Poesià e civiltà: il nuovo album di Giovanni Truppi è un’opera d’arte che disturba e commuove.
Hype Aura: la recensione del nuovo album dei Coma_Cose
“Comunque vada l’inizio alla fine saremo solo io e te con i nostri mostri e sentimenti. Quindi non preoccuparti se hai paura”, questa la premessa di “Hype Aura”( leggasi Hai paura” il nuovo album di Coma_Cose, il duo formato da Fausto Lama e California. Rap e cantautorato si fondono in un progetto liquido, intriso di fotogrammi tratte dalla routine quotidiana e citazioni di illustre calibro, sempre e comunque rielaborate attraverso la caratteristica sintassi dei Coma_Cose. Lo sfondo costante è Milano e tutto il circondario anche periferico. Un conglomerato dii flashback, contesti più o meno inflazionati alternati a case di ringhiera e agglomerati di edifici più o meno glamour.
Navigli, Porta Genova, Darsena sono le muse ispiratrici di una poesia urbana inaspettata. Il risultato è un immaginario crepuscolare, denso di immagini in movimento fissate in riflessioni intime e pungenti. I Coma_Cose curano ogni dettaglio, scrivono e dirigono anche i propri video proprio per dare giusta resa a testi pregni di giochi di parole e altrettante citazioni: Battiato, Jodorowsky, beat generation, Jack Kerouak, De Chirico i punti di riferimento per questi nove pezzi inediti, anticipati dai singoli “Granata” (Mai una gioia tranne la fermata prima di Centrale) e ” Via Gola”.
Per darvi un esempio di quanto si sta cercando di descrivere, ecco un estratto dal brano “Mancarsi”: Con la nebbia i lampioni disegnano liane di luce in una giungla di cemento. Ci hanno dato tutto, ci hanno tolto tutto, poi ci hanno detto lascia un commento. Ci hanno detto vivere è una corsa quindi corri, lo capirai solo al traguardo. Ci hanno dato un cuore in mezzo alle gambe ma senza le istruzioni per usarlo. Ci hanno dato il piombo, ci hanno dato il fango ci hanno chiesto: “Quando diventate grandi?” E nonostante tutto abbiamo ancora gli occhi rossi come quelli dei conigli bianchi. Ci hanno detto niente dura per sempre tranne la musica, quella rimane. Ma per fortuna io ho incontrato te che mi ricordi casa come le campane.
L’impressione netta è che qui si è difronte a dei brani manifesto di disagio ma anche di resilienza, l’arte e la creatività sono le risorse con si riesce a fare fronte al cinismo dilagante. La riprova di questa consapevolezza sta in “Beach Boys distorti”: Nuovi cantanti, io agli opposti. Loro tarocchi, Jo-dorowsky. Loro tutto fumo e mai arrosti. Io poeta, Majakowskij. C’è poi l’amore, mai smielato, mai evidente, eppure vivo e vibrante in “A lametta”: Sabato non si incomincia quasi mai una rivoluzione e soprattutto in due, in due. Fuori l’edera soffoca il muro è l’estate che si vendica. Due colpi di tamburo due euro di prevendita. Uscire dalla porta, voi dopo cosa fate paura di camminare come i cani sulle grate. Andare ai concetti capire i concerti. Laurearsi in problemi e regalare i confetti. Questo è il lavoro del cantante come nel circo i trapezzisti. Anagrammo: trastipezzi C’è la mia vita scritta nei dischi.
I Coma_cose in qualche modo ricordano anche i Baustelle nella loro maniera personalissima di raccontare emozioni, vibrazioni e disagi interiori, il risultato non è mai scontato. Esattamente come possiamo constatare anche nel brano “San Sebastiano”: La critica sociale, la politica, la povertà, il disagio umano. Vorrei approfondire ma penso che il mio vero nemico sono io quando ho un telefono in mano. Oppure in “Mariachidi”: La solitudine costa fatica mi salvi sul telefono e mai nella vita”. Infine un ultima tappa di questo viaggio metropolitano è “Squali”: Noi che al massimo arriviamo al fine settimana Infondo siamo pescecani. E anche se a Milano non c’è il mare Noi restiamo squali. Una fotografia splatter di un momento storico buio, che effettivamente ci fa paura e dal quale in qualche modo proviamo a difenderci facendo capo ai più reconditi caposaldi della nostra anima imbruttita.
