Intervista ai The Burlesque: Vi raccontiamo il nostro album “Cheap and Kool”

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The Burlesque

Fabio Atteo (voce e chitarra), Dario Menna (basso e cori) e Ceppe Pasciano (batteria e synth) sono i The Burlesque. Il trio partenopeo ha pubblicato lo scorso 25 febbraio “Cheap and Kool”, un album indie rock  che trae ispirazione da Vampire Weekend, Strokes o Cribs  e che, attraverso dieci brani, riesce a trasmettere l’essenza flessibile, frizzante e friabile del suono proposto da questi giovani musicisti che non amano prendersi troppo sul serio. A raccontarci la storia e l’entità del gruppo è Fabio Atteo cantante e chitarrista dei The Burlesque.

Come nascono i The Burlesque e quali sono i presupposti su cui si basa la vostra musica?

La formazione nuova del progetto dura da un anno. Prima della fase, uscì un Ep, sempre sotto il nome The Burlesque, in cui figuravo io, assieme ad altri elementi, ci fu un tour, poi incorsero dei problemi, che hanno portato fino quasi allo scioglimento del gruppo, finchè ho trovato dei nuovi elementi con cui ho iniziato a scrivere, suonare, registrare e promuovere “Cheap and Kool”, il nostro nuovo album. Vista la storia un po’ travagliata, io miro a dire che il progetto ha un anno di vita semplicemente perché i pezzi, tutti nuovi, hanno un anno, magari è anche un gesto affettivo verso ciò che stiamo facendo, ciò non toglie che non si rinnega nulla di quello che è stato fatto in precedenza.

La stampa di settore ha inquadrato il vostro genere come indie A-PUNK, entriamo nei dettagli… ci spieghi quali sono i temi, le influenze e gli obiettivi del vostro fare musica?

Probabilmente è stata vista una vicinanza ai Vampire Weekend, una band che a noi piace molto, tra l’altro. Noi abbiamo un modo di vivere la musica in maniera A-Punk, nel senso che facciamo un rock’n’ roll roll privo delle varie distorsioni usuali. La nostra attitudine punk, si dota, dunque, di una A privativa e questo si sposa bene molto bene con il nostro tipo di melodia. Più in generale l’apparato sonoro che utilizziamo è finalizzato a rendere il suono più vario e più divertente possibile prima per noi e poi per gli ascoltatori.

cheap and koolCheap and Kool” è il titolo del vostro ultimo disco… cosa racchiude questo album e qual è il senso del titolo?

Il disco rappresenta il racconto del mondo che ci circonda, i testi li ho scritti io con la volontà di raccontate il fatto che è sempre più facile riuscire ad essere “cool” ad un prezzo ormai basso. Il discorso però è un po’ più complesso di come appare, quello di cui intendiamo parlare è il valore reale di ciò che ci circonda. Un mondo “Cheap and Kool” in cui spesso riusciamo a fare qualsiasi cosa senza capire il reale valore delle cose.

A cosa è dovuta la scelta della inquadratura bassa nel video del singolo “Young love”?

Questo video fa parte di una trilogia composta da “Young love”, per l’appunto, “Think about” ed il nuovo singolo “About an H”. Si tratta del racconto di una storia in maniera verticale ma la chiave interpretativa del video risiede nell’idea di una stessa storia raccontata attraverso tre diverse inquadrature. Dopo diverse ricerche, svolte in maniera anche un po’ goliardica, ci siamo resi conto che si tratta del primo caso al mondo in cui si verifica questo tipo di racconto audiovisivo. Per noi è stata un’esperienza molto divertente che, tra l’altro, si sposa molto bene con il concetto di “Cheap and Kool”, anche perché il tutto è costato 500 euro (ndr).

the burlesque 2 (2)Il prossimo 2 maggio sarete all’Arenile Reload di Napoli nell’ambito del Comicon (Salone Internazionale del Fumetto). Ci raccontate che tipo di live è il vostro?

Saremo insieme agli the Shak&Speares e saremo sicuramente in famiglia! Abbiamo suonato innumerevoli volte insieme, abbiamo fatto incursioni durante i loro live… Dopo di noi ci sarà anche il dj set di Davide Boosta Dileo, una super serata!

