Intervista a Daniele Ronda: “La rivoluzione siamo noi”

Daniele Ronda Ph Alessio Pizzicannella

Daniele Ronda Ph Alessio Pizzicannella

Daniele Ronda è un cantautore piacentino, noto all’interno del panorama musicale italiano, non solo per i propri originali progetti discografici, ma anche per aver messo la sue notevoli capacità compositive anche a disposizione di famosi cantanti nostrani come Nek, Massimo Di Cataldo, Mietta, dj Molella. Attento, curioso, appassionato, Daniele è riuscito a costruire, tassello dopo tassello, un percorso artistico davvero molto articolato. Il suo cantautorato profuma di terra, di storie, di vite, di ragionamenti. La dimensione live per lui rappresenta il raccolto delle emozioni, il bagaglio di gemme e pietre preziose da riversare nel calderone delle sue canzoni.

In attesa di ascoltarlo dal vivo, in una delle numerose date estive che lo vedranno anche protagonista delle aperture dei concerti di Ligabue allo stadio Olimpico a Roma il 31 Maggio e allo stadio di San Siro a Milano il 7 giugno, abbiamo raggiunto Daniele al telefono per farci raccontare “La Rivoluzione”, il suo ultimo album di inediti, e per lasciarci conquistare da un cervello acceso, curioso,  rivoluzionario.

DANIELE RONDA_cover del disco LA RIVOLUZIONE_b (2)“La Rivoluzione” è il titolo del tuo ultimo album. Partiamo da questo singolo per entrare nei dettagli di questo lavoro… quali sono i temi e le chiavi interpretative di questo disco?

Il disco ha una caratteristica importante, si tratta di un lavoro nato in maniera quasi inconscia. Mentre lo stavo registrando, mi sono trovato ad ascoltarlo e mi sono reso conto che le 11 tracce erano diventate una sorta di concept album. Tra le canzoni c’è un legame forte, qualcosa che le unisce ed è la necessità di cambiare una serie di cose che a mio parere stanno minando la nostra serenità, l’unione della nostra società. Questa voglia, questa forza, questa rabbia nei confronti di questa situazione mi è sembrata una sorta di rivoluzione, non di quelle classiche, una rivoluzione interiore che, secondo me, bisogna fare ogni giorno senza accettare tutta una serie di compromessi. Tutte le volte che decidiamo di incuriosirci, di informarci, di amare la cultura, di guardarci intorno, tutte le volte in cui facciamo cose che racchiudono i nostri valori, mettendo le cose davvero importanti al primo posto, ci avviciniamo verso la nostra felicità. Ogni volta che facciamo questo facciamo l’unica vera rivoluzione efficace. Alla luce di questo pensiero, mi ci è voluto poco per chiamare il disco “La Rivoluzione”, il brano che dà il titolo al disco è, tra l’altro, uno dei pezzi nati dopo le altre canzoni che compongono l’album.

Nel corso della tua carriera hai avuto modo di misurarti con vari generi musicali, nella veste di autore, attraverso molteplici collaborazioni artistiche. Qual è il contesto compositivo in cui ti senti più a tuo agio e come cambia il tuo approccio alla scrittura di volta in volta?

Lavorare e scrivere per altri è diverso dal lavorare per se stessi, si tratta di due mestieri che hanno sì qualcosa in comune ma hanno due approcci differenti. Quando lavori per un altro artista dipendi dalle sue esigenze, bisogna capire qual è il suo linguaggio, quale cosa detta da lui sarà più efficace, credibile, cosa lo rappresenterà di più e questo è un lavoro molto stimolante perché ti spinge a toccare dei temi, degli stili, dei suoni, dei generi che magari non avresti mai affrontato… Questa cosa mi ha spinto ad aprirmi a tanti mondi musicali. Quando si lavora con se stessi, invece, il lavoro diventa più doloroso, più difficoltoso. Nonostante ci si conosca, spesso ci si trova a combattere di fronte a dei conflitti interiori. Questa cosa ti fa crescere e, allo stesso tempo, ti consente di raccontarti attraverso la musica ed è una cosa che a me dà tanto, questo è il mio modo di urlare quello che sono, quello che sento, il mio modo di raccontare quello che vedo e che mi tocca in modo particolare.

Come ti è venuta la voglia di legare la tua musica al territorio piacentino in particolare ed emiliano più in generale?

La musica è una parte fondamentale della mia vita, tutte le scelte del mio quotidiano si rispecchiano nel mio modo di fare musica. Sono stato per un periodo lontano da casa, lontano dalla mia terra perché consideravo la mia città quasi un luogo troppo piccolo, che mi stava stretto per i miei sogni e i miei progetti. Quando sono andato via, però, ho scoperto che mi mancava tremendamente, mi mancavano tutta una serie di cose che mi facevano sentire a casa. Allora ho cominciato a raccontare la mia città con l’intento di raccontarle tutte. Il legame con le proprie radici è qualcosa di universale, questo non significa che siamo ancorati al posto in cui siamo nati, significa che abbiamo un punto di riferimento, un posto che, guardandoci indietro, possiamo ritrovare sempre e comunque trasformandolo in una ricchezza, una nostra peculiarità. Nel mio caso è stato così, sono orgoglioso di raccontare le storie che sono nate nella mia terra.

