Girolamo De Simone: “La musica di frontiera è quella che ritiene erronee le gerarchie di qualità tra generi diversi”.

Girolamo De Simone © Antonio Coppola

Girolamo De Simone © Antonio Coppola

Girolamo De Simone è un musicista italiano, considerato tra i principali esponenti delle avanguardie italiane legate alla musica di frontiera. Pianista, elettro-performer e compositore,  De Simone conduce, da almeno 30 anni, importanti ricerche sui nuovi linguaggi per la riscoperta di repertori inediti o rari e, in qualità di teorico delle musiche di frontiera,  ha pubblicato libri, saggi, articoli e recensioni anticipando le tematiche della contaminazione tra generi musicali, della critica allo sperimentalismo e delle nuove estetiche mass-mediali, senza tralasciare il ruolo centrale che l’artista ha ricoperto nella direzione artistica di importanti rassegne dedicate ai plurali della musica.

“I suoni hanno sempre lo stesso significato ed i veri maestri possono agire nella variazione di senso che si può assegnare ad una certa frase. Solo raramente quella frase può viaggiare ed arricchirsi di significato. E’ l’attimo della fioritura”. A distanza di tanti anni la pensa ancora allo stesso modo? Cosa aggiungerebbe, o come commenterebbe, queste parole?

A distanza di anni comincio a comprendere sul serio il senso del “Giardino spirituale” e l’attimo della fioritura simboleggia il massimo potere di ogni azione, di ogni cibo, di ogni composizione, di ogni ricerca. Anche la musica non ha costantemente la medesima forza, va incisa al momento giusto e, quando per noi perde forza bisogna, smettere di eseguirla dal vivo ma pochi lo fanno. Tanti trovano rassicurante perfezionare senza sbagliare. Invece, il rischio d’errore ha sempre caratterizzato i più grandi interpreti che, tuttavia, sbagliavano sapendo sbagliare, riempiendo di senso ogni loro nota.

In qualità di agitatore culturale, ci spiega in cosa consiste la Sua strategia di azione?

Ho fondato la prima rivista scientifica dedicata ai plurali della musica. Contemporaneamente, scrivevo (e scrivo) sul quotidiano “Il Manifesto” per ciò che concerne le culture del contemporaneo e ho diretto per circa dieci anni una delle più importanti rassegne italiane di border music, quella di uno dei centri di produzione partenopei, il Teatro di innovazione e ricerca Galleria Toledo. Poi le risorse pubbliche ed editoriali sono finite (nel senso che sono state accumulate da altri e non più destinate alla cultura), e allora ho pensato fosse giunto il momento di pensare ai giovani e alla didattica. Così, ho ideato per l’Agenzia Nazionale ANSAS e per il Miur la parte scientifica del progetto di formazione InNovaMusica, che ha formato circa 2000 docenti italiani di musica e strumento. Ho ceduto alla piattaforma Ansas-Indire buona parte dei materiali raccolti in trent’anni di ricerca che, al momento, sono oggetto di formazione e consultabili on line

Cosa si intende per “musica di frontiera?

La musica di frontiera è quella che ritiene erronee le gerarchie di qualità tra generi diversi.

A tal proposito quali sono le attività dell’etichetta discografica no profit “Border music”?

Sia con quella etichetta, che con la più ‘vecchia’ KonSequenz e, recentemente anche con Hana Goori Music, del mio compagno di percorso, il compositore e polistrumentista Max Fuschetto, abbiamo prodotto numerosi dischi che hanno lasciato un segno nella critica italiana. Molti di quei brani sono oggi su You Tube, e raccolgono anche migliaia di accessi. Considerando il fatto che la nostra produzione è piuttosto innovativa, si tratta di un ottimo risultato.

de simone 2 megaQuali sono state le ultime scoperte in merito alle sue ricerche sui nuovi linguaggi musicali e sulle contaminazioni tra generi diversi?

La vera scoperta è che queste musiche sono “entrate’”anche nelle pubblicità, oltre che nei film e persino, recentemente, nei Contest! Uso in modo del tutto naturale musiche provenienti dai più antichi frammenti conosciuti (parlo del duecento dopo Cristo) e le mescolo con tecniche di sintesi granulare, o più semplicemente con un utilizzo liberamente agogico e improvvisativo di uno di più abusati degli strumenti, il pianoforte. Tuttavia, uso anche il Moog, la spinetta, il clavicordo… etc

Quali gli interlocutori principali delle sue iniziative?