Noi siamo in tre e siamo poco ingombranti, quello che ingombra sono gli strumenti che ci portiamo dietro durante i live. Ci approcciamo in maniera molto diretta al pubblico, anche se ci sono tante sfumature di suono da riprodurre. Inoltre come nell’album, anche dal vivo ci sono due pezzi in cui il bassista va alla batteria, il bassista suona la tastiera e io qualche volta suono, questa cosa diverte sia noi che il pubblico. L’attitudine del nostro suono è molto ballabile ed è questo che ci diverte più di tutto. Il nostro live in genere dura parecchio, non è raro trovare pezzi nuovi all’interno della scaletta, abbiamo un ep precedente che per noi racchiude vere e proprie chicche ma non abbiamo una scaletta fissa. Dario e Ceppe mi assecondano spesso nelle mie follie, magari si sbaglia qualcosina ma ci divertiamo e l’errore durante il live secondo me è consentito, il pubblico non è così diverso da noi, siamo tutti esseri umani. Per il resto stiamo riarrangiando dei pezzi in chiave acustica buttandoci dell’elettronica all’interno; questo per creare l’atmosfera ideale per degli showcase che presenteremo dando una nuova veste ai pezzi dell’album. Vorremo trascorrere un mese suonando in posti un po’ più piccolini dove poter fare questa cosa, al momento è ancora tutto in via di sviluppo ma abbiamo davvero tanta voglia di concretizzare questo tipo di situazione.

 Raffaella Sbrescia

Video: “About An H.”

 

Si ringraziano i The Burlesque e Giulio Di Donna per la disponibilità

 

“Blues Tale”, l’album d’esordio dell’Alex Usai Blues Band

COVER ALBUM_Blues Tale_Alex Usai Blues Band_b (2)“Blues Tale”  è la favola blues che segna l’esordio artistico della Alex Usai Blues Band. Un conglomerato di quattro anime milanesi, legate a doppio filo ad un genere musicale che ha segnato la storia e l’evoluzione della musica mondiale. Alex Usai (chitarra, voce), Alberto Gurrisi, (hammond), Ivo Barbieri, (basso, voce), Martino Malacrida (batteria), si sono dunque uniti in un progetto che ha visto la luce lo scorso 7 marzo. Il disco si compone di 9 tracce, di cui 7 inediti e due particolari arrangiamenti di “All you need is love”, tributo ai Beatles, e “Britta’s Blues” di Anthony Wilson. Alex Usai compone musiche e melodie spaziando tra generi e secoli, traendo ispirazione sia dal blues americano contemporaneo che dallo shuffle tipico dei primi anni 60. Virtuosismi e accenti strumentali lasciano trasparire l’esperienza e la disinvoltura con cui l’Alex Usai Blues Band intende creare un sound riconoscibile.

Alex Usai Blues Band

Alex Usai Blues Band

Il brano d’apertura del disco è la title track “Blues tale”: il racconto di un incontro che segnerà il destino di più persone. “No More Sunny Days” lascia la parola agli strumenti, attraverso un  flusso di visioni e suggestioni ispirate ai blues player d’oltreoceano. La già citata “Britta’s Blues” si riveste di suoni elettrici, senza, tuttavia, travisare l’antico protagonismo di organo e chitarra. A seguire c’è “Follow Me”, il canto di un’avventura selvaggia. Lacrime e pensieri inseguono lividi e sudore in una battaglia strumentale senza campo. “I’m Not Wide Awake” è la prima ballad del disco, un grido intimista per uscire dal torpore psichico e sensoriale in cui spesso preferiamo sostare per non lasciarci travolgere da un’angosciante sensazione di smarrimento. L’ Alex Usai blues band trasforma tutto ciò che incontra sulla propria strada. Stessa cosa avviene con “All You Need Is Love”, il classicone beatlesiano diventa una rock ballad decisamente diversa dal solito. Il brano più intenso del disco è  “Hope”: una chitarra acustica traccia speranze e concetti, attraverso un suono caldo e semplice, come la vita. L’incontro tra blues e pop avviene in “Mr. Man”, l’obiettivo, riuscito, è una valida esaltazione della personalità di Alex Usai. Chiude il disco “Tilly”, una ballad strumentale, soft e riflessiva, in grado di rispecchiare fedelmente lo spirito autentico e verace dei professionisti che hanno dato vita ad un racconto senza tempo e senza etichette.

Raffaella Sbrescia

Ascolta “Blues tale”

“Eez-Eh”, il nuovo singolo dei Kasabian. La recensione

eeh eh“Eez-Eh” (“Easy”) è il primo trascinante singolo estratto da “48:13”, il nuovo album dei Kasabian, in uscita il prossimo 10 giugno. Il brano si apre subito con un beat irresistibile. Pura potenza elettronica per quella che si presenta a tutti gli effetti come una hit da dancefloor. Dopo decine di messaggi criptici, postati da Sergio Pizzorno e Tom Weighan sui canali social del gruppo, la rete già impazza sulle note di un brano che, come l’album, intende rispecchiare la ferma volontà dei Kasabian di mettersi a nudo.  La coinvolgente orecchiabilità del suono si associa ad un cantato distorto, a tratti ipnotico, di Weighan e ad una miriade di suoni sintetici che distraggono inevitabilmente l’ascolto di un testo niente male:

“Eez eh, I’ll make you mad. If you want to, I take you out. I got a feeling that I’m gonna keep you up oh. Gonna keep you up all night. Tired of taking orders, Coping with disorders, Running out of power, Tired of taking orders, Coping with disorders, Running out of power. Horsemeat in the burgers, People commit murders. Everyone’s on bugle We’re being watched by Google”.

