ed è subito evidente che si tratta di un concerto importante, caratterizzato da un’acustica particolarmente nitida con voce e strumenti musicali in forte risalto. Considerato, a ragione, uno dei più importanti cantautori italiani, De Gregori si muove come un capitano in un vasto mare di parole immaginifiche traghettando il pubblico nei meandri di un viaggio a ritroso nel tempo. Con una scaletta di 30 canzoni fatta di tanti capolavori e numerose piccole perle, De Gregori emoziona spettatori di tutte le età con la freschezza e la genuinità di chi affida la propria forza comunicativa semplicemente alle parole e alla propria musica. La scelta di arrangiamenti inediti sorprende gli spettatori senza tuttavia destabilizzarli grazie a delle linee melodiche sempre riconoscibili e capaci di penetrare a fondo nell’anima. Il live è tutto un susseguirsi di suggestioni: si va dalla coinvolgente «Caterina», impreziosita dal suono della sua inimitabile armonica, alla sconfinata dolcezza di «Bellamore» del 1992, a «Il canto delle Sirene» del 1987, fino a «La leva calcistica della classe’68». Forum in delirio sulle note di «Generale», proposta in una versione molto emozionante. «Sotto le stelle del Messico a trapanàr» a «La ragazza e la miniera» del 1983 cedono il passo a «Il futuro» cover di Leonard Cohen che De Gregori si limita a tradurre ed interpretare per poi proseguire in un continuo altalenarsi di brani del suo repertorio, a volte lasciati più fedeli alle loro versioni originali, a volte completamente stravolte.

Francesco De Gregori live @ Forum di Assago ph Francesco Prandoni

Francesco De Gregori live @ Forum di Assago ph Francesco Prandoni

A metà concerto la sorpresa: Luciano Ligabue sale sul palco del Forum non solo per duettare con il Principe sulle note di “Alice” (come nell’album VivaVoce) bensì per cantare ben quattro pezzi. Accolto da un’ovazione, Ligabue imbraccia la chitarra e inizia a intonare “Non dovete badare al cantante”. De Gregori lo accompagna e duetta con lui, per poi passare da “Atlantide” ad “Alice” e chiudere con “Il muro del suono” dello stesso Ligabue. Il concerto prosegue poi in un piacevolmente interminabile sequela di classici, da “Niente da capire” a “Titanic”, da “Buonanotte Fiorellino” a “Vai in Africa”. I bis sono “La donna cannone” e “Rimmel”, seguite da un’intensa “Can’t Help Falling In Love”. A chiudere il concerto sono due tra i brani certamente meno noti della sua sterminata carriera, “Sono Cose”, da Mira Mare 19.4.89, e “Volavola” da “Per brevità chiamato artista”, scelte per lasciare nel cuore la sensazione di aver assistito ad un evento memorabile.

Raffaella Sbrescia

 La scaletta

Finestre Rotte 

Viva L’Italia 

Il Panorama di Betlemme 

Caterina 

Un guanto 

Bellamore 

Il canto delle sirene 

La leva calcistica della classe ’68 

La testa nel secchio 

Generale 

Sotto le stelle del Messico a trapanàr 

La ragazza e la miniera 

Il Futuro (cover di Leonard Cohen) 

Belle époque 

Mayday 

Non dovete badare al cantante 

(Ligabue cover) (with Ligabue)

Atlantide 

(with Ligabue)

  1. Alice 

(with Ligabue)

  1. Il muro del suono 

(Ligabue cover) (with Ligabue)

Niente da capire 

Guarda che non sono io 

Titanic 

Buonanotte Fiorellino 

Vai in Africa, Celestino 

Encore:

La donna cannone 

Rimmel 

Can’t Help Falling In Love (cover di Elvis Presley)

Encore 2:

Cose 

Volavola 

Intervista a Kwabs: La mia musica racconta emozioni eterne al passo coi tempi”

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Il suo canto è un verace e genuino, la sua voce è un prisma multisfaccettato, un lamento blues  in grado di  trasmettere emozioni a tutto tondo, il suo nome è Kwabs e, dopo aver conquistato la critica con gli Eps, rispettivamente intitolati “Pray For Love” e “Wrong or right”, il giovane artista, tra i più quotati del momento, si prepara alla pubblicazione del nuovo atteso album “Love + War”, prevista per maggio 2015, nella cui tracklist sarà inserita anche la cliccatissima “Walk”. L’abbiamo incontrato a Milano lo scorso 9 marzo.

Kwabs, quali sono gli elementi che caratterizzano la tua musica?

Le tappe del mio percorso rispondono ad un unico obiettivo: fare un tipo musica in grado di mantenere intatta una certa profondità emotiva. Ho studiato jazz ma questo non  influenza direttamente la mia musica, si tratta di un elemento che fa parte della mia formazione, ho una voce soul con un timbro retrò eppure riesco a tenere vivo un quid contemporaneo.

Youtube e i social media hanno avuto un ruolo importante per lo sviluppo della tua carriera, come interagisci con queste realtà virtuali? 

I social rappresentano una parte importante del motivo per cui oggi sono qui. Sono grato a  SoundCloud, Twitter, Facebook, mi hanno consentito di raggiungere molte più persone di quante la mia mente avesse mai potuto immaginare eppure mi rendo conto che c’è sempre un doppio lato della medaglia, a volte vorrei tenere qualcosa per me ma mi rendo conto del fatto che man mano questo diventerà sempre più difficile.

Com’è essere in tour in Europa insieme a Sam Smith, quale sono state le prime impressioni sul palco? 

