Michele Mangano è un ballerino, maestro e coreografo di fama mondiale, che ha fornito un importante contributo alla diffusione della cultura popolare centro meridionale in tutto il mondo, insieme alla sua associazione e compagnia di danza e musica popolare La Bella Cumpagnie – Cultura Etnica Popolare Garganica. Insignito dalla Regione Puglia del riconoscimento di Ambasciatore del Folk Pugliese nel Mondo, Michele si è raccontato in questa lunga intervista con l’obiettivo principale di avvicinare le giovani generazioni, non solo alla danza e alla tarantella, ma soprattutto alla conoscenza delle proprie radici storiche, culturali, musicali.
Michele hai dedicato la tua vita alla danza e alla musica popolare… come ti sei avvicinato a questo tipo di realtà musicale e cosa ha alimentato nel corso degli anni la tua passione?
Partirei da quando avevo 14 anni, il momento in cui sono stato folgorato da questa forma d’arte quale è la tarantella. Nasco a Monte Sant’Angelo in provincia di Foggia, nel territorio del Gargano, un luogo particolarmente noto per il culto micaelico di San Michele Arcangelo, attorno al quale si concentra anche il folklore locale. Quando cominciai quest’avventura fui da subito entusiasta, ero il ragazzo più piccolo e mi accontentavo di portare anche solo le borse. A quei tempi i festival dedicati al folklore erano molto importanti, in particolar modo le rassegne folkloristiche internazionali, e giravo tantissimo insieme ai ballerini. Un giorno mi fecero entrare come riserva in un gruppo folk in cui sono rimasto fino all’’82. Già all’epoca avevo voglia di andare oltre, il professor Campanile, antropologo e docente di Filosofia e Pedagogia, mi diede l’importante incarico di condurre la compagnia per un anno e di fare il capogruppo. Per due anni ho portato avanti quel progetto, poi mi sono distaccato ed ho creato una mia compagnia di musica e danza popolare “La bella Cumpagnie”, in cui ho messo da parte il termine folklore ed ho tirato in ballo le musiche di tradizione popolare addentrandomi nella ricerca di una dimensione nuova. Nel frattempo mi sono iscritto all’Accademia delle Belle Arti di Foggia, provengo da una famiglia di decoratori di chiese a cappella e ho seguito un po’ anche la carriera di mio padre e mio nonno. Per quanto riguarda la mia avventura individuale, nulla è stato facile, anzi! Ho trovato intoppi di ogni tipo, ostruzionismo, gelosie, ma sono stato testardo e sono andato avanti dandomi molto da fare.
Che ruolo svolge la danza nel contesto socio-culturale contemporaneo?
Mi è sempre piaciuto interagire con gli anziani, essi rappresentano le nostre radici e la loro saggezza ci tramanda la nostra identità e la nostra memoria. In un’epoca in cui manca la conoscenza del proprio territorio e di tutto quello che concerne la tradizione popolare è importante tenersi in contatto con tutte quelle persone in possesso di un bagaglio socio-culturale di grandissima rilevanza. L’importanza fondamentale di capire ciò che facciamo, ci consente di preservare e trasmettere il nostro patrimonio culturale alle nuove generazioni. Spesso alla notte della Taranta le persone non sanno cosa stanno ballando e perché, oltre a non conoscere i nostri strumenti popolari. Io facevo parte dell’Arci, un contenitore culturale in cui si parlava anche e soprattutto di cultura. In quel contesto ci spiegavano cos’era il mandolino, l’arpa, la zampogna, la cornamusa, la chitarra battente, la chitarra acustica, il tamburello, le loro differenze, i suoni e i ritmi. Grazie a questo percorso, mi sono fatto un bagaglio culturale che oggi i giovani non hanno. Premettendo che a 51 anni non sono da considerare vecchio, mi sento di dire che giovani d’oggi hanno difficoltà ad ascoltare, sembra che non vogliano capire e parlare del pentagramma. Recentemente ho organizzato l’”Umbra Forest Folk – Gargano Porta di Pace”, un’iniziativa che mi ha portato sia in piazza che nelle scuole. L’idea di andare dai ragazzi mi ha fatto capire da vicino che le nuove generazioni sono all’oscuro delle nostre antiche dominazioni, dei nomi, delle fattezze e degli utilizzi degli strumenti musicali e che c’è davvero tanto bisogno di attirare l’attenzione dei più giovani.