Facile, easy, diretto e immediato, il testo evidenzia subito una stanchezza generale, una stanchezza insita nell’animo di gente che usualmente prende ordini per abitudine e sfiancamento. La constatazione che viviamo sotto il vigile controllo dei motori di ricerca, che siamo carne da macellare e indicizzare nel bel mezzo di un polverone mediatico, subdolo e nebuloso. In attesa di capire se e come potremo districarci da questo inghippo esistenziale, balliamoci su..

Raffaella Sbrescia

Video: “Ehz-eh”

Palazzo Venezia, ‘Il Sabato degli Aperitivi Musicali’

incontri maggio-giugno (2)Sabato 3 maggio alle ore 11.00 a Palazzo Venezia Napoli (via B.Croce n.19, I Piano) l’ Ass. Palazzo Venezia Napoli e l’ Accademia Musicale Europea terranno il primo dei tre appuntamenti musicali previsti all’interno della rassegna intitolata ‘Il Sabato degli Aperitivi Musicali’. Gli eventi si terranno durante  il mese di maggio e saranno diretti musicalmente dal M° Luciano Ruotolo.

Ad esibirsi nel primo appuntamento la pianista Angela Picco ed il violoncellista Adriano Ancarani.

Ad accogliere gli ospiti nelle sale storiche un aperitivo di benvenuto al quale seguirà il concerto all’interno della suggestiva Casina Pompeiana. La giornata si concluderà con la visita guidata agli altri ambienti di Palazzo tra i quali il Giardino Pensile.
In programma la Sonata op. 65 in sol minore di F.Chopin, Fantasiestuke op. 73 di R.Schumann e Introduction et Poloneise brillante op. 3 di F. Chopin

Contributo organizzativo 5 euro (Concerto, visita guidata, aperitivo)

Prenotazione entro venerdì 2 maggio al seguente numero telefonico:

Tel. 081.552.87.39 (h.9,30 – 13,30/15,30 – 19,00)

I prossimi appuntamenti della rassegna:

Sabato 10 Maggio ore 11.00
‘Duo Souvenir’
Carla Senese-Mandolino, Riccardo Del Prete-Chitarra

Sabato 31 Maggio ore 11.00
Concerto allievi del Corso di Pianoforte del M° Luciano Ruotolo

“Apolide”, il nuovo album di Eusebio Martinelli. La recensione

apolide“Apolide” è il termine che racchiude il titolo e lo spirito del nuovo album di Eusebio Martinelli, il virtuoso trombettista che, con l’inseparabile Gipsy Abarth Orkestar, diverte e conquista grazie a nuovi gustosi elementi: sonorità, collaborazioni, testi e sfumature nuove assorbono e fanno propria l’anima artistica di Martinelli che, restando fedele al proprio background, approfondisce e sviscera il suo mondo privo di confini e limitazioni. “Apolide” è, infatti, un viaggio coinvolgente e sfrenato, trainato dalle vele di un veliero fatto di inchiostro nero, pieno di note cosmopolite. Il folk si sposa alla trascinante baldanza della tradizione balcanica e tzigana, trovando inedite vie espressive attraverso il virtuosismo dei numerosi musicisti che hanno preso parte a questo meritevole  progetto.

eusebio martinelliLa prima traccia dell’album è la title track “Apolide”: un ritmo serrato ed incalzante vitalizza suoni e colori di una non dimensione. “Danze sulla polvere” è la prima delle tre tracce  cantate, la bellezza che inebria le idee rompe le catene imbevute di ego e vanità. Siamo fatti di polvere, meglio ricordarlo ballandoci su. “Surus” è un brano mistico, ispirato dal nome del valoroso elefante di Annibale che, a capo dell’esercito Cartaginese, valicò le Alpi. “Surus” si riveste di ipnotico fascino grazie al seducente theremin del polistrumentista Vincenzo Vasi che, come Martinelli, vanta una durevole collaborazione con Vinicio Capossela. Il brano più intenso del disco è “Grecale”: il canto di Amira Sehtl si sposa al violino tzigano di suo figlio Mario Sehtl, creando un’immagine  solenne e festosa al contempo. Musica e pensieri si lasciano accarezzare da una brezza di emozioni provenienti da  Nord-Est. “Oleao” rappresenta, invece, il brano caciarone. L’originale reinterpretazione delle melodie tratte dagli storici film di Alberto Sordi riesce a disegnare un sorriso sul volto. “Le cantine di San Giglio” è il titolo di una canzone ispirata ad una ricorrenza che, più di una festa, rappresenta l’occasione di un viaggio cullato da un timoniere speciale, la “Cicala”, il celebre vino dell’isola, in grado di animare amori e melodie. Libero sfogo alla creatività di Martinelli in “Sinfonia 5”: orchestra e solisti si alternano tra ritmi gitani e le inflessioni più tipicamente mediterranee fino a convergere in un travolgente crescendo finale. A chiudere il disco è il remix realizzato da Dj Tagadà di “Gazpacho”, brano tratto dal precedente omonimo album di Martinelli. Un balkan beat  perfetto per concludere una festa di note.

