EsserEPerfetto Music Contest: al via le iscrizioni per la seconda edizione

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Dopo il successo dello scorso anno, sono aperte le iscrizioni alla seconda edizione dell’EsserEPerfetto Music Contest, il concorso per band e artisti emergenti organizzato dall’associazione culturale barese  OWT Studio e dalla storica etichetta  Otium Record, in collaborazione con Bohemièn Jazz CafèRadio Città Futura (Media partner del contest) e Brescia Management. Le iscrizioni si potranno effettuare online oppure recandosi allo stand di OWT Studio all’interno del Medimex dal 30 ottobre all’ 1 novembre, termine ultimo per l’adesione al concorso. Il vincitore del contest si aggiudicherà la produzione di un EP ( composto da 5 Brani) oltre all’apertura di uno dei concerti previsti dal cartellone de L’acqua in testa.

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Tutte le band selezionate parteciperanno anche ad un format dedicato, in onda in fm su Radio Città Futura il giorno prima dell’esibizione. Per il gruppo che si aggiudicherà il “Premio giuria popolare” ci sarà in palio la realizzazione di un brano inedito e l’apertura di uno dei concerti previsti dal cartellone di “Aquavitae”. Il gruppo vincitore del “Premio della Critica”, invece, si aggiudicherà un mini tour promosso da OWT Studio e Brescia Management con almeno 5 concerti. Infine le 8 band finaliste parteciperanno direttamente alla prima edizione del “Premio Morris Maremonti”, in memoria del cantante ed autore della storica band One Way Ticket, che avverrà al termine del concorso.

Info:  www.owtstudio.it

Intervista a Paolo Di Sabatino: “Trace Elements? Sono i micronutrienti della vita”

Paolo Di Sabatino

Paolo Di Sabatino

“Trace elements” è il nuovo lavoro discografico del pianista e compositore Paolo Di Sabatino, pubblicato su etichetta Irma Records. In questo elegante e ricercato progetto musicale, l’artista ha racchiuso le suggestioni, le influenze e le impressioni del suo e del nostro presente, raggiungendo un risultato in grado di coniugare classe, qualità e contemporaneità. Tante sono le sorprese e le particolarità che Paolo Di Sabatino ha incluso in “Trace Elements” è questa ampia intervista rappresenta l’occasione per scoprirne qualcuna.

Quali sono le idee, le emozioni e i ritagli di vita vissuta che hai racchiuso nel tuo nuovo disco”Trace elements”?

In questo lavoro ci sono tutte le emozioni che mi accompagnano in questo momento della mia vita, soprattutto quelle legate ai miei splendidi figli Caterina e Luigi, fonte inesauribile di ispirazione, insieme a mia moglie Chiara. Le idee musicali sono a loro volta figlie di quello che vivo quotidianamente, non potrebbe essere altrimenti!

Da dove nasce la scelta di questo titolo?

Da una certezza che ho da sempre, cioè quella che nessuno di noi potrebbe mai fare a meno della musica. Trace Elements sono, in biochimica, i micronutrienti. Ognuno di noi si nutre di musica, dalla nascita! E poi nel titolo c’è un’assonanza col numero 3, come i componenti del gruppo.

Nel tuo lavoro hanno partecipato due eccellenze musicali…stiamo parlando di Peter Erskine, batterista riferimento negli ultimi quarant’anni di jazz,  e del bassista Janek Gwizdala, definito “l’astro nascente del basso elettrico a livello mondiale”… Raccontaci come avete instaurato il vostro rapporto di amicizia, in che modo i due artisti hanno preso parte al tuo progetto e cosa ha significato per te questa collaborazione.

Suonare e registrare con Peter è stata una delle soddisfazioni più belle della mia vita. Ci conosciamo da anni, e di tanto in tanto gli ho sempre inviato qualcosa di mio. Un giorno ho ricevuto una sua email di congratulazioni per un mio cd, e da quel momento ho capito che avrei potuto pensare ad un progetto con lui. Io amo suonare con chi dimostra una certa affinità col mio mondo musicale e palesa apprezzamento per le mie composizioni. In effetti lo scorso marzo ho avuto la prova che tra me e Peter c’era la giusta sintonia, e dall’ascolto del CD credo si evinca senza dubbio alcuno. Peter ha dato un grande apporto umano e musicale, ed è stato lui peraltro (conoscendo la mia musica) a presentarmi Janek, ritenendolo perfetto per questo progetto. E ha avuto ragione!

