“Fuoco a mare”: Bellopede e Marigliano accarezzano la speranza tra la bellezza e la distruzione

“Fuoco a mmare rint ‘o scuro e chesta città ca camp ancora ca ‘a speranza e chi ce resta”…. un ritornello che, attraverso una manciata di parole, rende in maniera cristallina l’idea di quale sciagura abbia rappresentato per la città di Napoli l’incendio che il 4 marzo 2013 devastò “Città della Scienza”. Mariano Bellopede al piano e Carmine Marigliano al flauto traverso integrano le loro eleganti note dell’ormai apprezzatissimo Viaggio in duo con quelle di Davide Esposito (batteria), Alessandro Anzalone (basso elettrico), Gabriele Borrelli (percussioni)  in “Fuoco a mare”, un brano che prova a racchiudere, con successo, una serie di elementi in netta contrapposizione tra loro: la poesia, la bellezza e la storia da un lato, la distruzione e l’ignoranza dall’altro. Al centro di questa dicotomia la speranza, che nelle vesti e nella voce di Francesca Colapietro, provano a farsi avanti nonostante i problemi che, da sempre, attanagliano le anime di chi prova a combattere in un territorio tanto bello quanto ostile.  Davvero toccanti le immagini del videoclip girato da Gennaro Silvestro proprio tra le ceneri del polo scientifico di Città della Scienza. Si potrebbero spendere milioni di parole nel provare a commentare le immagini forti di questo video ma niente, più delle immagini stesse, potrà farvene comprendere lo spirito ed il significato .

Raffaella Sbrescia

Video: “Fuoco a mare”

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Aula39: fresche emozioni in “Scarpe nuove”

Aula39 © Agnese DiVico Rubini

Aula39 © Agnese DiVico Rubini

Dopo le dolci vibrazioni di “Scrivimi” e ”L’isola” gli Aula39 tornano sul sentiero dei sogni con un brano molto dolce e vitale, intitolato “Scarpe Nuove”. Le sonorità del brano riconducono l’immaginario ad un contesto british, tratteggiato dai dolci contorni di una ballata ritmata e vivace. Il sound è determinato dal trascinante arpeggio del banjo e dalle fresche vocalità di Agostino Acquaviva, Manuel Botrugno, Marco Poletto, Luca Tosoni, Giovanni Seidita. La trama del testo è incentrata sulla storia di una ragazza che si volta il passato alle spalle affidandosi simbolicamente alla leggerezza di un aquilone. Il videoclip del brano, girato da Daniele Zed Berretta per Videns, in un bosco alle porte di Perugia, riprende fedelmente questa idea, attraverso una fotografia dai colori caldi e coinvolgenti. Il percorso degli Aula39 dunque continua seguendo un binario musicale ben preciso, tracciando una linea stilistica riconoscibile e qualitativamente elevata. In attesa dei prossimi passi di questi promettenti ragazzi, godiamoci la freschezza delle loro emozioni.

Raffaella Sbrescia

Video: “Scarpe Nuove”

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Intervista ai Flim: «Vi presentiamo “Time in a fish bowl”»

Flim

Flim

I Flim sono un trio strumentale composto da Massimo Colagiovanni, Giovanni Pallotti e Davide Sollazzi, tre musicisti che, nel 2012, hanno creato un progetto musicale molto originale e ben strutturato fin nei minimi dettagli.  ”Time in a fish bowl” è il loro primo disco, frutto di un intenso anno di lavoro; una linea melodica, minimale, a tratti ipnotica, caratterizza la loro musica che, sfuggendo a qualsiasi classificazione di genere, si presta ad interpretazioni molto eterogenee. In questa intervista il gruppo ci racconta la genesi del disco lasciando, deliberatamente, molto spazio all’immaginazione per un’esperienza d’ascolto da affidare esclusivamente ai propri sensi.

Chi sono i Flim e con quali obiettivi artistici nasce questa compagine musicale?