Raffaella Sbrescia

Intervista a Riky Anelli: “La musica è approfondimento, scoperta e sogno”

Riky Anelli Ph Tania Alineri

Riky Anelli Ph Tania Alineri

Riky Anelli è un cantautore e polistrumentista bergamasco. Da sempre attivo sui palcoscenici italiani ed esteri, l’artista è anche docente all’Accademia Musicale di Treviglio nonchè fervente sostenitore di Amnesty International. “Svuota tutto” è il titolo del singolo con cui Riky Anelli ha vinto al Premio De Andrè 2013 la targa Repubblica.it, assegnata dai lettori del sito. Abbiamo colto l’occasione per porgli alcune domande finalizzate alla scoperta e all’approfondimento del suo mondo fatto di note e parole.

Nella sua biografia si legge che lei è un cantautore e polistrumentista, quali sono esattamente gli strumenti che suona e che tipo di cantautorato è quello che lei propone al pubblico?

Principalmente sono un chitarrista, acustico, elettrico e classico. Suono il basso, il pianoforte, l’ukulele, il banjo e adoro utilizzare l’armonica in diversi pezzi. Il mio è un cantautorato da vecchia scuola, di matrice napoletana, romana e genovese, inserito in una realtà attuale. Spero sia creativo e fresco al punto giusto.

Qual è il suo background culturale, musicale e artistico?

Vengo dal blues. Ho studiato musica e arte, scrivo da che ne ho memoria, poesie e canzoni. De André mi ha cambiato la vita, Dalì me l’ha resa comprensibile, Bennato mi ha dato coraggio, Neruda la voglia di mettermi a nudo, De Gregori ha acceso la mia sensibilità, Man Ray ha schiaffeggiato la mia vergogna iniziale, Dylan…beh Dylan ha fatto tutto il resto. A loro devo molto.

Lo scorso 16 aprile ha pubblicato il singolo intitolato “Svuota tutto”… ci racconta di cosa parla questo brano e come ha realizzato l’arrangiamento così articolato del pezzo?

In auto, sulla strada per arrivare al locale, un continuo alternarsi di cartelloni pubblicitari, svendite totali, “Fuori tutto”, “Svuota tutto”, “Svendo tutto”. Ho pensato subito all’Italia in vendita a poco prezzo, a questa paradossale differenza tra chi ozia su barche super costose e chi non ha lavoro, a questo paese così ricco di meraviglie, di cultura, di storia e al suo degrado moderno, molto spesso (parlo di quello artistico) “taciuto”. Per quanto riguarda l’arrangiamento di “Svuota Tutto” ho creato la sessione ritmica con strumenti che amo definire “rurali”; un barattolo di tabacco, una sedia, un pannello fonoassorbente dello studio, il pavimento stesso, basso, basso tuba. Ho lavorato a loop, nella stessa maniera che uso dal vivo quando suono da solo. Per le melodie un fantastico mellotron, violino e…le mie chitarre. Un mixaggio paziente e ben sperimentato fatto dal mio manager, compagno di viaggio ed amico Francesco Matano che ha usato reverberi vecchissimi e molto asciutti.

Nel videoclip legato al singolo e realizzato a budget zero, compare un Pinocchio cresciuto e “poco onorevole”… come mai questa scelta?

Il Pinocchio collodiano rivisitato da Marco Pedrazzetti nei suoi spettacoli mi ha sempre fatto impazzire, con lui mi sono studiato questa figura, un bugiardino che ti guarda come se il party al quale sei stato invitato sia una prassi ma…la festa è finta e il suo palazzo è un disegno. In fondo siamo abituati agli onorevoli poco onorevoli, non è critica, è un dato di fatto, penso sia evidente ormai per tutti anche per i benpensanti. Budget zero, assolutamente! Invito i giovani musicisti a non lasciarsi prendere dallo sconforto e dalla mancanza di cachet ai concerti. Basta un’idea interessante, credendoci fino in fondo.

Riky Anelli Ph Tania Alineri

Riky Anelli Ph Tania Alineri

Lei è anche partner di Amnesty International, a quali iniziative ha preso parte per rendere concreto il suo appoggio?