Raffaella Sbrescia
Il tour
30.03 Padova, Hall
01.04 Firenze, Tuscany Hall (ex-Obihall)
02.04 Milano, Alcatraz
05.04 Nonantola (Mo), Vox
07.04 Senigallia (An), Mamamia
08.04 Torino, Teatro Della Concordia
12.04 Napoli, Casa Della Musica
13.04 Modugno (Ba), Demodè Club
15.04 Roma, Atlantico
Viva da Morire: la recensione del nuovo album di Paola Turci
Paola Turci ci aveva riconquistato nel 2017 con “Il secondo cuore” e la straripante energia di un incontenibile ritorno in scena. Ritroviamo oggi la cantautrice romana con “Viva da morire”, un album che gioca sull’effetto sorpresa, che lascia gli anfratti solitari per abbracciare la collettività. Un progetto arrivato in maniera inaspettata, mai davvero cercata, un provocatorio gioco al depistaggio in cui il tocco di Luca Chiaravalli svolge ancora una volta un ruolo chiave in fase produttiva. “Viva da morire” è per Paola Turci più un album da interprete in verità. Solo due delle dieci canzoni contenute nel disco portano infatti la sua firma. Tra gli autor ritroviamo Giulia Ananìa e Davide Simonetta, Andrea Bonomo, Fabio Ilacqua, Nek.
Diversi sono i fotogrammi con cui Paola Turci sceglie di mostrarsi più libera che mai: adolescenza, infanzia, rinascite, cadute, contraccolpi si susseguono tra uptempo e ballads chiaroscure che si susseguono a piè sospinto e non senza sorprese. A tal proposito, curiosa la scelta di Paola Turci di confrontarsi con il giovane rapper Vito Shade, tra l’altro autore del brano “Le olimpiadi tutti i giorni”. Affascinante il piglio blues, forse più vicino all’animo della cantautrice, del brano “Prima di saltare”. Paola non ha paura di trasformarsi, di mettere in circolo l’emotività più recondita, di mettere a nudo incertezze insieme quelle uniche poche consapevolezze di cui provare a fare tesoro. “Io questa vita voglio morderla finché non mi mangia”, canta Turci nella titletrack “Viva da morire”. Un equilibrio sempre sul filo del rasoio, quasi una vertigine in sospensione tra il brivido di non conoscere il domani e la certezza di viverlo in ogni caso al massimo. “L’ultimo ostacolo”, il brano che Paola Turci ha portato al Festival di Sanremo, viaggia su una tonalità forse troppo alta per Paola ma è proprio questa sfida interpretativa a fornire il là al contrappasso che invece chiude in modo perfetto il disco: la riprova tangibile è, difatti, “Piccola”: un perla che, anche in versione acustica, ci restituisce la più pura intensità narrativa di Paola Turci e tanto basta per farci dire che quando l’artista individua un brano che la illumina e la fa commuovere, ecco che l’incantesimo si rinnova e colpisce dritto al cuore.