Secondo te l’uso del dialetto nella canzoni può rappresentare un valore aggiunto?

Il dialetto è una forma di comunicazione, prima ancora che una lingua. Credo che certe cose dette in dialetto abbiano un’efficacia, una forza, una potenza particolare ed è per quello che ho scelto e sceglierò ancora di scrivere in dialetto. Non è una scelta commerciale e, anche se in questo mio ultimo disco non ci sono canzoni in dialetto, per me si tratta di una necessità, certe cose mi viene spontaneo dirle in dialetto perché dietro ogni parola, ogni modo di dire, c’è tutta una serie di incastri etimologici e questa è una cosa meravigliosa.

In “Ognuno di noi” parli della comune usanza di fare grandi progetti di notte e di ritrovarsi al mattino dopo con il ricordo appannato della sera prima….Si tratta di un racconto dalla valenza universale?

Ho parlato della notte perché a me è capitato di notte, ma credo anche a tanta altra gente capiti che in certi momenti del giorno ci si senta padroni del mondo e altri in cui ci si sente persi, distrutti, abbattuti… Questo ci destabilizza, ci aggrappiamo a una serie di cose che ci vengono propinate in maniera assillante, io invece credo che dobbiamo credere in noi stessi, non dobbiamo voler essere qualcun altro, dobbiamo credere in quello che siamo e, su questa base, dovremo costruire la nostra vita. Il brano ha anche un video che, con ironia, dice che cercare di vivere la vita di un altro significa frustrazione. Io sono uno che guarda, che si informa, che cerca la gente… poi, però,  prendo quello che mi interessa, lo faccio mio, lo rielaboro, lo modifico, lo riutilizzo per quando mi servirà. In sintesi: vivo la mia vita con tutti i pregi ma anche con tutti i difetti che mi contraddistinguono.

“Le donne italiane” si riferisce ad una storia in particolare o intende parlare di una tematica più generale?

In Italia abbiamo tantissime diversità, tradizioni diverse, lingue diverse, storie diverse e queste differenze rappresentano una delle nostre ricchezze più grandi a livello culturale, storico e sociale.  Spesso sembra che cantando in dialetto ci vogliamo chiudere e non voler scoprire quello che c’è intorno, invece è il contrario! Quello che racconto nelle mie storie è il frutto di un viaggio in cui mi piace scoprire il luogo in cui vado, la storia dei luoghi che mi circondano. Questa è una pizzica salentina che ho scritto in Emilia Romagna, un asse tra nord e sud, un’unione della diversità. Ho voluto valorizzare quello che è diverso come qualcosa da scoprire, la diversità deve unire le persone, deve unire i popoli…La vera maniera che abbiamo per uscire da questa crisi è valorizzare la nostra diversità perché siamo uno dei paesi che ne ha più di ogni altro; ogni 23 km cambiano i dialetti, le storie, le tradizioni e questa è una cosa davvero speciale.

Che ruolo ha la fisarmonica nella tua musica?

Nei dischi precedenti la fisarmonica rappresentava addirittura la colonna portante di alcuni arrangiamenti. In questo disco è ancora tanto presente ma lo è in particolar modo in una canzone intitolata “La Regina”. Questo strumento è stato messo in disparte per tanti anni, era considerato vecchio, sembrava che con la fisarmonica si potesse fare solo musica da ballo come il liscio. Io penso, invece, che questo strumento sia vivo: l’aria passa attraverso piccole lamelle ed il suono fuoriesce quasi come se fosse un canto. La versatilità del suono permette di interpretare col cuore le canzoni, ecco perché la fisarmonica è uno strumento magico.

Daniele Ronda Ph Alessio Pizzicannella

Daniele Ronda Ph Alessio Pizzicannella

Ti esibisci spesso in contesti molto legati all’identità territoriale…che tipo di impressioni e riscontri ricevi ogni volta?

Per noi artisti il live è qualcosa di fondamentale, è la nostra forma di contatto con la gente. Io e i Folkclub siamo partiti da qualche settimana con il nuovo tour, questo è quel periodo dell’anno in cui diventiamo un po’ degli zingari, siamo in macchina e maciniamo chilometri incontrando gente. Anche sui palchi scopriamo cose che ci portiamo dietro. “La Rivoluzione” è, infatti, un disco che nasce molto in viaggio, incontrare le persone è fondamentale tanto quanto lo è vederle provare delle sensazioni insieme a te. Questa cosa mi arricchisce sempre tantissimo. Poi ovviamente ci sono dei periodi dell’anno in cui siamo in studio per lavorare il disco, ed è in quei momenti che a volte mi vengono crisi di astinenza da palco. Il live è veramente una di quelle cose che salva la musica. Mentre tutti parlano di crisi discografica, il live è qualcosa che è lì e che non si può scalfire perché è vero, è vivo, crea un contatto tra chi è sopra e chi è sotto il palco.