I Flim sono un trio di musica strumentale, nato nel 2012 a Roma. Dopo un anno dedicato alla composizione abbiamo deciso di registrare un album “Time in a fish bowl”, che uscirà prossimamente.

flim cover albumOtto tracce compongono “Time in a fish bowl”, il vostro primo progetto discografico. Quali sono i temi che hanno influenzato la fase compositiva del disco, le sensazioni che avete provato durante la costruzione di ogni melodia e il riscontro che vi aspettereste da un ipotetico ascoltatore?

Il momento della composizione è stato molto bello, addirittura esaltante. Un lavoro lungo che nel tempo ha delineato l’identità musicale del gruppo.

La scelta di produrre un disco strumentale potrebbe costituire un motivo in più per candidare il vostro sound a musica per immagini (film, cortometraggi, visual art)?

Assolutamente sì. Dopo la composizione e la registrazione del disco c’è stata una fase di ascolto e di comprensione, in cui abbiamo capito quanto l’immagine visiva sia fortemente suggerita dalla nostra musica. Uno dei primi obiettivi che ci prefiggiamo quindi è proprio la sincronizzazione video, e al momento stiamo lavorando al nostro primo videoclip.

Anche se appare subito evidente l’impossibilità di associare la vostra musica a qualsiasi tipologia di genere, c’è qualche influenza esterna o qualcosa che avete attinto dal vostro background?

Nella scrittura dei brani sono naturalmente venute fuori le nostre influenze, i nostri ascolti. Su tutti, due nomi: The Bad Plus e Radiohead. Il risultato effettivamente è difficile da catalogare, ma tutto sommato di facile ascolto.

In alcune tracce del disco ci sono brevi momenti strumentali che sembrano ripetersi in maniera quasi ipnotica… cosa intendete trasmettere attraverso questa tipologia di performance?

Niente in particolare, non c’è un messaggio di cui la nostra musica si fa tramite. L’ossessività di alcune ripetizioni, così come tutte le scelte musicali che abbiamo preso, hanno motivazioni puramente estetiche. Per rendere l’idea, abbiamo trovato i titoli ai nostri brani solo una volta registrati; prima è arrivata la musica.

All’interno del vostro lavoro c’è anche la collaborazione con il Quartetto Sincronie, come è avvenuto questo incontro artistico?

Per l’arrangiamento degli archi ci siamo rivolti a Stefano Scatozza. La scelta del Quartetto Sincronie per l’esecuzione degli archi è stata sua.

Quello che colpisce del vostro lavoro è che ogni brano presenta una struttura completa: ogni strumento riesce a ritagliarsi un ruolo da protagonista senza, tuttavia, oscurare gli altri, creando un’alchimia in grado di trasmettere molteplici sensazioni. Come siete riusciti a bilanciare gli elementi che avevate a disposizione?

Buona parte della nostra musica è molto “scritta”. Le parti e i suoni di ogni strumento sono il frutto di scelte accurate, che ci hanno permesso di trovare ad ogni strumento il proprio “posto” all’interno di ogni brano.

Uno dei brani che si prestano meglio ad un’interpretazione eterogenea è “Release”: delicato, onirico, sognante, a tratti jazzato, fino al climax della jam session finale… come commentereste voi questa traccia?

“Release” è stato l’ultimo brano che abbiamo composto prima di registrare l’album. Nonostante non sia nato con questo intento, per noi è un brano che rappresenta il cambiamento: la fine e l’inizio, calma e il movimento, la tensione e il rilassamento.

Quali saranno i prossimi passi del vostro percorso? Ci saranno dei live?

