Siberia: il nuovo album “Si vuole scappare” fotografa e rivela la viltà di gente a cui manca il fiato per osare

Siberia - Si vuole scappare

Siberia – Si vuole scappare

Con “Si vuole scappare” i Siberia, band livornese, inaugurano un nuovo felice capitolo della loro giovane vita artistica. Prodotto da Federico Nardelli per Maciste Dischi, questo album prende vita da una lucida fotografia della contemporaneità. Con la frase “si vuole scappare” i Siberia sigillano per iscritto l’ideologia che accompagna e scandisce il nostro presente. Un disco spudorato, senza filtri e con un lessico semplice coniuga il dark pop, la new wave e il sintetizzatore ad un buon cantautorato (ispirato a Interpol ed Editors da una parte, Baustelle, Giovanni Lindo Ferretti dall’altra) che intende dar voce ad una stanchezza di fondo, alla sospensione esistenziale di cui non riusciamo a liberarci.

Come si fa a mettere nero su bianco la nostra voglia di evadere, di rifuggire le complicazioni, la nostra arte di vivere delle piccole cose? Il mosaico di note e parole messo insieme dai Siberia è credibile e fruibile nei termini in cui riesce ad esserlo un pop consapevole. “Eccomi misurando a passi lenti il mio destino”, canta Eugenio Sournia nel brano più emblematico del disco, intitolato “Nuovo pop italiano”. Pesano le nostre feste inutili, i nostri alibi, i nostri cuori tiepidi, le nostre violenze in “Cuore di rovo”. Il monito “Svegliati” è urlato, straziato, emozionato, vero, autentico, spiazzante. Fitto è il testo di “Yamamoto”, ispirato all’incontro folgorante con una ragazza giapponese. Un imprinting che riporta alle pendici della vita.
Si muove per fotogrammi scenici la trama della track british influenced “Strangers in the field of love”. Quant’è profonda la viltà di chi ha smesso di sperare, dicono i Siberia in “Ginevra”, lanciando un bel messaggio in: “Fammi vedere che se il mondo muore, nei tuoi occhi è sempre primavera”. Il nucleo testuale più efficace è quello inserito nel brano “Epica del dolore”: rifuggire la sofferenza non è sempre la strategia più efficace, soffrire significa crescere, capire, metabolizzare, temprarsi e a volte vincere.
In questa sospensione tra impegno e disimpegno, tra sogno e mistificazione della realtà, i Siberia escono dal guscio prendendosi dei rischi che hanno il diritto e dovere di correre. Con questo potenziale espressivo, con la voglia di raccontarsi e raccontare un vasto spaccato sociale, questo nuovo album segnerà un momento importante per la loro avventura artistica.

Raffaella Sbrescia

Video: Nuovo pop italiano

TRACKLIST
01. Nuovo pop italiano
02. Cuore di rovo
03. Yamamoto
04. Strangers in the field of love
05. Ginevra
06. Epica del dolore
07. Chiusi nell’hotel
08. Tramonto per sempre
09. Ritornerà l’estate

“In un sogno è la mia patria”, il promettente esordio dei Siberia a metà strada tra new wave e cantautorato

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Esce ad aprile, per Maciste Dischi, “In un sogno è la mia patria” l’album d’esordio dei Siberia, band livornese nata nel 2010 il cui nome trae spunto dall’immaginario evocato dal libro di Nicolai Lilin intitolato “Educazione siberiana”. Un testo, quest’ultimo, che fa riferimento ad una società in via di sparizione e che ha rappresentato un punto di riferimento per gente come Eugenio Sournia (voce e chitarra), Luca Pascual Mele (batteria), Piero Laganà (basso), Matteo D’Angelo (chitarra) che, con la propria musica, intende indagare gli “estremi”: da un lato, un’eterna adolescenza, dall’altro una maturazione che prende spunto da nevrosi artistiche confluite in un’estetica musicale incentrata sulla new wave e l’autentico cantautorato italiano.  “In un sogno è la mia patria” è stato registrato e mixato presso lo storico Real Sound di Milano con la produzione artistica di Ettore “Ette” Gilardoni. Il disco si compone di 11 tracce caratterizzate da testi evocativi ed autentici. Arrangiamenti energici, a tratti aggressivi, a tratti aged, rendono necessari diversi ascolti per una più completa comprensione del lavoro.

Siberia

Siberia

La voce corposa intensa, matura e vibrante di Eugenio Sournia spicca fin dalle prime note di “Patria”, il brano che inaugura l’album, ulteriormente arricchito da uno special urlato: “Ti ho dato tutto e non è mai abbastanza”; questo è l’urlo disperato inghiottito da un sublime guitar solo. “Gioia, tu sei solo un attimo, io sono sempre così timido nel saperti cogliere”, canta Eugenio, mentre il cantautorato che aggroviglia l’animo fa capolino in “Mare”: “Oggi ho già perso troppe cose, non voglio perdere anche me” è una delle frasi più schiette di un brano che si muove tra effluvi di note potenti e suggestive. La potenza enigmatica di “Sospeso” si muove all’interno dell’intercapedine semantica creata dall’ipnotica combinazione di basso, chitarra e batteria mentre rigurgiti di riff smuovono le trame di “Stella”. Ad innalzare la qualità di questo disco è “Il cavaliere oscuro”, un brano che ha al suo interno ha tutto: poesia, struggimento, dubbio, speranza, originalità.  Da ascoltare e riascoltare.  In un sogno è la mia patria” si chiude con “Una speranza” per elevarsi tra questi uomini che strisciano e che hanno perso di vista ciò che davvero è importante.

 Raffaella Sbrescia

La tracklist del disco: “Patria”, “Gioia”, “Mare”, “Cara”, “Francesca”, “Sospeso”, “Stella”, “Galahad”, “Irripetibile”, “Il cavaliere povero”, “Laura”, “Una speranza”.

Video: Gioia