A due anni dalla pubblicazione del suo album d’esordio, intitolato “Siamo Morti A Vent’Anni”, Lorenzo Cilembrini, in arte Il Cile, torna con un nuovo progetto discografico, la cui pubblicazione è prevista a settembre, su etichetta Universal Music. Il nuovo album di inediti è anticipato da un singolo piuttosto distante dalla precedente produzione musicale del giovane cantautore. Stiamo parlando di “Sole Cuore Alta Gradazione”, un brano “spensierato ma non troppo, ironico ma aggressivo, divertente ma deviato… come me”, ha spiegato Il Cile, che sceglie di mostrare un lato di se stesso più espressamente giovanile e disinvolto. Anche il videoclip che accompagna il brano si apre con una dissacrante scena in cui Nicola Nocella, il Jim Belusci de noantri, sfascia la chitarra de Il Cile gettando via i “sogni appassiti” e le “domande esistenziali irrisolte” del passato. Candidato a diventare la colonna sonora dell’estate 2014 “Sole cuore alta gradazione” racchiude gli ingredienti essenziali della stagione più calda. Solare, movimentata ed estrosa la canzone non è, tuttavia, esente dalle tipiche punzecchiate ciniche de Il Cile tra “cuori capaci di intendere poco e volere troppo” e “brucia la testa, brucia la sabbia, siamo noi una tribù che traballa”.
Il Cile
Simile ad un rituale a metà strada tra sogno e disastrosa realtà, il testo si muove tra “coreografie da rianimazione”, molto fedeli a quelli che ci siamo abituati ad osservare frequentando “la gioventù che traballa”, pronta a scatenarsi per dimenticare tutto il resto. In attesa di scoprire quali saranno i temi e le corde che Lorenzo saprà toccare con i suoni nuovi brani, lasciamoci, dunque, travolgere da questo singolo diversamente leggero: “Perchè io, bambina, sono il diavolo del lessico. Sono Freddy Krueger in una villa in Messico. Arrivo nei tuoi incubi e ti offro tequila/Passeremo la notte a scaldarci la vita”.
“L’Ala tornante” è una piccola cascata di sogni e parole che l’indimenticabile poeta e scrittore Roberto Roversi, collaboratore di Lucio Dalla e autore di tanti testi degli Stadio, teneva chiusa in una cartelletta intitolata “Canzoni per gli Stadio”, così come raccontato da Antonio Bagnoli, editore Pendragon. Musicato da Gaetano Curreri e Saverio Grandi, il brano rientra all’interno di un progetto composto da 11 canzoni, una per ogni ruolo di una squadra di calcio e non è escluso, dunque, che in futuro possa esserci un seguito musicale per questi scritti realizzati da un uomo che, nell’arco della sua vita, ha saputo leggere il cuore della gente e diventare un punto di riferimento per poeti, scrittori, artisti e cantautori. Lui che, seppur scomparso nel 2012, attraverso le sue parole, potrà ancora dare voce al nostro oggi e al nostro domani.
Stadio
“L’Ala tornante” è, intanto, stata scelta come sigla di “Caterpillar”, il programma in onda suRadio 2 Rai) per il periodo dei mondiali di calcio 2014. Le parole della canzone veleggiano leggere come i ricordi d’infanzia e i sacrifici fatti per i primi campionati di calcio da dilettanti. Quante domeniche e quante date da segnare, quante emozioni, quante vittorie e altrettante sconfitte. Diatribe, dibattiti e sfide sul campo. Che sia un terzino, un portiere o un attaccante, un calciatore è un piccolo “eroe” da incoraggiare a fare del suo meglio in nome di un sogno: “bene, bravo, bis”. Gli Stadio presenteranno il brano durante la prossima edizione del Premio Ischia e continueranno, intanto a tenere i concerti organizzati in occasione dell’ “Immagini del nostro amore Tour 2014″, conseguente all’omonima raccolta discografica, pubblicata lo scorso 19 novembre.