A breve presenteremo “Time in a fish bowl” e inizieremo a fare live in tutta Italia. Stiamo organizzando anche alcuni live in Inghilterra, in collaborazione con l’artista che ha curato il nostro art work, Jakob Belbin

Raffaella Sbrescia

Gli irlandesi Moxie chiudono la XIX edizione del “Vo’ on the Folks”

Moxie

Moxie

La XIX edizione del “Vo’ on the Folks”, la rassegna musicale diretta da Paolo Sgevano, organizzata in collaborazione con l’assessorato comunale alla Cultura e la Cassa Rurale e Artigiana, giunge al termine con un ultimo concerto molto speciale, previsto per sabato 15 marzo, presso la Sala della comunità di Brendola, in provincia di Vicenza. Sul palco del festival dedicato alle musiche popolari del mondo saliranno, infatti, i  Moxie: 5 giovani musicisti irlandesi capaci di esplorare e solcare i confini della musica attraverso la loro rinomata sensibilità interpretativa. Il loro repertorio coinvolgente e variegato è in grado di ispirare il pubblico grazie a suggestioni insolite e fuori dal comune. La band è composta da Cillian Doheny (banjo e chitarra), che nel 2010 è stato protagonista di una speciale jam session al fianco di Bono Vox degli U2, Joss Kelly (voce, organetto diatonico e tastiere),  che ha suonato con artisti del calibro di Kenny Werner, Martín O Connor, Bobby McFerrin, Beoga. Ted Kelly (voce, banjo e chitarra), fratello di Joss, anche lui spesso sul palco con Bobby McFeerin, Darren Roche (organetto), presente a numerosi festival internazionali come il Willie Clancy, Fleadh by the Feale, Con Curtin, Temple Bar Trad Festival and Sligo Live, e Paddy Hazelton (voce e percussioni), a cui si devono molte delle fusioni musicali e delle sperimentazioni strumentali del gruppo che, nonostante un solido background ispirato alla tradizione irlandese, si lascia spesso ammaliare dal fascino del jazz, dei ritmi tipici della world music e persino dalla new age.

Info e prenotazioni:

Sala della Comunità – via Carbonara,28  - Brendola (VI) – tel. e fax 0444 401132

www.saladellacomunita.com - info@saladellacomunita.com

Video: ”What Lies Behind The Wall”

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Atina jazz Festival: tre appuntamenti in attesa della 29ma edizione

ATINA_JAZZ2_rimp (2)Si svolgerà dal 19 al 27 luglio la 29esima edizione dell’Atina Jazz Festival, una prestigiosa manifestazione che, da anni, porta i grandi nomi della scena jazz nazionale ed internazionale tra le strade di Atina, un piccolo centro della provincia di Frosinone. Quest’anno il Festival si ispira al progetto “Do ut Jazz”, nato con l’obiettivo di valorizzare il territorio e di diffondere la cultura del jazz, rendendola accessibile ad un pubblico più ampio, con la possibilità di assistere gratuitamente a tutti gli eventi del Festival diretto dal musicista e produttore Antonio Pascuzzo. Le amministrazioni e le aziende che sostengono il festival, otterranno un’utilità concreta dalla scelta di supportare l’evento, che in questo modo, diventa uno strumento finalizzato alla promozione e valorizzazione della Valle di Comino e delle sue eccellenze.

Ad anticipare la sessione estiva della kermesse saranno tre serate, rispettivamente previste il 7, l’8 ed il 19 marzo nel Salone del Palazzo Ducale di Atina. Ad inaugurare la prima serata sarà il concerto del Roberta Di Maio trio e dell’imperdibile live del noto duo Musica Nuda, composto da Petra Magoni e Ferruccio Spinetti. La serata successiva vedrà sul palco il Giorgio Ferrera trio plus, un progetto musicale sperimentale che affonda le  proprie radici proprio ad Atina. La serata del 19 marzo vedrà il concerto della cantante jazz Elina Duni, in diretta su Radio Rai 3, all’interno del programma“Radiotre Suite Jazz”.