Paolo Di Sabatino

Paolo Di Sabatino

La prima traccia contenuta in “Trace elements” è “Driving blues”, un brano ispirato alla vita on the road di voi artisti…cosa ti regala questo stile di vita e cosa, invece, pensi possa toglierti?

Innanzitutto mi ha regalato l’ispirazione per scrivere dei brani! Anni fa ho anche composto “F.S. Blues”, dedicato ai miei viaggi in treno. Credo di aver raggiunto un sano equilibrio nella gestione del mio stile di vita. Non sono un musicista che suona tutte le sere, non avrei le forze e l’ispirazione per farlo. Quindi le volte che parto, anche se sto fuori un mese, sono bello carico e pieno di energia. Quando torno ho sempre tempo di rilassarmi, recuperare appieno e godermi la casa e la famiglia.

Cosa vorresti che la tua musica comunicasse al pubblico e a quali contesti credi che le tue composizioni si prestino al meglio?

Vorrei sempre comunicare emozioni intense, che si tratti di un brano del mio trio jazz, di una canzone o di una ninna nanna. Sarebbe una tragedia lasciare indifferenza a chi ascolta, è la cosa che mi ferirebbe di più. Metto l’anima in ogni nota che suono e che scrivo sul pentagramma, negli ambiti più disparati, e credo che le melodie che compongo siano adattabili a molti contesti, dallo strumentale jazzistico al cinema. La melodia è sempre il comune denominatore della mia musica e spero sempre di riuscire nell’intento di regalare qualcosa a chi mi ascolta: un sorriso, un pensiero, anche una lacrima, perché no.

In “Trace elements” ci sono anche due standard jazz uno è “Nature Boy”  di Eden Ahbez, l’altro è “They Can’t Take That Away from Me” di George Gershwin; come mai hai scelto proprio questi due brani? Sono legati in qualche modo alle altre tracce che compongono l’album?

Nessun legame particolare, se non il fatto che sono delle melodie che amo. Gershwin però è uno dei miei compositori preferiti, e mi vanto pure di essere nato il 26 settembre come lui!

“Time for fun” è un “lusso” che sempre meno persone possono permettersi, l’hai inserito per sottolinearne l’importanza vitale?

Assolutamente si! Oggi si corre a destra e a manca, senza un attimo di respiro. Ovviamente mi riferisco a chi ha la fortuna di avere un lavoro, che sta diventando quello si un lusso, cosa che stride molto in un Paese dove il primo articolo della Costituzione dice che siamo una repubblica fondata sul lavoro. Il privilegiato che lavora però, spesso lo fa perdendo di vista l’essenza della vita, alla ricerca spasmodica di un benessere economico maggiore. Perdendo di vista così il fatto che il benessere reale è quando ti fermi a guardare un tramonto, quando mangi bene e bevi meglio, quando leggi un bel libro o vedi un bel film, quando riesci a dedicare tempo agli amici e alla tua famiglia: “Time for fun”, appunto.

Ci racconteresti com’è nato il neologismo “Ciclito”?

Mio figlio Luigi ha una sorta di triciclo col quale scorrazza per casa. Spesso e volentieri i bimbi storpiano le parole, soprattutto quelle più difficili. Ed ecco nato “Ciclito”! Ho scritto il brano di getto, immaginando Luigi in frenetica attività su suo amato triciclo/ciclito.

Come nasce e come si sviluppa la bonus track “Ce que j’aime de toi”, scritta a quattro mani con Kelly Joyce?

Conosco Kelly da molti anni, ma a parte una jam session, non avevamo mai avuto l’opportunità di collaborare. Ho pensato che questo brano potesse essere giusto per lei, cantato in francese. Gliel’ho inviato e le è piaciuto subito. Così ha scritto il testo e lo abbiamo inciso. C’è anche un bellissimo videoclip su youtube (http://youtu.be/iDoWMvq7fv4)

Hai collaborato con tantissimi artisti, sia italiani che stranieri, come riesci a conciliare, di volta in volta, il tuo stile con quello altrui?

Diciamo che cerco di collaborare con musicisti che sento affini già prima di suonarci insieme. Va fatto invece un discorso diverso per i cantanti. Quando accompagno i cantanti cerco sempre di immedesimarmi nel loro stile e nelle canzoni che cantano, col l’obiettivo di valorizzare musica e testo, senza perdermi in inutili e dannosi virtuosismi che prevaricherebbero l’interpretazione vocale. Il jazz è bellissimo, ma senza controllo può diventare deleterio!

