Koan: il disco da viaggio di Victor Kwality

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“Un disco da viaggio, da ascoltare con la testa rivolta al finestrino mentre le immagini scorrono fuori”, così Victor Kwality aveva definito l’essenza di “Koan”, il suo primo album da solista pubblicato per Sugar Music. Così, in effetti, è. Le dodici tracce che compongono questo album sono nate in giro per il mondo: dal Portogallo all’Indonesia, dalle colline toscane alla Scozia e fotografano in maniera fedele e spontanea l’anima di poeta e viaggiatore di Victor. Il disco, curato dai producer della scena rap Frenetik&Orang3, rappresenta un viaggio interiore ed è il frutto di un lavoro personale ma anche collettivo; un percorso attraverso una vita nomade che, dopo aver visto Victor affermarsi tra i maggiori esponenti della scena drum’n’bass con la band LNRipley, lo vede oggi in una veste più introspettiva e spirituale. Un cambio di registro per lo stile di Victor con i bpm che rallentano a favore di una nuova suggestiva corrente semantica. Si va da momenti di flusso fluido con “Oracle Bambino, Wake Up From Coma e Ice Gold And Steel” a piccole e leggere incursioni elettroniche più vicine alle origini come “Lost Son e 4am. Il carico di sensazioni raccolte è prezioso e variegato: stili, influenze, reminiscenze filosofico-spirituali si incontrano, si incrociano mostrandosi pronti a germogliare in modo sempre nuovo a seconda dello scenario di riferimento.

Raffaella Sbrescia

Video: Virgo

Roba lieve: dall’Emilia al west con i La Rosta

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Dall’Emilia al West con “Roba lieve”, primo lavoro dei La Rosta, nuova combo musicale composta da Massimo “Ice” Ghiacci, membro fondatore, bassista e autore dei Modena City Ramblers e Marco “Goran” Ambrosi, chitarrista e autore nella band calabro-bolognese dei Nuju. Pubblicato da IWorld Records e mixato da Andrea Rovacchi nello studio Bunker di Rubiera (RE), il disco si muove con spiccata personalità tra suoni acustici e trame elettroniche senza rinunciare ad echi del cantautorato anni ’70 ed il country rock dei giorni nostri. Le undici canzoni proposte dai “La Rosta” profumano di vita vissuta e incantano l’ascolto attraverso avvolgenti derive oniriche. Il calore del suono acustico del bouzouki s’ibrida con l’elettricità di una chitarra elettrica western sul battito di una batteria elettronica creando un suono meticcio e senza tempo. Il ritmo incalzante e godibile della ballata folk “Per un momento ancora” fa da apripista a “Canzone Sui Binari N.1” l’ode al mondo antico dotata di un testo intriso di racconti e suggestioni letterarie. Rossellini, Monicelli, Visconti sono gli dei osannati con piglio leggero e disinvolto, lo stesso che muove le trame della title track Roba Lieve”, fotogramma della “regina campagna”. Lo spirito cinematico della penna di Ghiacci trova spazio anche in Solitudine ed in “Troppo Tempo Qui Da Solo in cui l’esser soli diventa un momento prezioso per immergersi in se stessi, comprendersi, risolversi. Lo strumentalismo di “Via Adua” arriva a sorpresa ed è, in effetti, un momento buono per riposarsi e tirare il fiato. Un attimo dopo ci si immerge nel piglio cantautorale di “Tra I Tuoi Suoni”. Apparentemente più leggero e caciarone il mood de “L’Estate Dell’80”, un tuffo carpiato all’indietro, un po’ come avviene anche ne “Le lucciole” brano che, a differenza del precedente, si muove lungo una melodia emotivamente più impattante. “Come sarebbe bello fermare il mondo e scappare”, cantano i La Rosta in “Emma”, brano dal retrogusto amaro che precede “Lizzy Luz”, il testo che chiude il disco tra cori enigmatici ed interrogativi che ci lasciano con la testa per aria e l’animo alleggerito.

 Raffaella Sbrescia

TRACKLIST
01. Per Un Momento Ancora
02. Canzone Sui Binari N.1
03. Roba Lieve
04. Solitudine
05. Troppo Tempo Qui Da Solo
06. Via Adua
07. Tra I Tuoi Suoni
08. L’Estate Dell’80
09. Le Lucciole
10. Emma
11. Lizzy Luz

 

The Field – The Forest: l’itinerario musicale a doppio percorso di Joseph Parsons

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Esce il 26 Agosto 2016 “The Field The Forest”, il nuovo lavoro del cantautore statunitense Joseph Parsons. All’interno di questo doppio EP l’artista racchiude non solo due diversi stili di scrittura ma anche due livelli di espressione e relativa interpretazione.  Se “The Field” è attraversato da un mood meditativo, incentrato sulla natura delle relazioni interpersonali, “The Forest” è, invece, più avvincente e conturbante. Le due anime del disco, seppur apparentemente diverse, sono facce complementari dello stesso nucleo. Il primo ciclo di canzoni contenute in “The Field” affronta la natura degli intrighi amorosi e la sfida del mantenere una relazione viva nel tempo attraverso ballate romantiche, malinconiche, melodiche, struggenti. Si va dal blues-country filmico di “All the way”: I’m ever thankful for your love I need to feel more of us. Never sure I’m what you need help me solve the mistery ai racconti dai risvolti socio-cuturali raccontati in “Berlin” passando per l’amore salvifico evocato in “Need you”: To make everything right take away my blues, turn them whites. All I need to do is reach for you I need you, I need you. Ultima tappa di questo primo itinerario èFragile moon”, brano in cui melancolia e ricordo si fondono perseguendo una sorta di misticismo.