Le mie musiche sono amate da chi fa cinema, o arte. Sono state anche piuttosto ‘imitate’ da altri musicisti, ma non me ne scandalizzo, dacché siamo nell’era delle cosiddette “estetiche del plagio”.

“Konsequenz-Listz” è un progetto editoriale, definito “presidio di analisi e ragionamento contro la violenza e l’obnubilamento mediatico”… Le va di approfondire questo discorso?

Non è semplice farlo in poche righe. Il nostro sito e la nostra rivista, almeno agli inizi, che faccio risalire al 1984, cioè al primo ‘manifesto’ pubblicato su un quotidiano, furono davvero rivoluzionarie: era l’epoca in cui musica contemporanea veniva considerata solo quella cosiddetta ‘sperimentalistica’ e i plurali della musica riguardavano solo la musica ‘leggera’. Chi si occupò di mostrare i plurali sottintendeva sempre una spocchia analitica di provenienza adorniana. Con la fondazione di una rivista scientifica (non si dimentichi che Konsequenz fu editata e pubblicata dalle prestigiose Edizioni Scientifiche Italiane), procedemmo alla ‘storicizzazione’ e al superamento teorico di alcune affermazioni adorniane, e da lì trasferimmo le teorie ai fatti: rassegne, concerti, dischi…

TRILOGIA BIANCAHa recentemente completato la “Trilogia bianca” con i lavori, rispettivamente intitolati, “Ai piedi del monte”, “Inni e antichi canti” e “Di transito e d’assenza”. In cosa consiste questo progetto, cosa ne ha ispirato la composizione e quali sono le sue aspettative in merito?

Francamente, considero oggi il nostro paese in preda ad una sorta di retrocessione culturale, una decadenza impressionante. Pertanto, non mi aspetto nulla di nulla. Semplicemente, sto inserendo un po’ alla volta le musiche in rete, e quello che raccolgo, lo raccolgo in modo ‘indiretto’. Da trent’anni quello che faccio ‘entra’ in un circuito di cose note e accettate, e non credo che i meccanismi postmoderni consentano un ritorno di notorietà se uno non la cerca o non si costruisce quale personaggio, se uno, cioè, preferisce non vendersi o cedere. Del resto, nessuno è davvero proprietario di una buona idea. Essa ‘entra’, assume una vita propria, e se è davvero buona, si afferma prescindendo dall’oscuro teorico che l’ha formulata o realizzata per la prima o seconda volta.

Come nasce “Attacco per Beppe”, azione per pianoforte ed elettronica e cosa intende comunicare?

“Attacco per Beppe” è un omaggio a uno dei grandi musicisti e teorici italiani con i quali ho avuto il privilegio di lavorare ed essere legato da amicizia profonda: Giuseppe Chiari. Ho inserito anche la sua musica tra quelle che oggi sono studiate dai docenti. Speriamo esca dall’oblio come Luciano Cilio e altri amici musicisti scomparsi prima di me, ai quali ho dedicato una parte della mia vita.

Quali sono i progetti a cui si sta dedicando oggi e quali sono quelli a cui vorrebbe dedicarsi domani?

Sto incidendo e lavorando a un brano elettronico che verrà eseguito prossimamente per le celebrazioni dedicate a Jommelli, su invito del chitarrista-compositore Enzo Amato.

 Raffaella Sbrescia

“Sangue vivo”: un musical per Napoli

locandina sangue vivo“Sangue Vivo” è il titolo del musical che andrà in scena il 21-22-23 marzo, alle 21.00, presso il Teatro Mediterraneo della Mostra d’Oltremare di Napoli. L’opera è ambientata nei giorni nostri e, attraverso la forte figura spirituale di San Gennaro, intende infondere una nuova speranza nei cuori di quanti desiderano il riscatto di una società alla deriva. A parlarci della trama, lo spirito e gli obiettivi di questo originale progetto è il direttore artistico Salvatore Sorrentino

A cosa è ispirato il titolo “Sangue vivo”?

“Sangue vivo” è un richiamo certo al martirio di San Gennaro, il cui sangue viene lasciato in “eredità” alla sua città perché lo custodisca e ne tragga forza per superare il male che la attanaglia e per resistere al velenoso intreccio tra i mali antichi e moderni che hanno tormentato e tormentano la sua storia.

Qual è il messaggio che intende trasmettere questo spettacolo?

Un profondissimo legame della città di Napoli con il suo Santo Patrono Gennaro che, dal suo sangue, ha sempre trovato la forza per superare le delusioni, non chiudere le porte alla speranza, e, come avviene al malavitoso protagonista del musical, Carlo, ritrovare la via del rinnovamento, della grazia e della salvezza.

sangue vivoQuale sarà la trama e chi saranno i personaggi?

