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Ernia presenta il primo album ufficiale “68″. Quanti di voi conoscono davvero il rap? Intervista
Esce Venerdì 7 Settembre il nuovo progetto discografico del rapper Ernia“68”, album contenente 12 brani inediti su etichetta Thaurus/Island Records.
Tra i più apprezzati rapper della nuova generazione, Matteo Professione, in arte Ernia, a distanza di un anno dal precedente progetto Cuuu/67”,già certificato disco d’oro, e dopo il successo del “Come uccidere un Usignolo/67 tour” che ha contato oltre 50 date in giro per l’Italia, torna con un album prodotto per la maggior parte insieme a Marz e registrato a Milano negli studi di Thaurus.
Checchè se ne dica, il rap è di fatto il trend musicale principale in Italia ormai da qualche anno. C’è chi lo nega, chi si divide tra categorie di genere, chi invece si interessa solo alla trap, la più spinta dai riflettori. All’interno di questo marasma si muove Ernia, un giovane che, dalla periferia di Milano si muove a piccoli passi verso il centro con il suo album primo album ufficiale “68″.
“Nell’universo rap si tende a citare i propri luoghi di origine. Per questa ragione il titolo “68″ nasce dal nome della linea di autobus che dalla periferia giunge a una delle nuove zone centrali di Milano QT8. Allo stesso modo io stesso sono passato dall’essere un emergente a uno dei meglio considerati in ampito rap. Non resta che stare a vedere se salendo su questo 68 arriverò in centro o dovrò tornarmene indietro con la coda tra le gambe“. All’interno della tracklist ci sono pezzi leggeri alternati a brani attraversati da uno stream of consciousness che unisce le fila di un discorso personale più stratificato: “Nel disco mi rifaccio un po’ allo stile di Kendrick Lamar, il suo modo di veicolare messaggi è immediato e ricercato al contempo, mi piacerebbe ripetere questo discorso all’interno del mercato italiano”. Per capire più a fondo che tipo di corrente e in quale contesto c’è da inserire Ernia, bisogna pensare alla musica black con un piglio cool: Mattafix, Black Eyed Peas, 50 Cent: “Quando ero piccolo ero molto più difficile da raggiungere il rap, i media pare se ne siano accorti soltanto da poco ma il problema è più radicato. La radio, che avrebbe il potere di decidere cosa va e cosa no, arriva sempre un passo dopo sulle tendenze. Di base nessuno parla la lingua dei ragazzi, ecco perchè li troviamo come cani pazzi che si ritrovano a cercare in giro le cose senza comprenderle. Ecco come nascono gli “antivaccinisti del rap” che non capiscono nulla di questo genere. Per quanto mi riguarda svolgo il mio ruolo di “mediatore culturale” tenendo vive le radici, usando diverse citazioni musicali, al limite del livello di citazioni scolastiche. Sono un ascoltatore pigro, mi diverte l’autocelebrazione, cerco di continuare la linea artistica di Marracash e Gue Pequeno. I nuovi della scena rap/trap si sono distaccati da questo filone io invece resto vicino al mondo dei miei miti mantenendo un equilibrio”.
Non dimentica dunque le origini Ernia che, in questo album ritrova anche l’amico d’infanzia Tedua: “Io e Mario eravamo vicini di casa prima che si trasferisse a Genova, abbiamo anche frequentato le scuole materne insieme, ci piaceva soprattutto il free style e prenderci in giro. In questo mio album non ci poteva essere nessun altro che lui. Trattandosi di un featuring chiamato, ci siamo cimentati in un puro esercizio di stile per spiazzare il pubblico”. Per stupire il pubblico non possiamo non parlare della struttura musicale di questo album che si presenta piuttosto variegata e ricca: “Premevo per fare un richiamo alla musica black old style. “Tosse” e “Sigarette”, ad esempio, sono prese da campioni jazz, all’interno di “Simba” ho inserito la base di pezzi club degli anni 2000. “King QT” cita King Kunta di Kendrick Lamar. Nello specifico abbiamo risuonato e cambiato i giri dei campionamenti che avevamo scelto”. Tecnicismi a parte, Ernia è uno che ama darsi completamente sul palco: “Mancano due mesi al tour e ho in mente di mettermi a studiare un mese a Bologna per prepararmi al meglio. Non sono un fan del rapper con la band, il rapper deve avere il dj dietro, adoro il one man show. Il mio obiettivo è sempre e solo il live. Se non arrivi al pubblico, resti zero. Puoi fare tutte le views del mondo ma senza i risultati reali non ci sei, non esisti. Non mi chiedere di singoli e di video, io presento il disco nella sua interezza, sarà chi lo ascolterà a dirmi quale traccia preferisce. Il mio pubblico non è giovanissimo ma non mi sento un pesce fuor d’acqua, mi piacciono tanti altri rapper, li ascolto tranquillamente. Quello che viviamo adesso è un trand, uno o due al massimo sopravvivranno, tutti hanno copiato il numero 1 che è Sfera Ebbasta. Se il trend finisce, sarà la fine di molti, io che non faccio parte di questo giro, se cadrò lo farò solo per colpa mia”.
Raffaella Sbrescia
Da venerdì 7 Settembre Ernia sarà impegnato nel “68 instore tour” che lo vedrà protagonista nelle principali città italiane per la presentazione del nuovo album d’inediti e per l’atteso incontro con i fan.
68 instore tour partirà Venerdì 7 Settembre con un doppio appuntamento prima a Varese presso Varese Dischi e poi a Milano presso il Mondadori Megastore di Piazza duomo per poi proseguire Sabato 8 settembre a Monza e poi a Brescia, il 9 Settembre a Padova e Bologna, il 10 Settembre a Genova e Torino, l’11 Settembre a Firenze e Roma, il 12 Settembre a Napoli e Salerno, il 13 Settembre a Bari e Lecce, il 14 Settembre a Mestre e Verona, il 15 Settembre a Modena e Forlì, il 16 Settembre a Lucca e Massa, il 17 Settembre a Frosinone e Caserta, il 18 Settembre a Palermo, il 19 Settembre a Messina e Catania, il 20 Settembre a Como e Arese e il 21 Settembre a Cagliari.
Fred De Palma: “Hanglover è un flusso di coscienza in cui ho racchiuso tutto quello che mi piace”
Due anni per mettersi alla prova, per sperimentare, per sorprendersi e per sorprendere. Fred De Palma torna in scena con “Hanglover”, un quarto album di inediti (Warner Music) per mettere a fuoco ricordi, nuove impressioni e altrettante influenze musicali. Una tracklist simile ad una compilation fluttuante tra generi musicali e tematiche disparate senza mai tralasciare l’attenzione al divertimento nella sua accezione più immediata. Per questo nuovo lavoro, Fred De Palma ha lavorato con Mace e Davide Ferrario (che hanno curato anche il suo album precedente “BoyFred”), Frenetik & Orang3, Zef, Mamakass, Takagi&Ketra e Freeso. Tra le collaborazioni presenti nell’album anche quelle con Madh, Low Low e Livio Cori, Achille Lauro, Cicco Sanchez, Samuel Heron e Giulia Jean. Un parterre di colleghi piuttosto variegato, a coronamento di un periodo di intensa ispirazione: «Questo album è il frutto di una ricerca di stampo personale. La tracklist racchiude una compilation di quello che più mi piace, anche all’interno del panorama musicale internazionale – racconta Fred De Palma». Si tratta di un lavoro caratterizzato da una forte componente di spontaneità, quasi il risultato di una sorta di flusso di coscienza: «Ho realizzato queste canzoni in modo nuovo per me. Ho sempre scritto i miei brani su carta, stavolta invece sono partito dai beats, mi sono divertito a viaggiare sulla traccia, sia a livello melodico che testuale, e mi sono ritrovato a registrare i brani direttamente a memoria. Credo proprio che adotterò questo sistema ancora per un po’» – ha raccontato Fred – aggiungendo: «Ho sempre amato improvvisare, penso che questo tipo di approccio alla musica, adottato da molti altri artisti nel mondo, possa diventare qualcosa di più articolato perché si sposa molto bene con le mie canzoni».