Per quanto riguarda un discorso più strettamente legato alla tarantella, così come tutte le altre danze, quello che io chiedo è considerazione e rispetto. Qualcuno mi ha accusato di andare oltre il patrimonio tradizionale, a questo io rispondo dicendo che attingo dalla tradizione ma cerco di guardare anche all’innovazione. Perché non si può sperimentare con la tarantella? Con la tammurriata? Con la pizzica? I ritmi possono fondersi insieme. La tarantella può essere rappresentata, esportata e insegnata in ogni luogo. Così come è successo con le altre danze, anche la tarantella deve sopravvivere, deve diventare materia viva contaminabile.
Hai avuto tante esperienze importanti anche in tv…come ti sei fatto notare dalla Rai?
Nel 94’ mandai una lettera alla Rai in cui parlavo di un progetto incentrato sui prodotti tipici della mia terra e sul pane di Monte Sant’Angelo. Partecipai ad Uno Mattina, così per divertimento, ma quel momento ha sancito anche la svolta della mia vita artistica. La regista mi consentì di diventare autore di un progetto sempre ad Uno Mattina e dal 1994 al 2004 ho collaborato a tanti programmi, sempre in veste di autore: Bella Italia, Sereno Variabile, Geo &Geo, Domenica In…ormai ero di casa. La visibilità della Rai mi ha aiutato molto con i concerti e con gli spettacoli. Ci fu un susseguirsi di cose importanti, conobbi tanti artisti, su tutti Eugenio Bennato, Carlo D’Angiò, Nando Citarella, Goran Bregovic, Franco Battiato, Teresa De Sio.
Hai tenuto delle lezioni a New York? Che riscontro hai avuto?
Dopo aver portato le lezioni di tarantella nelle scuole a Carpino, dove poi nacque il Carpino Folk Festival. La Comunità montana del Gargano ha sponsorizzato questo progetto dal 2000 al 2007. Finito il 2007 proposi di tenere lezioni di tarantella a New York agli emigranti italiani. All’epoca volevo iniziare a recuperare la terza e quarta generazione dei figli dei nostri emigranti ed anche questo progetto andò a lieto fine. A distanza di 7 anni questo progetto è ancora vivo. Vado in America 3 volte all’anno e questa attività viaggia in parallelo con la scuola che ho qui in Puglia.
Quali sono le attività della Danza Nova Folk Ballet?
Negli anni 2000 è nata una nuova realtà, la Danza Nova Folk Ballet in cui io ed i miei ragazzi raccontiamo qualcosa di diverso dal solito folk, ci muoviamo tra tradizione ed innovazione e, grazie a tanti seminari ed incontri che organizziamo la compagnia è sulla cresta dell’onda. Abbiamo realizzato una tammurriata particolare, sullo stile folk-rap con Raiz e Pietra Montecorvino mettendoci in gioco e rischiando per farci capire anche dai giovani. Noi non vogliamo allontanarci dal mondo antico ma vogliamo anche guardare al futuro, creando un equilibrio. Abbiamo creato anche un’ Accademia, giunta al quarto anno di attività, a cui aderiscono bambini, ragazzi, adulti e anziani.
Quali saranno i tuoi prossimi impegni?
Fino alla fine di settembre siamo all’Oktober Fest di Monaco di Baviera, il 20 di ottobre terremo uno spettacolo a Montecarlo per un premio letterario ed il 27 novembre ripartiremo per New York.
Raffaella Sbrescia