Paolo Di Sabatino Ph Alessandro Pizzarotti

Paolo Di Sabatino Ph Alessandro Pizzarotti

Sei docente di musica d’insieme e coordinatore del dipartimento di jazz presso il Conservatorio Alfredo Casella di L’Aquila… come sono cambiati, negli anni, i metodi di insegnamento e le modalità di apprendimento da parte degli studenti?

Veniamo da una recente riforma che ha trasformato i Conservatori in Istituzioni di Alta Cultura, come le Università. I metodi non sono cambiati, è cambiata la forma. Ora ci sono i corsi pre-accademici, poi la laurea triennale e poi il biennio superiore. Ci sono molte materie complementari che però tolgono, di fatto, tempo prezioso allo studio dello strumento a casa. Secondo me è una riforma zoppa, che in ambito classico ha anche eliminato la possibilità di sostenere esami da privatista. Mia figlia Caterina, ad esempio,  studia pianoforte con mio padre, che a causa di questa riforma non potrà portarla a compimento degli studi. Dovremo per forza iscriverla in un Conservatorio o Liceo musicale. Secondo me è un’assurdità. La ciliegina sulla torta è che non ci hanno nemmeno equiparato gli stipendi a quelli dei docenti universitari…

A novembre sarai in tour e ti dividerai tra Russia, Cile ed Argentina… che tipo di concerto offrirai al pubblico e come riesci ad instaurare un feeling empatico con la platea internazionale?

In Russia suonerò col progetto “Inni d’Italia”, con l’amico fisarmonicista Renzo Ruggieri. Abbiamo in repertorio i classici della melodia italiana, da Verdi a Baglioni, si tratta di un progetto che abbiamo già portato in Russia, con grande soddisfazione nostra e del pubblico russo. In Cile ed Argentina invece suonerò col mio trio (con mio fratello Glauco alla batteria e bassisti sudamericani che troveremo nelle città dove ci esibiremo, la cosa rappresenterà una preziosa possibilità di scambio artistico e culturale), quindi la mia musica. Mi esibirò anche al festival jazz di Buenos Aires e devo dire che la cosa mi emoziona al solo pensiero. Sento grande affinità con il Sudamerica, da sempre. Poi in Argentina ci sono tantissimi italiani! Sarà meraviglioso per me, e spero anche per loro,  fargli ascoltare le mie melodie.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Time for fun”

“2974. Music for Dark Airports”, il full lenght del combo P. oZ.

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Preparatevi a lasciarvi travolgere dalle atmosfere oscure, ossessive, a tratti claustrofobiche di “2974. Music for Dark Airports”, l’album realizzato da P. Oz. il combo nato nel 2001 da un’idea di Antonio Bufi e Antonio Lisena. Alla base di questo lavoro d’avanguardia c’è una forte contaminazione tra suoni di matrice rock ed elettronica minimal. Il risultato è una miscela sonora di impatto immediato, pronta a conquistare la psiche e l’epidermide di un ascoltatore attento, pronto a cogliere ogni singola sfumatura tra le innumerevoli stratificazioni sonore scelte per esprimere concetti spesso troppo dolorosi per poterli descrivere attraverso l’uso delle parole. In questo specifico caso il tema che ricorre in questo concept album è il crollo delle Torri Gemelle, avvenuto l’11 settembre 2001, in seguito ad un attacco terroristico a New York. Coadiuvato dalla drammatica forza empatica della copertina, questo disco si fa strada in maniera apparentemente marginale, eppure profonda, nei cuori degli ascoltatori grazie al perturbante fascino dell’oscurità misterica che pervade gran parte delle tracce proposte. Echi e riverberi, voci e rumori distorti, strutture sonore noisy e frequenti cambi ritmici non eliminano il mood onirico che attraversa tutto il lavoro. Giochi elettronici e miscugli strumentali immergono l’ascolto in una dimensione liquida, priva di limitazioni e di etichette, un’opera frastagliata, difficile da inquadrare e da gestire; quasi un buco nero in cui riversare emozioni, suggestioni, pensieri e incubi. Un lavoro visionario, forse estremo, che si presenta come una ipotetica perfetta colonna sonora di una tragedia che va oltre l’immaginabile. “2974. Music for Dark Airports” è molto più di un lavoro strumentale, troppo riduttivo parlare di ambient music, qui si tratta di un lavoro pensato per azionare meccanismi interpretativi individuali, tutti da rimescolare e filtrare per provare a comprendere il mistero della vita.

