“Piccadilly Line” è il nuovo singolo di Andrea Dodicianni e anticipa l’album da poco ultimato a Los Angeles sotto la guida di Howie Weinberg (Nirvana, Muse, Metallica, Jeff Buckley ecc.). Diplomato in Pianoforte al conservatorio e laureando in Storia della musica, Andrea ha all’attivo più di 400 concerti. In questa intervista il cantautore ci ha spiegato che, dopo aver vissuto studiando qualcosa, ora vuole semplicemente dedicarsi alla musica e percorrere tanti, tanti chilometri…
”Piccadilly Line” è il titolo del brano che anticipa il tuo album. Di cosa parla questa canzone? Come e con chi ci hai lavorato e cosa intendevi esprimere?
Questo pezzo è nato a Londra proprio nella Piccadilly Line alle 18 di una sera di qualche mese fa ed è stato l’osservare l’incedere frenetico e noncurante delle persone a farmi chiedere come sarebbe stata una storia d’amore nata lì, come sarebbe potuta andare insomma. Ci ho poi lavorato col produttore di questo lavoro Edoardo “Dodi” Pellizzari mentre il tocco magico finale l’ha dato Howie Weinberg con un master che mi ha davvero spiazzato.
Quali saranno i temi, le strutture musicali e gli obiettivi espressivi contenuti nel tuo lavoro discografico?
Principalmente sono un cantastorie perciò le canzoni sono appunto piccole storielle che non richiedono strutture musicali incredibili, anzi, cerco sempre di usare il minor numero di accordi possibili con melodie molto semplici, la musica non è una gara. Ci sarà, invece, un grande lavoro concettuale nell’artwork e nelle scenografie che già portiamo in palco con noi nei live.
Sei laureando in storia della musica. Su cosa incentrerai la tua tesi di laurea e quali sono le scoperte che, più di altre, hanno segnato il tuo percorso di studi?
Verterà su una comparazione tra l’originale e una rilettura in chiave moderna di un manoscritto inedito di una stampa Petrucci, cose noiose insomma, sinceramente il mio percorso universitario non mi è stato di grande aiuto per la mia crescita musicale, fortunatamente è corredato di altri corsi di storia dell’arte e storia pura che hanno stimolato molto il mio interesse. Vado fiero invece della mia laurea al conservatorio di Adria in pianoforte. Paragono questo percorso ad un parto, il dolore credo sia simile tra l’altro…
Che rapporto hai con il pianoforte? In quali momenti e in quali contesti ti senti più a tuo agio con i tasti dello strumento?
Ho un rapporto di amore/odio. Dopo dodici anni di studio si crea un rapporto simbiotico ma anche di sincera repulsione. Purtroppo nel percorso creativo non riesco a far uso del pianoforte, preferisco la chitarra che suono amatorialmente, mi da più stimoli. Considero il mio rapporto col pianoforte come quei matrimoni della durata di quarantanni: sì ok, c’è e ci sarà sempre stima e rispetto, ma in quanto a stimoli… scarseggiano.
Tu che hai all’attivo centinaia di concerti, come vivi la dimensione live?
La parte live è quella che preferisco di questo lavoro. Che brutta la parola lavoro, la sostituisco subito, viaggio. Ho la fortuna di condividere il palco con persone che sono diventati fratelli: in primis Jack Barchetta, bassista ma anche capobanda, quello che detta impegni ed orari insomma; poi il bimbo della band Daniele Volcan, batterista, e Francesco Camin, cantautore trentino col quale divido palco e tour da un anno, davvero un grande amico e artista. Il suo unico difetto? Finiti i live fa “il trentino”, per l’appunto, e vuole subito andare a dormire in furgone, mentre io e Jack…
Hai composto il tuo Ep “Canzoni al buio” tra le tende dei terremotati in Emilia… cosa hai provato in quella situazione e perchè hai scelto di comporre lì?
In verità non l’ho scelto, mi sono trovato calato in una situazione emotivamente molto intensa, ero volontario tra i campi tenda come musicista, avevo una Opel Zafira, un cuscino e una chitarra e la notte da dedicare a me, è successo insomma.
Come in una sorta di diario, parlaci di te, dei tuoi hobby, dei tuoi ascolti e di quello che più di ogni altra cosa vorresti realizzare nonostante tutto e nonostante tutti…
Sono nato in un paesino della provincia di Venezia di nome Cavarzere e ho moltissime manie! Ve ne svelo qualcuna: mangio solo pesce e pizza, amo l’arancione, l’arte concettuale, il baseball e la California, mi fa schifo lavare i piatti, in compenso lavo una ventina di volte al giorno le mani, ho paura degli aghi e ho una decina di paia di scarpe tutte uguali.
Non sogno nel mio futuro di riempire gli stadi, non è nelle mie priorità, sogno invece di continuare a fare per vent’anni la vita che sto facendo ora, ho passato tutti i miei primi vent’anni a studiare qualcosa, prima il diploma da geometra, poi pianoforte, poi contrabbasso, poi l’università, ora basta, c’è spazio solo per me, la mia band e migliaia di km davanti!
Ah, abbiamo un paio di sedili in più in furgone se qualcuno volesse aggregarsi.
E dimenticavo… in furgone si ascoltano solo Tom Petty e Kid Rock!
Raffaella Sbrescia
Video: Piccadilly Line