Come è andata al concerto del Primo Maggio a Roma?

Un conto è dire le cose, un conto è metterle in atto ed io l’ho fatto scegliendo di fare il mio set insieme ad un gruppo che fa musica popolare calabrese come i TaranProject. Addirittura una delle canzoni l’abbiamo cantata un po’ in dialetto piacentino, un po’ in dialetto calabrese per ricordare il concetto di asse nord-sud e di diversità che unisce. Questo è avvenuto perché sono sempre alla ricerca, scopro sempre cose nuove, tengo gli occhi aperti, non mi faccio influenzare da un meccanismo che fa comodo e che impone di non guardarci troppo intorno. Queste sono le cose che mi danno gioia, che mi arricchiscono, voglio capire perché si suona un determinato strumento e scoprire storie della terra. Tutte le volte riempio il mio bagaglio ed è una cosa che mi tiene su e mi dà sostegno.

 Si ringraziano Daniele Ronda e Tatiana Corvaglia per Parole e Dintorni

Raffaella Sbrescia

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Video: “La rivoluzione”

 

Intervista ai Park Avenue: “Con Alibi cantiamo in italiano”

Park Avenue

Park Avenue

Park Avenue sono un gruppo rock italiano, nato nel novarese, composto da Federico Marchetti (voce e chitarra), Marcello Cravini (chitarre), Alberto “Spillo” Piccolini (basso) e Vinicio Vinago (batteria). La versatilità del gruppo rappresenta, a pieno titolo, uno dei punti di forza di questa compagine musicale che ha avuto l’opportunità di girare l’Europa e toccare con mano i più disparati contesti artistici. Dopo l’esordio anglofono con “Time To”, i Park Avenue presentano “Alibi”, un album composto quasi interamente da canzoni in lingua italiana. Abbiamo raggiunto Federico Marchetti, frontman della band, per conoscere più a fondo il percorso del gruppo e i contenuti del loro ultimo disco.

“Alibi” arriva a 4 anni di distanza dall’esordio di “Time to”… cosa hanno fatto e quali passi hanno compiuto i Park Avenue durante questo tempo?

In questi 4 anni abbiamo ovviamente promosso il primo disco, abbiamo girato molto per l’Italia e abbiamo tenuto molti concerti… quello che ci piace di più è proporre la nostra musica dal vivo, siamo stati in giro 2 anni e nel frattempo abbiamo cominciato a scrivere il nuovo disco. Alla fine di questo percorso ci siamo accorti che stavamo un pochino cambiando la nostra direzione…A livello macroscopico la grande differenza sta nel fatto che, mentre il primo disco era in inglese, il secondo è per l’80 per cento cantato in italiano; questo è stato un grosso passo per noi e probabilmente è frutto del rapporto che abbiamo col pubblico.

park avenue 2A cosa si deve la scelta di questo titolo per il disco?

Il ragionamento che ho fatto nello scrivere i testi è il seguente: viviamo un momento in cui si parla tanto di crisi, è sempre colpa del mondo esterno, non c’è lavoro, non c’è prospettiva, siamo tutti un po’ tristi e avviliti e questo, per carità, è un dato di fatto però il messaggio è questo: dobbiamo cercare di avere meno alibi possibili. Partendo da noi stessi possiamo cercare di cambiare la nostra situazione, il nostro è un invito a tenere duro.

Qual è la cifra stilistica musicale che sentite più vostra?

Siamo più o meno sempre gli stessi… Scriviamo le nostre canzoni sempre prima in inglese per cercare di dare un’immediatezza all’ascolto delle canzoni. L’italiano è più cantautorale mentre l’inglese è un po’ più commerciale, forse grazie alla presenza di frasi molto più corte, il nostro obiettivo è, in ogni caso, quello di essere  incisivi…

Come avete lavorato alla scrittura e all’arrangiamento dei brani e quali sono i temi cardine attorno a cui ruota questo progetto?

Creiamo tutto in sala prove, suoniamo molto, improvvisiamo, cerchiamo di lasciarci trasportare dal nostro umore nel suonare tentando di non creare canzoni molto lunghe a livello di minutaggio e cercando di essere immediati nel messaggio testuale ma non scontati a livello musicale. Per quanto riguarda gli arrangiamenti, i nostri brani sono costruiti su intrecci di chitarre, abbiamo una formazione base con due chitarre, un basso e una batteria, anche se ogni tanto una chitarra viene sostituita da un pianoforte. Anche la musica è testo e noi cerchiamo di essere riconoscibili anche dal punto di vista sonoro, non bisogna sottovalutare nessuno dei due aspetti.

park avenue 3Chi è, secondo voi, il “social lover”?