Joseph Parsons

Joseph Parsons

Sonorità decisamente più dure e cupe vestono le parole dei testi contenuti in “The Forest” in cui Parsons esplora tematiche quali la mortalità, la guerra e l’amore. Buono e convincente anche il contributo energico ed avvincenti dei musicisti di Parsons. Il viaggio riprende con l’urlo liberatorio e terapeutico di “Scream”: I’m a restless man and I seek a way for in my heart I am questioning the why, the where, tomorrows bring, canta Joseph, mentre un attimo dopo si fa più cupo ed intimista in “Baying”. Un rock tiratissimo attraversa le fibre di “Bliss” lasciando successivamente spazio al brano più importante di tutto il lavoro, ovvero “Shadowland”. Perduto, insicuro e sperduto tra le onde della vita, Parsons pare sprofondare tra le ombre salvo poi individuare una sponda sicura, proprio all’ultimo momento, tra i versi di “Horizon”, brano dallo stile pastorale e folk di stampo britannico con cui il cantautore si congeda lasciandoci credere che per ogni caduta c’è sempre una risalita.

Raffaella Sbrescia

Chiara Grispo: tante cover e qualche buona idea in “Blind”

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“Blind” (Baraonda/ Artist First) è il titolo dell’album di esordio di Chiara Grispo, la  giovanissima cantautrice veneta in gara all’ultima edizione di Amici. L’album, prodotto da Diego Calvetti, contiene 10 tracce tra cui la hit “Come On”, primo singolo inedito che ha raggiunto già 2 milioni di visualizzazioni su Youtube, la titletrack “Blind” e “Spirito Fisico”, brano che Chiara ha inciso in duetto con Nek (suo coach durante il serale di Amici, insieme a J-Ax). Reduce dagli opening act dei concerti dei Modà allo Stadio San Siro e di quello di Gigi D’Alessio allo Stadio San Paolo, Chiara sta portando in giro per la penisola le sue canzoni e sono già in molti ad apprezzarne la voce limpida e cristallina.

Chiara Grispo

Chiara Grispo

Paga poco la scelta di inserire nel disco tantissime cover: tra le altre, le migliori sono “Wuthering heights” di Kate Bush, “Price tag” di Jessie J, “One” degli U2,  ”Next to me” di Emelie Sandé. Sebbene gli arrangiamenti siano piuttosto originali, in alcuni tratti cuciti su misura per Chiara, sarebbe stato più opportuno pubblicare più brani inediti e osare. L’insieme proposto funziona bene, Chiara Grispo non scimmiotta nessuno ed il lavoro di cesellamento sulle cover è evidente eppure avremmo apprezzato ancora di più una maggiore esposizione di quello che sembra essere un bel talento in erba.

 Raffaella Sbrescia

 Video: Come On

Tracklist:

1.    COME ON

2.    BLIND

3.    SPIRITO FISICO (con NEK)

4.    WUTHERING HEIGHTS

5.    LA MIA STORIA TRA LE DITA

6.    PRICE TAG

7.    ONE

8.    BELLA

9.    NEXT TO ME

10.  ALBACHIARA

 

“Nun tardare sole”: l’irresistibile richiamo ancestrale di Fiorenza Calogero

 iorenza Calorego - Nun Tardare Sole

Appassionata e viscerale da un lato, misurata e rispettosa dall’altro, Fiorenza Calogero è una cantante, interprete e attrice che, attraverso il suo percorso artistico, contribuisce in maniera incisiva e concreta alla ricerca e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio costituito dai canti popolari del Sud Italia. A tangibile testimonianza di cotanto impegno, arriva “Nun tardare sole”, un album scritto, diretto e arrangiato dal Maestro Enzo Avitabile e prodotto da Andrea Aragosa per Black Tarantella. Composizioni cadenzate dalle ritmiche battenti proprie della tarante, elementi medievali e rinascimentali nonché richiami stilistici vicini alle ricostruzioni musicologiche riproposte della prima Compagnia di Canto Popolare diretta dal Maestro Roberto de Simone, con cui Fiorenza Calogero ha più volte collaborato caratterizzano questo album da interpretare come una sorta di preghiera laica.

Enzo Avitabile e Fiorenza Calogero

Tra una traccia e l’altra Fiorenza si muove con disinvoltura rivelando una voce al massimo della maturità e dell’espressività ridando vita ad inni rivolti a un sole che è dio, padre, marito, amante. Genti lontane nel tempo, spiriti dell’antica campagna, madri, donne e amanti rivivono attraverso le perfette partiture eseguite da talentuosi musicisti con strumenti tradizionali e poco usuali, come lo è la chitarra battente di Marcello Vitale, la viola da gamba di Rodney Prada, e poi la chitarra spagnola di Carlos Pinana in “Megaris”. Intensa la voce di supporto di Pino De Vittorio in ‘A Carità, e le voci di Cristina Branco in “Lu Cardillo”, brano di anonimo del ‘700, e di Urna in “Uocchie Che Arraggiunate”, omaggio ad Eduardo de Filippo. Vecchi miti, nuovi riti si destreggiano in una problematica contemporaneità in cui la voce di una artista devota ed irresistibile, quale è Fiorenza Calogero, si presenta come un suadente richiamo ancestrale.

