Ritratti di giovani autori: intervista a Elena Faggi in gara a Sanremo Giovani

Ritratti di Note ha incontrato ed intervistato Elena Faggi, la cantautrice diciannovenne che quest’anno sarà in gara tra i Giovani al Festival di Sanremo con il brano “Che ne so”.

Elena Faggi

Elena Faggi

Elena, le tue sensazioni a pochi giorni da Sanremo 2021. Sarà un Festival particolare, senza pubblico, ma credo che l’emozione si farà sentire lo stesso

Sì, è vero, l’emozione ci sarà, e comunque io sono già molto emozionata. Diciamo che è da Dicembre che sto aspettando questo momento e, arrivata a questo punto, mi sembra che il tempo sia volato, manca davvero poco. Non ho il tempo di annoiarmi perché sono sempre piena di pensieri e di cose da fare, e sono grata di tutto ciò. In un periodo così cupo, farò un’esperienza così importante che mi permetterà anche di regalare un po’ di leggerezza grazie al mio pezzo.

Stiamo ascoltando da molte settimane, in radio e su tutte le piattaforme digitali, il tuo pezzo “Che ne so”. Per questa canzone ha avuto un peso importante l’arrangiamento di tuo fratello Francesco Faggi.

Sì, per la canzone ho scritto io testo, musica e melodia. “Che ne so” era nata da un’idea di voce e ukulele. L’ arrangiamento che ha fatto Francesco ha donato un valore aggiunto. L’ha cambiata decisamente in meglio. È diventata la canzone che avevo scritto io, ma con più musicalità. Francesco l’ha resa in qualche modo “speciale”.

Video: Che ne so

 

Facciamo un passo indietro.
Quando è scoccato il colpo di fulmine tra te e la musica?

Praticamente da sempre. Ho iniziato piccolissima, avevo quasi sei anni. Ho iniziato a quell’età a suonare il violino, poi ho cominciato a prendere lezioni di teatro e di musical, e alla fine sono venute anche le lezioni di canto. Dopo l’esperienza di Italia’s Got Talent nel 2017, ho iniziato anche a scrivere le prime canzoni.

A proposito di Italia’s Got Talent, che ricordi hai di quell’esperienza, condivisa con tuo fratello Francesco? Tra l’altro, dopo l’esibizione, avete ricevuto subito anche il Golden Buzzer, che vi ha portato direttamente in finale.

Italia’s Got Talent è stata un’esperienza unica. Io e Francesco non ci aspettavamo assolutamente di ricevere il Golden Buzzer. Io avevo solo quattordici anni, ma stare su quel palco, con tutte quelle persone, mi ha fatto capire che è lì, su un palco, che voglio rimanere, spero per il resto della mia vita.
Vorrei lavorare con la musica per sempre.

Con tuo fratello Francesco, c’è un legame profondo, anche dal punto di vista professionale. Ti accompagnerà a Sanremo e ti seguirà in qualche modo in questa esperienza?

Sì, Francesco sarà proprio con me sul palco. Sarà di fianco a me, al pianoforte a coda, e questo mi rende ancora più felice.

Quale genere di musica hai ascoltato fin da piccola, e ti ha formato poi anche artisticamente?

Da piccola, e di questo ringrazierò sempre mio padre, ho ascoltato molto i Queen, Michael Jackson ed Elisa, poi crescendo, ho iniziato ad ascoltare Ed Sheeran, Billie Eilish, Bruno Mars. Negli ultimi due anni mi sono dedicata molto all’R&B americano. H.E.R. è un’artista che amo alla follia…

Il brano “Che ne so” racconta di quella fase dell’innamoramento in cui ci sono ancora dubbi sulla persona che abbiamo di fronte, e non sappiamo ancora se siamo ricambiati.
Credo che la forza di questa canzone sia anche nella frase “Forse un po’, forse no, che ne so”; in queste parole ci sono i tuoi diciannove anni, ma anche i nostri quaranta, e gli anni di tutti, perché il messaggio che dà è davvero trasversale.

Mi fa piacere che tu mi dica questo, perché questo è il mio obiettivo. Alla fine, io non scrivo per riferirmi solo ad un determinato gruppo di persone. Voglio che il mio messaggio possa essere condiviso più o meno da tutti, che ognuno possa interpretarlo come vuole. È bellissimo sentirsi dire questa cosa…

Cosa ti aspetti da questo Festival, e cosa ti aspetta dopo?