Raffaella Sbrescia
Video: L’ultimo ostacolo – acoustic version feat. Beppe Fiorello
Negramaro: è tutta vita quella che anima la sessione indoor dell’Amore che torni tour. Recensione
È tutta vita quella muove, scuote, evolve i Negramaro all’interno di un microcosmo di emozioni altalenanti che hanno stravolto le loro esistenze. Il risultato possiamo vederlo e ascoltarlo oggi e risplende in un’unica grande parola: amore. Il comune denominatore di questo Amore che torni tour indoor, nello specifico la seconda data milanese al Mediolanum Forum di Assago, è lo stupore per la vita, la riscoperta dei valori, l’attaccamento saldo agli affetti e a tutto quello che davvero conta per poter vivere sapendo di amare e essere amati. Per raccontare tutto questo i Negramaro fanno le cose in grande: palchi semoventi, doppia struttura in altezza per dare massima visibilità a ciascuno, luci laser 3d ma soprattutto lui: il cerchio della vita che si è chiuso. Al suo interno un varco bidimensionale, l’opportunità di addentrarsi nella dimensione più intima di canzoni che da vent’anni a questa parte non hanno perso un briciolo di smalto e che, anzi, si sposano felicemente con le sorelle più giovani ma sempre figlie degli stessi sei cuori che, oggi più che mai, battono all’unisono con una marea di molti altri creando una vibrante sinergia.
Questo è tutto quello per cui valga la pena battersi, il resto può evolvere, attraversare il bilico e il cambiamento: un po’ come accade agli arrangiamenti, ai tempi che si dilatano, a certe libertà che stavolta sì, è giusto prendersi. Giuliano, Andro, Ermanno, Danilo, Pupillo accolgono il giovane Giacomo Spedicato, fratello di Lele costruendo un concerto di forte impatto emotivo ma con un occhio particolarmente attento all’avanguardia, con un piglio groove più deciso e tagliente. Certi tratti delle canzoni si induriscono, altri si addolciscono diventando poesia. L’idea dei Negramaro è quella di mettersi a nudo, spiegare l’anima come un papiro e permettere a chiunque di leggerci dentro. Tra i momenti indimenticabili di questo live meneghino c’è il “duetto” jazz con il maestro Mauro Pagani al violino: “Solo per te” cantata da Giuliano Sangiorgi al pianoforte con le incursioni del polistrumentista acquisisce una brillantezza tutta sua. Una parentesi preziosa. A incorniciare le perle in sequenza durante il concerto ci sono: “Fino all’imbrunire”, per un inizio che mette subito in chiaro i presupposti da cui partire. Il punto saldo “Estate”, l’onirica “Il posto dei Santi”, la definitiva “L’amore qui non passa”, la struggente “Pezzi di te” e l’iconica “Mentre tutto scorre”. Che sia per una sera o per sempre, il tocco dei Negramaro è delicato e sinuoso, un rock gentile che non ci farà mai sentire soli.
Raffaella Sbrescia
PUNK: la recensione del nuovo album di Gazzelle
Cesare Cremonini live al Mediolanum Forum: imprendibile, iconico e vincente. La recensione
Un tripudio di colori, di emozioni e di eccitazione. Ecco cos’è stato il primo dei tre concerti di Cesare Cremonini al Mediolanum Forum di Assago. La scia è quella luminosa e roboante che ha lasciato la consacrazione dell’artista bolognese allo Stadio San Siro di Milano, la dimensione è quella più intima e suadente di un palazzetto gremito di un pubblico adorante.
Cremonini ragiona in grande e lo fa con lo stile di un poeta che sa esattamente come ingaggiare lo spirito senza dimenticare di galvanizzare il corpo di chi vive le sue canzoni con un fremito di natura sessuale.
Il successo, prima consolidato, poi dilagante, di Cesare Cremonini risiede prima di tutto nella cura per il dettaglio: lirico, testuale e musicale dei suoi testi. Poi nel piglio, nel carisma, nella personalità di un uomo e di un artista autentico, padrone di se stesso, del palco e del gusto del suo pubblico. Ogni movimento del cantante è simbiotico con lo sguardo attento di chi negli anni non si perde un colpo di una produzione cantautorale visionaria e maledetta. Cremonini incarna l’uomo che riesce a capire fino in fondo le vibrazioni umane e, nel farlo sfugge rendendosi iconico.