Il sito di riferimento per tutte le info è : www.atinajazzfestival.com

 

 

“I colori del Jazz”:una rassegna musicale da non perdere

locandina_live_topnes definitivaPrenderà il via il prossimo 7 marzo la III edizione della rassegna musicale “I colori del Jazz”, organizzata dall’Associazione culturale napoletana Live Tones e curata dal direttore artistico e presidente dell’associazione Alberto Bruno. L’intento della kermesse, sarà, come di consueto, quello di garantire al pubblico un’offerta musicale di elevato spessore qualitativo ed artistico, grazie alla partecipazione di musicisti ed interpreti di fama internazionale.

Fabrizio Bosso - Julian Mazzariello

Fabrizio Bosso – Julian Mazzariello

 Il primo concerto della rassegna si terrà venerdì 7 marzo nella sede dell’Auditorium Salvo d’Acquisto di Napoli e vedrà sul palco il noto trombettista Fabrizio Bosso e l’eclettico Julian Mazzariello al pianoforte, per una serata ad alto tasso di emozioni, intitolata “Shuffle”. Il segreto per capire subito quale sarà lo spirito del concerto sta in due parole chiave: sperimentazione ed improvvisazione.

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Enrico Zanisi Ph. Andrea Boccalini

La rassegna proseguirà il 21 marzo con l’esecuzione live di “Keywords”, il nuovo album del giovane e talentuoso pianista romano Enrico Zanisi, classe 1990. Il disco è stato pubblicato lo scorso 14 gennaio per la Cam Jazz con Enrico Zanisi al piano, Francesco Ponticelli al basso e Alessandro Paternesi alla batteria ed ha già ottenuto un notevole riscontro, sia dal pubblico che dalla stampa specializzata.

Enrico Rava - Andrea Pozza Ph. Roberto Cifarelli

Enrico Rava – Andrea Pozza Ph. Roberto Cifarelli

L’ultimo appuntamento dei “Colori del jazz” è previsto per il 29 marzo quando Enrico Rava alla tromba e Andrea Pozza al piano offriranno un imperdibile assaggio del proprio sconfinato repertorio, frutto di numerosi anni trascorsi sui palchi italiani ed esteri. Il prestigioso duo presenterà melodie e brani tratti dalla miglior tradizione jazzistica spaziando dagli standards più legati alla tradizione, a brani particolarmente cari a Rava, fino a qualche incursione nella musica brasiliana, senza, tuttavia, tralasciare l’originalità interpretativa di due personalità di notevole pregio tecnico e compositivo.

Alla luce di quanto annunciato, la rassegna “I colori del jazz” rappresenta una rara occasione di fruizione musicale: tradizione ed innovazione saranno al centro di tre appuntamenti pensati con l’obiettivo di conquistare il pubblico, attraverso una preziosa miscela di lirismo, energia, esperienza e tecnica.

Auditorium Salvo D’Acquisto – Via R. Morghen 60 Napoli

Info: Direzione organizzativa Ornella Falco 3389941559

Inizio Concerti ore 21.30 – Apertura Teatro ore 20.45

Prevendite www.GO2.it – Posti non numerati

Raffaella Sbrescia

Nico Sapuppo racconta i segreti della sua anima jazz

Nico Sapuppo

Nico Sapuppo

Nico Sapuppo  è un sassofonista e compositore di origini sicule. Cittadino del mondo e profondo conoscitore della musica jazz, Nico è riuscito a conquistare numerosi consensi grazie alle emozioni trasmesse dalle sue composizioni,  intrise di contaminazioni. In questa intervista l’artista ha provato a spiegare cosa si nasconde dietro la sua peculiare cifra stilistica.

Nico, il tuo viaggio musicale è cominciato quando eri soltanto un bambino… come si sono evoluti , nel tempo, il tuo sconfinato amore per la musica e la tua ricerca stilistica?