 Raffaella Sbrescia

Video: Tre fronne e tre ciure

“FunSlowRide”: GeGè Telesforo parla alle generazioni di domani

 “FunSlowRide” è l’espressione di una visione, uno zoom sulle responsabilità verso le generazioni future e sul mondo che verrà loro consegnato. Questo progetto collettivo, che sarà pubblicato anche in Canada, Australia, Sud America e Asia dal 24 giugno,  dall’ etichetta americana Ropeadope, nasce dal genio di GeGè Telesforo, cantante, strumentista, compositore, produttore. Seguendo l’obiettivo di aggregare artisti con radici comprese tra il pop, il soul e il soft jazz, Gegè ha lavorato per 3 anni a nove composizioni inedite con l’aggiunta di “I Shot The Sheriff” di Bob Marley. Nel bel mezzo della procedura di cesellamento degli arrangiamenti, Telesforo ha identificato le voci che avrebbero dato vita alle musiche e alle parole (scritte insieme a Greta Panettieri), si è dunque spostato in lungo e in largo fra la campagna di Roma Nord, Londra e gli Stati Uniti, Brooklyn e, con oltre 500 ore di registrazione in studio fra le mani, ha portato a termine il progetto che annovera al proprio interno la testimonianza artistica di Ben Sidran, in veste di ‘filosofo’, e di eccelsi musicisti quali Alan Hampton, Sachal Vasandani, Joanna Teters, Mosè Patrou, Joy Dragland, Ainè.

Video: Let the Children

L’album, anticipato dai singoli “I shot the sheriff” e “Let the children”, brano Unicef dedicato all’Infanzia, e da “Next”, di cui è stato realizzato un video artistico dal famoso storyteller Felice Limosani, parla di temi costantemente all’ordine del giorno. I ritmi sono leggeri, i vocalismi delicati e i registri medi, il tutto a favore di una comunicazione soffusa, sussurrata, mai urlata. I testi sono pregni di messaggi e di considerazioni più che di immagini, gli arrangiamenti sono finemente particolareggiati lasciando trasparire la mano di Gegè che, scegliendo di affrontare il lavoro più da compositore e produttore che da artista, riesce comunque a lasciare un inconfondibile segno di classe e maestria.

Raffaella Sbrescia

Folfiri o Folfox: gli Afterhours tornano con un disco prezioso. La recensione e l’intervista

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«…Io sono fortunato perché posso usare la musica per cercare di spiegare a me stesso come mi sento, reagire, buttare fuori le tossine, riconoscere l’energia e, soprattutto, non andare in panico. Parlandone agli altri ho scoperto che nel gruppo stavamo passando tutti attraverso lo stesso sconvolgimento. Ognuno a modo suo, naturalmente, perché sono cose molto private. Così eccolo qua un disco sulla morte e sulla vita, sulla malattia e sulla “cura”, sulle domande senza risposta, sull’egoismo che ci fa sopravvivere, sulla rabbia e sulla felicità, sulle chiusure di cerchi che ci permettono di aprirne altri». Con le parole estratte da uno stralcio del comunicato scritto dallo stesso Manuel Agnelli in persona, scegliamo di presentarvi “Folfiri o Folfox”, il nuovo album degli Afterhours destinato a diventare un’opera antologica per eccellenza. Giunto al pubblico dopo una lunga gestazione, questo disco racchiude una scalata esistenziale intima, privata, singola eppure ampiamente condivisibile. Il titolo del progetto prende il nome da due cicli chemioterapici ponendoci subito di fronte ad una realtà da cui non si può prescindere: il cancro. “Folfiri o folfox” nasce dalla penna di Agnelli subito dopo la scomparsa di suo padre, passa per altri lutti che hanno colpito i membri della band e diventa, traccia dopo traccia, un cammino verso la ricerca della felicità. L’intensità di questo disco è data sicuramente dai testi ma anche da arrangiamenti veramente carichi di suggestioni sperimentali. “Grande”, gridata, sofferta e squarciata è un significativo punto di partenza, l’effettiva base che permette all’album di crescere ed evolversi. Struggente “L’odore della giacca di mio padre”, dolorosa e consapevole “Lasciati ingannare (ancora una volta)”, esemplificativa, dissacrante ed imponente la title track “Folfiri o Folfox”.  Ricche e preziose le tracce strumentali, da evidenziare, in particolare, l’ipnotico contributo di Rodrigo D’Erasmo in “Ophyx” e le contorsioni di Cetuximab”. Lascive sono le distorsioni racchiuse in “Fa male solo la prima volta”, curiosa e perturbante la ballata rock “Né pani né pesci”. Originale ed impattante la litania di “San Miguel”, un riuscitissimo gioco a due tra Agnelli e Iriondo. “Se io fossi il giudice” chiude, infine, il disco in modo deflagrante, emozionale, poetico, totale.

