Come cambia la qualità e la dimensione del rapporto interpersonale nell’era tecnologica? L’incipit fu il Tamagotci. Questo piccolo animaletto di cui bisognava prendersi cura, diversamente sarebbe morto. E la strage di pulcini che ne seguì, avrebbe dovuto costituire un monito, invece…..invece oggi dialoghiamo con le macchine. Immaginate una mattina, vi alzate, vi mettete al PC, non c’è rete. Chiamate il vostro operatore di riferimento, cominciate a dialogare con lui, e alla fine questo vi dice che siete l’ultimo cliente che ha accesso al servizio. La rete sta morendo. Fuori è un mondo diverso. Fuori è un mondo difficile, senza le comodità cui ci siamo abituati in questi anni….rete, informazioni a portata di mano, memoria aggiuntiva, dati, dati dati……dati che non si perdono, ma che si estinguono con la rete. E tu non puoi più recuperarli. Come quando ti chiudono una casella di posta elettronica a pagamento, a tradimento.
L’uomo Marco Paolini, il suo recitare pungente e coinvolgente, al punto da strappare spesso applausi a scena aperta), e la Macchina Frankie Hi-nrg mg, autore dei testi rap, il primo rapper di successo di cui l’Italia ha memoria, che ancora coniuga il rap ad un tessuto musicale sofisticato e complesso. L’Uomo e la Macchina. Soli, nufraghi….disperatamente ancorati l’uno all’altra….Ed ecco che nasce l’ Antropocéne. Chi è l’Antropocéne? L’antropocéne è “l’abitante dell’era più cool della storia del pianeta” (cit.). Disperato, ansioso, frettoloso, preoccupato non tanto della propria salvezza, del proprio rischio di estinzione, ma della salvezza degli oggetti che gli sono più cari. Perché rappresentano tutte quelle comodità cui dovrà rinunciare, nel momento in cui si estingueranno. In un’ora, sessanta minuti che sembrano venti anni, si prendono le distanze da un destino tecnologico, e si intraprende un percorso totalmente ignoto.
Smarrito l’uomo…..smarrita la macchina. E uomo e macchina, in questo vorticoso evolversi delle cose, una sorta di post big bang, tra aggregazione e disgregazione, si prendono per mano e si accompagnano. Il primo per non cambiare, la seconda per non morire. Il tutto sulle note di un intensa “Passione laica”, che fonde temi musicali attuali con musica barocca, in un risultato minimalista, moderno ma non incomprensibile, nemmeno ad un orecchio profano. Uno spettacolo da vedere, come tutti quelli di Marco Paolini. Coinvolgenti e spesso traumatici, nella loro essenziale drammaticità, espressa con sottile ironia. Caratteristica di un teatro di impegno civile, che, ahimé, si sta estinguendo, esattamente come la rete.
GR