“Alla faccia” è il nuovo singolo della cantante torinese Cixi, all’anagrafe Eleonora Bosio, ex concorrente di X Factor e nota come web influencer. La giovanissima cantante, classe 1996, ha partecipato a numerosi concorsi nel corso degli anni, conseguendo, nel 2011, l’attestato di frequenza per Interpreti di Musica Leggera al CET di Mogol. Con questo nuovo brano, prodotto da Ugo Venturino e registrato presso lo studio Villa Sara Music House, Cixi torna a mettersi alla prova, anticipando l’album d’esordio con un pezzo pop.
Cixi Ph Alma Boulevard
L’atmosfera leggera e distesa dell’arrangiamento strumentale, si oppone al testo scritto da Marco Baroni e Alex Bagnoli che, invece, rappresenta un inno alle imperfezioni che caratterizzano ciascuno di noi. Un brano che si muove in controtendenza, rispetto alla sfrenata corsa all’omologazione. «Alla faccia di chi ci dice no, alla faccia di chi non crede in noi», canta Cixi, rivendicando una prospettiva incoraggiante e positiva, all’insegna della serenità spirituale. Non ci rimane che attendere il full lenght per capire quali saranno i contenuti, le scelte e la direzione artistica di una ragazza che parte da buoni presupposti.
“Sottovuoto” è il nuovo singolo di Renzo Rubino. Il brano è tratto dall’album di inediti del cantautore pugliese, intitolato “Secondo Rubino”. Accompagnato da un video frizzante ed originale, realizzato da Duccio Forzano, il brano racchiude i brandelli di una storia d’amore, raccontati quasi sottoforma di filastrocca magica. Un incantesimo, più simile ad un maleficio, colpirà la malcapitata di turno: “fingevi amore/senza amore rimarrai”, “Riveli vuoto e un sottovuoto diventerai”, canta Renzo Rubino che, con la consueta attenzione ai dettagli, necessari per fare ancora una volta la differenza, associa al testo un arrangiamento veloce e travolgente; pianoforte ed archi si congiungono in un mix irresistibile e giocoso. Come preannunciato in apertura, il brano è accompagnato da un videoclip ispirato al surrealismo metafisico di artisti eterni come De Chirico e Dalì.
Nelle sequenze di questa storia narrata per immagini, Renzo veste i panni di se stesso inserendo nel video tutte le sue passioni: pianoforte, ciliegie e barattoli sono i compagni di viaggio di un piccolo genio vestito di tutto punto ma con dei calzini che rivelano una percentuale di follia, sufficiente quanto basta, per stravolgere la routine quotidiana. Una piccola coreografia, eseguita dallo stesso Renzo, moltiplicato a decine, rende appieno la versatilità di un cantamusicattore che, saltellando sui tasti di un pianoforte, riesce sempre a coinvolgerci nel suo magico mondo di note e a lasciarci il sorriso sulle labbra.
A pochi mesi dalla pubblicazione del loro attesissimo settimo album, prevista per il prossimo settembre, i Subsonica presentano “Lazzaro”, un singolo in pieno stile jungle, parzialmente ispirato al drum and bass dei Pendulum, arricchito da un testo ragionato, attuale e incalzante. Il groove del brano rientra all’interno dei tratti distintivi della discografia dei Subsonica; grosse parti elettroniche si aggiungono ad un abbondante utilizzo della strumentazione tradizionale, con particolare spazio lasciato ad un trascinante giro di batteria. Le ambientazioni urban/underground costituiscono, a pieno titolo, l’habitat naturale per lo sviluppo di suoni e parole che, dopo 18 anni, riescono ancora a leggere il cuore e le storie della gente: “Alzati e cammina per scoprire di essere vivo come non mai/ Lazzaro stamattina e resuscita un pezzo alla volta la volontà”; il ritornello è un mantra che racchiude e sancisce il principio dell’autodeterminazione individuale. Lazzaro siamo tutti noi, il personaggio citato nei Vangeli si riveste di una mistificante attualità. In qualità di paradigmatico “morto che resuscita”, Lazzaro vive i nostri dubbi, le nostre sconfitte, le nostre incertezze. Chiusi nel nostro sepolcro di apatia e indifferenza, non ci accorgiamo di essere “un’emozione scaduta, una certezza tradita, un’ambizione svenduta”. Nel bel mezzo della svalutazione dei nostri valori, quello per cui abbiamo studiato, quello in cui abbiamo creduto, per cui abbiamo lottato e sofferto ha perso ogni valore, ogni importanza, ogni rispetto. Il calpestìo della nostra essenza ci ha reso morti che camminano, diretta conseguenza, quest’ultima, di un gioco d’azzardo fatto con il nostro futuro. Costretti a fare i conti con “un’ipoteca sulla nostra dignità” ci troviamo a fare i conti con proteste ammaestrate, carezze svogliate, speranze piegate. I Subsonica inquadrano, dunque, con lucidità i mali che ci affliggono e li mettono nero su bianco servendosi di un tagliente repertorio semantico e di un trascinante arrangiamento strumentale. Cinismo e disillusione la fanno da padrone ma il diritto alla vita è , forse, l’unica cosa in grado di trascendere da qualsiasi problematica contingente. Ecco perché il monito “alzati e cammina” risuona potente e vigoroso, ecco perché “resuscita un pezzo alla volta la volontà” rappresenta un messaggio necessario, incisivo ed efficace. Ecco perché i Subsonica ci erano mancati, eccome.