Per me il Festival è una grande vetrina, un evento che non mi aspettavo di vivere a questa età. Lo affronterò con il massimo dell’energia, cercando di dare il meglio di me stessa. So che sarà un’esperienza unica.
È un inizio importante. Poi lavorerò perché il futuro sia sempre migliore.
Dopo Sanremo farò sicuramente uscire un altro singolo. Per il resto preferisco non spoilerare ancora.

Ti abbiamo sempre vista e ascoltata in duetto con tuo fratello Francesco.
Un altro artista, italiano o internazionale, con il quale ti piacerebbe duettare in futuro?

Tra gli italiani, Frah Quintale.
Tra gli internazionali, Ed Sheeran, ma anche Ella May, H.E.R., Amalia. Se si sogna, bisogna farlo in grande.

Giuliana Galasso

Ritratti di…Sanremo: intervista a Miele. Stile, autenticità ed eleganza in “Mentre ti parlo”

Miele

Miele

Sarà sul palco del Festival di Sanremo con il brano intitolato “Mentre ti parlo”. Lei è Miele, all’anagrafe Manuela Paruzzo, una cantautrice autentica e raffinata che, dopo essersi aggiudicata la vittoria di Area Sanremo, si appresta a farsi conoscere dal grande pubblico e a pubblicare il suo primo lavoro discografico intitolato “Occhi”. Abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere con lei per scoprire il suo percorso artistico, capire la sua concezione della musica e curiosare tra le nuove bellissime canzoni che presto potremo ascoltare tutti.

Intervista

Ciao Miele, come ti senti al centro di queste settimane catartiche?

Sono piuttosto emozionata, a breve arriverà quel giorno ma ancora non riesco ad immaginarlo. Mentre facevo  le prime prove con l’orchestra c’è stato un primo impatto non indifferente, non mi sembrava reale…

Quali sono stati gli accorgimenti e le modifiche all’arrangiamento del brano?

Il cambiamento più importante è stato aggiungere gli archi. La vivo come una bellissima occasione per impreziosire il brano. Non capita spesso che ci sia la possibilità di avere un’orchestra a disposizione! Quando il Maestro Massimo Zanotti ha dato il via alle prove e ha iniziato a far suonare soltanto gli archi, per quanto avessi già ascoltato la versione radiofonica del brano, sentire l’orchestra mentre suonava alcune parti del mio brano è stata veramente una forte emozione. Sono assolutamente soddisfatta!

Un surplus ultra per un brano che rappresenta molto di e per te…

Questo è il primo brano che ho scritto e lo considero un po’ come emblema di emancipazione. Non c’è nessuna menata da donna e da femminista. La canzone parla della definizione della propria personalità, un’evoluzione che spesso parte da una rottura; in questo caso quella con mio padre. Ad ogni modo non vorrei che l’attenzione si catalizzasse su quell’episodio, piuttosto vorrei che questo fosse considerato come un brano che vuole rispondere a delle domande, che in questo caso sono: chi sono e dove vado.

Sfuggi all’imposizione del modello perfetto ed esalti il concetto di imperfezione?

La mia attività di cantautrice è iniziata quando ho avuto il coraggio di scrivere in questo brano: “Troverai i miei occhi, magari meno storti”. Il mio punto debole è sempre stato lo sguardo, ho sempre avuto paura di guardare o di essere guardata mentre guardavo. Pian piano questo conflitto si è evoluto, mi sono affezionata ai miei occhi, non li cambierei, sono il mio orgoglio, il mio punto di forza. Sono felice di avere questo sguardo e del mio modo di essere anche quando mi vergogno.

A questo proposito ci racconti del tuo album che s’intitolerà proprio “Occhi”?