Video “Ora che”
Un ultimo doveroso focus va fatto proprio sui brani: slanci sentimentali creano un discontinuità tematica in grado di indurre l’ascoltatore ad incuriosirsi e a cercare di individuare connessioni ed eventuali riferimenti. Il tutto senza mai rinunciare ad esercizi di stile a regola d’arte: «Un po’ tutto l’album vuole essere una sorpresa, sia nel bene che nel male – spiega Fred De Palma – l’insieme della tracklist intende raffigurare una sorta di risveglio dopo una lunga festa. Ho cercato di ricordare quello che mi è successo e, tra le varie tematiche, ho scelto di dedicare spazio al mio “periodo rosa” anche se “Il mio game” è il rap ed è sempre quello che mi appassiona di più».
Raffaella Sbrescia
Questa la track list: 1.Hanglover; 2.Love King; 3. Un’altra notte feat Giulia Jean; 4. Adiòs; 5. Goodnite feat. LowLow & Livio Cori; 6. Alabama; 7. Io no; 8. Il Cielo guarda te; 9. 5.30 feat Achille Lauro; 10. Niente da dire; 11. Ora che; 12. Almeno tu feat. Cicco Sanchez; 13.Non Tornare a casa; 14. Tu dimmi; 15. Il Mio Game feat. Samuel Heron; 16. Dyo; 17. Vuoi Ballare con me feat. Madh; 18. Voilà.
Dal giorno dell’uscita dell’album, Fred De Palma incontrerà i fan negli store delle principali città italiane. Di seguito gli appuntamenti:
15/9 Torino FELTRINELLI h.15.00 – Genova MONDADORI h.18.30
16/9 Varese MONDADORI h. 15.00 - Milano MONDADORI Duomo h. 18.00
17/9 Brescia MONDADORI h. 15.00 – Verona FELTRINELLI h. 18.30
18/9 Firenze GALLERIA DEL DISCO h.15.00 - Lucca SKY STONE h. 18.30
19/9 Bologna MONDADORI h. 15.00 – Padova MONDADORI h. 18.30
20/9 Latina FELTRINELLI h.15.00 - Roma DISCOTECA LAZIALE h.18.00
21/9 Salerno FELTRINELLI h. 15.00 - Napoli FELTRINELLI h. 18.30
22/9 Bari FELTRINELLI h. 15.00 - Lecce FELTRINELLI h.18.30
23/9 MEDIA WORLD – cc Fiordaliso – Rozzano (MI)
Ascolta qui l’album:
Ensi: “La mia scuola non è vecchia o nuova, la mia scuola è la vera, ti spiego”
Per chi ha voglia di compiere un excursus di spessore all’interno dello scenario hip hop italiano, è in arrivo il nuovo album di Ensi. Che siate appassionati di rap o meno, saprete che Ensi appartiene alla generazione dei pionieri di questo genere musicale in Italia. Il suo free style ha fatto scuola e, ad oggi, le sue canzoni rappresentano un ponte di collegamento tra i dogmi di ieri e le novità di domani. Il titolo “V” (Warner Music) prende il nome da Vincent, suo figlio, da Vella, il suo cognome, la sua famiglia, le sue radici e da “Vendetta”, il suo primo album e, in ultima istanza, dal numero romano che sta a dirci che questo è il quinto disco di Ensi.
La spina dorsale di questo lavoro è la voglia con cui l’artista mostra di mettersi in gioco, di esserci, di mostrarsi con nuove responsabilità e un punto di vista molto lineare e ben definito. Gli aspetti che rendono tangibili queste deduzioni si possono individuare in una scelta stilistica eterogenea ma equilibrata, che non snatura che principali peculiarità di Ensi.
Forma e contenuto vanno a braccetto tra beat, filtri e trap, Ensi chiude il cerchio e lo fa suo modo.
Intervista.
Bentornato Ensi. In questo disco ti sei divertito a modellare forma e contenuto, come ci sei riuscito?
Per un rapper come me, che nasce da un percorso in cui l’unico modo di farsi notare era farlo dal vivo, la forma è un elemento fondamentale. Ad oggi non sono in molti a saper riprodurre dal vivo ciò che fanno in studio ma, sebbene lo stile faccia parte del gioco, ritengo che i concetti siano altrettanto importanti. In questo mio nuovo lavoro il mantra è “Rap over everything”.
Che tipo di idea hai seguito durante la scrittura dei testi?
C’è stata un’evoluzione nel mio percorso, ho cercato un punto in comune tra il mio essere trentenne e il voler raccontare delle cose anche ai giovanissimi. Ho voluto inserire molto del mio vissuto senza essere dogmatico e senza fare la lista della spesa, ho semplicemente voluto renderlo fruibile. Sono soddisfatto di questo equilibrio globale e devo dire di averci ragionato molto su.
La sensazione che si percepisce è che tu intenda dire a chi ti ascolta: “Guarda, io ti sto dicendo delle cose ma non sono lontano da te, sto cercando di spiegarti cosa significa rappare e come siamo arrivati a quello che ascolti oggi…”
Esatto ma vorrei sottolineare che non mi metto in cattedra, nessuno può insegnare niente a nessuno in questo gioco, tutti i ragazzi devono fare il loro percorso e imparare. Siamo in periodo di forte crossover, il rap ha subito le evoluzioni della società, sono cambiati i mezzi, i formati ed è normale che i ragazzi abbiano voglia di qualcosa di veloce, di immediato, di meno pesante. I ragazzi si sentono lontani da tutto: dalla politica, dai professori, dalle istituzioni. La musica è forse la loro unica fonte di ispirazione. I giovani hanno i mezzi e la possibilità di fare grandi cose, purtroppo però gran parte di loro li vedo schiacciati da un alone di materialismo e di superficialità che un po’ aleggia nella società in generale.
Quindi come si configura questo lavoro nello scenario musicale italiano secondo te?
Non sto dicendo che il mio disco vada a colmare un gap però ho fatto sinceramente quello che mi sentivo di fare e il fatto che questo lavoro si vada a sposare con l’attualità che viviamo credo che farà sì che il disco possa trovare una posizione ben precisa. Nel corso dell’ultimo decennio ho fatto tante cose che nessuno può cancellare, ho conquistato tanti riconoscimenti nell’ambito del free style e, alla luce del mio ruolo, ritengo sia importante che quelli della mia generazione non si mettano a fare i ragazzini perché senno abbiamo finito di giocare.
Video: Iconic
Parliamo delle scelte musicali che hai fatto in “V”
Nel disco parlo a tutti, sia dal punto di vista testuale che musicale. Il mood è quello di alternare elementi musicali innovativi a break beat e filtri. Abbiamo giocato con la spina dorsale dell’hip hop fino mettendo in risalto le mie peculiarità.
Come hai lavorato con i produttori?
Mi sono creato una squadra di persone che mi conoscono molto bene. Tra queste c’è VOX P, una delle figure più importanti con cui ho condiviso tante cose. Sono tornato a casa con un gruppo torinese. Di Torino è il fonico, il tecnico di studio, il responsabile del progetto fotografico Andrea Nose Barchi. Questa squadra mi è servita superare il fatto che per tre anni non ho scritto più rap concentrandomi sull’essere diventato padre. Insieme a loro ho dosato la scrittura, ho effettuato un grosso lavoro di sgrassatura, le prime settimane eravamo a fare beat e loop su miei free style fino a collezionare l’ossatura del disco. In un secondo momento abbiamo cominciato a coinvolgere gli altri produttori in modo molto naturale: ho avvicinato persone con cui avevo già collaborato ma anche nuovi nomi che potessero arricchire il mio lavoro con le loro doti migliori. Sono contento che il disco abbia raggiunto un equilibrio tra vari livelli.
Tra i duetti, quello con Clementino è forse quello che lascia trasparire una chimica particolare. Concordi?