La prima sera che ci siamo esibiti, sono rimasto davvero senza parole quando, giunto il momento della ballata, tutto il pubblico, che a stento mi conosceva, ha alzato cellulari ed accendini accompagnandomi a tempo di musica… Quella  è stata un emozione stupenda, sicuramente il momento più bello per me!

Kwabs

Kwabs

Nel 2010 ti sei esibito a Buckingham Palace, cosa ti ha colpito in quell’occasione?

Avevo preso  parte a un documentario su giovani musicisti in UK e l’ultima tappa era stata organizzata in un grande spazio a Londr;a; quando ho scoperto che si trattava di Buckingham Palace sono rimasto basito! Ho anche conosciuto il principe Harry, davvero gentile e molto simpatico.

Quali sogni custodisci nel cassetto?
Mi piacerebbe suonare nelle line up di grandi festival e poi, perché no, anche agli Oscar o ai Grammy … Nella vita penso sia positivo avere dei sogni! Per quanto riguarda le collaborazioni vorrei semplicemente lavorare con chiunque faccia musica che mi emozioni.

Chi sono i tuoi eroi?

Adoro  Aretha Franklin, Stewie Wonder, The Strokes, Artick Monkeys ma anche altri artisti. Non posso dire che uno sia più importante dell’altro, devo ringraziarli tutti perchè mi hanno ispirato ognuno allo stesso modo.

Quali sono le tre canzoni che descriverebbero al meglio la tua vita in questo momento?

 “Best Friend” di Brandy, perchè gli amici sono importanti, poi la mia “Walk”, che mi descrive benissimo, e per concludere la carica energetica di “It’s not right but it’s ok” di Whitney Houston.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Kwabs”

Intervista ai KuTso: “Musica per persone sensibili” e non…

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Kutso sono  un gruppo musicale italiano, attivo da diversi anni all’interno dello scenario indipendente nazionale, composto da Matteo Gabbianelli (voce), Donatello Giorgi (chitarre, cori), Luca Amendola (basso, cori) e Simone Bravi (batteria). In seguito alla loro particolarissima partecipazione alla Sezione Giovani del 65° Festival di Sanremo, i quattro musicisti hanno pubblicato l’album intitolato “Musica per persone sensibili”, pubblicato da IT.POP, etichetta indipendente di Alex Britti su licenza di Universal Music. Ritratti di note li ha incontrati ed intervistati in occasione dell0 showcase che il gruppo ha tenuto lo scorso 25 febbraio alla Feltrinelli di Milano.

Con la vostra musica offrite un momento di riflessione e di ascolto che va aldilà dell’entusiasmo dettato dalla musica caciarona. Cosa vorreste comunicare con “Musica per persone sensibili”?

Abbiamo scelto questo titolo per il nostro album  semplicemente per invogliare il pubblico a leggersi i testi e ad ascoltare  le canzoni con più calma. Vorremmo incoraggiarvi a scoprire che c’è anche dell’altro, un’urgenza espressiva.

Un’urgenza  che nasce dei testi e si sviluppa attraverso la musica….quali sono i temi di cui trattate?

Le canzoni sono essenzialmente autobiografiche, si tratta di sfoghi, invettive, ragionamenti, elucubrazioni, “pippe mentali”, lamentazioni varie. Dietro una canzone c’è sempre un disagio, così come succede ogni qualvolta ti ritrovi a scrivere; il gioco sta nel reagire a questa negatività interiore con una musica che è completamente l’opposto, solare e giocosa. Il risultato finale è un contrasto tra buio e luce.

E se non si capta subito la vostra intenzione comunicativa?

A noi va bene  comunque perché la nostra musica ha due livelli d’ascolto.

La vostra formula racchiude l’istrionismo di Bowie, il cinismo di Gaber, il no sense di Gaetano… come è venuto fuori questo mix e come avete pensato di sviluppare questi riferimenti all’interno della vostra dimensione che va avanti ormai già da un po’?

Parlando dei nostri gusti musicali, a noi piace ciò che sembra vero, che comunica sincerità, che implica l’andare fino in fondo alle cose. Il no sense di Rino Gaetano è verace, molto vissuto, sofferto. Il cinismo di Gaber è lucido, una visione che non fa sconti alla vita. L’istrionismo di Bowie proviene dal fatto che gli anglosassoni possiedono un’ingenuità un po’ infantile che li fa agire spesso senza filtri. Noi, a nostro modo, abbiamo cercato di fare tutte queste cose…

Le vostre esibizioni al Festival di Sanremo hanno destato parecchio scalpore…

Eravamo coscienti del fatto che Sanremo fosse la più grande vetrina musicale italiana. Allo stesso tempo, però, quel palco rappresenta anche un contesto ufficiale che ci ha istigato ad assumere un atteggiamento sovversivo. Quando tutti ci dicono di dover fare le cose in un certo modo, in noi scatta la voglia di fare il contrario. La nostra è un’arroganza sorridente! L’idea della doccia, ad esempio, non era dovuta al fatto che volessimo fare i comici, quanto soprattutto all’idea di poter fare una cosa inopportuna sul palco di Sanremo.

E  per quanto riguarda l’aspetto tecnico delle esibizioni?

Matteo: La prima serata ho cantato male, mi sono riascoltato e ho visto che ho cantato il brano tutto in crescendo. Questo avviene quando sei affannato e sei teso, quindi tendi a spingere e vai troppo su. La seconda sera sono convinto di aver cantato meglio di tutte e tre le performances, che non ho ancora rivisto, proprio per rimanere con questa illusione. Dalla semifinale in poi eravamo comunque molto più tranquilli, noi viviamo sul palco quindi eravamo più che altro intimiditi dalla diretta e dal dover fare bene subito. “Elisa” è una canzone tutta sparata, non c’è il tempo di arrivarci con calma, si tratta di un brano veloce, pieno di movimenti, che richiede una grande precisione.