Raffaella Sbrescia

 

“Art Official Age” vs “Plectrumelectrum”: due nuovi album per Prince

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Dopo ben 18 anni, Prince torna ad incidere con l’etichetta Warner Bros pubblicando due album decisamente diversi tra loro. Il primo è “Art Official Age” mentre il secondo s’intitola “Plectrumelectrum” ed è stato inciso insieme alla girlband 3Rdeyegirl. Come preannunciato, i due lavori sono molto distanti tra loro: “Art Official Age” rappresenta la summa di tutto quello che Prince ha fatto in questi lunghi anni, durante i quali è diventato un’icona della musica mondiale. Prodotto, arrangiato, composto ed eseguito da Prince e Joshua Welton, il disco racchiude una miscela di soul, R&B e funk che ben si sposa con la versatile vocalità dell’artista. Il mood di questo lavoro rispecchia sicuramente la cifra stilistica che per tanto tempo ha contraddistinto il genere proposto dal “folletto di Minneapolis” . “Art Official Age” è in tutto e per tutto un ritorno al funk, al suono e alle atmosfere degli inizi, senza tuttavia trascurare un attento sguardo a quello che, intanto, è diventato il suono contemporaneo.“The gold Standard” rientra nei cardini di “Superfunkycalifragisexy”, “Breakdown” è la ballad che tutti si aspettavano. Coinvolgente e al passo con i tempi è il ritmo di  “Breakfast can wait” così come quello di “U Know”, autentica perla di un disco che, a poco più della metà della sua durata, perde la verve iniziale. L’ascolto si fa stanco e statico sulle note di “What it feels like” e sulla lunghissima “Time”, per non parlare poi di brani riempitivi come “Affirmation III e “How to dress well”.

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La traccia “Funknroll”, rappresenta, invece, il ponte di collegamento con “PlectrumElectrum”, un divertissement  in cui Prince si fa da parte e lascia spazio alle 3rdeyegirl, il trio femminile composto da Donna Grantis (chitarra), Hannah Ford Welton (batteria) e Ida Nielsen (basso), le tre abili musiciste che hanno accompagnato l’artista sui palchi  del  tour inglese “Hit & Run”. Registrato dal vivo e in analogico, “PlectrumElectrum” racchiude una serie di straordinarie performances live che offrono agli ascoltatori la possibilità di apprezzare le ottime qualità chitarristiche di Prince. “PlectrumElectrum” è, in sintesi, una raccolta di puro funk-rock che non racconta nulla di nuovo e che, ponendosi  in contrapposizione netta con“Art Official Age”, spinge inevitabilmente a chiedersi  quale possa essere l’utilità di questa doppia pubblicazione. Inutile porsi troppi interrogativi, Prince fa quello che vuole, come vuole, con chi vuole, probabilmente incidere dei dischi lo avrà divertito e sarà stata una scelta fatta soprattutto in funzione dei prossimi concerti che, ci scommettiamo, faranno registrare ancora una volta il tutto esaurito.

Raffaella Sbrescia

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Video “Breakfast can wait”

“Migranti. Napoli è mille colori”: Marco Zurzolo & band colorano il Mar Mediterraneo con note di pace

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

“Un giorno diverso, una tregua musicale all’insegna della fratellanza e della spensieratezza”, così il noto sassofonista partenopeo Marco Zurzolo introduceva sul suo profilo Facebook l’atteso concerto tenutosi lo scorso 28 settembre all’interno della Mostra d’Oltremare di Napoli, nello spazio antistante l’Arena Flegrea, nell’ambito del Forum Universale delle Culture. L’evento, ad ingresso gratuito, intitolato “Migranti. Napoli è mille colori”, racchiude un gioco di parole immaginifico e di particolare interesse socio-culturale.