La sua carica animalesca, le sue performance fisiche e invadenti incontrano la voglia e il desiderio di chi accorre in prima fila per non perdersi neanche un istante né una goccia di sudore dell’amato frontman. Forte di questo importante bagaglio innato, Cremonini si permette il lusso di alzare l’asticella, di assemblare insieme alla sua band arrangiamenti personali, fortemente strutturati e di buonissima caratura per vestire le sue hits al meglio.
Il repertorio piazzato in scaletta è completo, spazio ai brani di “Possibili scenari”, alle ballads che negli anni hanno costruito la sua identità cantautorale, alle canzoni lasciate nel cassetto, quelle che conoscono in 4 gatti e che, in un contesto come quello del Forum, acquisiscono importanza e bellezza. Che sia al pianoforte o a una chitarra elettrica, Cremonini sa esattamente come e dove piazzare le parole, quelle parole nate in sessioni di scrittura che noi tutti immaginiamo dannate e goduriosamente ispirate. Il flirt con il pubblico è scandito da un continuo ed inesauribile saliscendi emotivo. A tutto questo si aggiungono manciate di effetti speciali: luci, led, visual all’avanguardia, coriandoli e fuochi d’artificio, cambi d’abito e volteggiamenti sul palco.
Corpo, voce e anima reggono dall’inizio alla fine, Cremonini è in splendida forma e con ferma consapevolezza si mostra al pubblico con la stessa fame di chi ha atteso per lungo tempo il momento di raccogliere i frutti di un lavoro certosino. Le canzoni di Cremonini sono vincenti perché raccontano di chi sa perdere guadagnandone in termini di sensibilità. Cesare riesce a mettere per iscritto quello che si vorrebbe urlare a squarciagola ma che finisce per essere somatizzato in stigmatizzate frasi di circostanza. La sua schiettezza sfrontata è la chiave per rendere il tutto appetibile e sexy. Cesare Cremonini è imprendibile eppure non è mai stato così vicino al suo pubblico come in questo momento.
Raffaella Sbrescia
La scaletta del concerto
Cercando Camilla (intro)
Possibili Scenari
Kashmir-Kashmir
PadreMadre
Il comico (sai che risate)
La nuova stella di Broadway
Latin Lover
Lost in the weekend
Un uomo nuovo
Buon viaggio (Share the Love)
Momento silenzioso
Una come te
Vieni a vedere perché
Le sei e ventisei
Mondo
Logico #1
GreyGoose
Dev’essere così
Al tuo matrimonio
Il Pagliaccio
50 Special
Marmellata #25
Poetica
Nessuno vuole essere Robin
Un giorno migliore
L’Infinito: Roberto Vecchioni ci insegna il valore della parola in un’opera d’arte. La recensione del nuovo album
Rosalìa is the next big thing. Il suo album El Mal Querer è tutto da assaporare. La recensione
The next big thing is Rosalía. Il segreto del suo dilagante successo è un suadente mix tra tradizione e innovazione. Il suo essere semplicemente sul pezzo con senno, logica e furbizia. Lo scorso 2 novembre l’artista ha pubblicato “El Mal Querer”, un concept album diviso in capitoli in cui il protagonista è un amore tossico, tormentato e sviscerato da una protagonista femmile forte, disincatata, travolgente. Il cardine su cui si fonda il lavoro è la potente voce di Rosalía, a cui si aggiungono elementi di suggestione quali i suoni primari di palmas (il battito di mani) e pitos (schiocco delle dita) uniti a sampler e musica elettronica. Rosalía è di Barcellona, il suo piglio è fresco e cosmopolita, il prodotto che propone è figlio di studio e tecnologia ma quello che la differenzia dalle meteore one hit shot, è l’intensità e la passione che lascia trasparire dal suo canto intenso e particolare. Questo suo secondo album è stato strategicamente introdotto dal singolo “Malamente” che, in più passaggi, ricorda la famosissima “Malo” di Bebe. Il brano rientra nel capitolo 1 “Augurio” e rappresenta il biglietto da visita di un progetto costruito senza fretta, figlio di un percorso d’esordio che ha letteralmente bruciato le tappe.