Grazie alle esperienze musicali,  sia dal vivo che negli studi di registrazione, ho avuto la possibilità di spaziare  dal jazz al funky, dal blues al pop. Tutto questo mi ha permesso di maturare ed evolvermi  riuscendo a contaminare la mia musica e migliorare il mio suono del sax rendendolo moderno .

Quali sono le correnti musicali che senti più vicine al tuo mondo fatto principalmente di improvvisazione?

Io amo tutta la musica …Iniziai negli anni 80 ascoltando il jazz rock, poi la fusion ed infine  il jazz puro. Le mie composizioni sono piene di melodia, adoro contaminare e cercare di ottenere un sound il più possibile personale e riconoscibile.

nico sapuppo 2Qual è la pulsione che determina la tua carica creativa?

Cerco Di ascoltare ciò che la mia anima mi suggerisce , ogni volta  è un’ emozione incredibile, lascio il mondo fuor i e tutto comincia a prendere forma in un modo sempre nuovo.

In questi anni hai avuto modo di girare il mondo e di interagire con tantissimi artisti. Ti va di raccontarci qualche episodio che ti ha segnato più di altri?

In realtà gli aneddoti sarebbero tanti: quando conobbi Paolo Fresu ci presentammo cosi : io esordii con le seguenti parole: « Grande maestro posso avere il piacere e l’onore di stringerle la mano ?» e Paolo mi rispose: “ Piacere, Paolo Fresu» ed io ribattei d’istinto: « Piacere Nico Sapuppo, un umile servo della musica» e Paolo, sorridendo, mi disse : «Nessuno  si è mai presentato esordendo così, piacere mio Nico!». L’altro è inerente all’incontro con la grande cantante Elaine Gibbs che, dopo la fine di una performance insieme, abbracciandomi e con le lacrime agli occhi mi sussurrò :« Wow Nico, you are a great soul sax man, thanks for all!». E pensare che il sassofonista a cui si accompagna di solito è Eric Marienthal ….!

Il tuo disco “A long journey” parla molto di te e delle contaminazioni che ami immettere nelle tue composizioni… quali sono le suggestioni narrative che vorresti comunicare al pubblico?

Rispondo con una mia frase: « La musica è libera espressione dell’anima, emozione vibrante allo stato puro», e ancora, lo dico con estrema umiltà e semplicità:« Io sono ciò che suono e suono ciò che sono». La musica ha sempre fatto parte di me, della mia vita, del mio modo d’essere, amo svisceratamente comporre e raccontarmi in musica e, se tutto questo arriva al pubblico, io ne sono felice!

nico sapuppo 3Solo pochi mesi fa eri in Sud America per un lungo tour… in quali paesi ti sei esibito e che riscontro hai avuto da questa esperienza?

In Sud America ho ricevuto un accoglienza incredibile, ogni concerto era  accompagnato una da diretta tv e da una grande promozione in radio. Sono stato in  Argentina  (Buenos Aires, Cordoba, Concordia, Passo de los libres, Corrientes), Brasile (Rio de Janeiro, San Paolo, Bahia),  Paraguay e Uruguay  ed ho anche avuto il piacere e l’onore di conoscere il console Argentino e il console Brasiliano che, a fine concerto, sono venuti a salutarmi ….

Stai lavorando a nuovi brani?

Sì, sto lavorando al secondo album che sarà anche un tuffo nel passato con uno sguardo al futuro …. Ci saranno anche collaborazioni internazionali, sono stato contattato da artisti in U.S.A., i quali  vorrebbero che collaborassi con loro, non solo in qualità di sassofonista, ma anche come composer piano… In realtà io compongo spesso e ripongo tutto nel cassetto, spero davvero di continuare a produrre tanta buona musica.

Che progetti ci sono in programma per la prossima primavera?