Donatello: Suonare con la maschera per me è stato difficilissimo, non vedevo nulla e ad un certo punto l’ho sollevata. Sono entrato sul palco alla cieca, è stata una gag non premeditata e Carlo Conti si è prestato davvero bene.

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Come si è sviluppato nel tempo il vostro rapporto con Alex Britti?

Matteo: Il rapporto con Alex è un rapporto amicale, quasi fraterno. Le nostre famiglie si conoscono da prima che lui fosse famoso, io e mia madre andavamo nei locali e vederlo suonare, la prima batteria me l’ha fatta comprare lui. La sua figura, per quanto riguarda la mia infanzia, è stata sempre una costante, ho visto il suo percorso, ho fatto il tifo per lui, poi agli albori di questo progetto, quando c’era soltanto Donatello di questa attuale formazione, cominciammo la nostra attività di concerti e composizioni e feci sentire delle cose ad Alex. In seguito quella collaborazione s’interruppe, ci siamo separati, lui ha fatto le sue cose, noi le nostre e dopo 5 anni e ci siamo reincontrati. “Musica per persone sensibili” è il nostro secondo album ma, sia in questo, che in quello precedente, ci sono brani in cui avevamo originariamente collaborato con Alex quindi la coproduzione non è mai mancata. Si tratta di un rapporto che ha dato dei frutti nel corso degli anni e in maniera variegata. Anche in questo album ci sono brani in cui abbiamo lavorato con Alex, altri che invece sono di pochi mesi fa. “Elisa”, nello specifico, è un brano che possiede un’azione compositiva di Alex al suo interno. Avevamo composto questa canzone con lui in una versione completamente diversa, il brano era dance, cassa in quattro, il “parapappà” era una chitarra, non c’era la voce. Il problema stava nel fatto che non riuscivamo a trovare uno special (la parte diversa della canzone che ti introduce all’ultimo ritornello) e dopo un pò di smanettamento alla chitarra l’ha trovato lui. Quando lo scorso settembre, Alex mi chiamò chiedendomi se per caso avessimo pensato di partecipare a Sanremo, dopo che, nel frattempo, gli avevamo chiesto di fare un assolo su “Spray Nasale”, un altro pezzo presente nel disco, quella è stata l’occasione che ci ha fatto ravvicinare.  Gli dissi che tra tutti i nostri brani avrei scelto “Elisa”, lui ricordava il brano, dato che ci avevamo lavorato insieme, quindi abbiamo provato, l’abbiamo inviata alla commissione, ci hanno preso tra i 60 e da lì abbiamo cominciato a fare sul serio.

“L’amore è” eleva Donatello al ruolo di “seconda voce”?

Donatello: La mia carriera lirica è nata in furgone quando, durante i viaggi, cominciavo a fare dei gorgeggi quasi credibili. Abbiamo introdotto questa cosa all’interno dei nostri concerti con dei momenti dedicati ad hoc, sempre molto apprezzati dal pubblico. A forza di cantare per ridere forse ho imparato un po’ (ride ndr). In questo brano canto con la tonalità di Matteo, che è altissima, quindi vi lascio immaginare la sofferenza!

Cosa vi ha spinto a reinterpretare “Why Don’t We Do It In The Road” dei Beatles?

Abbiamo stravolto un blues molto semplice in chiave electro. In questo brano canta Daniele Cardinale, il cantante dei Viva Lion, un gruppo indie di Roma con cui abbiamo collaborato. Forse questo brano farà storcere il naso ai puristi ma a noi non importa.

Come funziona la composizione dei vostri testi? Ci sono aneddoti che vorreste svelarci?

Per noi funziona così: Matteo avvia i pezzi con la chitarra, arriva in sala, ascoltiamo l’idea primordiale in finto inglese prima di mettere giù il testo, ognuno aggiunge il suo e alla fine viene fuori un pezzo dei Kutso. Tutto è molto funzionale alla musica: il testo, la metrica, le parole devono suonare bene. Il momento finale del “labor limae” è quello clou in cui magari notiamo una parola che non va bene e che ci fa trascorrere notti intere a mandarci messaggi con idee, sinonimi e parole che fanno rima tra loro fino a  quando, alla fine, lasciamo intatta l’idea originaria.

E i titoli?

Gran parte dei titoli partono dai testi: così come per i sonetti il titolo era il primo verso, noi scegliamo la parola che secondo noi  le persone canteranno di più. Ci piace essere molto diretti, odiamo le intro, siamo i primi a romperci le scatole sia a suonarle che ad ascoltarle, infatti i nostri pezzi durano tra i 2 e i 3 minuti e il disco dura mezz’ora in tutto.

 “Ma quale rockstar” è la sintesi del disfattismo?

Il brano descrive la dura realtà delle cose. L’immagine comune della rockstar piena di soldi e donne è solo fittizia. Adesso con i reality, con i talent si vuole tutto e subito, dall’oggi al domani diventi una star per caso, spesso anche senza merito. Noi veniamo da una lunga gavetta, c’erano momenti in cui si suonava in situazioni precarissime, davanti a gente distrattissima e lì ci veniva da dire “Volevo fare la rockstar, ma quale rockstar , qui tocca trovarsi un altro lavoro!”. In realtà suonare ovunque ci fosse una presa per la corrente ci ha dato modo di esser più sicuri sul palco di Sanremo. L’esperienza fa la differenza e noi possiamo dire di averne parecchia.

Quali sono le idee per i live che verranno?