Clementino è stata una delle poche persone, insieme a Luchè, a cui ho pensato fin dal primo momento. Clementino ed io abbiamo condiviso tantissime cose insieme: dai momenti bui, al passaggio di testimone con la primissima generazione dell’hip hop italiano, a quelli di maggiore popolarità. Nel pezzo che cantiamo insieme l’obiettivo è quello di trasmettere ai ragazzi questa fortissima voglia di spaccare, di essere MC nel vero senso della parola. Volevamo raccontare di quando, treno dopo treno, viaggiavamo ovunque per farci sentire e farci vedere, di quanto non c’erano le views su youtube per farsi puntare dai discografici. Poi, certo, quando ci siamo visti al Red Bull Studios, non abbiamo resistito alle 4 barre a testa come facevamo nelle sfide di free style. Ah, che figata la tana delle tigri!
E, per chiosare, il tuo marchio di fabbrica: “Non basta che mi segui, serve che ci credi”
In questo momento così caotico in cui tutti si sentono in diritto di dire la loro, in cui esce qualcosa di nuovo ogni giorno, questo tipo di messaggio sottintende il concetto di reale appartenenza ad un genere musicale che in Italia ha attecchito con 40 anni di ritardo, che affonda le radici nella sofferenza, che cerca di scavare in profondità e che, in quanto tale, aldilà dei contenuti sempre meno in linea con il suo scopo principale, intende sempre parlare alle persone senza alcun filtro.
Raffaella Sbrescia
Ensi incontrerà i fan negli store delle principali città italiane.
Questi gli appuntamenti:
1 settembre TORINO Feltrinelli – h. 18.00
2 settembre BARI Feltrinelli h. 15:00 e BRINDISI Feltrinelli h. 18:30
3 settembre SALERNO Feltrinelli h. 15.00 e NAPOLI Feltrinelli h. 18.30
4 settembre ROMA Discoteca Laziale h.18.00
5 settembre FIRENZE Galleria Del Disco h.15.00 e BOLOGNA Mondadori h. 18.30
6 settembre PADOVA Mondadori h. 15.00 e VERONA Feltrinelli h.18.30
7 settembre MILANO Mondadori Duomo h. 18.00
“Vulcano sono io!”. Intervista a Clementino
Esce oggi “Vulcano”, il nuovo album d’inediti di Clementino, il quinto da solista. Il disco contiene 13 tracce e rappresenta una precisa fase artistica del rapper che in questo lavoro ha voluto mettere a fuoco se stesso e la propria carica adrenalinica senza alcun featuring e con l’ausilio di tante nuove sonorità.
Intervista
Qual è il filo conduttore che lega le tracce di questo tuo nuovo lavoro?
Mi circondo sempre di tanta napoletanità. La cosa è testimoniata dal titolo dell’album: “Vulcano”. Il legame non è solo con il Vesuvio ma anche con la mia dirompente personalità. Con questo album ho cercato di riprendere il discorso di “Napoli Manicomio”. Negli ultimi 10 anni ho dato le mie strofe praticamente a tutti. Ho fatto decine di featuring ma ora ho detto basta, adesso è il momento di concentrarmi solo su di me. Un po’ come facevano gli umanisti: ci sono io al centro di tutto (ride ndr).
In queste nuove canzoni c’è tanto dialetto, non temi di perdere del potenziale pubblico?
Nelle mie canzoni mi muovo alternando italiano e dialetto cercando di creare il giusto equilibrio. In ogni caso anche se vado a cantare a Treviso, il pubblico vuole “Clementino ca spacc’ e vetrine”. Tra l’altro con il grande successo di alcune serie tv, il napoletano è stato ormai sdoganato ovunque.
Come ti approcci alla scrittura?
Non scrivo mai senza base, non ci riesco. A seconda dell’atmosfera, scrivo cose diverse.
In questo album ci sono dei suoni molto variegati con ampi riferimenti alla tradizione napoletana…
A differenza dei miei lavori precedenti in cui cercavo di fare le cose che piacevano agli altri, stavolta ho cercato le cose che piacevano a me. “Vulcano” rappresenta me stesso: ci sono beats anni ’90, beats napoletani, un pizzico di trap e una manciata di richiami alla West Coast dove sono stato di recente.
Nelle tue canzoni parli spesso dei più giovani, che tipo di responsabilità senti di avere?
Non mi sono autonominato voce di una città o dei giovani. Sono il rapper che è ascoltato dalla mamma e dalla fidanzata. Ho fatto l’animatore turistico per 12 anni, ero l’outsider che copriva tutti i ruoli, lo sono anche nel rap perché abbraccio tutti i temi. D’altronde le mie iniziali parlano chiaro: MC sta per maestro di cerimonie. Da bambino salivo sul tavolo con la penna a mò di microfono e facevo lo show di Clemente, i miei genitori recitano fin da quando ero piccolo ed è forse anche per questo che ho sempre sognato il palco. Mi faccio portavoce di un genere ben definito: il black pulcinella, un tipo di musica che unisce l’eredità lasciata da Pino Daniele al mondo hip hop. Mi sento un vero Pulcinella: allegro fuori e triste dentro. Il disagio psicologico lo tiro fuori attraverso la musica. Vengo dalla terra dei fuochi, un posto dove i ragazzi hanno pochissime possibilità e anche se qualcosa si sta iniziando a muovere, ci vorranno anni prima che la gente possa smettere di morire per mano della criminalità. A Cimitile ho aperto una scuola calcio per bambini, la “Iena Soccer Academy”, con il ricavato di ogni torneo compriamo defibrillatori e macchinari per gli ospedali; cerco di muovermi il più possibile per il sociale. C’è il Corriere della Iena, poi c’è l’iniziativa denominata “I messaggeri del Vesuvio” in cui invito i giovani emergenti a rappare con me.
Com’eri da adolescente?
Sono sempre stato molto disordinato e con la testa per aria. A scuola venivo continuamente ripreso perché mi perdevo in una sorta di torpore da sognatore incallito. Ho viaggiato molto, con la testa e non. Quando ho cominciato a fare le gare di freestyle affrontavo lunghissimi viaggi ma non mi sono mai fermato. Ho fatto tante comparse in teatro e qualcosa anche al cinema poi, però, le cose si sono ribaltate da un momento all’altro.
Sfizioso il video del nuovo singolo “Tutti scienziati”…
L’idea è di mio fratello Paolo. Abbiamo pensato dapprima a Emmett Brown di “Ritorno al futuro”, poi a Frankestein Junior e infine a Leonardo da Vinci. Abbiamo fatto riferimento a “Non ci resta che piangere” senza scimmiottare Troisi e Benigni, ci siamo solo ritrovati a vivere la loro esperienza. Poi abbiamo coinvolto i The Jackal con la loro parodia de “Gli effetti di Gomorra sulla gente” e ci siamo divertiti davvero molto. Con questo video mi è venuta voglia di fare cinema, magari con un bel ruolo comico. Ho studiato all’Università dello Spettacolo e mi sono laureato con il massimo dei voti. I miei genitori recitano il repertorio di De Filippo e Scarpetta, mi piacerebbe avere qualche ruolo da recitare anche se nelle mie esperienze precedenti interpretavo sempre me stesso. Per ora, in ogni caso, mi concentro sul rap che rimane la cosa che so fare meglio.
A proposito di cinema, come mai hai dedicato un brano al regista Paolo Sorrentino?
Tempo fa sono stato a casa di un amico che aveva il cofanetto con tutti i suoi film. Li ho guardati tutti, uno dopo l’altro e mi sono innamorato di Sorrentino. All’inizio la canzone si chiamava “L’uomo in più”, poi l’ho intitolata con il nome del maestro che, proprio ieri mattina, mi ha telefonato per ringraziarmi. Abbiamo parlato tutto il tempo in dialetto, gli ho promesso di raggiungerlo a Roma per stringergli la mano.
Il tuo contributo all’interno del docufilm dedicato a Pino Daniele è stato uno dei più apprezzati. Che ricordo hai di lui?