Comunico, in anteprima, che presto sarà visibile il mio nuovo sito, con management, ufficio stampa ed uno staff di professionisti  con cui lavorerò a stretto contatto ed in totale sinergia. Colgo l’occasione per ringraziare  chi ha creduto in me, a chi mi supporta in tutto il mondo, a chi ha capito la mia vera essenza, a  chi ha grande sensibilità ed amore per la musica. In particolare grazie a Radio network e a “ Lee Thomas Mojito jazz radio” che mi ha dato visibilità in tutto il mondo e a alla mia compagna che mi ha sempre sostenuto e supportato in questi anni.

Se potessi descrivere il tuo mondo di note, quali aggettivi useresti per lasciarci carpire la vera essenza del jazz?

Coinvolgente, Entusiasmante, Colorato, Vibrante, Riflessivo, pieno di anima! Quando ci si racconta in musica, attraverso il cuore si arriva a tutti, anche a chi di jazz non ne capisce molto…

Raffaella Sbrescia

Gennaro Porcelli: “Il blues è la mia missione”

Gennaro Porcelli © Cristina Molteni

Gennaro Porcelli © Cristina Molteni

Gennaro Porcelli è uno dei più noti esponenti italiani del blues Made in Italy nel mondo. Nonostante la sua giovane età, il talento e la passione per la chitarra, lo hanno avvicinato ai più grandi musicisti che, in più occasioni, lo hanno accolto sotto la propria ala. Da ormai 8 anni è il chitarrista di Edoardo Bennato e, contemporaneamente, ha fondato “The Highway 61”, un trio blues che vede la partecipazione di Diego Imparato al basso e Carmine (Bulldog) Landolfi alla batteria. In questa approfondita chiacchierata, Gennaro ci ha raccontato la genesi del suo ultimo disco “Alien in transit” senza tralasciare aneddoti e confidenze.

Gennaro, come si è evoluta nel tempo la tua anima blues?

La continua ricerca, gli approfondimenti strumentali e svariate esperienze di vita vissuta hanno forgiato, non solo il mio spirito, ma anche il mio modo di suonare. Con la recente disavventura nel carcere statunitense, che mi ha visto prigioniero per due giorni, ho provato, nel mio piccolo, delle sensazioni di cui sentivo parlare nei testi dei miei miti musicali. Per quanto riguarda la parte strumentale ho imparato nuove tecniche chitarristiche, conosciuto nuovi artisti e scoperto nuove correnti musicali. Tutto questo mi ha portato a ragionare e a scrivere in modo diverso, più intimo, più diretto. La mia evoluzione personale mi ha anche permesso di essere apprezzato un po’ in tutto il mondo e, tra l’altro,  ho notato che il mio disco “Alien in Transit” sta avendo molto successo su Itunes, soprattutto in Europa. Questa cosa mi gratifica molto perché comunque fare il musicista non è mai semplice e, per me che vivo solo di musica, si tratta di una bella soddisfazione.

The Highway 61 Blues Trio nel backstage del Bloom

The Highway 61 Blues Trio nel backstage del Bloom

Come riesci a conciliare la tua vita on stage con Edoardo Bennato ed il progetto parallelo “The Highway 61”?

Fortunatamente lo gestisco molto bene. Edoardo è soprattutto un mio amico ed un grande appassionato di blues. Rispetto ad altri artisti, che vogliono una sorta di esclusiva, lui è felicissimo, viene a quasi tutti i miei concerti, quando può mi viene a trovare, si siede tra il pubblico dei club e nel frattempo giriamo l’Europa insieme, ormai da più di 8 anni. Prima che diventasse un amico, Edoardo era uno dei miei artisti preferiti da bambino, perché è stato uno dei primi a portare il blues in Italia quindi, quando ho avuto il piacere di iniziare a collaborare con lui  è stato il coronamento di un piccolo sogno, che continua con nuovi progetti insieme. Nel periodo invernale mi dedico ovviamente anche al mio gruppo “The Hightway 61”, che comunque non abbandonerò mai.

alien in transit“Alien in transit” è il tuo progetto discografico più recente. Ci racconti il disco, track by track, e le tante collaborazioni che ci sono al suo interno?