In questo brano prendiamo un po’ in giro quelle persone che, all’interno della sfera social, sembra abbiano un alter ego molto diverso da come sono in realtà… anche tra le nostre amicizie, ci sono quei tipici amici che quando ti scrivono un messaggio sono dei leoni, poi magari li vedi in giro e neanche ti salutano, proprio come se fossero due persone diverse…quando noto questa discrepanza mi faccio delle domande e questa canzone è a metà strada tra critica e presa in giro…

“Le cose parlano, straparlano, complottano, si alleano con lei” è uno dei titoli più enigmatici dell’album…qual è la chiave interpretativa di questo brano?

Si tratta di un brano leggero, proprio per questo è a metà della track list. Questa canzone rappresenta un volta pagina all’interno del disco e ho pensato di darle un titolo che spiccasse tanto rispetto agli altri per fare in modo che potesse subito colpire chi legge i titoli delle canzoni. Per questo ho preso quasi tutta la frase del ritornello e l’ho messa nel titolo. In parte è stata anche una scelta un po’ provocatoria…

park avenue 4Qual è, invece, il testo a cui siete più legati?

Le preferenze del gruppo ricadono tutte su “Alibi”, la canzone che ci rappresenta di più nel disco e che ne tira fuori il messaggio principale.

La dimensione live è indubbiamente quella in cui riuscite ad esprimervi al meglio… che tipo di concerto è il vostro?

Quello che noi facciamo dal vivo rappresenta l’amplificazione di quello che accade nella nostra sala prove, ci divertiamo veramente tanto a suonare, tutto è molto poco studiato, i nostri concerti non prevedono una scaletta fissa, decidiamo al momento, a seconda di come stiamo, di come ci sentiamo, di dove ci troviamo. Siamo liberi di divertirci e cercare di essere sempre al 100 %,  questa cosa viene apprezzata anche da chi si segue. A volte ci sono persone che vengono ad ascoltarci più volte e ci dicono sempre che ogni nostro concerto è diverso. Il fatto che ci divertiamo nel suonare per noi è fondamentale, fare le cose come dei robot dopo un po’ potrebbe annoiarci quindi cerchiamo di tenere viva la nostra voglia di stare insieme suonando.

PARK COVERChe riscontri avere ricevuto durante i concerti all’estero e gli opening act di artisti italiani come Ligabue, Antonacci, Baustelle…? Quali differenze avete notato in contesti così diversi tra loro?

All’estero il pubblico ci  ascolta di più, le persone hanno meno preconcetti, c’è una cultura di base più propensa all’ascolto della musica dal vivo e a dare un’opportunità anche a un gruppo che magari viene ascoltato per la prima volta. In Italia, invece, il pubblico è tendenzialmente più diffidente anche se se devo dire che, in occasione delle nostre operture, ci è andata piuttosto bene! Abbiamo aperto due concerti di Ligabue negli stadi ed è stata un’esperienza veramente molto bella. La prima volta avevamo un po’ paura invece il pubblico è stato molto corretto e ci ha davvero ascoltati. So di altri gruppi, in altri contesti, che invece si sono trovati di fronte ad un pubblico che non ha voluto ascoltarli, pur trattandosi di realtà musicali molto valide… Questo accade perché il pubblico italiano richiede molto più tempo per essere educato all’ascolto di qualcosa di nuovo e di diverso… Noi abbiamo assaggiato un po’ tutto però ci siamo trovati molto bene in tutte le situazioni perché se la musica è buona la gente ascolta sempre con piacere… Dal vivo riusciamo a mettere in evidenza le nostre sfaccettature in base al contesto in cui ci troviamo e sappiamo adattarci in maniera naturale al contesto.

In quale direzione vi state muovendo adesso e che prospettive ci sono sia per il vostro percorso artistico che per il vostro disco?

Adesso siamo molto concentrarti nella promozione del disco, siamo  pronti a fare dei concerti estivi, a farci sentire, a incontrare il pubblico tra piazze e Festival, finalmente si suona tanto e si registra meno. Stiamo a cominciando a comporre anche nuove cose, abbiamo la nostra linea e il nostro sound  rock anche siamo comunque aperti a tutto, senza nessun preconcetto.

Si ringraziano Federico Marchetti e Alessandra Placidi

Raffaella Sbrescia

Video: “Non è domani”

Lavinia Mancusi, la dea Afrodite della musica in concerto all’Auditorium Parco della Musica di Roma

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Lo scorso 23 maggio, nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, Lavinia Mancusi e Gabriele Gagliarini, insieme con l’orchestra di musica greca Evì Evàn, hanno dato voce alle armonie e ai ritmi che abitano il bacino del Mar Mediterraneo. Un omaggio personalissimo ed originale alla storia di un territorio che, anche dopo millenni, continua ad emanare fascino e a trasudare bellezza. Vento, acqua, terra, fuoco sono ancora gli elementi chiave per interpretare le sfumature del calderone di storie che, artisti di tutto il mondo ci raccontano, cullando sogni, ricordi e speranze.