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Grazie all’impostazione multiculturale dell’evento, Marco Zurzolo Sax Alto; Piero De Asmundis – Pianoforte; Diego Imparato – Basso; Gianluca Brugnano – Batteria, insieme al Coro delle Voci Bianche Multietnico della Scuola Spazio ZTL, diretto da Manuela Renno, hanno deliziato il pubblico con una scaletta finalizzata alla valorizzazione della  profonda stratificazione che da sempre interessa la cultura partenopea. Colori, influenze, contaminazioni ritmiche e sonore hanno creato una suggestiva atmosfera interculturale senza trascurare le bellissime striature dettate dalle coinvolgenti improvvisazioni di Marco Zurzolo, considerato uno dei più valorosi musicisti partenopei.

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

Una parentesi distesa, un’oasi pacifica e rilassata, popolata di volti e sorrisi, di note e di parole che, nella loro diversità, hanno messo insieme i pezzi di uno stesso puzzle. Ospiti della serata Ibrahim Drabo, Laye Ba e Francesca Zurzolo, artisti scelti per completare un percorso solidale, arricchito dal contributo di numerose associazioni operanti sul territorio campano,  in grado di dimostrare anche ai più scettici che Napoli può ancora essere un centro culturale aggregante.

 Fotogallery a cura di: Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

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“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

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"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

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Rockalvi Festival 2014: musica e solidarietà al Parco dei Camaldoli

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

La grinta, l’energia, l’entusiasmo, l’operatività e la solidarietà sono gli ingredienti chiave del Rockalvi Festival. La manifestazione musicale diretta Peppe Guarino, giunta alla VII edizione, si è svolta lo scorso 26 e 27 settembre 2014 nel bellissimo ed imponente Palco dei Camaldoli di Napoli. Dopo aver lasciato la consueta location di Calvizzano, anche grazie alla collaborazione con l’Associazione Sasquatch, il Rockalvi si è proposto al pubblico partenopeo con audacia e determinazione. L’intento principale della manifestazione indipendente è stato quello di lanciare un importante messaggio di solidarietà devolvendo tutti i proventi  all’Associazione Camilla la stella che brilla Onlus. L’ente che, ispirandosi alla storia della piccola Camilla (affetta dalla sindrome di West), si è trasformato in un solido punto di riferimento per tanti bimbi disabili che, giorno dopo giorno, si trovano a dover lottare, non solo contro la malattia, ma anche contro la mancanza di sostegno da parte delle strutture preposte, che dovrebbero garantire loro le necessarie sedute di fisioterapie riabilitative.

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Sorretto dalle generose sottoscrizioni del pubblico entusiasta, il Festival ha invitato alcuni rappresentanti di spicco dello scenario musicale indipendente italiano, che hanno scelto di ridurre o annullare il proprio cachet, facendosi portavoce di una causa benefica che dal 2008 è stata protagonista di un’ininterrotta gara di solidarietà. Dopo aver riscaldato i motori con la prima serata del 26 settembre, durante la quale si sono esibiti i Bud Spencer Blues Explosion, definiti giocolieri del rock’n’roll, i talentuosi Plastic Made Sofa e gli scatenati partenopei de La Bestia Carenne, la serata di chiusura ha subito ospitato un’ anteprima assoluta: Francesco Di Bella (ex 24 Grana), Alfonso Bruno Fofò, Claudio Domestico (Gnut) e Dario Sansone (Foja) hanno emozionato il pubblico con una formazione inedita, battezzata per l’occasione con il nome di Ballads & Wine; penne, chitarre e sensibilità a confronto per un momento di autentica poesia.

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

L’altro attesissimo ospite della serata è stato il cantautore Riccardo Sinigallia che, ormai da svariati anni, gode del sostegno e dell’ apprezzamento di un pubblico amante delle sue canzoni delicate ed intimiste. In chiusura il giovane cantautore partenopeo Antonio Manco e l’atteso Alex Paterson (direttamente dai mitici The Orb, padrini dell’ambient house). Per i più resistenti spazio anche all’ elettronica con Elem ovvero Marco Messina (99 Posse), Emanuele Errante (Dakota Suite) e Fabrizio Elvetivo (Illàchime Quartet), accompagnati dalla videoartista Loredana Antonelli; una line up eterogenea e di qualità che completa un’iniziativa meritevole di sostegno e plauso, che ha saputo coinvolgere la cittadinanza, pur muovendosi in un contesto socio-politico certamente non facile.