“Alien in transit” è il modo in cui viene chiamato il prigioniero di passaggio in carcere. Fu la prima cosa che mi salto all’occhio sul mio foglio di arresto negli Usa. Da lì è nato il primo brano del disco “Immigration man”, che ho scritto insieme a Mark Epstein, già bassista di Johnny Winter. Con lui avevo un rapporto già consolidato perché avevamo fatto un paio di tour negli Usa e uno in Italia. Fu proprio lui, all’aeroporto di Philadelphia, a cantarmi il tormentone “I’m the immigration man,  you are not wanted” e, da lì, è nato il brano suonato live in studio. Durante il periodo in cui facevamo un tour, qui in Italia, abbiamo approfittato dei days off per registrare questo brano e anche “I’m here”, un testo che abbiamo scritto insieme con una musica molto dolce, decisamente diversa dal mio groove generale. Si tratta di una ballata in versione acustica, anche questa registrata live in studio, una tipica  storia d’amore blues: un amore mai iniziato, di cui rimangono soltanto bei ricordi. “You don’t know me but I’m here”: lui si innamora di lei, capisce tutto di lei, ma la lei in questione non lo ha mai visto. Poi c’è “It takes a lot to lough it takes a train to cry”, un vecchio brano di Bob Dylan che ho rielaborato completamente insieme a Rody Rotta che, con la sua carriera quarantennale, è stato il mio maestro da piccolo e oggi è un mio grandissimo amico e collaboratore. Il disco contiene anche un brano anomalo, che non doveva essere in questo cd, intitolato “La giostra”, commissionatomi da una grossa radio italiana. Sicuramente è un brano che farà storcere il naso a un po’ di persone, visto che si tratta di una canzonetta ben suonata, ma l’ho messo all’interno del cd come provocazione, è stata una scelta voluta. Proseguendo questo viaggio nella valle del blues, vorrei parlarvi di  un brano, eseguito dal vivo al Capo d’Orlando Blues Festival, s’intitola “Dallas” ed è stato scritto da Johnny Winter, uno dei miei miti, con cui ho avuto il piacere interagire anni fa a Padova. Ho quindi ripreso questo brano suonandolo in duo con Andy J. Forest, uno dei più grandi armonicisti al mondo, anche lui caro amico mio. “Slim’s walk”, è, invece, un brano strumentale, scritto qualche anno fa, che ho registrato con l’aiuto di Ricky Portera, chitarrista storico di Lucio Dalla e degli Stadio. In pratica mi sono circondato di amici! Tra gli altri cito Ronnie Jones che ha iniziato a suonare con i padri fondatori del British Blues, con cui mi incontro e mi sento molto spesso. Poi c’è il nostro Enzo Gragnaniello, una persona eccezionale che ha scelto di riarrangiare “L’Erba cattiva”. In questo caso ho stravolto il brano nello stile blues di J. J. Cale, padre del toulsa sound ed il risultato, secondo me, è uno dei meglio riusciti, anche perché il napoletano, come l’inglese, è fatto di parole tronche.

Che relazione c’è, secondo te, tra Napoli ed il blues?

Beh, Napoli ha perso molto! Il blues è stato avvicinato da tante persone sbagliate negli ultimi anni… Rispetto a quando io ho iniziato, molti musicisti, anche bravissimi, si sono un po’ arresi alle leggi del mercato. A differenza di quando ero ragazzino, adesso, tranne qualcuno, pochi sanno cosa stanno suonando, per il resto vedo molte brutte copie. C’è chi dà più spazio alla parte scenica, ai luoghi comuni del blues rispetto all’essenza della musica e queste persone fanno solo un danno a questo genere musicale

Che progetti hai in programma e qual è l’evento più recente che ti lasciato qualcosa dentro?