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

“L’uomo è diventato stanziale ma la musica è rimasta nomade e noi e la nostra cultura siamo i frutti di tale movimento”, questo è il messaggio racchiuso in “Semilla”, il lavoro discografico che Lavinia Mancusi cantante, violinista e percussionista ha creato insieme a Gabriele Gagliarini, percussionista di origini peruviane, tessendo le trame di un interessante percorso di ricerca strumentale, inseguendo contaminazioni fra tradizioni centenarie e sensibilità contemporanee.

Gabriele Gagliarini @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Gabriele Gagliarini @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Termine derivato dallo spagnolo e indicante la “semina”, “Semilla” sparge semi musicali che, pur nella loro diversità, germogliano vicini e ci parlano di un’umanità nomade e poetica.Il disco si apre con “Angela Rè” un brano scritto da un anonimo napoletano del XVIII secolo e arricchito da un suggestivo e coinvolgente arrangiamento, perfetto per mettere in evidenza l’intensa e potente vocalità di Lavinia.

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Davvero molto riuscita è “Alba (da Durazzo ad Otranto)”, la pizzica ospita  il violino di Olen Cesari creando un amalgama sonoro di pregevole qualità. “Omenaje A Rosa (Bottana De To’ Ma)” e “Omenaje A Rosa (Cu’ Ti Lu Dissi)” sono grida di dolore a cui è impossibile rimanere indifferenti.  La malinconia impressa ne la “Tarantella del Bosforo” ritrova lo stesso mood anche nello struggente  “Fado Romanesco ”. Il disco presenta una struttura ciclica, il brano di chiusura è, infatti, “O Sole ‘E Pulecenella”: dopo essersi spinta, in lungo e in largo, attraverso le culture del sud del mondo, Lavinia Mancusi ritorna al luogo di partenza piena di tesori e ricchezze da reinvestire nella prossima tappa di una carriera destinata a brillare.

Raffaella Sbrescia

Fotogallery a cura di: Roberta Gioberti

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

@Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

@Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

@Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

@Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

Lavinia Mancusi @Auditorium Parco della Musica Roma Ph Roberta Gioberti

 

 

 

 

 

“Maestri distorti”, la filosofia rock degli Occhioterzo

Occhioterzo Copertina Ufficiale (2)“Maestri distorti” è il progetto discografico, pubblicato nel 2013, dagli Occhioterzo, il trio nato nel 2009 che riunisce Giampiero De Leonardis, Antonello Nitti e Francesco Maria Antonicelli. Il disco, pubblicato su etichetta One More Lab e Don’t Worry Records, racchiude 13 brani caratterizzati da un anima genuinamente rock. Immediatezza, istintività e attenzione per la parola scritta sono i dettagli su cui è importante concentrarsi per capire che, oltre l’emozione e la dirompente energia, c’è un contenuto, frutto di una riflessione. Come detto, gli arrangiamenti si concentrano tutti sul genere rock, le chitarre degli Occhioterzo picchiano duro con la precisa intenzione di graffiare quanto basta per lasciare un segno nitido.

Occhioterzo

Occhioterzo

Tra le tracce più interessanti, citiamo “Mangiando Eva”, un brano che si destreggia tra “chi non dice, chi non sa, chi non è, chi non ci sta”. L’irriverente testo de “La Rivoluzione delle Scimmie parlanti” ci mette con le spalle al muro tra desideri privi di cuore e l’amore che conviene.  La scia nebulosa e confusionaria di “Marasma” si accompagna all’enigmatica filosofia di “Babilonia”. La destabilizzante scarica strumentale di “Nella torma” trova esaurienti risposte di denuncia ne “L’Impero”, un testo pregno di considerazioni sulla nostra attualità. Il disco si conclude con “Meglio quando smetti”: 10 minuti di musica in cui gli Occhioterzo spaziano tra l’italiano e l’inglese, il presente ed il passato storico, offrendo un esauriente campionario aperto alla ricerca e alla sperimentazione. Da approfondire con un attento ascolto dal vivo!

 Raffaella Sbrescia

Mercoledì Note: cultura, musica e intrattenimento al Caffè Letterario Intra Moenia

Intra Moenia Ph Luigi Maffettone

Intra Moenia Ph Luigi Maffettone

Nel cuore di Piazza Bellini, uno dei più rinomati ritrovi culturali del centro storico di Napoli, sono ritornate le serate musicali del Caffè Lettarario Intra Moenia, organizzate all’interno della rassegna di concerti estivi, intitolata “Mercoledì Note”. Dalle 21.00 a mezzanotte di ogni mercoledì, si terranno, infatti, degli appuntamenti musicali di elevata caratura qualitativa e ad ingresso gratuito.

Ph Luigi Maffettone

Ph Luigi Maffettone

L’ultimo seguitissimo evento, in ordine di tempo, si è tenuto lo scorso 21 maggio e ha visto la partecipazione del compositore e sassofonista Daniele Sepe, accompagnato dalla vellutata e preziosa voce di Floriana Cangiano e da Tommy De Paola (tastiere), Davide Costagliola (basso), Paolo Forlini (batteria).

