Attivi da circa tre anni, i Rumore Binario, inizialmente conosciuti come Railway Noise, presentano “Houdini”, un Ep composto da quattro brani, tutti in italiano, infarciti di idee, suoni, parole e soprattutto contaminazioni. Se questo è il biglietto da visita del gruppo proveniente dalla provincia di Viterbo, c’è da credere che nel loro sacco ci sia parecchia farina di qualità. Raffaele Franceschini (voce), Francesco Brunetti (chitarre), Luca Tempra (tastiere, synth), Gabriele Calanca (basso), Filippo Potenziani (batteria) hanno registrato questo lavoro in pochi giorni lasciando intendere di avere le idee già molto chiare circa la linea artistica da seguire.
Il frutto di questa prima avventura in studio offre numerosi spunti di riflessione; la disinvoltura sonora ed espressiva dei Rumore Binario è sintomo di un background musicale onnivoro e libero da inflessioni di genere. Stereotipi ed etichettature sono molto lontane dalla fervente dinamicità che costituisce, invece, una delle peculiarità più interessanti di “Houdini”. Le canzoni, già a partire dalla title-track , sono davvero molto articolate nella struttura, sia sonora che lessicale. La funambolicità teatrale di Raffaele Franceschini pare richiamare, a un tratto l’energia vivacità dei Nobraino, a un tratto la verve più intrigante di Capossela. E se il testo spruzzato di francese di “Houdini” evidenzia una spessa linea rockeggiante, l’intro profumata di tango de “La Stangata”, sottolinea ancora di più la sorprendente apertura del brano, che s’invigorisce, nota dopo nota, in un crescendo ritmico e chitarristico. Il terzo brano è “Boom Ergonomico”, un cittadino scomodo che vive sull’onda dello stimolo è l’indiscusso protagonista di un brano tirato e non privo di sorprese come l’evidente richiamo alle avventure di Charlie Chaplin. “Giostra Che È Il Mare” chiude il lavoro si direbbe sul più bello. Il brano rappresenta, infatti, un momento diverso dagli altri: intrigante e complesso, il testo si riveste di inebrianti sensazioni sonore: si va dalla danza popolare, tipicamente folk, a momenti intimisti, passando per il prog, per un risultato finale che sa di sperimentazione e che lascia la voglia di approfondire un discorso ben imbastito.
Raffaella Sbrescia