Pino è stato il mio maestro, ho scritto una canzone per lui mettendo nero su bianco un flow che mi usciva direttamente dal cuore. Quando Verdelli mi ha chiesto di partecipare, ho voluto recitare a cappella quei versi, sono l’ultimo artista con cui Pino ha collaborato e conservo un prezioso ricordo di quando lo incontrai, terrorizzato, per la prima volta. Sono davvero onorato di aver avuto la preziosa possibilità di collaborare con lui, ascolto ancora oggi le sue canzoni, me lo sono persino tatuato sulla pelle. Cercherò di mettere sempre qualche suo verso nella mia musica.
Una delle canzoni più forti del disco è “Spartanapoli”.
Difficilmente scrivo roba incazzata, questa è una storia di strada. Il rap è verità e io cerco di mettere nero su bianco quello che vedo per strada.
Potente il dissing virtuale che proponi in “ ‘A capa sotto”
In effetti c’è tanto “explicit content” ma il freestyle è una cosa che fa bene, la sana competizione è la linfa dei rapper.
Che fine farà l’amata cover “Svalutascion”?
Dopo il plauso dell’orchestra sanremese mi aspettavo un destino diverso per questa canzone. L’arrangiamento l’aveva resa simile alla colonna sonora di un film di Tarantino, spero di riuscire a portarla nei miei nuovi live. A proposito, a maggio partirà la mia tourneè europea, poi da giugno a settembre girerò l’Italia. Stare con il pubblico è la mia forza, sono uno del popolo.
Raffaella Sbrescia
La tracklist di “Vulcano”
UE’ AMMO (prodotto da Deliuan)
STAMM CCA’ (prodotto da TY1)
CENERE (prodotto da Shablo)
TUTTI SCIENZIATI (prodotta da Marz)
KEEP CALM E SIENTETE A CLEMENTINO (prodotto da Amadeus)
RAGAZZI FUORI (prodotto da Shablo e Zef)
DESERTO (prodotto da Shablo)
JOINT (prodotto da Yung Snapp)
COFFEE SHOP (prodotto da Swan)
LA COSA PIU’ BELLA CHE HO (prodotto da Deleterio e Fabrizio Sotti)
SPARTANAPOLI (prodotto da Shablo)
A CAPA SOTTO (prodotto da Swan)
PAOLO SORRENTINO (prodotto da David Ice)
Ketty Passa presenta “Era Ora”: il linguaggio urban arriva in Italia. Intervista
KETTY PASSA è cantante, musicista, performer, speaker e presentatrice televisiva, collabora come cantante con il progetto Rezophonic e come dj/selecter per la serate di Milano Pink Is The New Black, progetto itinerante e tutto al femminile, e Smashing Wednesday. Ha lavorato, tra gli altri, con Rock TV, Deejay TV e Radio Popolare. È deejay e consulente musicale del programma di Rai2 Nemo-Nessuno escluso. “Era ora” è il suo primo album di inediti ed è stato finanziato da una campagna su Musicraiser. Il disco è stato presentato in anteprima con due showcase a Milano e a Roma che hanno battezzato la nuova band composta da Fabrizio Dottori (tastiere, synth), Marco Sergi (chitarra), Marco Pistone (basso) e Manuel Moscaritolo (batteria).
Intervista
Il tuo primo album da solista è in lingua italiana ma con suoni che strizzano l’occhio alla scena Urban americana. Come è venuta fuori questa idea?
Questo è stato un disco molto voluto ma anche molto sofferto. Se non dal punto di vista tecnico, lo è stato dal punto di vista psicologico perché ho sempre avuto paura a mettermi in gioco mettendoci la faccia. Sapevo che quello che volevo fare non era una cosa immediata, che richiedeva lavoro, nonché la capacità di coinvolgere persone che credessero in questa cosa. In ogni caso “Era ora” che mi convincessi a fare un mio disco ed “Era ora”che uscisse dopo due anni di duro lavoro.
Parliamo dei punti di forza di questo disco: in primis i suoni.
La scelta delle sonorità racchiude il pregio/difetto del disco: così come è figo l’essere un “unique” dal punto di vista di genere, lo è molto meno cercare di sapersi vendere e ritagliarsi un piccolo spazio. Cantare su dei beats nati per chi fa rap è un’attitudine tipica del linguaggio americano. In Italia questa cosa è fatta ancora molto poco, gli unici che ci si avvicinano sono Romina Falconi, Luana Corino e Cosmo.
Scendiamo nei dettagli della lavorazione del disco in studio…
Il disco è nato dall’ascolto di beats e dalla creazione di loop vocali su cui scrivevo in fake English quasi tutti i pezzi per poi tradurli in italiano. La difficoltà è stata proprio quella di traslare tutto in italiano attraverso un tipo di scrittura ben strutturato; ho dovuto posizionare bene le parole, trovare degli escamotage vocali dai suoni onomatopeici a delle parole inglesi ormai entrate a far parte del nostro linguaggio quotidiano.
La canzone che fa da apripista all’album è “C’mon”: in un mondo in cui tutti sono abituati al “cotto e mangiato” come ti collochi tu?
Faccio parte di una generazione di mezzo. Noi nati negli anni 80 abbiamo avuto un’infanzia legata ai valori del passato e un’adolescenza corrotta dall’arrivo vorticoso dei media. Un conto è essere nativi digitali, un altro è crescere con l’analogico; a me questa cosa ha spiazzato. Per realizzare un disco autentico potevo solo fare le cose a mio modo: apparentemente sono allegra e gioiosa eppure ho una vena malinconica molto spiccata e l’ho voluta mettere in questo lavoro anche se la profondità non fa business.
“Sogna” si collega a questo discorso?
I sogni sono un’arma a doppio taglio: se vivi di sogni, soffri mentre se non lo fai, vivi peggio perché non hai provato a darti delle risposte. Personalmente ho fatto pace con questa cosa perché ho un carattere che mi consente di farlo. In questo brano racconto alle persone cosa faccio, cosa ho fatto, di cosa ho bisogno. Più in generale nel disco mi sono tolta di dosso delle cose che mi stavano strette, la copertina è una metafora della purezza dell’essere nudi. Qualora l’album non dovesse avere un successo commerciale, non ne uscirò distrutta, sono già pronta a scrivere altro, intanto sono contenta.
Hai detto che è stato un disco sofferto anche se nel frattempo hai svolto tante altre attività…
I miei lavori non sicuri hanno accentuato una sensazione di disagio e di mancanza di terreno sotto ai piedi che ha mantenuo viva la mia vera essenza. Paradossalmente se lavorassi in ufficio avrei meno stimoli artistici o meno “trouble” per poter scavare dentro di me, forse la non serenità mi ha aiutato a dirla tutta.
Come porterai tutto questo dal vivo?
La mia band tradurrà il linguaggio del disco con un suono molto più vicino al rock un po’ come fanno Pink, Gwen Stefani o Salmo in Italia.
Raffaella Sbrescia
Video: Caterina
Tracklist
- 1. C’MON
- 2. LE 3 COSE CHE NON SOPPORTO
- 3. CATERINA
- 4. VOGLIO DI PIù
- 5. SOGNA
- 6. SOLA AL TAVOLO
- 7. CREDEVO FOSSIMO AMICI
- 8. IL SOLE TRAMONTA
- 9. FINO IN FONDO
- 10. HO DATO TUTTO
“Lungomare paranoia”, il nuovo album di Mecna ci porta a tu per tu con noi stessi.