31 Ottobre – Jesolo (VE) – Pala Arrex (ex Palazzo del Turismo)
01 Novembre – Pesaro – Adriatic Arena
07 Novembre – Napoli – Palapartenope
08 Novembre – Bari – Palaflorio
13 Novembre – Torino – Palaolimpico Isozaki
15 Novembre – Verona – Palasport
21 Novembre – Roma – Palalottomatica
27 Novembre – Bologna – Unipol Arena (Casalecchio di Reno)
28 Novembre – Firenze – Nelson Mandela Forum
29 Novembre – Genova – 105 Stadium
01 Dicembre – Milano – Mediolanum Forum di Assago
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Silvia Tancredi è una cantante e autrice torinese, diplomata in canto presso il CPM di Milano e laureata in D.A.M.S. presso l’Università degli Studi di Torino. Innamorata da sempre del gospel, Silvia vanta una nutrita carriera come vocalist al fianco di artisti come Neja, Arthur Miles & The Allstars Gospel, Lee Brown, Fred jr. Buscaglione, Fabrizio Consoli, Anthony Morgan’s Inspirational Gospel Choir Of Harlem. Sempre pronta a sperimentare ed a mettersi in gioco, Silvia Tancredi sta lavorando al suo nuovo album di inediti e nel frattempo ci ha parlato di “The Cage”, il brano scelto dalla regista Mirca Viola per la colonna sonora del suo film “Cam Girl” (al cinema dal 22 maggio) e disponibile anche in versione remix a cura di Jeffrey Jey (Eiffel 65).
Silvia, il tuo percorso musicale è per lo più incentrato sullo studio e la pratica del contemporary gospel…cosa rappresenta per te questo universo musicale e cosa ti ha dato fino ad oggi in termini sia umani che artistici?
Il gospel è stato il mio primo amore e, in quanto tale, questo genere è stato una continua fonte di spunti per andare alla ricerca di aspetti musicali sempre nuovi. Il gospel è una musica che ha radici molto antiche, è nata nell’800 e ha preso forme sempre nuove fino ad arrivare al contemporary, una musica un po’ più difficile da inquadrare per noi italiani. In realtà si tratta di un genere che viene suonato su tutti i palchi in continuazione, uno stile musicale assolutamente vivo, che mi sono portata in tutti i miei progetti.
Quanto sono importanti per te lo studio e la ricerca quotidiana?
Beh, lo studio è fondamentale. Credo che la cultura possa darci delle chiavi per aprire le porte della nostra vita. L’approfondimento dell’aspetto musicale e la ricerca per la tesi della laurea specialistica per me sono stati importanti perché ho avuto modo di attuare un percorso di studio approfondito su un argomento molto attuale ovvero il mondo legato ai talent show. Il mio punto di vista non è stato solo quello di una studiosa, di una ricercatrice, si tratta, piuttosto, di un punto di vista etnoantropologico; in questo modo ho ottenuto dei riscontri e dei risultati molto più completi.
Silvia Tancredi Ph Roberto Borgo
“The Cage” è il tuo nuovo singolo che, insieme a “Sing your love”, brano tratto dal tuo primo album intitolato “L’importante è crederci”, fa parte della colonna sonora di “Cam Girl”, il nuovo film della regista Mirca Viola. Di cosa parlano questi brani e in che modo si ricollegano alla trama del film?