Il nostro intento è portare avanti quello che abbiamo iniziato da un po’ di anni, arrivare a livelli sempre più alti e suonare in posti sempre più ambiti, in condizioni sempre migliori. Il nostro concerto è pensato per funzionare in tutti i tipi di contesto. Il nostro show  è sempre improvvisato, il nostro scopo è quello di fare una festa.

A proposito del live inteso come festa, Jovanotti sta cercando delle band per aprire le date del suo prossimo tour…voi cosa ne pensate?

Cogliamo l’occasione per dire a Jovanotti: Lorenzo, noi ci siamo!

Raffaella Sbrescia

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Video: “Elisa”

Samuele Bersani: emozioni universali a Napoli

Samuele Bersani

Samuele Bersani

Tra le scorie di sogni e sentimenti infranti di “Complimenti”, Samuele Bersani ha dato il suo inconfondibile benvenuto al pubblico del Teatro Augusteo di Napoli in occasione della data partenopea del “Nuvola numero Nove tour”. Impeccabile nella voce e nella mise, Samuele inizia il concerto dietro un velo che, subito dopo il primo brano, cade giù sia fisicamente che metaforicamente. Sì, perché l’artista romagnolo, pur non proferendo parola fino al quarto brano in scaletta, ha tutta l’intenzione di abbattere le barriere per una serata all’insegna della condivisione incondizionata.

E così, “Cattiva” e “Psycho” scorrono via fino alle prime emozionate parole di Samuele: «Chi mi conosce sa che ho spesso la tentazione di parlare di cose che esulano dalla mia musica ma stasera non accadrà, il repertorio si è allargato e non ho intenzione di tenervi in ostaggio del mio ego», spiega con la sua solita verve, aggiungendo: «Sono figlio unico e scrivo in solitudine ma non avrebbe senso vivere le emozioni da solo su un palco» e così, primus inter pares, Samuele scende in platea fermandosi all’altezza delle prime file per consentire una minima visuale anche al pubblico della galleria, regalando una struggente versione di “Ex e Sanax”, eseguita solo con l’accompagnamento del pianoforte e di una chitarra, proprio «così com’è nata, spiega, nuda e cruda». Già, nuda e cruda come il sentimento d’amore che ha avvolto la vena creativa di Samuele, quello in cui due persone lottano come giganti di fronte al dolore e che, dopo aver litigato, sovrappongono i reciproci battiti cardiaci.

La penna di Bersani si sa, è tra le più versatili e, a conferma di ciò, si passa dai nobili sentimenti di “Ex e Sanax” alla sottile ed intelligentissima ironia di “Chiamami Napoleone”: non c’è niente da conquistare in questo stivale ridotto a pantofola, canta Samuele, mentre il “Pescatore di asterischi” si perde in un gioco di pensieri sporchi. Il pubblico è davvero coinvolto al punto da esplodere nell’immancabile coro  sulle note di “Spaccacuore”. «Il teatro è bello per due motivi, racconta Samuele, il primo è relativo proprio ad un fatto di acustica, in teatro il suono si asciuga, ed è bello avere quest’atmosfera che tante volte noi artisti cerchiamo e non troviamo. Il secondo è legato a Napoli, in particolare,  ci sono posti in cui ci metto tre turbo per cantare e Napoli è uno di questi». A proposito di umanità, Samuele introduce “Reazione Umana” divertendo il pubblico senza mai lasciare le parole al caso. Nel raccontare la divertente storia della sua fida tastierina Casio che, dopo essere stata riposta per anni, si è riaccesa ed è tornata a funzionare, nonostante le pile ossidate, a colpi di on-off. Proprio questo aneddoto offre il là a Samuele che rivela: «La tastiera mi ha insegnato che se si insiste, si riprende a reagire. Come essere umano mi sono abituato ad essere un semplice spettatore e a non dire la mia. Ogni volta rimango perplesso di come ormai non si riescano a vivere le proprie emozioni senza doverle  filtrarle ogni volta attraverso uno schermo. Come se senza quello schermo fosse impossibile conoscere la realtà o mantenere il ricordo». Vivere in emergenza anestetizza l’anima, prima legge e poi canta Samuele, tanto per essere ancora più incisivo di quanto non lo fosse stato fino a pochi secondi prima.

Le emozioni continuano sulle note di “Replay”, “Ferragosto”, “Le mie parole”  raggiungendo il massimo picco con “Il mostro”, eseguita al pianoforte, in un angolo del palco:« Ci sono canzoni che sanno spiegare cose meglio di altre cinque», racconta Samuele, spiegando che «A volte ho fatto il grosso sbaglio di eliminare questa canzone dalla scaletta, ma più cantavo e più mi chiedevo perché non l’avessi inserita». Ed eccolo il mostro che “riapre gli occhi sul mondo, questo mondo di mostri che hanno solo due zampe ma sono molto più mostri”. Subito dopo, un piccolo incidente di percorso rivela che Samuele e la sua band stanno registrando il cd live del concerto e questo diventa improvvisamente un incentivo in più sia per l’artista che per il pubblico.  La scaletta procede spedita, attraverso le parole, le emozioni e gli anni di una vita spesa a cercare note e parole: “Settimo cielo”, l’implacabile “Ultima chance” e una coinvolgente  versione folk di “Occhiali rotti” lasciano piccoli segmenti di spazio a “Un pallone”, “Freak” e “Coccodrilli” fino al grande classico del cantautore romagnolo: “Giudizi universali”. Completato il preavviso di rito di non scambiare la frase del ritornello “potrei ma non voglio” con “vorrei ma non posso”, Samuele ritorna in platea ed è un tripudio di voci che cantano all’unisono. “Chiedimi se sono felice”, “Il re muore”, “Chicco e spillo” sono i bis che chiudono una serata perfetta. “Servono soldi musica e strada da fare” ma almeno con Samuele Bersani la bisaccia delle emozioni è ancora al suo posto.