Sono partner di Amnesty da un po’, Giorgio Moranda di Amnesty Bergamo è una di quelle persone che credono moltissimo e con entusiasmo in ciò che fanno, con una sensibilità rara e un impegno unico. Ai miei concerti è possibile firmare e sostenere attivamente Amnesty International. Noi lo diciamo sempre, anche una sola firma in più fa molto. La campagna che, in questo periodo sostengo nei miei live, si intitola “Ricordati che devi rispondere”. Si chiede alle istituzioni italiane di adoperarsi per la tutela dei diritti umani sulla base di un’agenda in dieci punti. Contro la violenza sulle donne, trasparenza delle forze di polizia e l’introduzione del reato di tortura, contro la pena di morte, diritti lgbti, diritti dei rom, diritti degli immigrati, condizioni dignitose nelle carceri, controllo sul commercio delle armi, diritti umani nelle aziende multinazionali, creare un’istituzione indipendente per la tutela dei diritti.

Cosa significa per lei essere docente all’Accademia Musicale di Treviglio? Ci racconta com’è insegnare musica al giorno d’oggi?

Essere docente è una grossa responsabilità, soprattutto perché il mio scopo didattico non è solo teorico e tecnico. Per quanto la tecnica e la teoria siano fondamentali, il mio approccio con gli studenti è molto artistico. Credo che la musica sia anche approfondimento, scoperta e sogno. Riuscire a far accendere ad uno studente il lume dello stupore verso una composizione a lui sconosciuta non ha prezzo. Insegnare musica al giorno d’oggi non è molto semplice, ci vuole pazienza e testardaggine. Su internet si impara tutto volendo, i talent ci insegnano che molti ragazzi possono avere i 15 minuti di popolarità già predetti da Warhol. Io credo fermamente nella figura dell’insegnante vecchio stile, quello che il palco lo vive e lo calpesta prima di insegnarlo, che non usa scorciatoie e che ti illustra quali sono i punti meno dolorosi dove “sbattere la testa”. Perché “sbattere la testa” ogni tanto è necessario.

La sua attività concertistica è sempre molto fitta di appuntamenti, che tipo di concerto deve aspettarsi il suo pubblico?

Sicuramente un concerto diverso tutte le volte. Non faccio mai la scaletta, sul palco si respira libertà e c’è un buon profumo. Il concetto di palco pieno con tanti musicisti mi piace e diverte molto, consideri che per dieci anni ho suonato in giro da one man band, quindi da solo, ora ho proprio bisogno di fare ciò che mi piace in buona compagnia. Sono molto pignolo e puntiglioso con i miei musicisti, su tutti gli aspetti del live. E’ necessario perché così facendo riescono a seguirmi in tutte le mie improvvisazioni. Siamo una carovana zigana in continuo movimento. Ogni concerto sembra una festa, in effetti lo è.

Chi sono i The Good Samaritans che l’accompagnano dal vivo?

Sono polistrumentisti e fantasisti come me, detta così sembra una squadra caotica ma al momento giusto tutto va in ordine e si fila via lisci, forse c’è un po’ di magia…o fortuna(ride). Ecco i miei compagni di viaggio: Francesco Matano alla chitarra elettrica, lap steel, cajon;  Matteo Casirati al violino, mandolino, banjo, ukulele e bouzouki; Francesco Puccianti al basso e contrabbasso; Michele Torresani alla batteria e percussioni varie; Francesco Esposito alla fisarmonica, piano e organo. Aggiungerò presto una corista.

Sta lavorando anche a dei nuovi brani?

In verità ho già finito di registrare l’intero album che include “Svuota Tutto” e il prossimo singolo, un disco di dodici tracce che uscirà il prossimo autunno. Sono fortunatamente molto produttivo per quanto riguarda la scrittura, oltre all’ispirazione ho un  mio metodo, mi applico con devozione e pazienza. Sono un osservatore, scruto tutto ciò che mi sta intorno, invento le mie storie e alcune le riporto. Amo la descrizione. Leggo tanto e scrivo tanto ma…rigorosamente quando nessuno se ne accorge, quando nessuno mi vede, di notte, in pausa, di mattina e nei posti più assurdi. E’ una mia formula da sempre e ho bisogno resti tale. Mi piacerebbe poter far uscire un disco all’anno, un sogno. Ho già una trentina di brani da interiorizzare per il disco dell’anno prossimo.

Che progetti ci sono in cantiere?

Sicuramente tanti live, canzoni e spero soddisfazioni.

Raffaella Sbrescia

Si ringraziano Riky Anelli e Martina Roncoroni per Parole e dintorni per la disponibilità

Video: “Svuota tutto” 

Alcova, “Il sole nudo” è un album per imparare a riflettere

cover Alcova“Il sole nudo” è il secondo disco degli Alcova, il gruppo alt-rock di origine milanese composto da Francesco Ghezzi (voce), Gianmarco Bassi (chitarra), Marco Fusco (basso), Folkert Beukers (batteria). Questo nuovo lavoro, pubblicato lo scorso 25 marzo, nasce con una forte identità sia sonora che strumentale: il sound è potente e incalzante: al punk si uniscono elementi new wave e tracce di gothic, conferendo austerità e rigore ad un disco che non vuole e non può scherzare. Le nove tracce che compongono “Il sole nudo”, rappresentano, infatti, una critica decisa e precisa auspicando l’opportunità di ricominciare a riflettere con cognizione di causa e non in base alle mode correnti.