Sono convinta che Mirca abbia scelto queste due canzoni innanzitutto per la loro musicalità ma anche per il loro contenuto testuale. “Sing your love”è una canzone in cui compaiono pianoforte, archi e voci e nel film è stata messa, infatti, come musica di sottofondo in un momento più tranquillo della narrazione cinematografica. “The Cage”, invece, è una canzone che non ho scritto per il cinema quindi l’incontro con Mirca è stato molto fortunato. La mia canzone parla dell’illusione di trovarsi all’interno di una gabbia dorata, dell’impossibilità di riuscire a volare. Per queste ed altre ragioni, il contenuto del film si identifica con i concetti contenuti nel mio brano: quattro ragazze si troveranno, senza rendersene conto, intrappolate nella scelta di aprire un sito di Cam Girl. La mia canzone comunque lascia una porta aperta alla possibilità di realizzazione.
Che ne pensi della versione remix di “The Cage” curata da Jeffrey Jey degli Eiffel 65?
Conosco Jeffrey da tempo e, quando lui mi ha proposto il remix, ho temuto che il risultato si discostasse dalla canzone invece devo dire che ha fatto un lavoro veramente entusiasmante!L’ultima volta che ho ascoltato il remix ballavo da sola per casa come una pazza perché Jeffrey ha messo nel brano tutta la sua energia.
Stai lavorando ad un nuovo album? Se sì, in che direzione ti stai muovendo?
“The Cage” è in effetti, il singolo che precede il mio nuovo album che è praticamente finito… A breve seguiranno dei nuovi singoli e poi uscirà l’album intero! In estate ci saranno delle belle novità in questo senso…
Si ringraziano Silvia Tancredi e Tatiana Corvaglia per Parole e Dintorni
“Da sule nun se vence maje” è il nuovo singolo dei Foja. Il testo è il frutto della collaborazione tra la band ed il noto attore e regista napoletano Alessandro Siani. Il brano rispecchia, in tutto e per tutto, l’anima e l’ormai riconoscibile cifra stilistica dei Foja che, all’interno del proprio sound, riescono a coniugare brillantemente elementi della tradizione classica napoletana con la più avanguardistica innovazione. Questo progetto rappresenta un nuovo incoraggiante passo di una formazione musicale consolidata che, forte di un background culturale molto radicato all’interno del proprio dna artistico, riesce ad attingere anche da altre culture nel mondo, creando una miscela musicale immeditata ed efficacemente incisiva. Un tripudio incalzante di chitarre acustiche ed elettriche, sposa il fascino e la musicalità della tradizione classica, attraverso il mandolino di Luigi Scialdone, senza mai rinunciare ad una texture semantica qualitativamente elevata.
Foja
L’uso della lingua napoletana conferisce un valore aggiunto al contenuto dei testi, così come avviene in quello che ci accingiamo ad approfondire. “Simme ’na cartulina maje mannata, ’sti panne spase ormaje se so’ asciuttate, e je nun sogno cchiù e je nun sogno cchiù”: poche parole riescono a racchiudere immagini, storie, vite vissute. Il linguaggio figurato è più espressivo che mai, sogni, vizi e virtù prendono vita lasciandoci addentrare nel ritornello della canzone: “Ma po’ ce staje tu e je nun penso a niente cchiù, si po’ ce staje tu ca me truove quanne saje, ca me lieve ’a mieze ’e guaje pecché da sule nun se vence maje”: Ma poi ci sei tu ed io non penso più a niente, se poi ci sei tu, che mi trovi nei momenti che solo tu sai riconoscere, tu che mi togli dai guai perchè da soli non si vince mai.