Intervista

Finalmente arriva “Folfiri o Folfox”

Abbiamo pubblicato questo disco dopo 4 anni cercando di raccontare non solo quello che è successo a me ma anche quello che è successo a molti di noi. Non facciamo un disco ogni anno, lo facciamo semplicemente quando abbiamo qualcosa da dire e questo, purtroppo, non succede ogni sei mesi. La funzione del nostro gruppo è quello di dire le cose con un linguaggio che gli altri faticano ad usare. Questo è un disco a tratti ostico, un disco che ha senso in questo momento. Abbiamo sfruttato il nostro studio, ci siamo andati tutti i giorni, ci siamo dati la libertà di sbagliare, eccedere, sperimentare. Con noi ha lavorato anche Tommaso Colliva, il top mondiale e ne siamo molto orgogliosi.

I due nuovi innesti nella band (Stefano Pilia, chitarrista dei Massimo Volume, e Fabio Rondanini, batterista dei Calibro 35, ndr) hanno generato una grande energia. Come sono cambiate le sonorità, gli arrangiamenti e la scrittura dei testi?

Il cambio della line up ha influenzato non poco la musica, ha innescato un ricambio d’energia in una sorta di circolo virtuoso. Una direzione, quest’ultima, che avevamo già conquistato con “Padania” e che intendiamo mantenere salda. Nel frattempo lo stravolgimento della forma canzone vive un passo in avanti, sia in termini di suono che di scrittura.

A proposito di scrittura: com’è cambiato il tuo modo di scrivere in questo lavoro?

C’è un ritorno ad una comunicazione più scoperta, più aperta, una messa a nudo che ci ha coinvolto tutti. Ciò rende il disco più immediato e comunicativo proprio come sentivamo noi di dover essere. “Padania” era congelato così come lo era la sua estetica, questo disco è più caldo, ci tocca in modo più profondo e speriamo possa farlo anche con chi lo ascolterà.

C’è un’attenzione più viva e dettagliata ai testi…

Sì, i testi sono più centrali che in passato, parliamo di cose precise che non volevamo citare in modo oscuro, abbiamo condotto diverse ricerche per rapportarci con certi termini, c’è stato un bel lavoro di complicità e compartecipazione. Abbiamo composto prima le musiche, se avessi scritto prima i testi, ci sarebbero state solo ballate ed il disco sarebbe stato un’elaborazione del lutto e nessuno voleva questo. In questo album c’è voglia di reagire, parliamo di chiusure di cerchi…

Afterhours

Afterhours

Che rapporto c’è con Dio, nominato così spesso in questo disco?

C’è parecchia mancanza di Dio nel disco, lo cito perché c’è un continuo interrogarsi, quando ti manca una persona cara ti fai molte domande, Dio viene chiamato in causa perchè non lo si trova. Il disco parla di un passaggio di energia, la figura di Dio è la razionalizzazione di questo passaggio all’interno di una ricerca spirituale.

A 50 anni ti scopri vulnerabile nel bel mezzo di un’operazione di introspezione…

Mi sono ritrovato bambino abbandonato e, al contempo, definitivamente adulto una volta per tutte. Non pretendo che questa cosa venga condivisa da qualcun altro, ci sono voluti 4 anni per lasciar maturare questo disco, la musica rappresenta la possibilità di sublimare quello che è successo, una forma di autoanalisi utile per espellere le tossine, un modo per liberarsi dal dolore.

“Grande” è il brano più intenso del disco

Racchiude un grido di dolore ma anche un riscatto, una voce che va oltre, un pezzo che sarà difficile riproporre con la stessa intensità dal vivo. Finchè avrà un effetto terapeutico lo farò, poi smetterò, così come del resto avviene con gli altri brani.

Come è nato il brano “San Miguel”?

L’abbiamo improvvisato in sala prove, rappresenta il denominatore perfetto di chi non ha paura di fare tante cose diverse. Questo brano rompe gli schemi, definisce un’intenzione chiara con sonorità forti, una litania che non teme sfide nuove. Ci sono diversi modi di argomentare la superstizione: quella più volgare che detestiamo, una forma di violenza sociale mostruosa, poi c’è quella bianca che cerca energia oltre la scienza. Ecco, nel disco ci sono due o tre modi per affrontarla, “San Miguel” è uno di questi.

Afterhours ph. Magliocchetti

Afterhours ph. Magliocchetti

Da dove arriva l’idea della copertina?

Si tratta di un’idea di mia figlia. Recentemente ho curato una pianta che ha prodotto un nuovo getto di fori, le ho scattato una foto, leggermente mossa e mia figlia mi ha suggerito di usarla. Solo in un secondo momento abbiamo scoperto che l’orchidea si nutre di materiali in decomposizione, in quanto corrispondente botanico del cancro ci è sembrata perfetta.

Cinque anni fa eravate politicamente schierati… cosa è cambiato nel frattempo?

I politici non sono cambiati ed è per questo che molte cose non si sono realizzate, il cambiamento c’ è stato in ogni caso. Nel nostro piccolo abbiamo appoggiato i teatri occupati, continuiamo a portare avanti il nostro cammino senza fare cose per forza appariscenti, mi sono accorto che senza un certo tipo di visibilità si è limitati. La visibilità può essere di grande aiuto per portare avanti certe tematiche, mi sono impegnato per i diritti d’autore, la definizione professionale del musicista, voglio portare questi discorsi a buon fine.

Come si convive con la paura della felicità?