Video: Malamente
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Lo scorso settembre Rosalía ha ricevuto 5 nomination ai Latin Grammy, diventando l’artista donna con più nomination alla 19esima Latin Grammy Edition: Song of the Year, Recording of the Year, Best Music Video (short form), Best Alternative Song e Best Urban Fusion/Performance. Uno dei suoi grandi meriti risiede nella ferma volontà di rivoluzionare l’idea di flamenco attraverso una combinazione sonora che ne evidenzi la peculiarità storica e che al contempo la renda trendy e fruibile anche da chi segue la wave del momento. La sua vocalità vellutata si evolve spesso in un lamento fuori dal mondo, la sua eco di dolore e passione permea l’aere circostante creando un’ovattata atmosfera ipnotica. Di base il latin pop è quasi sempre sinonimo di trash e scarsa qualità, qui invece il discorso si evolve semplicemente perché il contenuto fa leva sul vissuto, sull’emotività, sulla qualità della materia prima. Non c’è solo artificio: ascoltate “Reniego” con i suoi archi, i suoi acuti. La sua intensità arabo-spagnoleggiante eccheggia di interculturalità, di passato e di futuro imminente. Bellezza struggente che prosegue, convincente, in “Nana” e soprattutto in “Maldiciòn”. E per finire, una perla fiammante, il primo atto di un testamento femminista, l’ultimo capitolo di un’avvincente storia artistica appena nata: “A Ningún Hombre”.
Raffaella Sbrescia
LA TRACKLIST DI “EL MAL QUERER”
CAP 1 – AUGURIO – Malamente con Antòn Alvarez
CAP 2 – BODA – Que no salga la luna con Las Negris, Nani Cortes, Lin Cortes, Los mellis, Pablo Diaz Reixa y Juan Mateo
CAP 3 – CELOS – Pienso en tu mirà con Milagros y Los Mellis
CAP 4 – DISPUTA – De aquì no sales
CAP 5 – LAMENTO – Reniego con Jesus Bola
CAP 6 – CLAUSURA – Preso con Rossy de Palma
CAP 7 – LITURGIA – Bagdad con el Cor de l’orfeò Català y Joan Albert Amargòs
CAP 8 – EXTASIS – Di mi nombre con Las Negris, Los Mellis, Pablo Diaz Reixa y Laura Boschetti
CAP 9 – CONCEPCION – Nana
CAP 10 – CORDURA – Maldiciòn
CAP 11 – PODER – A ningùn hombre
Calcutta: l’estetica decadente è l’arma vincente di “Evergreen”. La recensione
“Evergreen” è il titolo del nuovo lavoro di Edoardo D’Erme, in arte Calcutta. Un titolo che è già esemplicativo di una precisa intenzione. Il cantautore originario di Latina, fautore, si dice, dell’evoluzione della corrente indie in itPop, porta avanti il proprio personalissimo discorso con un capitolo che un nuovo importante paragrafo all’interno di una parabola artistica degna di nota. Quello che emerge nell’album è la chiara intenzione di declinare in maniera più dettagliata uno stile disegnato sui margini di distinzione tra l’assurdo e il geniale. Il disincanto, la sregolatezza, la ricerca melodica, la cura per la scelta degli arrangiamenti cesellano ritmiche e testi intrisi di malinconia, smarrimento, solitudine. I dilemmi sono i cardini su cui si muovono strofe e ritornelli cosparsi di ironia naïf. Calcutta è crudo ed è amaro, è vintage e innovativo, è melenso e destrutturato, è semplice ma efficace. Nelle sue canzoni descrive l’amore che non si può ammettere, la noia che smarrisce, l’annichilimento che toglie le aspettative, lo spunto di creatività, il barlume di speranza, la dolcezza dei momenti amarcord. La sua musica è italiana in ogni singolo aspetto, gli arrangiamenti sono curati nel dettaglio e lasciano trasparire in modo mai pesante tutta l’allure dell’artigianalità Made in Italy. Quando ci piace il sing along, del tipo “cosa ne potete sapere voi altri”. Quelle metriche che hanno già fatto scuola in pochi mesi rieccheggiano tra i sospiri di “Pesto”, nella visione notturna e ibrida di “Dateo”.