Ph Luigi Maffettone

Ph Luigi Maffettone

La serata ha rappresentato il culmine di una serie di laboratori iniziati proprio all’Intra Moenia e proseguiti all’Ex Asilo Filangieri di Napoli e allo Jarmusch Club. Gli artisti hanno ripercorso insieme le tappe musicali di questo viaggio artistico proponendo al pubblico un’eterogenea miscellanea: Mingus, Monk, Coltrane, Rollins, Hancock, Corea, Evans, Jarrett, Zawinul, Shorter, Pascoal, Barbieri, Zappa, Davis, Gershwin, Cole Porter sono alcuni dei grandi nomi al centro di una performance che ha racchiuso la summa di un processo di studio, analisi e ricerca, mirato al completo coinvolgimento del pubblico.

Ph Luigi Maffettone

Ph Luigi Maffettone

L’appuntamento con i “Mercoledì Note” continuerà sino a metà ottobre: mercoledì 28 maggio toccherà agli Slivovitz con il “PS3″, (Pietro Santangelo trio); mercoledì 4 giugno sarà la volta degli Speak Easy con la loro musica jazz; mercoledì 11 giugno suoneranno gli Anima Nova la formazione che offre una coinvolgente bossa nova; mercoledì 18 giugno sarà all’insegna della musica popolare con il gruppo vesuviano dei Rareca Antica.

Ph Luigi Maffettone

Ph Luigi Maffettone

Una lunga serie di serate in compagnia della buona musica che vedranno una naturale continuazione nei mesi successivi e che avranno la medesima finalità: coinvolgere i cittadini in un percorso formativo in grado di intrattenerli in maniera colta e raffinata senza per questo recare disturbo e ledere le legittime esigenze di tranquillità dei residenti della piazza.

“Mannucci incontra a teatro”, il Tirso de Molina si riempie di note e di emozioni

Stefano Mannucci e Alessandro Mannarino Ph Roberta Gioberti

Stefano Mannucci e Alessandro Mannarino Ph Roberta Gioberti

Senza filtro, senza freno, senza ritrosie ed antagonismi. Gli incontri in musica organizzati dal giornalista de Il Tempo Stefano Mannucci, presso il Teatro Tirso de Molina di Roma, giungono all’ultimo appuntamento stagionale con una serata particolarmente ricca da ogni punto di vista. Ricca di emozioni, di note, di racconti, di artisti come Jack Savoretti, Zibba, Fabrizio Moro, Raiz & Fausto Mesolella e Alessandro Mannarino.

Fausto Mesolella e Zibba Ph Roberta Gioberti

Fausto Mesolella e Zibba Ph Roberta Gioberti

In un’atmosfera intima, raccolta, oseremmo dire familiare, ognuno degli artisti presenti ha messo a nudo il proprio amore per la musica, raccontando un’ Italia musicale diversa, avulsa dalle logiche commerciali, abituata a ragionare sui testi e sulle possibilità espressive di un’arte, troppo spesso svilita e ridotta a puro business.

Fabrizio Moro e Stefano Mannucci Ph Roberta Gioberti

Fabrizio Moro e Stefano Mannucci Ph Roberta Gioberti

Sul palco del Tirso, nel cuore di Roma, si sono alternati, incrociati, abbracciati artisti che, attraverso la propria esperienza, hanno voluto contribuire alla costruzione di un circuito destinato a crescere ed ad insediarsi in tutta Italia per provare a riconcentrare l’attenzione sull’aspetto più puro e più verace del mondo legato alla musica.“Umiltà, semplicità, pochi mezzi e tanta passione”, sono questi gli ingredienti svelati dallo stesso Mannucci che, questa mattina, ha raccontato a chi c’era e a chi avrebbe voluto esserci, di come questo e gli altri incontri che egli è solito organizzare presso il  N’importe Quoi Libreria Caffe di Roma servono a restituirci “il diritto di ascoltare e riconoscere la bellezza che ci circonda e l’energia per affrontare la vita con vigoria e rinnovato entusiasmo”.

Raffaella Sbrescia

Fotogallery a cura di: Roberta Gioberti

Jack Savoretti Ph Roberta Gioberti

Jack Savoretti Ph Roberta Gioberti

Alessandro Mannarino Ph Roberta Gioberti

Alessandro Mannarino Ph Roberta Gioberti

Raiz Ph Roberta Gioberti

Raiz Ph Roberta Gioberti

Fabrizio Moro Ph Roberta Gioberti

Fabrizio Moro Ph Roberta Gioberti

Zibba Ph Roberta Gioberti

Zibba Ph Roberta Gioberti

Fausto Mesolella Ph Roberta Gioberti

Fausto Mesolella Ph Roberta Gioberti

Il pubblico del Teatro Tirso de Molina Ph Roberta Gioberti

Il pubblico del Teatro Tirso de Molina Ph Roberta Gioberti

“Mannucci incontra a Teatro”  Setlist

Jack Savoretti:
1) Not worthy
2) Broken Glass
3) Changes
4) Sweet Hurt

Savoretti, Zibba, Fausto Mesolella:
5) Ancora tu

Zibba, Mesolella:
6) E se domani

Zibba:
7) Senza pensare all’estate
8) Dove i sognatori sono librai
9) Nu’ jorno buono (frammento)
10) Senza di te