Il terzo album di MECNA, rapper classe 1987, s’intitola ”Lungomare Paranoia” (Macro Beats/A1 Entertainment) e arriva a due anni di distanza da “Laska”. Questo lavoro, composto da 12 brani senza featuring, segna un momento di svolta all’interno del percorso del giovane artista che, del tutto libero da imposizioni e ragionamenti commerciali, ha pubblicato questo disco a sorpresa dopo averci lavorato in maniera spontanea e immediata. Il punto di forza di questo album è la capacità con cui Mecna è riuscito a raccontarsi in modo intimo e personale attraverso liriche autobiografiche ma mai autoreferenziali. La qualità del lavoro, registrato al Macro Beats Studio da Mirko Filice e Raffaele Giannuzzi, mixato e masterizzato da Gigi Barocco allo Studio 104 di Milano, sta nella ricerca di formule sonore evocative e sperimentali. Muovendosi sulla lunga scia di innovazione all’interno dello scenario rap italiano, Mecna sceglie di coniugare l’anima al suono grazie ad un linguaggio incisivo e concreto.
A dettare la trama del disco è il titolo “Lungomare paranoia”: un’immagine destabilizzante, ispirata a lungi viaggi in treno verso Foggia, che rimanda il pensiero ai concetti di desolazione e solitudine. Tra le tematiche affrontate spiccano i rapporti interpersonali: tra amici, tra parenti, tra partners. Fare i conti con la fine di un qualsiasi rapporto è doloroso, ci impone dei cambiamenti a cui non eravamo preparati, ci obbliga ad affrontare e metabolizzare il fallimento. La fallibilità si sa, fa male, sembra quasi vietata in quest’epoca di falsi vincitori. Come possiamo superare questo limite? Convivere con la consapevolezza che, sebbene i rapporti possano finire, quello che ci hanno lasciato sarà comunque una parte del nostro modo di essere per il resto della vita. Il merito di Mecna, in questo caso, è essere stato in grado di trasformare queste paranoie in canzoni, un atto di coraggio che trova i momenti migliori in “Infinito” e “Labirinto”. Schiacciati sotto strati di insicurezze e successo, ecco i nostri sentimenti sparsi dentro frasi consolazione: Mecna scrive per vedere cosa c’è e ce lo fa vedere.
Raffaella Sbrescia
Video: In tempo non ci basterà
TRACKLIST:
01. Acque profonde
02. Vieni via
03. Infinito
04. Malibu
05. 71100
06. Soldi per me
07. Labirinto
08. Nonostante sia
09. Superman
10. Non serve
11. Il tempo non ci basterà
12. Buon compleanno
INSTORE TOUR
lun. 16 gennaio - TORINO - Feltrinelli, Stazione Porta Nuova – ORE 17:00
mar. 17 gennaio - BOLOGNA - Feltrinelli, Piazza Ravegnana – ORE 17:00
mer. 18 gennaio - FIRENZE - Galleria Del Disco – ORE 17:00
gio. 19 gennaio - PERUGIA - Taboo – ORE 17.00
ven. 20 gennaio - ROMA - Discoteca Laziale – ORE 17:00
sab. 21 gennaio - NAPOLI - Feltrinelli, Stazione Centrale – ORE 16:00
dom. 22 gennaio - FOGGIA - Mondadori Bookstore Via Oberdan – ORE 16:00
lun. 23 gennaio - LECCE - Feltrinelli, Via Templari – ORE 15:00 + BARI - Feltrinelli Via Melo – ORE 18:30
mar. 24 gennaio - PALERMO - Mondadori Via Ruggero Settimo – ORE 16:00
mer. 25 gennaio - CATANIA - Feltrinelli Via Etnea – ORE 16:00
gio. 26 gennaio - COSENZA - Feltrinelli Corso Mazzini – ORE 16:00
ven. 27 gennaio - PADOVA - Mondadori, P.zza Insurrezione – ORE 15:00 + VERONA Feltrinelli Stazione – ORE 18.00
sab. 28 gennaio - GENOVA - Mondadori Via XX Settembre – ORE 16:00
“Lungomare Paranoia” TOUR con Lvnar e Alessandro Cianci
Dal 18 Febbraio MECNA tornerà in TOUR nei club della Penisola per presentare dal vivo il nuovo album, supportato dal dj e producer Lvnar e da Alessandro Cianci ai synth, chitarra elettrica e voci. Il nuovo show dalle atmosfere internazionali sarà ancora più trascinante, accompagnato da visual inediti che arricchiranno di nuove suggestioni i brani di “Lungomare Paranoia” e le hit di “Laska”, “Disco Inverno” e dei suoi primi Ep nuovamente riarrangiate per l’occasione.
Ecco le prime date confermate del “Lungomare Paranoia” TOUR:
18 Febbraio – Santeria Social Club - MILANO (prevendite: http://bit.ly/2jb1qa3)
03 Marzo – Hiroshima Mon Amour - TORINO (prevendite: http://bit.ly/2ismAlb)
04 Marzo – Casa della Musica - NAPOLI (prevendite: (http://bit.ly/2iWUhJA)
10 Marzo – New Age Club – Roncade, TREVISO (prevendite: http://bit.ly/2jjglkP)
11 Marzo – Locomotiv Club - BOLOGNA
18 Marzo – Afterlife Live Club - PERUGIA
25 Marzo – Fab - PRATO
31 Marzo – Quirinetta - ROMA
01 Aprile – Latteria Molloy - BRESCIA
08 Aprile – Casa delle Arti – Conversano, BARI
Ascolta qui l’album:
Emis Killa: “In Terza Stagione rimetto i piedi nel fango per mostrarvi chi sono veramente”. Intervista
Emis Killa torna in pista con “TERZA STAGIONE” (Carosello Records), il nuovo atteso album di inediti che riporta il rapper alle sue origini e che ci restituisce la sua essenza più autentica. L’album vede la partecipazione di diversi artisti della scena rap e non solo come Neffa, Maruego, Fabri Fibra, Jake La Furia, Coez e Giso e Jamil e tocca diversi temi: dall’abuso di alcool all’amore ossessivo, passando per la distanza sociale tra città e periferia. Puro rap senza censure per un giovane artista rimasto fedele a se stesso e ai propri valori.
Intervista
Ciao Emis, raccontaci subito come mai questo disco si chiama “Terza Stagione”
Il disco stava per chiamarsi Emis Killa 3, quasi come se si trattasse di una saga. Un altro ipotetico titolo era “Cult” ma, subito dopo l’uscita del singolo, l’idea sembrava ormai già desueta. Alla fine ho optato per “Terza Stagione”: tanti episodi rendono l’idea di una serie tutta da svelare.
E la scelta di questa copertina?
La scelta del rosa è stata casuale e non strategica. Come accennavo poco fa, all’inizio questo disco era stato concepito intorno al tema del cult, tante foto dentro il booklet testimoniano questo fatto. Nel momento in cui abbiamo cambiato il titolo, ho voluto optare per una cover molto d’impatto, un contrasto interessante che fa porre domande a chi lo osserva.
Finalmente ritroviamo sonorità più “cattive”…
A differenza de “L’erba cattiva” e “Mercurio”, in cui ho lavorato solo con Big Fish, questa volta ci sono stati diversi contributi di altri produttori. Questo ha fatto sì che il disco risultasse più vario e meno omogeneo, quasi come se si trattasse di una sorta di compilation con tante sonorità diverse. Le basi sono state scelte senza un criterio particolare, mi sono affidato molto all’ istinto. Sangirolami è stato molto bravo ad aggiustare le cose in corsa insieme a Big Fish, sono comunque soddisfatto del risultato. Non ho cercato di impacchettare un suono, ho cercato di fare tutto quello che mi piace, ci sono tracce che virano verso la trap, altre che riprendono il mondo di “Mercurio” ma in ogni caso mi astengo dallo sperimentare cose che non mi competono. Nel disco precedente avevo concentrato l’attenzione sui testi e le metriche stavolta mi sono dedicato molto di più ai suoni, soprattutto pensando ai live.
Come è nato il brano “3 messaggi in segreteria”?
