La vita è una successione di corsi e ricorsi, rimpianti e rimorsi, gli stessi che si intrecciano nelle vite di Alice e Francesco, due anime complementari, due amanti che si rincorrono nel tempo per le ragioni più disparate, per dirsi cose per cui da ragazzi, mancava il coraggio. A dare vita alle loro emozioni è lo scrittore lombardo Roberto Bonfanti che, “malinconico per indole, testardo per vocazione, sognatore per dna, disilluso per puro caso, incostante e incoerente per necessità”, nel suo ultimo romanzo “Alice (due piccoli stupidi)” (Edizioni del Faro), ci prende per mano e ci conduce alla ricerca della serenità tra fumi di sigaretta, whisky e musica. Pagina dopo pagina, si alternano le più intime confessioni di Francesco, il cantautore protagonista maschile della storia che, dopo dodici anni vissuti con lo sguardo rivolto verso il cielo, confessa anche a se stesso di non essersi mai dimenticato di quella ragazza dagli occhi verdi sfuggenti ma fragili: Alice. Una ragazza dalla timidezza ossessiva che scappa di punto in bianco da un amore fatto di comprensione e abbracci rassicuranti. Sarà proprio in un abbraccio, lungo, inatteso, eppure involontariamente cercato, che l’Alice donna si abbandonerà con Francesco in un momento in cui la sua vita appare bloccata tra lavoro e preparativi del proprio matrimonio con un compagno amorevole, eppure distante. Tra reticenze, timori e disillusioni, Alice alla fine compirà la sua scelta in nome di una razionalità purificatrice. “Alice (due piccoli stupidi)” è, per concludere, un romanzo fragile e sincero, un doppio autoritratto in cui il quotidiano vivere poterà a rispondere anche ai quesiti più scomodi.
Raffaella Sbrescia