Fotogallery a cura di: Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

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Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

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Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

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Sergio Marchegiani rilegge i “Notturni” di Chopin in un doppio cd

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Sergio Marchegiani rilegge Chopin, suo autore prediletto, con un’incisione integrale dei suoi Notturni. “Nocturnes”, per l’appunto, un doppio cd da ascoltare preferibilmente al buio, quando l’udito si aguzza e l’immaginazione si fa incredibilmente fervida e attiva spalancando le porte del cuore e schiudendo i catenacci dei nostri sogni più intimi. Marchegiani sceglie di eseguire Chopin grazie alla sicurezza acquisita attraverso numerose esibizioni dal vivo. La scelta di incidere nasce, invece, dall’ inesauribile abnegazione del pianista alessandrino e dalla grande cura con cui egli riesce a muoversi all’interno di un’opera così accesa ed incontenibile. I “Notturni”, rappresentano, infatti, un ciclo monumentale all’interno della produzione di Chopin, il quale compose l’intera sezione come se si trattasse di un diario intimo. Un unico profilo lirico esaltato da innumerevoli e regolari cambi armonici.

Colori, proporzioni, sfumature, riverberi e richiami semantici si intrecciano, si incontrano, si scontrano grazie ad armonie ricercate, ora voluttuose, ora spettrali. Brani che, nel corso dei secoli, hanno avuto il privilegio di continuare a vivere, assumendo via via forme interpretative sempre diverse. In perfetta comunione con Chopin, Marchegiani ci offre, quindi, la straordinaria occasione di ammirare e avvicinarci, con tocco italiano, ad una perfetta combinazione di elementi sonori dal fascino immaginifico.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Sergio Marchegiani plays Chopin” su iTunes

“Rocks in My Pockets”, le composizioni di Kristian Sensini per il lungometraggio animato di Signe Baumane

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Sono tantissimi i riconoscimenti che il compositore lauretano Kristian Sensini ha conquistato con il suo nuovo lavoro strumentale intitolato “Rocks in My Pockets”, pubblicato lo scorso 23 settembre. Un progetto discografico che, in qualità di colonna sonora, risulta legato a doppio filo con l’omonimo lungometraggio animato, realizzato dalla regista newyorkese di origini lettoni Signe Baumane, membro dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences.

Il film d’animazione racconta la vera storia delle donne appartenenti alla famiglia della regista, la trama è incentrata sulla lotta  alla pazzia e alla depressione, un cartone animato che, attraverso una grafica accattivante e giocosa, affronta temi tanto drammatici quanto reali ed attuali. Si è trattata di una vera e propria sfida che Sensini ha affrontato mettendosi in gioco e cercando un suono che fosse intimo ed allo stesso tempo evocativo. Attraverso un delicato approccio alla composizione e all’orchestrazione, l’artista ha composto dei brani che fossero al servizio della narrazione e dell’estetica del film, ma che potessero essere anche ascoltati al di fuori del contesto cinematografico come brani fini a sé stessi.

Kristian Sensini

Kristian Sensini

Accompagnato da Stefano Mora – contrabbasso, Marco Messa – clarinetto, Federico Perpich – violoncello e da Sanita Sprūža, musicista e virtuosa del Kokle, uno strumento a corde percosse della tradizione lettone, Sensini ha curato personalmente le parti di pianoforte e flauto, oltre che le programmazioni elettroniche, assicurandosi che un ascolto attento dei brani avrebbe potuto consentire la percezione di tanti piccoli “rumori” in sottofondo: il suono del pedale del pianoforte, il cigolio del legno del violoncello, il respiro del clarinetto, il rumore delle chiavi del flauto e così via. Suoni che, lasciando ben viva e percettibile la  presenza umana dei musicisti, regalano inedite suggestioni al pubblico più attento.

Tra i temi principali segnaliamo “Anna’s Theme”, una composizione che ricorre spesso e che Sensini ci propone con diverse variazioni di tempo, arrangiamento ed orchestrazione. Il massimo comun divisore delle diverse vesti di questo tema è la leggera venatura malinconia che attraversa un po’ tutta la storia. Con le sue composizioni, Sensini è, dunque, riuscito a descrivere le esistenze e le personalità di donne vicine, eppure diverse, in maniera elegante, mai troppo invadente, mantenendosi sempre su aree di confine semantico. Le sue 24 tracce celebrano la vita in ogni suo aspetto, anche quello più scomodo, che spesso tendiamo a mantenere nascosto. La sua musica, in questo senso, svolge una funzione liberatoria, a tratti magica.