Quando scrivo mi lascio trasportare, quando ascolto la base mi vengono in mente delle cose. “ 3 Messaggi in segreteria” all’inizio era solo un brano d’amore non era un brano di denuncia al femminicidio. Quando ho scritto la seconda frase mi sono reso conto della forza delle parole e con la terza strofa ha preso la direzione precisa. Il succo della questione è che per denunciare un fatto non devo mettermi a dire “il femminicidio è sbagliato”, l’affermazione risulterebbe banale e scontata; a volte fa più effetto scrivere una canzone con uno storytelling intenso e toccante, come ad esempio fece Eminem con “Stan”. Mi ritengo uno specchio della società in cui vivo per cui è giusto che io scriva ciò che vedo; sarebbe ipocrita fare solo fare canzoni autobiografiche, è il caso che io prenda ispirazione anche da storie che non sono le mie. Dare lo strattone è più utile che usare le buone maniere, questa modalità è utile soprattutto per le giovani generazioni, trovo giusto che qualcuno li metta al corrente delle cose, anche sbattendogliele in faccia.
La tua vita è cambiata, ma sei comunque quello che eri prima. Quali aspetti di questo tuo nuovo mondo non ti soddisfano?
Mi sento la stessa persona anche se la mia vita è cambiata soprattutto dal punto di vista materiale. Ovviamente sono contento di questo, non mi piacciono quelli che si lamentano, l’agiatezza mi fa sentire realizzato, fa parte di un sogno che avevo da ragazzino e che è andato ben oltre le mie aspettative. Inevitabilmente ci sono cose che non metti in conto a partire dalle responsabilità: ogni cosa che dici o che fai viene amplificata, questo ti obbliga ad essere buono e genuino anche quando avresti il diritto di non esserlo; è difficile mantenere l’autocontrollo ed essere pronto a passare dalla parte del torto anche quando hai ragione. Un’altra cosa che non mi piace sono le scadenze, imporsi di fare delle cose è l’esatto opposto dell’arte, spesso i numeri arrivano insieme alla costanza, forse per questo i geni del marketing prevalgono. In ogni caso non mi sento cambiato io come persona, vado in piazza, vado al bar, mi piace avere la vita di prima, non sono un sofisticato, non sono diventato la versione pulita di Emiliano, tanti lo fanno, questo non è il mio caso.
Nel brano “Vestiti sporchi” canti di una società in cui si sono persi i valori
Questa canzone è figlia di una necessità. Sono diventato molto più intollerante alle cose mentre prima mi scivolavano addosso. Sono spesso a contatto coi giovani per diversi motivi e mi sono ritrovato a chiedermi perché non hanno più rispetto delle cose e non hanno valori. Quando ero ragazzino non mi permettevo di rispondere male ad un adulto, mi sentivo un pirla solo con una risposta, il web ha avvicinato tutti, le generazioni sono diverse ma si rendono delle differenze. Avere la lingua lunga prima aveva delle conseguenze, oggi invece sono sempre di più quelli che si parano il culo avvalendosi del concetto di libertà di pensiero. In verità sei libero di far vedere quanto sei stupido a tutti. A prescindere da questi ragionamenti, i ragazzi sono demotivati, non hanno più la voglia di andarsi a cercare le cose e di andarsele a prendere con le loro mani. Mi chiedo spesso a cosa porterà tutto questo… Credo che questo sia il periodo storico peggiore per l’intelligenza umana, abbiamo evoluto tutto ma non stiamo inventando niente.
Cosa pensi che il pubblico sottovaluti del rap?
Più che sottovalutare il rap, il pubblico sottovaluta se stesso. Al pubblico piace il rap ma ha paura di dirlo. In questo il pubblico dei giovani è più sincero, non ha barriere e non gli importa di cosa gli dicono gli altri, va contro tutto e tutti. Il rap per ora è in una bolla e fa fatica ad uscirne, se vai ad un concerto rap ci sono tanti giovani mentre i genitori si vergognano. Il rap è un genere musicale che per certi versi è superiore dal punto di vista comunicativo, ha preso un po’ il posto di quello che facevano i cantautori. Oggi ci sono molti più interpreti, il cui successo dipende dalla macchina che li guida. Nel rap, invece, sei un autodidatta, le persone che ti ascoltano, possono arrivare a conoscerti sul serio.
Video: Parigi ft. Neffa
Cosa pensi della “trap”?
Ho fatto anche io un paio di cose trap nel mio disco, ho voluto dimostrare che sono al passo coi tempi e che riesco a fare le cose per bene, possibilmente anche meglio. Ai giovani piace tantissimo, sono tutti sotto con la trap.
Nel disco ci sono tante collaborazioni, c’è qualcuno con cui non sei riuscito a collaborare?
Ho provato a collaborare con delle cantanti donna ma non c’è stato mai modo di farlo. Per questa ragione un brano molto bello è rimasto fuori dal disco. Ho provato a contattare diverse colleghe ma una mi ha detto di no, un’altra non poteva perché stava uscendo con un disco, un’altra ancora non era in linea con il rap; insomma se la sono menata un po’ tutte e la cosa mi ha fatto riflettere. In alcuni casi ci avrebbero potuto guadagnare, anzi sarebbe stato un favore reciproco. Questa cosa mi ha fatto un po’ arrabbiare.
Cosa pensi delle critiche per il brano “Su di lei”?
So che si tratta di un pezzo molto forte ma chi mi ascolta e mi conosce sa che si tratta di un brano scritto in chiave ironica. Il pezzo in questione era già stato fatto su un’altra base ed un altro tape, si chiamava “Sexy Line” e aveva già sconvolto tante mamme dei miei fan. Sinceramente non mi piace mostrarmi come teen idol, non voglio che la gente mi confonda con Benji & Fede o con Violetta; io sono un’altra cosa, faccio il rap. Ho voluto dare una strigliata ai genitori, spingerli ad informarsi sulla mia musica. Questo strattone comunque è il frutto di una scelta precisa, a 17 anni dicevo le peggio cose con le gare di free style, forse la tv mi ha ripulito un po’ troppo, ho voluto rimettere i piedi nel fango per essere più onesto e far vedere chi sono veramente senza prendere in giro la gente.
Raffaella Sbrescia
Questa la tracklist del disco “Terza Stagione”: “Dal basso”, “Non era vero”, “Prima che sia lunedì”, “Italian Dream”, “Quello di prima”, “Parigi feat. Neffa”, “Uno come me”, “Non è facile feat. Jake La Furia”, “Jack”, “All’alba delle 6:00 feat. Coez”, “Sopravvissuto feat. Fabri Fibra”, “Su di lei”, “CULT”, “3 Messaggi in segreteria”, “Buonanotte feat. Maruego”, “Vecchia maniera feat. Giso e Jamil”, “Vestiti sporchi”.
In questi giorni, Emis Killa sta girando l’Italia per incontrare i suoi fan e presentare il disco “Terza Stagione”, queste le prossime date dell’instore tour:
27 ottobre BOLOGNA (ore 15.00) @ La Feltrinelli (Piazza di Porta Ravegnana, 1)
28 ottobre SAVIGNANO SUL RUBICONE – Forlì Cesena (ore 17.00) @ Mediaworld c/o Romagna Shopping Valley (Piazza Colombo, 3)
29 ottobre LIVORNO (ore 15.00) @ Euronics c/o Parco Commerciale Levante (Via Gelati, 10)
30 ottobre CAGLIARI (ore 14.00) @ La Feltrinelli Point (Via Paoli, 19)
31 ottobre SONA – Verona (ore 14.00) @ Comet c/o La Grande Mela Shoppingland (Via Trentino, 1)
31 ottobre BASSANO DEL GRAPPA – Vicenza (ore 18.00) @ Mediaworld c/o Il Grifone Shopping Center (Via Capitelvecchio, 88)
Ascolta qui l’album:
A marzo, Emis Killa tornerà live per presentare i brani del nuovo disco con due date di anteprima speciali: il 20 marzo all’Alcatraz di Milano e il 27 marzo all’Atlantico di Roma. I biglietti sono disponibili su TicketOne e in tutti i circuiti di vendita autorizzati. Radio Italia è partner ufficiale del “Terza Stagione Tour”.
I concerti sono una produzione Massimo Levantini per Live Nation Italia (per info e prevendite: www.livenation.it - info@livenation.it, 02/53006501).