“Quello che voglio è farmi pungicare”, canta Calcutta, in “Kiwi” tra inquietudini e strette al cuore. Tra i picchi emotivi di “Paracetamolo” e l’isolamento spirituale di “Hubner”. Le canzoni di Calcutta sono agrodolci, a tratti distorte e fuorvianti. L’inadeguatezza cantata di “Rai” si trasforma in ipocondria nelle strofe di “Nuda nudissima”, per poi evolversi tra le memorabili ammissioni di intima rassegnazione in “Orgasmo” . La bellezza del repertorio di Calcutta sta forse nella sua estetica decadente, quasi post-apocalittica in cui si passeggia tra i ricordi e si finisce per cedere ad una irresItitibile scioglievolezza dei sensi.
Raffaella Sbrescia
TRACKLIST
01. Briciole
02. Paracetamolo
03. Pesto
04. Kiwi
05. Saliva
06. Dateo
07. Hübner
08. Nuda nudissima
09. Rai
10. Orgasmo
Bianco: incontri, storie, generi, persone in libertà dentro il suo nuovo album “Quattro”
Un disco fatto di posti, di incontri, di suoni. Profuma di vita, di esperienza, di maturità il nuovo album di Bianco, intitolato “Quattro” e pubblicato per Inri lo scorso 19 gennaio. Scritto in solitudine nell’isola di Ortigia, questo lavoro mette in risalto un’ambientazione quasi onirica, molto vicina agli anni ’70, in cui Alberto Bianco mette in gioco tutto il suo background da musicista e cantautore. Seguendo la sua cifra stilistica delicata e mai sparata in faccia all’ascoltare, Bianco si prende la libertà di giocare con i generi rivolgendosi ad interlocutori specifici quasi senza rendersene conto. Il nucleo emotivo del disco, dicevamo, sono i rapporti interpersonali. Più nello specifico, si parla di amicizia ad ampio raggio.
Queste canzoni sono lettere aperte in cui si raccontano persone, storie, visioni di fasi di vita passata, presente, futura. Foto di altri che finiscono per riflettere irrimediabilmente l’anima stessa di Bianco, un artista placido ma concreto. Un macina chilometri, un fruitore della musica in grado di riassemblarla con cura, garbo e dedizione. Le 11 tracce che compongono il disco sono simili a delle brevi favole ma il vero romanzo è racchiuso nel brano che chiude la tracklist, intitolato “Organo amante”. Un viaggio nel viaggio, una decina di minuti per capire fino in fondo chi è Bianco, come e con chi lavora.
Raffaella Sbrescia
Video: 30-40-50
Per chi vuole avere un’idea reale di quello di cui stiamo parlando ecco le date del tour in cui Bianco si esibirà insieme a Filippo Cornaglia, Damir Nefat e Matteo Giai.
LIVE
15.02.18 Locomotiv – Bologna prevendite
17.02.18 Soul Kitchen – Sulmona
23.02.18 Smav – Santa Maria a Vico – Caserta
24.02.18 Monk – Roma prevendite
28.02.18 Salumeria della Musica – Milano prevendite
03.03.18 Capanno Black out – Prato prevendite
09.03.18 Hiroshima Mon Amour -Torino prevendite
10.03.2018 Latteria Molloy – Brescia – Ronzinante Festival
TRACKLIST
01. 30 40 50
02. Felice
03. In un attimo
04. Fiat
05. La persona innamorata
06. Ultimo chilometro
07. Punk Rock con le ali
08. Tutti gli uomini
09. Padre
10. Filastrocca sui tetti di Ortigia
11. Organo amante