Raffaella Sbrescia

Gigi D'Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Gigi D’Alessio: tre date a Napoli per l’Ora tour

Gigi D'Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Gigi D’Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Si è tenuto lo scorso 25 marzo presso il Teatro PalaPartenope di Napoli il primo dei tre concerti partenopei di Gigi D’Alessio. Il cantante ha proposto una scaletta molto corposa, comprensiva di tanti suoi successi del passato e di brani estratti dal 19mo album di inediti intitolato “Ora”, piazzatosi in vetta alla classifica Billboard World Music Chart a fine febbraio.

Gigi D'Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Gigi D’Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Sul palcoscenico con l’artista partenopeo ci sono anche Carmine Napolitano alla batteria, Roberto D’Aquino al basso, Maurizio Fiordiliso e Pippo Seno alle chitarre, Roberto della Vecchia al piano, Checco D’Alessio alle tastiere e Arnaldo Vacca alle percussioni.

Il tour italiano si protrarrà fino a metà aprile

Queste le date ancora in programma:

26 MARZO – PALAPARTENOPE – NAPOLI

27 MARZO – PALAPARTENOPE – NAPOLI

30 MARZO – PALASPORT – ACIREALE

2 APRILE – TEATRO TEAM – BARI

4 APRILE – TEATRO VERDI – FIRENZE

5 APRILE – STADIUM 105 – RIMINI

8 APRILE – PALAOLIMPICO – TORINO

11 APRILE – GRAN TEATRO LINEAR4CIAK – MILANO

12 APRILE – GRAN TEATRO LINEAR4CIAK – MILANO

15 APRILE – GRAN TEATRO GEOX – PADOVA

Gigi D'Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Gigi D’Alessio Ph ©Luigi Maffettone

 

 

 

La scaletta del concerto:

Prima o poi
Quanti amori
Cosa te ne fai di un altro uomo
Chiaro
Cronaca D’Amore
Primo Appuntamento
Una notte al telefono
Dove sei
Non riattaccare
Il cammino dell’età
Prova a richiamarmi amore
Un nuovo bacio
Non dirgli mai
Annarè
Tu che ne sai
Sei importante
Le mani
Giorni
Occhi nuovi
Vita
Notti di lune storte
Como suena el corazon
Mon Amour
Te voglio bene ancora
Apri le braccia
Liberi da noi
Oj nenna ne
Quel che resta del mio amore
Canterò di te
Il falco e la rondine
Si turnasse a nascere
L’amore che non c’è
Insieme a lei
Nessuno te lo ha detto mai
Ora

 

 

 

Elisa: tutto pronto per “L’anima vola tour”

Elisa © Fabio Lovino

Elisa © Fabio Lovino

L’attesa sta per finire, Elisa Toffoli torna in tour. Dopo il grande successo della data zero, tenutasi lo scorso 5 marzo presso il 105 Stadium di Rimini, la cantante di Monfalcone sarà tra i protagonisti assoluti del 2014 con una  tournée che, attraverso 18 date, toccherà  i palazzetti italiani fino a quando, in estate inoltrata, Elisa prenderà parte anche ad alcuni prestigiosi festival. L’anima vola Tour sarà ovviamente l’ occasione per ascoltare dal vivo le canzoni dell’ultimo fortunato disco di Elisa. L’album, per la prima volta interamente in italiano, è già stato certificato disco di platino ed è stato premiato da un grande successo di vendita con 18 settimane di permanenza nella top 10 dei dischi più venduti. Vecchi e nuovi successi, compresi gli esordi in inglese e una parte dello show riservata alle richieste del pubblico, offriranno uno spettacolo coinvolgente e suggestivo per un esperienza sensoriale totalizzante. Nuove tecnologie e la ricerca di un contatto ravvicinato col pubblico troveranno un filo conduttore nell’ inconfondibile voce di Elisa, arricchita dalla partecipazione di Andrea Rigonat (chitarra), Curt Schneider (basso), Victor Indrizzo (batteria), Cristian Rigano e Gianluca Ballarin (tastiere), Lidia Schillaci, Roberta Montanari e Bridget Cady (cori).

In tutte le date de “L’Anima Vola Tour” tutti coloro che lo vorranno, potranno interagire con una particolare installazione, una sorta di scatola nera in cui sarà possibile esprimere la propria creatività utilizzando dei particolari tubi colorati, denominati boomwhackers. Elisa ha preparato, infatti,  una base ritmica per tutti i fan che vorranno cimentarsi in questa performance che, essendo registrata, potrà essere anche vista sul web in un secondo momento.

Queste le date de “L’ANIMA VOLA Tour” (prodotto e organizzato da F&P Group, in collaborazione con RDS – Radio Dimensione Suono, la radio ufficiale dell’evento):

7 marzo  Conegliano (Zoppas Arena – TV)

8 marzo Padova (Pala Fabris)

10 marzo Torino (Pala Olimpico)

11 marzo  Genova (105 Stadium)

13 marzo  Firenze (Nelson Mandela Forum)

15 marzo Roma (Palalottomatica)

16 marzo Bari (Pala Florio)

18 marzo Napoli (Pala Partenope)

19 marzo  Pescara (Pala Giovanni Paolo II)

21 marzo  Perugia (Pala Evangelisti)

22 marzo Bologna (Unipol Arena)

24marzo e 25 marzo Milano (Mediolanum Forum)

 27 Marzo Montichiari-BS (Pala George)

 29 marzo Trieste (Pala Trieste)

17 luglio Lucca Summer Festival (Piazza Napoleone, Lucca)

 19 luglio Collisioni Festival di Barolo (Piazza Colbert – prov. Cuneo)

25 luglio Hydrogen Festival di Piazzola sul Brenta (Piazzale Camerini – prov. Padova)

I biglietti per le date de “L’ANIMA VOLA Tour” sono acquistabili in prevendita online e presso i punti vendita del circuito TicketOne e nelle prevendite autorizzate (per info: www.fepgroup.it). Chi acquisterà il biglietto su www.ticketone.it riceverà “L’anima Vola CARD Limited Edition” (valida come biglietto d’ingresso per il concerto): ai titolari delle CARD sarà concesso l’esclusivo privilegio di entrare anticipatamente (le modalità di accesso saranno comunicate qualche giorno prima del concerto).