Il 22 gennaio ho fatto un concerto molto importante, ho suonato allo storico Bloom di Mezzago ed ero in cartellone con John Hammond, Johnny Winter e tanti altri musicisti storici. Per me è stato un concerto davvero da ricordare. Quello del Bloom è un palco prestigiosissimo, ci hanno suonato i Nirvana, i Greenday e tutti i grandi del blues passano da lì. Il fatto che mi abbiano inserito mi ha onorato moltissimo! Per quando riguarda i progetti con “The Highway 61”, tra qualche mese vorremmo pubblicare un singolo, soltanto in formato digitale, con un altro ospite prestigioso… però non posso ancora dire di cosa si tratta! Posso solo anticiparvi che si tratta di un inedito bello tosto, non so ancora se farlo uscire in italiano o in inglese…. Sto lavorando anche in studio per alcuni amici e per tutto il resto vi basta seguire la mia pagina ufficiale su facebook https://www.facebook.com/gennaroporcelliofficial?fref=ts

Raffaella Sbrescia

Video: “L’erba cattiva” feat. Enzo Gragnaniello

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Claudio Abbado: un maestro eterno

Martha Argerich e Claudio Abbado

Martha Argerich e Claudio Abbado

Un mese fa la musica mondiale ha perso Claudio Abbado, uno dei più grandi maestri al mondo. Oltre l’omaggio che il  Festival di Sanremo gli ha reso, in apertura della serata di giovedì 20 febbraio con la Filarmonica della Fenice di Venezia, diretta dal giovane direttore d’orchestra venezuelano Diego Matheuz, uno degli ultimi allievi-collaboratori del Maestro Abbado, lo scorso 11 febbraio è stata pubblicata anche l’ultima registrazione di due concerti mozartiani con Martha Argerich al pianoforte e Claudio Abbado sul podio dell’Orchestra Mozart. L’opera, registrata dal vivo nel marzo 2013, durante il Festival di Lucerna, si è subito posizionata al 16° posto della classifica dei dischi più venduti, testimoniando, attraverso i fatti, che la musica sa sconfiggere anche la morte. I concerti per pianoforte n. 20 in re minore K 466  e n. 25 in do maggiore K 503 sono i gioielli che, in questo disco, completano e chiudono un cerchio artistico difficilmente eguagliabile.

Viaggio in Duo: un concerto per la “Mostra Impossibile”

Mariano Bellopede e Carmine Marigliano

Mariano Bellopede e Carmine Marigliano

Continuano le imprese del progetto ViaggioInDuo: Mariano Bellopede, al pianoforte, e Carmine Marigliano, al flauto, aprono eccezionalmente le porte dell’ormai consolidato duo a Davide Esposito, alla batteria, e ad Alessandro Anzalone, al basso, per un concerto molto speciale, previsto per il 22 febbraio, in occasione di “Una Mostra Impossibile”, organizzata presso il convento di San Domenico Maggiore a Napoli. Il live inizierà alle 21 e si terrà nella Sala del Capitolo del medesimo complesso monumentale. Al centro di un repertorio musicale, notoriamente molto eterogeneo, ci saranno sonorità sudamericane e melodie mediterranee che, attraverso un appassionato melting pot di note, sapranno concedere ampie parentesi anche al jazz e a qualche stralcio più gaiamente pop. Per i più esigenti, ci sarà anche la possibilità di visitare la “Mostra Impossibile Leonardo Raffaello Caravaggio”, promossa dalla Rai, dal Comune di Napoli-Assessorato alla Cultura e dall’ Associazione Pietrasanta Polo culturale, che fino al 21 aprile 2014, presenterà, in riproduzioni ad altissima definizione e  in dimensioni reali, l’intera opera dei tre grandi artisti: 63 dipinti di Caravaggio, 37 di Raffaello e 17 di Leonardo.

Ingresso 10 euro (compreso l’accesso alla Mostra), per informazioni  3284989718, livesultettodineapolis@gmail.com

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