Al centro del disco c’è un forte malessere, espresso attraverso parole urlate, cantate, sussurrate, sputate. Ad aprire l’album è “Damasco”, il brano incentrato sul dramma della guerra in Siria: tra trattati  farlocchi e la più incivile delle barbarie, “le mani che tremano come giovani rami scossi dal vento” restano inermi “nel giorno squarciato dagli spazi nella caduta dell’umanità”: un’immagine truculenta, tragica, in grado di scuotere le coscienze e attirare attenzione per cercare di capire cosa sta realmente accadendo.

Alcova

Alcova

Anche il brano “Adelheid” è ambientato in tempo di guerra, la protagonista è una giovane adolescente divisa tra “notti di luci esplose e giorni battezzati nel silenzio”. “Il sapore della sconfitta” è il tema del brano intitolato “Cannibali”, il cui testo è dedicato alla denuncia contro l’uccisione e la tortura degli animali a fini di divertimento. La title track “Il sole nudo” è, forse, l’unica parentesi incentrata sull’amore, inteso come entità autonoma e dotata di vita propria. Subito dopo le tenebre calano nuovamente sulla musica degli Alcova, “L’Alba verrà” è un brano importante che prova a descrivere un lutto senza parole di una padre che ha perso suo figlio in guerra ma che, nonostante il dolore e la devastazione, tuttavia, riesce ancora ad avere speranza nel domani. Davvero intenso è il testo di “Scintille”, una canzone dedicata ai movimenti di protesta, a chi ha sete di vendetta e tempesta, stanco di infinite sofferenze e soprusi. Un canto universale: “voi siete come foglie al vento, noi invece siamo come gli sterpi, bruciamo come scintille alimentate dai venti, il vento caldo d’Oriente sfiora i nostri visi piangenti si unisce alla nostra voce di vendetta e tempesta”.

“Come fai a non vedere che ci stanno derubando della nostra consapevolezza?” denunciano gli Alcova in “Risvegli” mentre “Occhi neri” offre un’immediata istantanea del turismo vorace e famelico di gente che, imperterrita, continua a fare visita a posti deturpati dalla violenza, dalla povertà e dall’indifferenza generale. Infine c’è “Marilyn”, il ritratto di una classe politica inetta che svende il nostro futuro e la nostra dignità. “Strateghi dell’angoscia e divinità di cartapesta” si ergono a gerarchi della macchina del consenso, nutrendo il popolo di paure. Parole che, come fendenti lame, colpiscono duro creando una rara occasione per imparare a riflettere su noi stessi e sul mondo che ci circonda.

Raffaella Sbrescia

Video: “Cannibali”

I ricavati di questo brano andranno interamente alla Onlus Ulmino (www.ulmino.it) per animali in difficoltà

Intervista ai Fiberglass, un duo retro alternative pop

Hush Cover (2)I Fiberglass sono un duo elecropop con radici ben piantate negli eighties: Liz Martin (Annalisa De Martino,) cantante/polistrumentista/lyricist e Luca Thomas D’Agiout, arrangiatore/compositore specializzato in soundtrack, sono due artisti campani che, insieme, hanno dato alla luce un disco di 9 tracce intitolato “Hush,” un lavoro che riflette la reale entità del loro affollato e caotico background musicale. Abbiamo sentito Annalisa al telefono per capire da quali presupposti è un nato questo invitante mix di alternative rock anni ’90 e moderno synth-pop.

I Fiberglass riuniscono in un unico progetto musicale due entità molto diverse… come avete lavorato all’album “Hush”?

Luca è principalmente un producer ed un arrangiatore bravo a spaziare tra generi molto diversi. Io invece ho militato in diverse formazioni, mi muovo molto in giro, canto, suono la chitarra ed il pianoforte e ultimamente suono in una band più orientata al jazz. Nel nostro album “Hush”, ciascuno ha messo il suo, io ho cantato e ho collaborato anche alla scrittura di alcuni pezzi, soprattutto i testi, mentre Luca, oltre la parte autorale, ha curato tutta la produzione e l’arrangiamento del disco.

Che ci dici dei temi dei testi?

In realtà i testi sono i classici brani da classifica pop europea… ci sono magari dei passaggi più lirici, più poetici, alcuni un po’ onirici, ma più in generale, si tratta di canzoni molto fresche sia per quanto riguarda la musica che i testi.

Liz Martin

Liz Martin

E’ vero che amate definire il vostro genere retro alternative pop?