Video: “Un filo di seta negli abissi”

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L’intervista a Rita Pavone: 50 anni di carriera e un tour alle porte

Rita Pavone

Rita Pavone

Nel corso della sua cinquantennale carriera, Rita Pavone è riuscita a conquistare svariate generazioni di pubblico attraverso la sua proverbiale grinta e la sua travolgente personalità. Spirito libero ed indomabile, Rita ha costruito la sua vita e la sua carriera pezzo dopo pezzo e con grandi soddisfazioni. Oggi, grazie all’eccezionale riscontro avuto dal suo nuovo doppio studio album “Masters”, Rita Pavone si prepara a tornare sui palchi di tutta Italia con “Live2014”, il tour che la vedrà protagonista di 6 imperdibili concerti: 6 maggio - Milano (Gran Teatro Linear4 Ciak), 13 maggio a Napoli (Teatro Augusteo), 8 maggio – Bologna (Teatro Manzoni), 10 maggio – Ancona (Teatro Muse), 20 maggio – Torino, (Teatro Colosseo), 24 maggio – Padova (Gran Teatro Geox). Per info su location, date e biglietti www.tridentmanagement.it

Chi era Rita Pavone nel 1959 e chi è Rita Pavone oggi? Facendo un parallelo tra il passato ed il presente, cosa è rimasto uguale nel tempo e cosa è cambiato nella Sua persona?

Oggi come allora c’è la stessa grande gioia e voglia di cantare ma, certo, sono cresciuta in questi 50 anni , ho vissuto tante esperienze, sia professionali che umane diverse, ho imparato a gestire sia gli alti che i  bassi della vita, ho visto mezzo mondo, letto moltissimi libri, accresciuto la mia curiosità e la mia voglia di fare sempre qualcosa di nuovo.  Il desiderio di mettermi sempre in gioco è qualcosa che fa parte del mio carattere. Mai stata ingenua, forse neanche a 17 anni,  ma sicuramente ho acquisito maggiore consapevolezza di me stessa, dei miei limiti, come delle mie qualità e ho imparato a  gestire in prima persona la mia carriera e, più in generale, la vita di moglie, madre e donna.

In una recente intervista ha dichiarato  che “Masters” è il disco che voleva fare da ragazza e che ha tenuto nel cassetto per 50 anni. Ci racconta come e quando le è venuta la voglia di rendere questo sogno reale? Quali sono state le fasi di lavorazione del disco e come è avvenuta la costruzione dei brani in italiano?

E’ vero, l’idea l’ho sempre avuta, è nata con i miei esordi . “Masters” è l’album che volevo fare da 50 anni con le canzoni che ascoltavo da ragazzina, prima  ancora di avere successo. Mio padre aveva un amico marinaio che subito dopo la guerra gli portava i dischi americani che in Italia non conosceva nessuno. Sono cresciuta con quelli. Mentre in Italia tutti erano abituati a canzoni come “Buongiorno tristezza” di Claudio Villa, io, già a 12 – 13 anni, avevo il rock addosso e mi piacevano lo swing, il jazz, i grandi autori o interpreti americani come Bobby Darin, Burt Bacharach, Fats Domino, Gene Vincent, Tony Bennett. Loro sono i miei maestri perciò ho intitolato il mio doppio CD “Masters” riferendomi al duplice significato della parola – come “Maestri ispiratori” e come le matrici dei dischi.

Non ho potuto farlo prima perché, da me, i discografici si aspettavano altro. Poi, dopo essermi fermata per qualche anno,  mi sono detta “o adesso o mai più” e, in due anni, mi sono prodotta tutto da sola: scegliendo canzoni che avessero una storia, chiedendo le autorizzazioni alle major americane, trovando un arrangiatore, Enrico Cremonesi, straordinario,  con una versatilità e una eleganza rara, ma  soprattutto capace di avere di suo quel  tipico “ritardo” che nello swing è una dote innata, e poi collaborando per la traduzioni con numeri uno assoluti come Lina Wertmuller, Enrico Ruggeri e Franco Migliacci, perché volevo che le traduzioni  italiane avessero un’anima e potessero essere “moderne”.  Naturalmente ho voluto il meglio anche nella produzione affidando il mixaggio dell’ album al 4 volte Grammy Awards, James “ Bonzai“  Caruso  e masterizzandolo al  Metropolis  Studio  di  Londra  con  John Davis,  che collabora abitualmente con gli U2- The Enemy -Lana Del Rey e i  Led Zeppelin. Quest’ultimi gli hanno regalato proprio quest’anno un Grammy  per il mastering del loro ultimo album . Sono molto contenta del risultato finale e  sono ancora più contenta di come sia stato accolto questo disco sia dal pubblico che dai media.

Circa 9 anni fa lasciò volontariamente le scene per ritirarsi a vita privata. Cosa l’ha spinta a ritornare a fare musica e cosa le è mancato di più in questi anni?

