Nasce così, dalla ricerca di un uomo pieno di passione, il progetto spettacolo che lo spazio sociale autogestito Nuovo Cinema Palazzo ha ospitato ieri a Roma nella sua struttura. Lo spettacolo di Don Pasta (al secolo Daniele de Michele) in collaborazione con l’Orchestra Notturna Clandestina è davvero qualcosa di inatteso. Il pubblico che gremisce la famosa sala romana del quartiere di San Lorenzo, con gli occhi colmi di curiosità, non sa che sta per assistere a qualcosa che supererà per emozione e stupore, tutte le migliori aspettative. Immaginate una articolata e complessa ricetta gastronomicofilosoficomusicale, in cui si fondono innumerevoli e inconsueti ingredienti. Un soffritto di verdure, una spruzzata di vino rosso, una cascata di farina a pioggia, qualche nota musicale onomatopeica, un tocco di flauto, un arpeggio di chitarra, una pizzicata di violino, uova, arte, magia, teatro, documentario, qualche inserto di dj set, letture e tanto divertimento. Don Pasta, lo spirito anarchico della cucina italiana, ripercorrendo le tracce di Artusi, mette insieme una serie di testimonianze raccolte in loco dalle voci e dai volti di un nutrito gruppo di più o meno celebri cultori della cucina casalinga alla vecchia maniera, molto lontana dagli stereotipi affini alla nouvelle cuisine che fanno da filo conduttore nelle trasmissioni talent tanto in voga ai nostri giorni.
Nessuna competizione, nessuno schema rigido, se non quello che nasce dall’esigenza di rivalutare tutta una serie di aspetti genuini e autentici che hanno caratterizzato per secoli la cultura culinaria della nostra nazione: aspetti legati alla terra, alla sostenibilità delle filiere, agli antichi metodi di cottura, all’elaborazione dei piatti così, nel rispetto di come nascono e non per come si ha la pretesa che vengano destrutturati e reinterpretati. “Non esiste che uno mangi e uno guardi: è immorale. La gente ha diritto al cibo”. Ed ha diritto ad averlo di qualità, una qualità non condizionata dalle regole dei mercati, rigidamente imposte da questioni di interesse economico. Un soffritto è sacrosanto, il consumo della carne di cavallo, in quei contesti in cui per tradizione se ne fa consumo, è sacrosanto, il fritto nello strutto, è sacrosanto, il pane carasau cotto nel forno a legna, è sacrosanto. E, mentre l’Orchestra mette in musica la realizzazione di un primo di tagliatelle con verdure, realizzato con abile e gigionesca maestria da questo incredibile personaggio che è Don Pasta, il pubblico resta ammutolito e incantato, a tratti commosso da tanta convinzione e da tanta determinazione nel voler dire no a tutte quelle imposizioni che oggi passano dalla produzione ai palati, attraversando la logica del portafoglio. Riscoprire non solo le ricette, ma anche tutto il loro retroterra, fatto di amore, di valori, di rispetto, di coinvolgimento, di anarchia. Il suono secco e percettibile di un tappo di sughero che abbandona la sua sede, il ritmo garbato e asciutto del coltello che batte sul tagliere, la cadenza sonora dell’olio che sfrigola nella padella, l’incanto della stesura della pasta, profumi che un tempo si era soliti incontrare negli androni delle case, lungo le scale dei condomini, sugli usci delle porte. Cucinare è un gesto d’amore. Ben lo sa chi, come me, non ha mai dovuto studiarlo, perché era consuetudine che in casa si facesse.
La cucina, la zona più viva e praticata della casa, dove ci si raccontava la vita, e così, in maniera del tutto naturale, si imparava, osservando, a fare un risotto, a friggere un calamaro, a mondare un carciofo. La vita era assai più affascinante, quando profumava di soffritto. Ed è così che questo meraviglioso spettacolo musicale, teatrale e gastronomico ci lascia: con tanta gioia negli occhi, la “puzza” nei capelli, e tanta tanta nostalgia di quei nutrimenti del corpo e dell’anima che riscoprire oggi diventa un atto veramente rivoluzionario. Grazie, Don Pasta.
Roberta Gioberti
Photogallery a cura di: Roberta Gioberti