“Uppercut”: la rivincita dei Gemelli DiVersi. Intervista
I Gemelli DiVersi tornano sulle scene a tre anni e mezzo dall’ultima release ufficiale (”Tutto da capo – Bmg Ricordi 2012), con un nuovo album intitolato “Uppercut” (Believe Digital). Più di 18 anni di carriera, quasi 1 milione di copie vendute e svariati riconoscimenti hanno spinto Thema e Strano a tornare in studio per un nuovo lavoro incentrato su tematiche di ispirazione autobiografica. Un album intriso di messaggi di speranza, che invita a non arrendersi e che, grazie al contributo di Luca Mattioni alla produzione artistica, si presenta con una formula sonora a metà strada tra le sonorità storiche della band ed un pop di chiara ispirazione americana. Un sound trasversale quello dei Gemelli DiVersi, così come del resto il pubblico che ha partecipato ai live italiani ed europei degli ultimi 3 anni, concerti nei quali i Gemelli si sono avvicinati ulteriormente anche alle nuove generazioni. Ancora oggi infatti ai concerti dei Gemelli Diversi assiste un pubblico di fans storici che li accompagna sin dal 98, uniti a nuovi ascoltatori che hanno imparato a conoscere la band.
Intervista a Strano
“Uppercut” è il titolo del vostro nuovo album. Una metafora della vita ma anche del vostro percorso?
Certo, questo titolo rispecchia quello che ci successo negli ultimi tre anni. La vita ha deciso di darci un bel pugno, un bel montante dal basso verso l’alto per cercare di buttarci per terra e metterci ko. Da uomini navigati e musicisti appassionati non ci siamo arresi, ci siamo rialzati, abbiamo barcollato un po’ ma poi siamo tornati a combattere. Nella vita bisogna continuare ad andare avanti, essere sempre motivati; la nostra più motivazione è continuare a fare la nostra musica e vedere la gente che canta da sotto il palco.
E in senso più ampio?
Chiaramente questa metafora vale per tutti quelli che ascolteranno il disco, la vita ti può veramente buttare per terra. Viviamo tempi difficili, in cui tutto è difficile ma bisogna sempre combattere e usare tutte le forze necessarie per riuscire a superare le disavventure che la vita ci pone davanti.
Video: La fiamma
Questo è anche il concetto alla base del singolo “La fiamma”?
Quella piccola fiammella che brucia sotto la cenere devi cercare di tenerla viva giorno per giorno.
Quali sono le tematiche che attraversano questo lavoro?
Il nostro disco racchiude un messaggio di speranza, si tratta di un disco positivo, magari nascosto sotto canzoni un po’ malinconiche, ma attraversato da un fondo di positività.
“La cosa che mi fa più ridere è che non ridiamo più” è la frase più impattante de “La fiamma”?
Sì, le cose sembrano finite ma non sono finite. Se ti sembra finita magari non lo è, così come è successo a noi: sembrava finita per i Gemelli Diversi ma in realtà la dipartita di qualcuno non segna la fine, bensì un nuovo inizio.
Dal punto di vista artistico, qual è la stata la molla che vi ha fatto tornare in studio?
Sono stati i concerti a farci capire che dovevamo tornare in studio per un nuovo disco. Subito dopo il momento di sbandamento abbiamo subito ricevuto un’offerta di lavoro per un Live Tour che io e Thema abbiamo accettato subito. Il gruppo in realtà non si è mai sciolto, abbiamo perso degli elementi che hanno voluto intraprendere un percorso diverso ma abbiamo continuato a fare musica. Noi continuavamo ad essere la band del ’98, ci hanno quindi proposto dei live, abbiamo accettato e abbiamo cominciato a girare. In questi tre anni abbiamo visto che c’era tanta gente che cantava le nostre canzoni e che aveva voglia di ascoltarci, per rispetto loro dovevamo continuare a fare la musica dei Gemelli Diversi che in 18 anni hanno segnato la vita di tante persone.
A proposito di carte da giocare, molto particolare la ballata “Via Melzi d’Eril”, un piccolo gioiellino
Una persona molto vicina a me l’ha definita “Una carezza alla città di Milano”. Per me che sono nato e cresciuto a Milano, è stato bello innamorarmi di questa via vicina al Castello, all’Arco, contornata dagli alberi che in autunno perdono le foglie. Girando in moto mi sono immaginato in questa via, il cui nome si adatta bene al titolo di una canzone, e ci ho visto l’incontro con la persona giusta. Sono tornato a casa in questo stato un po’ malinconico ed introspettivo, mi sono messo al pianoforte e ho composto la musica, poi abbiamo scritto il testo e l’arrangiamento di quella che è la ballad per eccellenza del disco.
Doveroso un cenno ai suoni di questo disco di evidente ispirazione esterofila
Ci siamo affidati alla produzione musicale di Luca Mattioni, un bravissimo producer che ha lavorato tanti anni in Inghilterra. Questo sound british in alcuni brani si riconosce, ci sono anche dei chiari rimandi agli anni ’80 e, dato che siamo figli degli anni ’80, abbiamo impostato la produzione anche su quelle sonorità. In realtà da anni spaziamo, ci piace sperimentare e questo album ci è servito anche per farlo ancora di più, dato che si tratta di un album di ripartenza.
Raffaella Sbrescia
Le prime date dell’instore Tour
26/10 Discoteca Spaziale di Roma
27/10 Mondadori – Via Marghera, Milano
Ascolta qui l’album:
Briga presenta “Talento”, un album pensato per sorprendere l’ascoltatore. Intervista
Mattia Briga torna in pista con “Talento” a due anni di distanza da “Neveragain”. Il nuovo album di inediti dell’artista esce oggi per Sony Music Italy, sia in versione standard che deluxe, comprensiva di 4 tracce in più ed un ricco booklet. “Talento” è un album pensato per sorprendere l’ascoltatore. In questo progetto Briga ha lavorato senza porsi limiti ed il risultato supera di gran lunga le aspettative. L’aspetto più importante è legato alla produzione artistica: la lavorazione dei suoni è strutturata e versatile, ci sono numerosi passaggi di genere ricchi di echi, riferimenti e commistioni. Presenti anche diversi brani di stampo propriamente cantautorale in grado di lasciar affiorare la trasversalità vocale di Briga. Metriche precise, melodie accattivanti, testi d’autore ma anche tante collaborazioni importanti, frutto di reciproca stima e condiviso amore per la musica.
Intervista.
Cosa rappresenta per te l’uscita di questo disco?
Non è facile scrollarsi di dosso l’etichetta dell’ex talent. Con questo album ci tengo molto a mettere in evidenza le mie capacità artistiche. In questi due anni si è parlato troppo della mia personalità e troppo poco della mia trasversalità musicale. Questo lavoro mi rende molto orgoglioso della mia carriera da musicista, vengo dalla scena rap italiana, ho lavorato con un’etichetta indipendente con cui continuo la mia avventura professionale; è bello vedere una comune crescita di intenti.
Quali sono i punti forti di questo lavoro?
Ho potuto fare un disco con dei mostri sacri della canzone italiana. Ho lavorato con Tagagi e Ketra per i primi due singoli estratti dall’album, ho collaborato con Massimo Colasanti, ci sono diversi brani con un quartetto d’archi ed il primo violino dell’orchestra di Morricone. Ho inciso dei brani con tanti artisti come Gianluca Grignani, Lorenzo Fragola, Clementino, Mostro, Gemitaiz, Alessio Bernabei.
Perché definisci questo disco come quello della maturazione?
Perché ci ho lavorato con un intento preciso: fare in modo che il pubblico non schippasse nemmeno una canzone. La tracklist si apre con una traccia punk-rock, si prosegue con un sound molto più estivo con “Baciami”, poi un brano più rap con Gemitaiz, mio amico di sempre. Si va avanti con una ninna nanna d’amore introspettiva come può essere “Diazepam”, echi brit-pop con “Ti viene facile”. In questo album ho voluto lasciare molto spazio alla composizione strumentale e questo è un fatto molto particolare.