Diciamo che all’inizio non mi mancava proprio nulla, anzi. Finalmente potevo fare tutte quelle cose che fin dai sedici anni  mi erano un po’ mancate … fare il bagno e prendere il sole tranquillamente senza aver paura di perdere la voce, alzarmi al mattino, prendere lo spazzolino e decidere di andare a Londra, stare con gli amici … Ma c’è poco da fare, se uno nasce “cantante”, alla fine il desiderio di tornare a cantare prevale.

Com’è il suo rapporto con i fan?

Straordinario. Sono loro che hanno sempre creduto in me e, giorno dopo giorno, mi hanno sempre sostenuta e spronata a ritornare  sulle scene. E’ un rapporto quasi familiare, continuo e consolidato, contraddistinto da un affetto che sento di dover contraccambiare sempre.

rita 3Sulla sua pagina Facebook Lei è sempre molto presente. Cosa pensa dei social networks e di Internet?

I social e Internet sono una innovazione straordinaria perché consentono di dialogare , di confrontarsi, di condividere  esperienze progressivamente e continuativamente, anche a centinaia, migliaia di chilometri di distanza e la  loro immediatezza è un innegabile  plus valore. Trovo, però, terribile che l’anonimato venga sfruttato, alle volte, per scatenare polemiche o, peggio ancora, insulti e aggressioni verbali che non fanno onore alla nostra razza.  E’ un vero peccato che alcune persone usino il fantastico e meraviglioso dono della parola, del pensiero, della dialettica, per offendere. E’ un insulto prima di tutto al proprio essere uomini.

Nel corso della sua carriera ha venduto più di 50 milioni di dischi. Quali sono stati i momenti chiave del suo percorso artistico?

Sicuramente la vittoria al  Festival degli Sconosciuti di Ariccia nel 1962, che mi consentì non solo di pubblicare il mio primo 45 giri con la RCA (“La partita di pallone”), ma anche di conoscere il mio futuro marito, Teddy Reno: quest’anno festeggeremo insieme con i nostri due figli Alex e Giorgio, 47 anni di matrimonio. E pensare che all’epoca fu un vero scandalo, un matrimonio osteggiato da tutti … Chi l’avrebbe mai detto! Nell’estate del ’63, invece, riuscii a convincere la discografica – che era contraria perché reputava il brano troppo “adulto” per me – di  farmi incidere “Cuore”, in assoluto il brano che amo di più di tutto il mio repertorio e che mi rappresenta. Fondamentali per la mia crescita anche tutti gli show televisivi  da me condotti negli anni sessanta, che mi hanno vista con Morandi,  con Raimondo Vianello, con Gino Bramieri, le Kessler, Mina, e sicuramente a fine ’64 lo sceneggiato televisivo “Il Giornalino di Gianburrasca” con le musiche di Nino Rota arrangiate da Luis Bacalov e i testi e la regia di Lina Wertmuller. Ma anche il cinema, con Giancarlo Giannini, con Totò, con la Masina.  E il teatro anni dopo. Voglio ricordare  nel 1995, con “La dodicesima notte”, diretta da Franco Branciaroli e  nel 1996/’97  “La Strada“ di Fellini con la regia di Filippo Crivelli.  Poi, naturalmente,  le tournée e i viaggi di promozione all’estero a cominciare dagli Stati Uniti, negli anni ’60, dove ho avuto l’onore di essere ospite per ben cinque volte dell’Ed Sullivan Show .

Quali sono state le emozioni più ricorrenti di una vita trascorsa in giro per il mondo con la propria musica?

Innanzitutto la grande opportunità di parlare e di  incontrare persone diverse per storia e per usi e consuetudini,  ma anche la possibilità di ampliare le proprie conoscenze, di soddisfare la mia curiosità innata che poteva sentirsi “stretta” nei confini nazionali.

Lei ha partecipato tante volte al Festival di Sanremo. Ci tornerebbe? Magari in veste di super ospite?

In verità nel corso della mia, ormai più che cinquantennale, carriera,  io, alla gara,  vi ho preso parte solo tre volte : nel ’69 , nel ’70 e nel ’72 . Poi una volta come ospite d’onore nel 1975 insieme ad  Erminio Macario, a seguito del grande successo teatrale  di “Due sul pianerottolo“, una commedia con musiche che, all’epoca, sbancò i botteghini di tutt’Italia. Infine, vi ho partecipato, in un’unica serata, nel 2005, proprio quando diedi l’addio alle scene, quale ospite di Toto Cutugno in un duetto.  Alla luce di tutto questo non si può di certo  considerarmi   habituè  della rassegna  sanremese…

 Tornare in gara? Al momento lo escluderei. Francamente  non è mai stato nelle mie corde partecipare  a competizioni dove le canzoni  vivono  di pochi attimi . Ciò nonostante, essendo Sanremo, ormai da  lungo tempo, l’unica manifestazione  a carattere musicale rimastaci , pur storcendo il naso, quando ho manifestato il desiderio di parteciparvi  per far conoscere un’altra parte di me come artista, ad esempio, quale cantautrice,  non mi è mai stato concesso… Debbo dire che attualmente, con le  modifiche apportate  al regolamento di gara,  secondo le quali non è prevista l’esclusione degli interpreti  la prima sera, si consente che i brani più “ difficili “ possano essere assorbiti dal pubblico in un arco di  ben cinque serate. Ho, invece, dei seri  dubbi  sulla bontà di far scegliere al pubblico, e non all’artista,  quale  tra le due canzoni proposte  sia quella che egli dovrà portare in finale. Mentre trovo bello e utile poter permettere all’ interprete  di proporre le su due anime  – magari  cantando un brano lento prima  e per secondo  uno più grintoso  – penso, invece, che questa scelta  dovrebbe  essere assolutamente  lasciata all’ artista,  la  cui responsabilità è quella  di poter “ correre” con la macchina che ritiene migliore.