Ho sempre voluto essere felce ma forse ho sbagliato strada. Nel nostro ambiente ci sono tanti che fanno i maledetti al centro di un sistema di cose che non ci riguarda in ogni caso. Noi facciamo musica in modo libero, non dobbiamo rendere conto alle tavole della legge, facciamo le cose istintivamente perché ci piacciono, perché ci sembra il modo migliore per raccontarci al meglio. Abbiamo lasciato fuori dal disco, il più grande singolo della nostra storia perché non c’entrava nulla, siamo coerenti, siamo liberi di fare cose che non rientrano nell’immaginario, non vogliamo essere prevedibili, la prevedibilità è la morte di un gruppo rock, abbiamo più attenzione per il discorso estetico che per l’efficacia dei risultati; in ogni caso facciamo sempre quello che vogliamo, poco ma sicuro.

Afterhours ph. Magliocchetti

Afterhours ph. Magliocchetti

La musica è una trasposizione della società che rappresenta?

Negli anni ’60 e ’70 c’era una società in fermento, c’era gente che viveva nelle comuni, personaggi che non avevano paura di sperimentare, con l’arrivo delle tecnologie la gente ha cominciato ad impigrirsi e a viziarsi. Ci sono molti musicisti bravi ma troppo precisi, non ci sono più i freaks, quelli che non riesci a catalogare, ci sono piccoli circuiti, ognuno con la propria divisa, ogni più piccola realtà vuole avere il controllo sulla cultura ma non per difendere la gente. Pasolini andava tra la gente, tra gli operai, trai ragazzi di strada, portava la cultura tra la gente sporcandosi le mani. Oggi invece viviamo una situazione veramente pallosa. Il ruolo di chi fa rock non può essere fare la cultura per sé. La nostra missione è quella di portare la nostra visione della vita a quanta più gente possibile, la difficoltà sta nel portarla con un linguaggio molto preciso che non venga distorto senno facciamo avanguardia e sperimentazione.

Ad X Factor queste cose le dirai?

Mi hanno chiamato per questo, il motivo per cui sono lì è portarvi la mia visione della musica. Hanno avuto le palle di chiamarmi, io sono un’incognita, un rischio…

Cosa pensi delle polemiche che ci sono state?

Fa parte del gioco, in parte è anche strategia. In tante situazioni la polemica ha portato attenzione, non mi spaventa la contestazione, anzi, tuttavia non vi sono indifferente. Con la paura del rischio non avremmo fatto un cazzo negli ultimi anni, non me ne frega se sarò una scimmietta in gabbia, alla fine l’importante è far passare un messaggio preciso: “Le mani vanno sporcate, bisogna fare gesti piccoli ma farli tutti, non si possono fare le cose solo per il risultato, bisogna farle e basta”.

Il ricambio nella line up ha portato un cambio di energia nel gruppo?

Ci troviamo in un momento particolarmente felice, questi due innesti non sono né casuali né transitori. Questo ricambio ha avuto un impatto emotivo molto forte, con Giorgio andavo in giro per il mondo da 25 anni, ci guardavamo in modo sclerotico, non avevamo un dialogo modificabile. Dopo lo strappo non sapevamo se gli Afterhours sarebbero andati avanti, abbiamo funzionato ma navighiamo a vista, ecco perché in ogni disco ci mettiamo tutto il sangue possibile, pensiamo sempre che possa essere l’ultimo.

Cosa cambierà nel live?

Mentre “Padania” aveva delle sovrapproduzioni necessarie per riprodurre quell’urgenza, questi nuovi brani questa carica ce l’hanno da sé, la scaletta estiva proporrà un 50/50, sarà un live molto energico.

 Raffaella Sbrescia

Il tour:

 8.07 - Genova, Goa Boa Festival - NUOVA DATA
10.07 - Avezzano (Aq), Kimera Rock Festival
14.07 - Milano, Market Sound
15.07 - Torino, Flower Fest
19.07 -Roma, Rock In Roma
06.08 -Treviso, Suoni Di Marca
8.08 - Lignano Sabbiadoro (UD), Beach Arena - NUOVA DATA
13.08 -Lamezia Terme (Cz), Colorfest
27.08 -Empoli (Fi), Beat Festival

I biglietti sono in vendita su www.ticketone.it

 

La grinta di Giungla in “Camo”. La recensione dell’Ep

Giungla ph Giulia Mazza

Giungla ph Giulia Mazza

Giungla è Emanuela Drei, voce e chitarra negli Heike Has The Giggles e bassista con His Clancyness. Il suo primo Ep da solista s’intitola “Camo” ed è stato prodotto, registrato e mixato da Federico Dragogna (Ministri). Negli undici minuti di cui si compone questo lavoro, la voce di Giungla è un faro accentratore: passionalità, audacia, grinta e sperimentazione si fondono in una irresistibile miscela electropop. Quattro brani tanto inafferrabili quanto gustabili si muovono tra picchi punk rock e qualche inaspettato tratto morbido.  “Camo” si apre con “Cold”, un tiratissimo punk ‘n roll in cui la drum machine detta i tempi mentre la voce flirta con l’elettronica. A seguire “Forest”: suggestioni filmiche riempiono le bolle sonore create da intense sezioni ritmiche; una contrapposizione, quest’ultima, di forte impatto sia semantico che sonoro. Tutt’altro discorso da fare per “Sand”, una dolce ballad che si distanzia da schemi e preconfezionamenti, un modo per abbracciare la disillusione e trasformarla in un punto di forza. Chiude l’ep “Wrong”, un brano ostico, a tratti psichedelico, incentrato su ombreggiature in contrasto così come è la nostra vita quotidiana.