Sì, da soli non si vince mai, la grande verità racchiusa in questa frase che, tra l’altro, dà anche il titolo al brano, rappresenta, in realtà, la chiave di volta per comprendere cosa non funziona più della nostra umanità ripiegata su se stessa, tesa all’annichilimento e all’egocentrismo distruttivo. L’unione delle menti, dei cuori, degli spiriti, degli intenti, degli obiettivi è quanto di più forte possa esserci e i Foja hanno saputo raccontare questa necessità con grazia ed originalità. Seguendo il file rouge di questo intento anche nel videoclip del brano, con la regia di Dario Calise, c’è la partecipazione attiva dei fan, che hanno cantato il ritornello su una base postata sul profilo facebook dei Foja. Prodotto da Graf srl – Mad Entertainment 2014 e pubblicato da Full Heads, il video è un prodotto visuale creativo e d’impatto: a ulteriore conferma della “doppia vita” artistica del frontman Dario Sansone, che alla sua attività di cantante vede affiancata quella di affermato disegnatore, le immagini sono state elaborate come se si trattasse di disegni e, insieme al testo della canzone sincronizzato con le immagini, e ai riquadri con i fan, il risultato è un bel patchwork di volti e sorrisi.
Un altro importante tassello artistico per la carriera dei Foja che, con il loro brano intitolato “’A malia”, tratto dall’ultimo disco “Dimane Torna ‘o sole” sono anche in concorso per il Premio David di Donatello 2014 come miglior canzone contenuta all’interno della colonna sonora del film “L’arte della felicità” di Alessandro Rak. Una realtà musicale davvero originale e incoraggiante per quanti abbiano ancora voglia di mettersi in gioco e credere nelle proprie potenzialità.
Crediti
Voce e chitarra: DARIO SANSONE / Chitarra elettrica: ENNIO FRONGILLO / Mandolino: LUIGI SCIALDONE; Basso: GIULIANO FALCONE / Batteria: GIOVANNI SCHIATTARELLA / Cori: GNUT
“Comete” è il titolo del primo singolo estratto dal nuovo album di inediti de Le Strisce, su etichetta Suonivisioni. Il disco vedrà la luce soltanto tra qualche mese ma, in occasione della pubblicazione del videoclip ufficiale della canzone, girato dal regista e video maker Tiziano Russo, ci sembrava opportuno approfondire la conoscenza di un testo che anticipa un lavoro discografico dai presupposti interessanti. “Pensi troppo, dormi male, sputi sulle webzine e ti senti intellettuale citando Baudelaire, spleen”, Davide Petrella (Voce -Testi), Francesco Zoid Caruso (Basso), Enrico Pizzuti (Chitarre), Andrea Pasqualini (Chitarre), Dario Longobardi (Batteria) descrivono la tristezza dei giorni nostri rigettandola in modo aggressivo e diretto. La crudezza espressiva delle parole si accompagna ad un uso massiccio della chitarra e alla vocalità leggermente graffiata di Davide Petrella. Anche nel video caos, disordine e violenza sono gli elementi che saltano subito all’occhio.
“È tuo il disordine, che caz*o vuoi da me?”: ecco la sintesi dell’egoismo difensivo in cui abbiamo imparato a rifugiarci per scampare al dolore e al furente abbattimento dei nostri sogni. “Prima alternative, indie, rapper, hipster è solo moda, tutto gira, tornerai triste”: tutto è effimero, identificare se stessi in una corrente di pensiero o in una moda è qualcosa di temporaneo, destinato ad estinguersi, qualcosa che finirà per rimetterci completamente a nudo, prima di fronte a noi stessi e poi di fronte a tutti gli altri. “Se non puoi chiamarla arte allora è do it yourself?”: in questa frase Le Strisce tracciano i presupposti per una riflessione più approfondita: cosa possiamo definire arte? Chi può dirci cosa è arte e cosa no? Qual è il confine che determina il passaggio tra un prodotto indipendente e un progetto “mainstream”? La storyline del videoclip accompagna queste parole con un’aggressione a degli artisti ed un maltrattamento di gruppo, da cui non usciranno né vincitori nè vinti. Un nichilismo di fondo attraversa queste ed altre incertezze proposte dai ragazzi de Le Strisce che, nel titolo del brano, propongono un gioco di parole a metà strada tra identificazione generazionale “come te” ed una più onirica suggestione tutt’altro che lapalissiana… Quello che ci rimane da scoprire è se noi ci facciamo ancora delle domande o se ci siamo rassegnati a vivere alla giornata seguendo le nostre personalissime “comete”.