Se sbaglia la scelta?  Beh, peggio per lui. Ma almeno avrà giocato tutte  le sue carte credendoci pienamente.

Che opinione ha dei talent show e cosa consiglierebbe ai giovani desiderosi di farsi strada nel mondo della musica?

I talent sono un’ottima occasione per i giovani e hanno rivelato alcuni  interpreti decisamente interessanti come Alessandra Amoroso, Emma, Marco Mengoni, tanto per citarne alcuni. Temo solo che la fama e la notorietà immediata che regalano trasmissioni di questo tipo possano non preparare i giovani ad affrontare eventuali momenti di calo e di crisi che facilmente  si avvicendano durante una carriera. Così come credo che la facilità di immagine che garantiscono i talent  show  (abiti, trucco, look, coreografie, scenografie, luci)  possano finire per bloccare la crescita della personalità e del carattere di questi giovani interpreti. Quello che mi sentirei  quindi di consigliare a questi ragazzi è di cercare di far valere sempre , e sempre di più, la propria personalità e la propria creatività artistica, magari  riflettendo a fondo sulle scelte dei brani che intendono proporre nei loro primi  dischi, perché talvolta, anche se firmati da autori rinomati, possono  rivelarsi  non  rispondenti  alle inclinazioni musicali o vocali dell’artista esordiente . E se si sbaglia il primo passo, sarà difficile riuscire a fare il  secondo.

rita 2A maggio ci sarà il suo nuovo ed attesissimo tour. Solo pochi giorni fa sono state annunciate 4 nuove date. Che tipo di concerto proporrà al suo pubblico?

Trovo giusto regalare al pubblico quello che ha amato di mio in tutti  questi anni, per cui porterò in scena molti brani  del mio repertorio storico, ma  desidero affiancare a questo – per la prima volta  “live” – anche dei brani del mio nuovo album “Masters”. Con Enrico Cremonesi – che curerà  la direzione musicale dello spettacolo –   e una band di professionisti, complice l’atmosfera “intima” dei teatri e una scena minimalista, vorrei rimettere al centro dello spettacolo la musica e le parole per regalare un concerto che possa essere il più possibile vario ed eterogeneo. Non solo un tuffo nel passato. Colgo l’occasione per dire che sono strafelice di venire con il mio  live anche a Napoli, al teatro Augusteo il 13 Maggio. Adoro Napoli  e adoro la sua gente. Ho tantissimi amici laggiù e non vedo l’ora di riabbracciarli.

Per concludere, qual è il suo “pensierino” del 2014?

E’ un momento di grande difficoltà per molte persone e famiglie. Penso a questo e trovo terribilmente ingiusto che la vita non possa  essere da sogno per tutti. Ma l’Italiano è un popolo forte e ce la farà a superare anche questo drammatico momento. Come ce l’ha fatta sempre, del resto . Ci potete giurare! E ve lo dice una che, nata nell’immediato dopoguerra, la vita  se l’è scelta e conquistata con estrema fatica.

Raffaella Sbrescia

Si ringraziano Rita Pavone e Alessandra Indrigo di Goigest per la disponibilità

Laura Pausini: 20 anni di carriera in un concerto a New York

In occasione del ventennale della sua sfolgorante carriera musicale, Laura Pausini festeggerà la ricorrenza in grande stile: il prossimo 6 marzo l’artista terrà, infatti, un concerto presso il Theater Madison Square Garden di New York. Sul palco con Laura ci saranno alcuni degli artisti che hanno condiviso con lei dei momenti importanti della sua carriera, a partire da Biagio Antonacci, storico collaboratore e autore di alcuni grandi successi di Laura come “Tra te e il mare” e “Vivimi” fino alla star della musica latina Gloria Estefan, con cui Laura ha duettato nel disco “The standards”, nel brano intitolato “Smile”. Si aggiungeranno agli ospiti della serata Miguel Bosè, che con Laura ha interpretato “Te Amarè”, presente anche in  “20 the greatest hits/grandes exitos”, l’ultimo lavoro discografico della Pausini, Ivete Sangalo, regina della musica brasiliana, e i ragazzi de Il Volo, tra le nuove promesse della musica internazionale. Durante il concerto Laura canterà in ben 5 lingue e sarà accompagnata da un’orchestra di 25 elementi per un concerto memorabile.
 Le date del tour:
1 FEBBRAIO                     PARIGI – Le Zenith
2 FEBBRAIO                     BRUXELLES – Forest National
5 FEBBRAIO                     GINEVRA – Arena Genf
6 FEBBRAIO                     ZURIGO – Hallenstadion
8 FEBBRAIO                     MADRID – Palacio Deportes
19 FEBBRAIO                   SAN PAOLO – Citybank Hall
20 FEBBRAIO                   SAN PAOLO – Citybank Hall
22 FEBBRAIO                   BUENOS AIRES – Luna Park
24 FEBBRAIO                   VINA DEL MAR – Festival Internacional de la Canción
25 FEBBRAIO                   SANTIAGO DE CHILE – Arena Movistar
28 FEBBRAIO                   CITTÀ DEL MESSICO – Arena Ciudad de Mexico
2 MARZO                          MIAMI – James L. Knight Center
6 MARZO                          NEW YORK – Madison Square Garden
9 MARZO                          TORONTO – Casino Rama
Il videoclip del nuovo singolo “Dove resto solo io”, tratto dall’album “20 – The Greatest Hits”

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=Q-TFoKNbJHE]

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