L’amore e il rispetto per se stessi, l’emancipazione dai condizionamenti, qualsiasi essi siano, è un argomento che mi appartiene da sempre, al punto tale che è diventato il filo conduttore di tutto il disco. Il lavoro racconta diversi lati di me che vengono scoperti attraverso la voce, attraverso i silenzi che ci sono nelle varie canzoni e attraverso la scelta dei brani. All’interno del disco, oltre al brano presentato a Sanremo, ci saranno altri sei brani: tre portano la mia firma insieme a quella di Andrea Rodini,  uno è una cover, si tratta di “Grande figlio di puttana”,  una canzone scritta a quattro mani da Dalla e gli Stadio, che ho sempre ascoltato da piccola e che mi diverte tanto cantare. Gli ultimi due brani scelti per il disco portano, invece, la firma di due autori ancora poco conosciuti al pubblico ma che amo e che mi hanno fatto un bellissimo regalo. “Questa strada” è un brano di Gina Fabiani, cantautrice romana dall’incredibile forza espressiva, un onore per me poterla cantare. “Gli occhi per vedere”, infine, è un brano di Eugenio Sournia, autore e leader della band Siberia, che ho avuto la fortuna di incontrare proprio durante il percorso delle selezioni per Sanremo Giovani. Un altro brano speciale è “Parole al vento”, scritto da me e Andrea Rodini, abbiamo deciso di tenere due brani piano e voce perché non hanno bisogno di un vestito stratificato, sono forti nella loro essenzialità.

Miele

Miele

A proposito del lavoro fatto con Andrea Rodini, come lavori con lui in fase di scrittura e che rapporto avete?

 Non riesco a definire il suo lavoro e a dargli un ruolo preciso nella mia vita, è stato il mio insegnante ma mi sta anche accompagnando in quest’avventura dedicando tantissima cura a vari aspetti del disco. È iniziato tutto quattro anni fa, mi ero iscritta al suo corso di interpretazione e scrittura e mi ha subito conquistato il suo modo di vedere la musica. Andrea mi ha fatto diventare curiosa, mi ha fatto venire voglia di andare a cercare dietro gli angoli, di spaziare. Successivamente abbiamo iniziato il percorso della scrittura, all’inizio non riuscivo a scrivere, lui cercava di darmi degli input, poi sono riuscita. Riesco a lavorare bene con lui perché abbiamo la stessa linea di pensiero, mi sono sempre sentita rispettata, compresa, mi è capitato quasi sempre di essere d’accordo con le sue idee e il suo modo di riordinare i pensieri perché mi piace il suo gusto.

Hai fatto qualche scoperta musicale che ti ha segnato in qualche modo?

Non conoscevo Nick Cave, Andrea mi ha fatto scoprire questo artista. Recentemente ho visto al cinema anche un documentario che parlava di questo artista e mi ha veramente colpita. Quando vedo che un artista ha fatto della musica il suo stile di vita mi viene fame di andare a casa e scoprire ancora più cose.  Sono rimasta incuriosita da una frase in particolare:  “A volte tormento mia moglie per continuare a scrivere, gioco con lei tormentandola perché ho bisogno di scrivere del materiale nuovo” . Questa cosa mi ha un po’ spaventata ma allo stesso tempo mi ha colpito il fatto che egli abbia guardato tutta la propria vita con un’attenzione diversa affinchè potesse raccontarla in una canzone.

Molti addetti ai lavori ti vedono come un cantautrice raffinata, elegante,  in controtendenza rispetto ai modelli che ci vengono imposti a tamburo battente dalle major americane. Come spieghi la tua esigenza di stare a contatto fisico con chi ti ascolta, nelle vesti di musicista di strada?

Si tratta di un rapporto con il pubblico completamente diverso da quello che poi puoi ottenere stando su un palco. Certo, anche il palco di un teatro sa essere intimo, soprattutto con una luce scura e soffusa e un pubblico che sia lì ad ascoltare in rapito silenzio. Allo stesso tempo, però, quello che succede in strada non succede da nessun’altra parte. Lì avviene un tipo di interazione diretta , sei allo stesso livello e alla stessa altezza del pubblico; non esiste un palco, la gente che passa e che va di fretta, quando si ferma dedica  cinque minuti del proprio tempo sia a te che a se stessa. Questa verità mi ha conquistata, a volte mi capita di stare in strada,  di chiudere gli occhi per poi riaprirli e vedere che ci sono lì trenta persone. La strada rappresenta per me la vita, la gente sono le persone con cui ti devi rapportare, solo lì si creano situazioni autentiche che rendono la musica una cosa vera, quotidiana.

Raffaella Sbrescia

Video: Mentre ti parlo