Mannarino:
11) Scendi giù

Mannarino, Mesolella:
12) Fatte bacià

Raiz & Mesolella:
13) Lacreme Napulitane/Immigrant punk
14) Maruzzella (in ebraico)
15) Carmela/I’m your man
16) Third stone from the sun/ O’ surdato ‘nnamurato/Black or White/Give me love
17) Arrivederci Roma

Fabrizio Moro
18) Medley: Libero/Pensa/Sono solo parole
19) Babbo Natale esiste
20) Fermi con le mani
21) L’Italia è di tutti

I The Vamps presentano “Meet The Vamps Italian Edition”

the vampsThe Vamps è una  boy band inglese, formatasi nel 2012 e composta da Connor Ball, Tristan Evans, James McVey e Bradley Simpson. Il gruppo ha pubblicato, proprio oggi 20 maggio, una versione dell’album intitolato “Meet The Vamps”, dedicata ai fan italiani,  comprensiva di DVD, dandole il titolo di “Meet The Vamps Italian Edition”.

Questa speciale edizione contiene 15 brani inediti e un poster con le  foto inviate dai fan italiani, realizzate nel corso del Vamparty di Roma, tenutosi lo scorso febbraio. In attesa dell’appuntamento che li vedrà a Milano, il prossimo 21 maggio, cerchiamo di scoprire che tipo di musica propongono questi ragazzi così amati in Italia e nel mondo. Pezzi come “Wild Heart”,  “Can we dance” e “Last Night” sono considerate ormai delle hit e, a giudicare da quanto ascoltato, ci sarebbe da dire che la formula del loro successo è racchiusa in una ricetta ormai consolidata: sonorità orecchiabili, melodice catchy e non troppo impegnate, fisionomie rientranti negli standard dei canoni della bellezza 2.0

Ad onor del vero bisogna aggiungere, però, che questi 4 ragazzi sono tutti musicisti, e, pur auspicando un ampio margine di migliorabilità, è giusto dare loro atto del fatto che scrivono e suonano le loro cose da soli. Tra guizzi folk e lunghe immersioni nel power pop, nel loro disco spuntano le parentesi più acustiche di “Another World”, “Risk it all” e “She was the one”. “Move My Way”  e “High Hopes” prendono chiara ispirazione dallo stile dei colleghi McFly. Sebbene sia comprensibile la stima e l’ammirazione dei The Vamps verso la tipologia di approccio al “nu pop” del gruppo britannico, questa forte somiglianza potrebbe andare a loro stesso discapito. Quel che è giusto dire, allora, è che, nonostante un primo progetto contenente del buon materiale, i The Vamps sono ancora talmente giovani da avere non solo il diritto ma anche, e soprattutto, il dovere di osare, ricercare, capire, sperimentare e mettersi alla prova per costruire un percorso che possa essere durevole nel tempo.

Raffaella Sbrescia

Video: “Last Night”

Nutella compie 50 anni “A little bit of love” a Napoli con Mika

 Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

La Nutella, la crema di nocciola più famosa al mondo, l’icona del marchio Ferrero, ha compiuto 50 anni e, per festeggiare degnamente questo mezzo secolo di vita, i festeggiamenti, in grande stile, si sono tenuti presso Piazza Plebiscito a Napoli. Fin dalle prime ore del mattino, intere famiglie si sono riversate in piazza per gustare una fetta di pane e nutella e godere delle iniziative di intrattenimento organizzate per l’occasione.

Raiz  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Raiz @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Col sopraggiungere del pomeriggio, l’attesa maratona musicale ha preso il via con l’intensa carica mediterranea di Raiz e gli Almamegretta per poi proseguire con la classe, la moderata sensualità e trasparenza della voce di Simona Molinari ed il sax del leggendario James Senese, fervido rappresentante di quel Neapolitan Power di cui c’è ancora tanto bisogno.

James Senese  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

James Senese @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Ad intervallare i vari settaggi del palco l’animazione piuttosto discutibile degli speaker di Radio Dimensione Suono, forse tramortiti da una presenza di persone tanto massiccia. A rappresentare il Comune di Napoli è stato l’Assessore alle Politiche giovanili Alessandra Clemente la quale ha entusiasticamente annunciato l’imminente partenza della nuova edizione di “Giugno dei giovani”.

Arisa  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Arisa @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Alle 19.15 è Arisa a salire sul palco: poco prima del suo intervento musicale, l’artista  accenna, simbolicamente, qualche verso dell’eterna “Reginella” con un risultato non propriamente all’altezza così come si rivelano a tratti inappropriate le scelte degli arrangiamenti dei brani in scaletta: da “Malamoreno” a “Sincerità”, insolitamente rivisitata in chiave reggae”, passando per una poco convincente versione di “Personal Jesus” dei Depeche Mode, seguita da “La notte”, “Cuccurucu” di Battiato”, la sanremese “Controvento” ed il nuovo singolo intitolato “Quante parole che non dici”.