Raffaella Sbrescia

“Una nave in una foresta”, il nuovo album dei Subsonica. La recensione

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Nel corso di 18 lunghi anni, costellati di successi, i Subsonica ne hanno fatta di strada. Oggi, con l’uscita di “Una nave in una foresta”, il settimo album in carriera, la band piemontese approda ad un nuovo stadio di maturità che li pone faccia a faccia con la realtà di un decennio a cui approcciarsi diventa sempre più difficile ed alienante. La foresta in cui si destreggiano Samuel, Boosta, Max, Ninja, Vicio, è un groviglio di stati d’animo in subbuglio, una tempesta di sguardi ora smarriti, ora inquieti, ora euforici, ora sognanti. La fonte primaria delle storie raccontate in “Una nave in una foresta” sono gli uomini comuni e i loro tentativi di ordinaria sopravvivenza. La sottile trama che lega tra loro le dieci tracce comprese nell’album è la forza di volontà, la voglia di reagire, che fa a pugni e lotta a viso scoperto con feroci malinconie e con dinamiche politiche spesso finalizzate a privare l’uomo della propria dignità.

Ad occuparsi della stesura dei testi dei brani sono stati Samuel e Max mentre la ricerca e la costruzione strumentale dei brani ha visto tutti i Subsonica all’opera, al centro di una rinnovata alchimia creativa. Ad inaugurare il disco è la title track “Una nave in una foresta” in cui una serie di lucide e pregnanti allegorie dà forma ai più reconditi pensieri: “Ed a volte ti vedi unico, una nave in una foresta. Altre volte ti senti intrepido…come un fiore in una tempesta ed a volte ti vedi stupido, una lacrima ad una festa, altre volte ti credi libero, un cavallo sopra una giostra, ed a volte ti vedi limpido, il mattino in una finestra, altre volte ti senti arido, come un gesto che resta in tasca”. Versi di una vera e propria poesia che vale la pena di citare se non per intero, almeno in gran parte. Frasi che danno un senso ai nostri corsi e ricorsi mentali mentre il nostro mondo scivola, molto più che lentamente, verso un altro oblìo.

L’unicità della vocalità calda e sensuale di Samuel si sposa alla perfezione con l’incandescente nebulosa strumentale di “Tra le labbra”. Un ritmo coinvolgente, ipnotico riesce ad insinuarsi nella psiche, lanciando nervi e muscoli fuori dal torpore contemplativo delle ombre scure nell’alba di una città che non riconosce i propri figli. Lo stile jungle, ispirato al drum and bass dei Pendulum, racchiude l’essenza strumentale di “Lazzaro”, un brano che trae ispirazione dallo smarrimento generale per rilanciare un indispensabile ed incalzante messaggio di rivalsa e di rinascita sia individuale che collettiva. “Attacca il Panico” rappresenta, invece, un incontro ravvicinato con lo stato di apnea esistenziale, un tuffo in un vespaio di paure mentre il sangue si gela osservando giorni di tenebra assoluta. Il cantato sibilato velocemente da Samuel si allinea con una base line frenetica: “siamo stanchi delle illusioni appiccicate sotto i banchi”, l’amore è un’invenzione che lacera”, “qui nella mente ho il futuro che scivola”, si tratta, dunque, di una full immersion negli inferi più oscuri che trova nuova luce nella dimensione ovattata, a metà strada tra pop e new wave, di “Di Domenica” un focus sulle nostre esistenze che, anche grazie al videoclip girato da Luca Merli, ci consegna un’immagine matura e consapevole di una band in grado di commuoverci e di farci ballare senza soluzione di continuità.

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Il dub sound de “I Cerchi degli alberi” scandisce l’urgenza con cui i Subsonica parlano a più generazioni. Un ritmo ossessivo, a tratti perturbante, racconta un sogno d’amore, tenuto in vita da promesse sgualcite e che si barcamena tra scenari apocalittici.  Un’anima fuori servizio è, invece, la protagonista di “Specchio”, un brano musicalmente vicino al funk, che descrive il restringimento della gioia, del tempo, dello spazio, dei sentimenti e che ci invoglia a recuperare i tratti peculiari delle nostre esistenze sospese nel vuoto. Con un sottotesto legato al delicatissimo tema dell’anoressia, questo brano potrebbe rappresentare uno spunto per nuove inedite iniziative per i Subsonica, tutte ancora da progettare.