Approfondiamo la questione…
Nel mondo rap, chi scrive sente la necessità di riempire la base con moltissime parole. Ho voluto ricercare la sintesi, ispirandomi all’universo cantautorale degli anni ’70. “Bambi” e “Mily” sono le mie prime due produzioni musicali, le ho composte io chitarra e voce concentrandomi sul fatto che bastano poche frasi per esprimere un concetto nel modo giusto. L’arte lascia il beneficio del dubbio e la libera interpretazione, penso che sia giusto che l’ascoltatore possa leggere le parole e la musica nel modo che ritiene migliore. Per farvi capire meglio di cosa sto parlando, vi porto l’esempio di Antonello Venditti che nel brano “Quando verrà Natale” canta sempre la stessa frase con un’enfasi diversa per trasmettere all’ascoltatore un messaggio sempre diverso; ecco io trovo che questa sia una cosa molto bella e ci sto lavorando anche io.
L’idea di un packaging così curato è tua?
Sono abituato ad avere un rapporto molto diretto con il mio staff, metto parola praticamente su tutto. Fermo restando che la sostanza resta la musica, trovo che una grafica impattante possa essere d’aiuto affinchè la gente ne sia attratta fin da subito.
Cosa rappresenta e cosa cancella questo disco?
Non nutro rancore verso il passato. Guardo avanti ma non mi è piaciuto che sia parlato così poco della mia musica. Ho cantato in 4 lingue, ho rielaborato un brano di Tiziano Ferro, il quale mi ha telefonato per chiedermi se poteva inciderlo, sarò nel disco solista di Boosta, ho collaborato con Gigi D’Alessio e Venditti. Trovo che sia giusto attaccare quando si sbaglia ma è altrettanto giusto rendere giustizia a chi la merita. Questo disco mi rende felice perché si basa tutto sulla stima artistica. I featuring me li sono conquistati, questa è tutta farina del mio sacco e del mio staff, sono felice di essermi potuto confrontare con musicisti importanti.
“Talento” è tutto fuorchè un disco rap…
Tante cose vengono mistificare per quello che non sono. Non ho mai studiato da musicista, questo è un viaggio tutto nuovo, un processo evolutivo dettato dal desiderio di migliorarsi, un’asticella sempre più altra che pongo a me stesso. Spero di migliorarmi sempre più sia come essere umano che come artista, non condivido le etichette che mi appiccano, non per essere polemico ma perché non servono.
Quanto ti è costata in termini emotivi la ricerca della sintesi?
In realtà niente in termini di sacrificio, si tratta di un percorso che va avanti da anni, prima non sarebbe stato giusto e non mi sarebbe andato bene. Ero più piccolo, ero meno tutto. Lavoro tutti i giorni per potermi confermare ma soprattutto per poter sorprendere il pubblico. Ascolto veramente molte cose: dalla samba a Manu Chao, molta elettronica, Pino Daniele, canzoni napoletane, Battisti, mi piace ascoltare musica senza filtri né preconcetti. Lavoro per essere completo, da ragazzino compravo i dischi per esserne sorpreso.
Cosa è per il talento?
Il mio talento nasce dalla confusione, dal caos, da lì si sviluppa questo grande casino che rappresenta il mio talento; qualcosa con cui mi sono cacciato nei guai e da cui mi sono tirato fuori. Avrei potuto intraprendere la carriera universitaria che poi ho stoppato per realizzare i miei sogni, ho preferito camminare da solo piuttosto che essere guidato, ho sbagliato tanto e tante volte ma mi sono sempre ripreso; questo e stato il più grande allenamento della mia vita.
La collaborazione di cui conservi il migliore ricordo?
Sicuramente “Rimani qui” con Fragola. Quel giorno avevo solo due ore di tempo per registrare il brano in studio, ero ospite al Coca Cola Summer Festival a Roma e le tempistiche televisive mi hanno portato via più di otto ore. Quando sono tornato in sala, ho ritrovato Lorenzo insieme al mio fonico, mi ha detto che non voleva fare una cosa sommaria, ha voluto cantare la seconda strofa e ha voluto partecipare alla produzione musicale del brano; il risultato mi è piaciuto moltissimo. Questa cosa testimonia il fatto che ci vedo lungo con le persone, prima viene l’uomo e poi l’artista. Conoscersi implica fatica, siamo abituati ad etichettare ma alla fine quello che conta è lavorare divertendosi.
Chi c’è dietro le etichette?
Sono consapevole del fatto che ognuno può dire quello che vuole. Accetto le critiche personali, quelle musicali. Dietro le etichette c’è tutto quello che non è stato capito e che richiede fatica. Siamo improntati verso la svolta economica ma dietro questa impostazione di default c’è la superficialità e la mancanza di volontà nel voler comprendere il pensiero di una persona.
Uno dei brani più interessanti del disco è “Fuoco Amico”, in cui duetti con Mostro e Clementino lasciando convergere tre diverse scuole rap. Come ci hai lavorato?
In genere mentre faccio delle cose ne penso già altre. Con Mostro non avevo ancora avuto l’opportunità di fare qualcosa. Ho chiamato Clementino per coinvolgerlo in questo brano e si è mostrato subito disponibile. In quel periodo lui era a Lecce, abbiamo fatto i salti mortali ma alla fine ci siamo riusciti alla grande. Ho inserito questo brano nella versione deluxe del disco per poter offrire davvero qualcosa in più. Stesso discorso anche per “Per adesso sono inverno”, un brano interessante che potevo tranquillamente scegliere come singolo e che ho preventivamente denominato “Demo” in vista di un nuovo arrangiamento live.
Quali sono state le regole produttive che hai seguito per realizzare questo disco?
Qualunque cosa in questo disco tranne “Eo – Eo” è roba nuova per me. In ogni canzone c’è un pensiero dietro. La mia passione nasce dal cuore e dall’istinto. Il talento non si può innestare o comprare. Ho scelto due singoli estivi per fare breccia nel cuore del pubblico ma anche le cose semplici bisogna saperle fare.
Quali sono gli artisti a cui ti ispiri?
Ce ne sono alcuni che ho sempre ascoltato come De Gregori, Battisti, Grignani. Poi mi piacciono Cremonini, Subsonica (lo stile compositivo di Samuel e Boosta) e poi ci sono i Verdena che hanno un’iconografia veramente unica; ogni volta che li ascolto mi comunicano sempre qualcosa di diverso.
Rifaresti “Amici”?
Certo, senza dubbio. Il programma mi ha dato la possibilità di essere notato da Sony, di fare sold out con il mio tour, di vendere un quasi doppio disco di platino, di essere notato e stimato da tanti illustri colleghi. All’epoca ho fatto una scelta azzardata, venivo dal rap romano con “Neveragain” praticamente in uscita. A pochi giorni dalla pubblicazione ho fermato tutto, mi sono preso tanta merda addosso, avevo canzoni che avrebbero comunque spaccato in ambito underground ma ho comunque voluto farmi carico di un rischio. Si dice che “chi non risica, non rosica”, no?
Cosa ti aspetti dal pubblico?
Questo album ha dei connotati importanti a livello musicale, probabilmente non sarà disco di platino ma va bene; posso anche vendere meno ma la gente deve capire il lavoro che è stato fatto e che ci sono stati dei passi in avanti. Il pubblico dei talent è ballerino, sta nella tua bravura fare in modo che queste persone possano continuare a seguirti. Certo, qualcuno l’ho perso ma non sarà mai tanto importante come le persone che sono riuscito a mantenere al mio fianco. La cosa difficile è condurre per mano le stesse persone che due anni fa guardavano il talent e che ora stanno crescendo con la mia musica. In ogni caso non ho paura di fare quello che voglio, faccio la musica che decido di fare io, la mia missione è trainare le persone verso le mie scelte artistiche; non posso vivere con la paura di fare qualcosa che non piaccia al pubblico. Vivo con l’entusiasmo verso l’ignoto e con la predisposizione all’avventura; la mia unità di misura è il brivido.