Sì, questa definizione comprende delle sfaccettature diverse della nostra musica pop (chiarissima sia negli arrangiamenti che nella struttura dei pezzi, nell’armonie e nelle melodie). Tuttavia non si tratta di un pop contemporaneo, ci siamo definiti retro perché ci ispiriamo soprattutto agli anni’ 80 e ’90. Infine siamo alternative perché ci sono delle note alternative in alcuni pezzi… in sintesi siamo un mix di questi tre elementi.

In una recente intervista avete dichiarato “Ascoltiamo, suoniamo, facciamo esperienze e ci rivediamo in studio”… alla luce di questo, cosa avete ascoltato e quali esperienze avete fatto dopo quel fatidico open act del concerto di Tricky durante lo scorso Neapolis Festival?

Noi ascoltiamo musiche di vario tipo, da quando collaboro con Luca mi sono avvicinata di più alla musica orchestrale, alle colonne sonore di film ma, in genere, ascoltiamo anche le hit americane come quelle di Pharrell o cose più alternative… a me in questo periodo piace moltissimo Anna Calvi, la cantautrice inglese. Forse, e non per snobismo, l’unica cosa che ascoltiamo di meno è proprio la musica italiana. Infatti, se qualcuno ascolta la nostra musica si sente subito che essa è di chiara ispirazione esterofila.

Luca Thomas D'Agiout

Luca Thomas D’Agiout

A cosa state lavorando attualmente e quali sono i vostri progetti paralleli?

Luca studia moltissimo da solo e quotidianamente produce musica, a prescindere dal progetto Fiberglass. Il suo mondo abbraccia musiche di ogni tipo spaziando tra moltissimi generi, io invece ogni tanto suono live con un trio molto diverso da Fiberglass, si tratta di un trio jazz e suoniamo principalmente musiche degli anni ’30, il trio si chiama Le jazz hot. Nel nostro repertorio c’è una sorta di schizofrenia, intesa con accezione positiva.

E per quanto riguarda Fiberglass?

Proprio in questo periodo, io e Luca stiamo ultimando un set live che ha richiesto un po’ di tempo per essere organizzato e costruito. Il disco è chiaramente da studio, noi siamo in due ma con l’aiuto della tecnologia abbiamo creato un disco di una band classica, ci sono tutti gli strumenti, tutti suonati da noi ma ovviamente dal vivo la cosa non è fattibile. Abbiamo messo a punto un set acustico con delle drum machines, delle cose un po’ lo fi e penso che a brevissimo comunicheremo qualche data! Per il resto stiamo scrivendo, d’altronde scriviamo sempre perché ci piace e vi sveliamo anche che stiamo lavorando anche ad un secondo disco!

Raffaella Sbrescia

Si ringraziano Annalisa De Martino e Giulio Di Donna per la disponibilità

Video: Baby’s Got

“Indagine su un sentimento”, l’amore secondo i Tiromancino

Indagine-su-un-sentimento-cd-cover“Indagine su un sentimento” è il nuovo concept album dei Tiromancino. Federico e Francesco Zampaglione mettono a nudo il proprio animo e le proprie ispirazioni musicali in un decimo album scritto con l’urgenza di approfondire ed analizzare un sentimento tanto eterno quanto prodigo di infinite suggestioni quale è l’amore. Anticipato dal bellissimo singolo intitolato “Liberi” (reso ulteriormente amabile grazie alle animazioni di Marco Pavone), questo disco guarda negli occhi e scava a fondo nell’anima: “l’amore non finirà se è anche/ancora libertà”, canta Federico il quale, in “Immagini che lasciano il segno”, racconta, senza remora alcuna, tutto il suo sconfinato amore per la figlia Linda, protagonista, tra l’altro, del videoclip del brano, una dolce manifestazione del migliore pop d’autore: “hai trasformato tutto il resto in uno sfondo”…: non c’è altro da aggiungere. “Fuggevoli presenze” è, invece, il riuscitissimo esperimento funk del disco. Un esercizio di stile anni Settanta seguito da “Nessuna Razionalità”, nato dall’affezionato ricordo di un artista molto amato da Federico Zampaglione quale era Franco Califano.

Indagine-su-un-sentimento-b-side-coverA seguire c’è “Mai saputo il tuo nome”, la rilettura del brano “I Never Knew Your Name” dei Madness che narra la storia di un colpo di fulmine destinato a naufragare. Molto intenso è il duetto con Pierpaolo Capovilla del Teatro degli orrori sulle note di “In una notte di marzo” tra “lividi che non si cancellano nè svaniscono con gli anni”, alleviati dalla poesia del suono di una tromba. Il fischio country che introduce “La nostra realtà” si accompagna all’acutezza del guitar solo proposto nel finale. “Ciò che esprimi con gli occhi può avere più forza di mille parole… voglio solo respirare ogni istante della vita che ho…”  canta Federico in “Una nuova stagione” mentre il sound indie-elettronico, marchio di fabbrica di Francesco, riesce a fare tutto il resto. La title track “Indagine su un sentimento” smuove i sensi nel bel mezzo dell’imprevedibilità del destino “sarà l’amore a scegliere per te”, proprio come accadrà a “Re Lear”, il protagonista del brano che chiude il disco: il  tragico fotogramma di un uomo inaridito dalla vita terrena.