Raffaella Sbrescia

Video: Cold

Capitan Capitone e i Fratelli della Costa: Daniele Sepe chiama a raccolta la Napoli underground per un progetto che unisce musica, cultura, società e politica.

Capitan Capitone e i Fratelli della Costa ph Roberta Gioberti

Capitan Capitone e i Fratelli della Costa ph Roberta Gioberti

Poteva stupirci con effetti speciali. E lo ha fatto. Lo ha fatto con 62 musicisti, un disco che è un racconto, divertente, ironico, romantico e a tratti irriverente. Lo ha fatto chiamando intorno a sé soprattutto giovani. Ragazzi napoletani che fanno musica, la fanno bene, divertendosi e facendo divertire.
Lo ha detto Dario Sansone, abbracciandolo commosso alla fine del concerto che si è tenuto sabato scorso al Nabilah, e che ha visto protagonisti Capitan Capitone (Daniele Sepe), e i fratelli della costa al completo. “Ringrazio Daniele Sepe, perché è stato il solo, tra i “vecchi”, a illustrarci un percorso, a farlo spontaneamente, a darci fiducia, a cercare con noi un incontro”. Ed è proprio questo il grande merito di Daniele: saper parlare ai giovani, saperli coinvolgere e farlo con l’autorevolezza del talento, dell’esperienza, dell’ironia, alle volte anche della “cazzimma”. Ma non smettere mai di farlo. Perché sono una risorsa che va coltivata. La sola che abbiamo.

Daniele, lo conosco da tempo, lo fotografo con piacere da anni durante i live, perché mi diverte, è un artista caratterialmente introverso, che vive nel sociale e per il sociale. Una forma di contraddizione? Può darsi. Ma quando fa una cosa, la fa spendendoci tutto se stesso, con una sensibilità e una passione “senza esclusione di colpi”.

Capitan Capitone e i Fratelli della Costa ph Roberta Gioberti

Capitan Capitone e i Fratelli della Costa ph Roberta Gioberti

Così è stato anche per questo progetto, nato da un incontro, un appello rivolto agli artisti napoletani il 7 luglio dello scorso anno, a partecipare gratuitamente ad un concerto a sostegno della lotta dei cassintegrati e licenziati della Fiat di Pomigliano d’Arco.

Mi fa piacere fare un cenno approfondito sulla cosa, perché alla Fiat di Pomigliano esiste un reparto di confino. Un reparto “fantasma” dove vengono relegati i disobbedienti. Un reparto che “non c’è”, che non è mai entrato in funzione. Un reparto dove ogni tanto accade che qualcuno si suicidi.

E per aver rivendicato il diritto ad una condizione lavorativa non alienante, e soprattutto per essersi ribellati esponendo un manichino raffigurante Marchionne appeso ad una corda, a seguito dell’ennesimo suicidio da alienazione, cinque operai sono stati licenziati seduta stante.

Non si sono arresi, hanno continuato a lottare. Ed hanno incontrato la sensibilità di Daniele, che ha chiamato a raccolta una trentina di artisti, chiedendo loro di esibirsi a sostegno della loro lotta. Veramente gli artisti che avrebbero desiderato partecipare erano molti di più. Ed è incredibile quanti provino il piacere di suonare insieme a questo ruvido, spassoso e intrigante saxofonista, dal carattere imprevedibile e dal cuore a 24 carati.

Da quella serata è nato un progetto. Una lunga narrazione per l’estate, la cui stesura è durata un intero inverno.

Un inverno di collaborazioni, confabulazioni, registrazioni, ammonizioni, esaltazioni.

Un inverno che ha partorito un lavoro di incredibile bellezza.

Capitan Capitone e i Fratelli della Costa ph Roberta Gioberti

Capitan Capitone e i Fratelli della Costa ph Roberta Gioberti

Si parte col prologo, “La Tempesta”. E subito una citazione irrinunciabile, un richiamo alla Tarantella del Gargano. Dopo di che, ampio spazio alla fantasia degli artisti. Da Dario Sansone dei Foja, autore di “Penelope”, e, nelle vesti di “pittore”, del bell’acquarello copertina del cd, alla divertente storia del Rangio Fellone di Tartaglia, da Gino Fastidio, a “La Maschera”, passando attraverso Mario Insenga, ‘o Rom, The collettivo, Nero Nelson e la sua “jazzata” Bambolina, fino ad arrivare a quel piccolo capolavoro di essenzialità, che è “L’ammore o vero”, partorito dall’animo sensibile di Alessio Sollo e Claudio Gnut, costruito su un giro armonico elementare e dolce, che accarezza le emozioni con la semplicità delle cose genuine. Vere come l’amore dovrebbe essere, e come lo è il sax di Daniele. Pulito, schietto, permanente.

Lo spettacolo che ne consegue è colorato, divertente, intenso, coinvolgente, entusiasmante: teatrale. Costumi di scena sgargiantissimi, tanta energia, tante note, commozione, pubblico in delirio, un feedback ininterrotto, un’energia che resta addosso anche dopo, ancora a lungo.