“Quante Parole che non dici” è il nuovo singolo di Arisa, tratto dall’album intitolato “Se vedo te”. In radio, da Venerdì 25 Aprile, il testo scritto dal cantautore Antonio Di Martino per Arisa racconta in maniera intima e delicata l’emozione di una personalità che si evolve nel tempo e che trova la forza per lasciarsi alle spalle il passato. Il brano, carico di pathos, trova una naturale trasposizione nelle immagini girate da Gaetano Morbioli nella terra d’origine della vincitrice dell’ultima edizione del Festival di Sanremo, ovvero la Basilicata. Il confronto e il dialogo sono cose che ci occorrono in ogni singolo giorno della nostra vita per imparare a crescere a rapportarci con l’altro ma, sempre più spesso, ci risulta difficile dire “tutte le nostre parole” e questa difficoltà causa blocco, implosione, chiusura, confusione. Arisa si libera dalle barriere, fisiche, metafisiche, spirituali e mette nero su bianco questo suo racconto attraverso delle belle immagini girate tra foglie di boschi, la Grotta delle Meraviglie di Maratea e la bellissima Spiaggia Nera di Marina di Maratea, una terra trasparentemente selvaggia. “Quante parole che non dici e vorresti gridare, con il tempo vedrai esploderanno tutte nello stesso momento, tutte fino a farti sentire meglio”, canta Arisa, raccontando attimo per attimo la risalita di un flusso di pensieri che, pian piano, si amalgamano fino a diventare parola. “Le frasi si sommano, diventano delle addizioni, dei labirinti di coniugazioni. Uscirne è difficile, puoi rischiare di naufragare in un lago di virgole. Ma perché vuoi spiegare l’amore? Sono solo due numeri prima da calcolare!”.
Arisa si spoglia delle paure e delle incertezze e, alla fine del viaggio, un tuffo rigeneratore laverà via le lacrime e la paure del passato per provare a ricominciare tutto daccapo.
Rosalino Cellamare, in arte Ron, presenta “America”, il nuovo singolo tratto da “Un abbraccio unico”, l’ultimo album di inediti arrivato a 5 anni di distanza dal precedente. Il noto cantautore è ritornato per dirci qualcosa di nuovo ma sempre assolutamente autentico, restando fedele al suo percorso fitto di canzoni destinate a rimanere a lungo nella nostra memoria e nel nostro cuore. La storia di “America” è un po’ diversa dal solito, il brano è, infatti, un inedito scritto da Lucio Dalla apposta per Ron.
A svelare il prezioso aneddoto è lo stesso Rosalino: «Era il 1992 e le cose andavano molto bene per me. Ma io non ero soddisfatto. Vivevo sempre con la sensazione che mancasse qualcosa, quel premio da vincere, quella trasmissione tv dove andare, quel palco prestigioso da riempire. Lucio non sopportava più quella mia insoddisfazione, il mio perenne malessere e come faceva spesso per farmi capire le cose, anziché spiegarmele davanti ad un bicchiere di vino, scrisse le parole di America. Su di me, su quel mio modo di non godermi il successo. Voleva spronarmi a vivere la vita. Lui che era così goloso di vita. Il messaggio arrivò chiaro».
Non poteva utilizzare altre parole Ron per raccontare l’essenza che si nasconde dietro parole piene di amore e di incoraggiamento che, a distanza di tanto tempo, sono assolutamente in grado di offrire una chiave di lettura utile a tanti, troppi uomini che, in un momento storico tanto difficile come quello che viviamo, hanno bisogno di ripescare in fondo alla propria anima non solo l’amor proprio ma anche, e soprattutto, un sentimento di compenetrazione con il mondo circostante. Si tratta di un processo difficile, spesso succube di un sistema sociale alienato ed alienante, sempre più privo di valori autentici a cui fare riferimento. Eppure il potere della musica è proprio quello di stimolare il processo naturale di rinascita individuale e, in questo, Ron è sempre stato bravo. Il videoclip del brano, diretto dal giovane regista vicentino Marco Donazzan, è stato girato nel Teatro Cagnoni di Vigevano, sede della scuola di musica di Ron intitolata “Una città per cantare”, un luogo che traspira cultura e vita quella di cui l’immenso Lucio Dalla era così profondamente innamorato.
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