Raffaella Sbrescia

Video: “Immagini che lasciano il segno”

The Zen Circus a Napoli, il live report del concerto

The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

Continuano a gonfie vele gli appuntamenti musicali del Suo.Na la rassegna che sta portando a Napoli alcune delle realtà più interessanti dello scenario musicale italiano. A salire sul palco della Casetta della Musica, in via Barbagallo, sono i toscani The Zen Circus. Andrea Appino, Karim Qqru e Massimiliano “Ufo” Schiavelli giungono in terra partenopea per l’unica data campana del tour che li sta portando sui palchi d’Italia, in occasione della recente pubblicazione del loro ottavo disco di inediti, intitolato “Canzoni contro la natura”.

Giovanni Truppi Ph Luigi Maffettone

Giovanni Truppi Ph Luigi Maffettone

Ad inaugurare la serata la controversa esibizione di Giovanni Truppi che si è cimentato alla conquista del pubblico Zen attraverso le sue canzoni a metà strada tra brillante intimismo e strampalata ironia. “Ti ammazzo”, “Il mondo è come te lo metti in testa”, “La domenica”, “Ti voglio bene Sabino”, “Nessuno”, “19 gennaio” sono i brani che il cantautore ha messo sul ricco piatto della serata, offrendo un breve ma interessante saggio delle proprie velleità letterarie.

The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

Pochi minuti per riassettare il palco ed ecco un distinto cinguettìo di uccelli fare capolino tra i grovigli di spine sullo sfondo della scenografia: “Ogni uomo è fatto in un modo diverso dico nella sua struttura fisica, è fatto in un modo diverso, ed è fatto in un modo diverso anche nella sua combinazione spirituale. Quindi tutti gli uomini sono a loro modo anormali, tutti gli uomini sono in un certo senso in contrasto con la natura e questo sin dal primo momento con l’atto di civiltà, che è un atto di prepotenza umana sulla natura, è un atto contro natura”. Sono le parole di Giuseppe Ungaretti, intervistato da Pier Paolo Pasolini, ad introdurre l’ingresso del Circo Zen in scena.

The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

“Canzone contro la Natura” è il primo brano di un concerto ideato seguendo una narrazione espressiva, acuta, rovente e vorticosa. Il disincanto delle precise riflessioni dei Zen Circus si amalgama alla carica espressa da un utilizzo ipnotico ed energico degli strumenti. Il concerto è estremamente tirato non c’è tempo e modo di soffermarsi troppo sui dettagli, quello che balza all’occhio e all’orecchio è una sostanziale visione apocalittica della realtà circostante.

The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

Il pubblico dei Zen Circus Ph Luigi Maffettone

“Colombia”, “Gente di merda”, “20 anni”, “Atto secondo” sono i primi colpi in canna sparati dal trio che, passa dai primi successi agli ultimi brani, in minime frazioni di tempo, mentre giovani anime, affamate di emozioni, pogano a più non posso per lasciarsi cullare dal conseguente sfinimento fisico e sensoriale. La performance degli Zen Circus è decisamente fisica muscoli e visi tesi distruggono corde e resilienze attraverso  un  rock politico e popolare al contempo.

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The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

“We just wanna live”, “Andati tutti affanculo”, “L’Amorale”, “Vai vai vai” scorrono via tra furore e disillusione, seguiti da “Vecchi senza esperienza”, “No way”, “I qualunquisti” e “Aprirò un bar”. Il momento nazional-popolare/populista è affidato a “Figlio di puttana”. “Ragazzo Eroe” è l’ultimo brano eseguito prima di una breve pausa, allietata dalla trasmissione di un esilarante pezzo del TG Lercio una denuncia rassegnata e ironicamente cinica.

The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

L’ultima scarica di energia si riversa tra le note di “Mexican Requiem” Postumia”, l’immancabile “Canzone di Natale” e “L’egoista”. Doverosa è la menzione speciale per “Albero di tiglio”: un’ intelligente e severa ballata in cui un albero-dio ci scuote per bene.

The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

The Zen Circus Ph Luigi Maffettone

Balli, salti e canti a squarciagola sono la coreografia perfetta per “Viva”, tra i brani più amati del disco “Canzoni contro la natura”. Niente bis per i The Zen Circus, gli ultimi due brani in scaletta sono “Fino a spaccarti due o tre denti” e ”Nati per subire”, l’efficace e schietta conclusione di un concerto adrenalinico, sanguigno e sfiancante.

Raffaella Sbrescia

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