Daniele conduce senza condurre, sempre fisicamente un passo in dietro al gruppo, lo coordina, lo prende per mano, impercettibilmente, ma con determinazione. Nel frattempo tiene d’occhio tutto. Dal pubblico, ai tecnici, ai musicisti, ai fotografi…..è incredibile la capacità di coordinamento del Capitano.

Capitan Capitone e i Fratelli della Costa ph Roberta Gioberti

Capitan Capitone e i Fratelli della Costa ph Roberta Gioberti

Un Capitano che non rischia ammutinamento, troppo amato dalla sua ciurma.
Un Pirata ed un Signore, come la tradizione romanzesca vuole.

Il cd, prodotto in autofinanziamento, è sicuramente tra le novità più appetibili dell’estate. Un’estate da trascorrere su note ballerine e saltellanti, senza perdere di vista i contenuti. Che sono, tanto testuali, quanto musicali, di primissima scelta. Ma alla qualità nei lavori di Sepe siamo abituati. E’ che fino ad oggi non lo avevamo ancora visto confrontarsi con la realtà cantautoriale, se non in qualche rara occasione in ambito folk. Sepe non insegue le mode: però ama confrontarsi con tutto, e ci rende tutto sotto una forma interpretativa non solo ineccepibile, ma anche emotivamente coinvolgente.

Se passa per le vostre piazze o per i vostri teatri, non perdetevi Il Capitano e la sua ciurma.

Non ve ne pentirete.

Parola di pappagallo.

Roberta Gioberti

Laura Pausini, la nuova eroina del futurismo romantico. Il report dello show allo Stadio San Siro

Laura Pausini live @ Stadio San Siro ph Naphtalina

Laura Pausini live @ Stadio San Siro ph Naphtalina

In un mondo futurista, perennemente in corsa e proteso a combattere l’incedere del tempo, Laura Pausini sceglie di radunare i suoi “soldati dell’amore” e di avvolgerli in un confortevole, caloroso e stupefacente abbraccio. L’occasione per farlo è il primo leg del Simili Tour, il nuovissimo show, targato F&P Group, che ha riportato l’artista emiliana allo stadio San Siro per un doppio appuntamento live, che precede le date che la porteranno in America per il Similares Us & Latin America Tour, e in autunno in Europa dal 7 ottobre a Madrid per il Simili European Tour, per un totale di 40 concerti. In qualità di donna-artista, donna professionista, compagna e madre, Laura riesce ad avere una visione totale e completa di quello che può essere uno show in grado di soddisfare il pubblico più esigente. Attenta ad ogni minimo dettaglio, la Pausini sceglie di disegnare un palco che possa abbracciare il pubblico sia visivamente che letteralmente: la struttura centrale si sviluppa su due livelli, le due braccia sono lunghe passerelle che permettono a Laura di raggiungere, con la sua band, i lati più esterni delle venue rendendone la visione assolutamente confortevole a tutti.

Laura Pausini live @ Stadio San Siro ph Naphtalina

Laura Pausini live @ Stadio San Siro ph Naphtalina

Sebbene si tratti di uno show veramente imponente, con effetti visivi di grande impatto, proposti sui video ad altissima definizione e sul pavimento del palco, per un totale di 875 mq di schermi, quello che Laura Pausini ha elaborato è un racconto che ripercorre ogni attimo di un cammino personale ed artistico in costante ascesa. Sensibile ai tragici fatti di cronaca che sviliscono la nostra stessa identità di cittadini liberi, Laura dedica questo concerto alla violenza sulle donne e lo fa marcando con forza, tenacia, grinta e volontà ogni tratto della propria personalità. Si concede al pubblico, balla, sorride, si commuove e canta con tutta la potenza possibile incollando a sé centinaia di migliaia di occhi, di cuori, di mani, di anime pronte a lasciarsi prendere per mano in nome di un progetto comune: vivere al massimo.

Attraverso 45 brani scelti per ripercorrere 23 anni di carriera, Laura, accompagnata da Paolo Carta e Nicola Oliva alle chitarre, al pianoforte Fabio Coppini; alle percussioni Ernesto Lopez; alla batteria Carlos Hercules; alle tastiere Andrea Rongioletti; al basso Roberto Gallinelli e da sei ottime voci ai cori come quelle di Gianluigi Fazio, Monica Hill, Roberta Granà, Ariane Diakitè, David Blank e Claudia D’Ulisse, con una sezione di archi composta da: Giuseppe Tortora, Adriana Ester Gallo, Mario Gentili, Marcello Iaconetti, ha ampiamente soddisfatto le aspettative del pubblico pausiniano senza, tuttavia, trascurare i neofiti del suo repertorio.

Laura Pausini live @ Stadio San Siro ph Naphtalina

Laura Pausini live @ Stadio San Siro ph Naphtalina

 Il concerto non può che iniziare con Simili, title track dell’album multiplatino uscito lo scorso 6 novembre in 60 paesi per Atlantic Warner Music. Laura appare a sorpresa circondata dalla band e dai 30 performer con i quali l’artista danza in alcuni quadri dello show, le cui coreografie sono curate da Jonathan Redavid.

Il secondo brano in scaletta è Resta in ascolto (title track dell’album Grammy 2006) proposto al pubblico in una grandiosa versione rock, che prepara il pubblico a Innamorata, scritto per lei da Lorenzo Jovanotti, dove si uniscono a lei 10 ballerini, per mandare in delirio tutto lo stadio. Non ho mai smesso, Il nostro amore quotidiano, Se non te, Nella porta accanto, Bellissimo così e Ascolta il tuo cuore, Invece no racchiudono la prima importante carrellata di brani scelti per costruire la geografia di un cammino stellare.