Il protagonista è Carlo, ascendente camorrista che, proprio nel giorno della festa di San Gennaro, si macchia di un terribile omicidio. Mentre si allontana dal luogo del delitto e si incammina sicuro nella città, Carlo incontra un personaggio misterioso, Procolo, che lo porterà a fare un percorso nei luoghi più caratteristici di Napoli, gli farà tornare il desiderio della serenità perduta con la sua azione assassina. Così, l‘affetto della fidanzata Elena, le lacrime e la preghiera accorata a San Gennaro di mamma Rosa, arriveranno come una eco e scaveranno nel profondo del cuore di Carlo. Per lui ormai tutto è predisposto: mancherà solo l’ultimo intervento salvifico di San Gennaro in un luogo caratteristico di storia e di fede.

Si tratta di uno spettacolo adatto anche ai non credenti?

 Certamente! In “Sangue vivo” troviamo messaggi di universalità che coinvolgono tutti indistintamente: il bene, il male, tematiche con cui ognuno di noi si confronta per cercare di dare senso al mistero della vita.

Quali sono le vostre aspettative in merito allo spettacolo e al riscontro del pubblico?

Vorremmo che lo spettatore avvertisse lo scorrere di un nuovo sangue nelle vene: per non spegnere la voce, non chiudere le porte alla speranza e fortificarsi nella sfida educativa cui è chiamato. Lo spettacolo si rivolge anche ai nostri giovani, ai quali dovremo affidare questa città, oggi ancora martoriata, ma che solo il sangue di San Gennaro, che si ravviva, potrà lavare e purificare.

Quali sono i componenti dello staff e qual è il loro ruolo?

 I testi del musical sono di Marica Giambattista, Antonio Scherillo e Salvatore Sorrentino. Regia, musiche e scene sono tutte affidate ad importanti professionisti napoletani: Mario Aterrano alla regia, Antonio Di Ronza alle scenografie, Rosario Imparato all’allestimento, Dino Carano alle coreografie, Gerardo Bonocore, Rino Giglio, Patrizia Marotta e Ciro Trojano alle musiche e testi delle canzoni, ed altri artisti.

Raffaella Sbrescia

Luca Carboni, il concerto di Napoli

carboni 1“Tutto è cominciato così, 30 anni fa a Bologna… avevo appena finito di registrare il mio primo album, avevo solo 21 anni e non potevo immaginare cosa mi avrebbe riservato il futuro… sono felice di inaugurare questo mio nuovo piccolo tour qui a Napoli, grazie per l’accoglienza”, così Luca Carboni ha introdotto la prima tappa del “Fisico e politico tour” sul palco del Teatro Augusteo di Napoli.  Timido, eppure carichissimo, Luca ha scelto di lasciare che immagini e parole chiave, proiettate sullo sfondo della scenografia, accompagnassero il suo viaggio a ritroso nei fulgidi anni ’80. A giudicare dall’età media del pubblico presente in sala, salta all’occhio una sorprendente realtà: non ci sono solo nostalgici quarantenni ma anche tantissimi giovani, anche giovanissimi, visibilmente compiaciuti ed entusiasti di un repertorio che, nel corso degli anni, ha saputo mantenere intatta una certa attualità.