Ispirato alla Ritmo Abarth nera parcheggiata nei pressi dello studio di registrazione del gruppo, l’omonimo brano racchiude una sottile vena amarcord che fluisce nell’irrequietudine notturna di “Licantropia”. Un brano perfetto per un club notturno in cui i ricordi si azzannano, si squarciano, si annientano mentre i pensieri affogano in un marasma organico. Lo spiraglio di luce ci viene offerto da “Il Terzo Paradiso”, la traccia che chiude “Una nave in una foresta” e che vede la partecipazione di Michelangelo Pistoletto. Unico ospite di tutto il disco, l’artista, esponente di spicco dell’arte contemporanea in ambito internazionale,  ha raggiunto i Subsonica nella solitaria casa di campagna, ai margini del bosco, in cui l’album è stato scritto, pensato, cercato, costruito, ed ha prestato la sua voce ad una canzone che, ripercorrendo le fasi salienti dell’involuzione umana, ci restituisce ad ogni individuo un ruolo centrale e di grande responsabilità nella costruzione di un “Terzo Paradiso”,  l’opera planetaria di cui siamo tutti autori. Il finale in dissolvenza, dalla bellezza mistica, ci congeda da “Una nave in una foresta”, un lavoro innovativo, originale e assolutamente attuale che, anche dal vivo, saprà offrirci nuove attese suggestioni.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Di Domenica”

“Vino Dentro”, Paolo Fresu firma la colonna sonora del film di Orgnani. La recensione dell’album

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Un viaggio sonoro scandito da colorate sfumature, un sontuoso percorso di note, scelte, pensate, sognate, arrangiate con cura e parsimonia. Questo è “Vino Dentro”, l’album che il celebre trombettista Paolo Fresu ha pubblicato lo scorso 7 gennaio 2014 per Tuk Music, branca della Tuk Movie, dedicata alle colonne sonore di film e documentari. “Vino Dentro” s’inserisce all’interno di una fitta collaborazione tra Paolo Fresu e il regista Ferdinando Vicentini Orgnani, iniziata nel 2002 con “Ilaria Alpi. Il più crudele dei giorni”. Ispirato dal romanzo “Vino Dentro” di Fabio Marcotto, il film mette insieme il mito del Faust e la passione per il vino e, sebbene esista un fortissimo legame tra la colonna sonora e la trama della pellicola, i 16 brani scelti da Fresu riescono a valicare confini e limitazioni di ogni genere suscitando suggestioni ora fruttate, ora intense e robuste, ora leggere e frizzantine, proprio così come pregiati ed irresistibili sorsi di vino raro ed introvabile.

Ad accompagnare la tromba ed il flicorno del musicista e compositore sono il bandoneon e il pianoforte di Daniele Di Bonaventura, le percussioni e i samplers di Michele Rabbia e gli archi dell’orchestra de I Virtuosi Italiani. Maestose ed imponenti le due composizioni di Mozart inserite nella tracklist: “Fin ch’an dal vino” e “Madamina, il catalogo è questo”. L’approccio naïf e romantico di Fresu traspare nella trame eleganti, ricercate e avvincenti di “Val des sauers belle et sages”, nella travolgente “Fuga”, nell’allure onirica ed introversa di “Dolomiti Sky”, nell’inquieto mistero di “Calmo”.  Se “Fermo”, il brano cofirmato da Fresu con Daniele Di Bonaventura, ci mostra in maniera cristallina il legame con la trama noir del film è “Martango”, proposta in ben tre takes, a fornirci un mare sconfinato di spunti e di suggestioni contrapposte. Il pathos dell’incontro tra i Virtuosi Italiani agli archi e Di Bonaventura, lascia il passo ad un mood più cameristico per poi concludersi in un monologo solitario e malinconico.

Le vicissitudini del vine-writer, protagonista del libro e del film, lasciano, via via, sempre più spazio alle note ed al loro fascino ineludibile: si va dalla volteggiante melodia di “Classico” al monumentalismo epico di “Mediterraneo” per poi approdare al misterioso sound de “La visione del Bipede”. Il dramma e la magia imposti dagli evidenti echi Mozartiani non sminuiscono la carica emotiva evocata da Fresu e compagni che, con abilità ed autentica personalità creativa, coniugano passato e presente cesellando con cura ogni minimo dettaglio.

Raffaella Sbrescia

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