Laura Pausini live @ Stadio San Siro ph Naphtalina

Laura Pausini live @ Stadio San Siro ph Naphtalina

Sono una decina i medley che Laura Pausini offre al pubblico per cercare di non lasciare nulla nell’angolo: «Le canzoni che canto mi piacciono ancora tutte, dalla prima all’ultima – spiega Laura al pubblico – A volte però penso che alcuni destinatari possono tranquillamente andare a quel paese – continua divertita- ecco perché preferisco cambiarli». Tra i momenti più intensi segnaliamo

Sono solo nuvole, il brano che Giuliano Sangiorgi ha scritto per Laura, che sceglie di cantare sospesa in aria su un’altalena, in un quadro scenico ispirato a “Decalcomania” di René Magritte. Bellissima anche Tra te il mare arricchita da “un’esplosione di blu” come coreografia. Speciale è Celeste,  il brano che Laura canta per la prima volta al pianoforte, e che precede un momento di forte commozione su E’ a lei che devo l’amore, che Biagio Antonacci ha scritto per festeggiare la nascita della piccola Paola, che Laura canta, emozionatissima, al fianco del suo compagno di vita Paolo Carta.

Laura Pausini live @ Stadio San Siro ph Naphtalina

Laura Pausini live @ Stadio San Siro ph Naphtalina

Impossibile restare inermi di fronte ai brani che hanno segnato gli esordi di Laura, da Incancellabile a Strani amori fino all’immancabile La solitudine. Il mastodontico show si conclude con una sferzata di energia sulle note di Limpido, Surrender e Io c’ero, in un medley dance incorniciato da 14 geyser su tutta la lunghezza del palco. Il bilancio è quindi assolutamente positivo, il repertorio di Laura Pausini ha scandito tante vite e, ad oggi, dimostra di attecchire a presa rapida nei cuori di milioni di persone sparse in tutto il mondo.

Brava Laura, che il tuo esempio possa essere fonte di ispirazione per tutte noi.

 Raffaella Sbrescia

SET LIST

01. SIMILI (Simili – 2015)

02. RESTA IN ASCOLTO (Resta in ascolto – 2004)

03. INNAMORATA (Simili – 2015)

04. MEDLEY

NON HO MAI SMESSO (Inedito – 2011)

IL NOSTRO AMORE QUOTIDIANO (Simili – 2015)

SE NON TE (20 The greatest Hits – 2013)

05. MEDLEY

NELLA PORTA ACCANTO (Simili – 2015)

BELLISSIMO COSI (Primavera in anticipo – 2008)

ASCOLTA IL TUO CUORE (Le cose che vivi – 1996)

06. INVECE NO (Primavera in anticipo – 2008)

07. MEDLEY

LA GEOGRAFIA DEL MIO CAMMINO (Primavera in anticipo – 2008)

CHIEDILO AL CIELO (Simili – 2015)

UNA STORIA CHE VALE (The best of Laura Pausini, E ritorno da te – 2001)

08. SONO SOLO NUVOLE (Simili – 2015)

09. COME SE NON FOSSE STATO MAI AMORE (Resta in ascolto – 2004)

10. MEDLEY

IT’S NOT GOODBYE (From the inside – 2002)

200 NOTE (Simili – 2015)

SE AMI SAI (Le cose che vivi – 1996)

11. PRIMAVERA IN ANTICIPO (Primavera in anticipo – 2008)

12. HO CREDUTO A ME (Simili – 2015)

13. TRA TE E IL MARE (Tra te e il mare – 2000)

14. MEDLEY

IL TUO NOME IN MAIUSCOLO (Resta in ascolto – 2004)

NEL MODO PIU SINCERO CHE C’E’ (Primavera in anticipo – 2008)

CASOMAI (Laura Live World Tour – 2009)

UN FATTO OVVIO (Primavera in anticipo – 2008)

COLPEVOLE (Simili – 2015)

LA PROSPETTIVA DI ME (Resta in ascolto – 2004)

EMERGENZA D’AMORE (La mia risposta – 1998)

15. MEDLEY

CELESTE (Inedito – 2011)

E’ A LEI CHE DEVO L’AMORE (Simili – 2015)

16. MEDLEY

CON LA MUSICA ALLA RADIO (Laura Live World Tour  - 2009)

BENVENUTO (Inedito – 2011)

IO CANTO (Io canto – 2006)

PER LA MUSICA (Simili – 2015)

17. VIVIMI (Resta in ascolto – 2004)

18. E RITORNO DA TE (The best of Laura Pausini – E ritorno da te – 2001)

19. MEDLEY

INCANCELLABILE (Le cose che vivi – 1996)

LE COSE CHE VIVI (Le cose che vivi – 1996)

IL MONDO CHE VORREI (Le cose che vivi – 1996)

STRANI AMORI (Laura – 1994)

LA SOLITUDINE (Laura Pausini – 1993)

20. MEDLEY

LIMPIDO (20 The Greatest Hits – 2013)

SURRENDER (From the inside – 2002)

IO C’ERO (Simili – 2015)

BIS

21. LATO DESTRO DEL CUORE (Simili – 2015)

 

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