Luca Carboni © Giovanni Somma

Luca Carboni © Giovanni Somma

Ad inaugurare la scaletta del concerto è “La mia città”, seguita da “Ci stiamo sbagliando”: “Noi, noi ladri di mille lire cercando il modo per non morire per non pagare le tasse per far passare la notte, ogni tanto parliamo d’amore o magari fuori c’è il sole o che magari piove”, canta Carboni, l’eroe metropolitano con la faccia pulita. Il viaggio continua e Luca ripercorre gli anni con “Forever” e le sue provocatorie canzoni rivolte alla generazione dei cantautori della prima scuola, quella degli anni ’70: “Sarà un uomo”, “Le nostre parole”, “Solarium” e “Dimentica” si susseguono, l’una dopo l’altra, tra fasci di luce colorata e coinvolgenti riff di chitarra. Antonello Giorgi alla batteria, Ignazio Orlando al basso, Mauro Patelli e Vince Pastano alle chitarre, Fulvio Ferrari alle tastiere accompagnano Luca lungo il sentiero dei ricordi. Con “Persone silenziose” e “C’è sempre una canzone”, scritta per Luca da Luciano Ligabue, l’artista coglie l’occasione per raccontare l’emozione vissuta con l’album “Fisico e politico” e l’energia che i tanti colleghi, che hanno preso parte al progetto, hanno saputo trasmettergli anche dopo l’uscita del disco. Dopo un breve intervallo, il palco si riaccende sulle note di “Primavera”, “Gli autobus di notte”, “Silvia lo sai” e “Farfallina”. “Non amo pensare al passato, spiega Luca al pubblico, partecipe, ma quando canto è inevitabile pensare ai posti in cui ho scritto le mie canzoni, questa, in particolare, mi fa pensare all’Isola d’Elba, a proposito di “L’amore che cos’è”. Sull’intro rock di “Inno nazionale”, decine di spettatori scattano in piedi fiondandosi sottopalco per salutare e cantare a squarciagola le canzoni del proprio beniamino: in un attimo il teatro Augusteo diventa un Palasport. A seguire “Mi ami davvero” e “Fragole buone buone” fino agli attesi bis: l’indimenticabile hit “Ci vuole un fisico bestiale”, l’emozionante omaggio a Lucio Dalla con “Piazza Grande”, affiancato da inedite e toccanti immagini dell’artista prematuramente scomparso, e poi, ancora, “Vieni a vivere con me” fino alla conclusione affidata a “Mare mare”: partito da Bologna, con le luci della sera, Luca Carboni tiene il ritmo, eccome.

 Raffaella Sbrescia

Twist and Shout: A 50′S and 60′S night

2Scarpette lucide, gonne a ruota, foulard, bretelle, fasce per capelli e un pizzico di spensieratezza…questi gli elementi fondamentali per partecipare ai fantastici parties targati Twist and Shout! In attesa della festa, che si terrà all’Atlantico di Roma l’1 febraio, è il caso di commentare il grande successo che l’iniziativa ha riscontrato, lo scorso 31 gennaio, presso l’Arenile Reload di Napoli.

Marilù

Marilù

Rock ‘n’ roll fifties and sixties, swing, lindy hop, rhythm and blues, garage, beat, doo wop, boogie- woogie hanno scandito la notte a tema sulle note delle colonne sonore più amate di tutti i tempi. Se è vero che il passato è la memoria del nostro futuro, la testimonianza la si può tranquillamente riscontrare nei volti gioiosi e nei fianchi ondeggianti di quanti si sono divertiti in una notte d’inverno buia e tempestosa. Se a questo aggiungiamo le originali ed autentiche acconciature d’epoca, rigorosamente gratuite, a cura di Ketty – Vintage Style – Cinieri, il workshop gratuito di ballo, con i maestri Irene Vecchia e Manuel Micheli della scuola Swingin’ Napoli, le bolle di sapone e la grinta dei Marilù, on stage, a metà strada tra il twist ed il doop-wop, tra rock’n’roll e sprazzi di country, il risultato non poteva essere altro che una travolgente miscela esplosiva!

Raffaella Sbrescia

Video: “Twist and Shout! A 50′s and 60′s Night | Brand New Video 2014″

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=a9Tc5fGu_vo]

Campania Stage: Napoli incontra il mondo al Teatro Trianon

Napoli si mette a nudo attraverso il “Campania Stage”, una tre giorni costellata di incontri e dibattiti finalizzati al confronto e all’analisi dello stato generale della musica. La location di questa full immersion è il Teatro Trianon, il teatro della musica a Napoli che, grazie alla direzione artistica di Giorgio Verdelli, sta aprendo, sempre più, le proprie porte alla scena culturale internazionale. Questa prima edizione di “Campania Stage” ha visto la partecipazione di rappresentanti istituzionali, manager del sistema radiotelevisivo, giornalisti di settore, addetti ai lavori e artisti ma, aldilà dei grandi nomi presenti alla manifestazione, è importante sottolineare la volontà e l’impegno con cui non solo il teatro, ma anche tutti coloro che si sono prodigati per la riuscita dell’evento, stanno cercando di stimolare il riscontro della cittadinanza, valorizzare l’immenso patrimonio artistico, culturale e musicale della città, in sintesi, di darle una scrollata.
Un scossone è quel che ci vuole, infatti, per ridare tono e freschezza ad una miniera d’oro ma anche per dare il giusto risalto alle contaminazioni, all’interculturalità, alla contemporaneità. In qualità di “Calediscopio di realtà diverse” – così come affermato dal Professor Pasquale Scialò -  in merito alla canzone napoletana e le sue contaminazioni, “è fondamentale riconoscere la capacità di adozione, di interazione, di dialogo che contraddistingue la cultura napoletana per una nuova e riuscita dimensione interculturale della musica”.
 
Raffaella Sbrescia

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