Giuliano Palma @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Giuliano Palma @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Il tempo scorre implacabile, l’attesa per il concerto di Mika cresce di minuto in minuto ma prima di lui c’è il re delle cover, ovvero Giuliano Palma che, in un attimo, fa ballare la piazza, ormai gremita da ore, sulle note di “La mia solitudine sei tu”, il festivaliero “Così lontano”,Che cosa c’è”, in salsa ska, l’immancabile “Tutta mia la città” e una bella versione di “Messico e nuvole”.

Mika  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Mika @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

I tecnici sono in fermento, l’intrattenimento è ormai fiacco, non c’è tempo da perdere, alle 21.30 in punto arriva il clou della festa cioccolatiera: Mika sale sul palco per l’unico concerto estivo di questo 2014 al giro di boa. Effervescente, brillante ed energico, l’artista libanese conquista il pubblico con la sua verve sorniona. Il falsetto, ormai suo marchio di fabbrica, si associa ad una buona parlata italiana di cui l’artista fa sfoggio da qualche mese, grazie alla recente partecipazione al Reality show X Factor.

Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Lo show inizia sulle note di “Relax, Take it Easy”, una dedica a chi, come sempre, sfrutta questi grandi eventi, come occasione per parlare a vanvera, a torto, a ruota libera. Lo show prosegue con “Grace Kelly”, “Blue Eyes”, l’amatissima “Rain” e la versione italiana di “Stardust”, cantata in duetto con Chiara Galiazzo, ospite a sorpresa della serata.

Mika @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Mika @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Il re delle hit è scatenato, non si ferma un attimo, salta in lungo e in largo e sottolinea più volte il suo entusiasmo per il fatto di suonare per la prima volta a Napoli. In effetti un pizzico di incredulità la si può osservare anche negli occhi dei tantissimi ragazzi accorsi in uno dei luoghi più vissuti della città. Il concerto prosegue con “Billy Brown”, “Blamelt on the Girls”, “Big girl”, “Underwater”, accompagnata da un tripudio di luci di cellulari, fotocamere e tablet. L’aria è elettrica e Mika sa come entusiasmare il pubblico con “Celebrate”, “The Origin Of love”, in un’inedita versione italiana cantata in duetto con Chiara.

Mika  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Mika @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

“A little bit of love”, canta Mika in “Happy Ending”, suggellando il momento più speciale del concerto. Il tempo è tiranno, l’incantesimo sta per spezzarsi non prima che l’artista si scateni ancora un po’ sulle note di “Love Today”, e “Lollipop”, anch’essa italianizzata per l’occasione e cantata in compagnia della Galiazzo, ormai da tempo nelle grazie della star mondiale. Il concerto volge al termine, “We are golden” è l’ultima canzone in scaletta, fiumi umani di persone lasciano inerme Piazza Plebiscito, spogliata di sogni e vestita di bottiglie di vetro e cartacce. Ci piacerebbe davvero che eventi così possano ripetersi molto più spesso per far sì che Napoli torni a splendere e che non sia solo una zucca raramente travestita da carrrozza.

Raffaella Sbrescia

Fotogallery a cura di: Roberto Panucci

Mika  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Mika @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Giuliano Palma  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Giuliano Palma @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Il pubblico  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Il pubblico @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Arisa  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Arisa @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Palma  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Palma @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Arisa  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Arisa @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

James Senese @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

James Senese @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Simona Molinari  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Simona Molinari @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Simona Molinari  @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Simona Molinari @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Raiz e gli Almamegretta @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

Raiz e gli Almamegretta @ Nutella50bDay Ph Roberto Panucci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’Arenile Reload compie 20 anni con Enzo Avitabile

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Vent’anni fa Bagnoli conosceva una nuova ed originale realtà: L’Arenile di Bagnoli, oggi Arenile Reload, nato da un progetto di Umberto Frenna e dell’Associazione Culturale Nesis, ovvero dalla bonifica di una ex discarica a mare. Da una zona completamente distrutta dal fallimento di una bruttura industriale quale è, ancora oggi, l’ex Italsider di Bagnoli è nato quello che oggi rappresenta a tutti gli effetti un indispensabile punto di riferimento per l’impresa, per la musica, la cultura, il tempo libero e l’intrattenimento partenopeo; una location unica nel suo genere in grado di offrire alla cittadinanza campana una vasta scelta.

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Inaugurato nel 1994, il villaggio è, a pieno titolo, uno dei pochi luoghi che ancora attira, ogni anno, un flusso di centinaia di migliaia di persone. Forte di una direzione artistica consolidata e competente, l’Arenile Reload è una realtà imprenditoriale amata, in grado di offrire nuove e necessarie risorse alla città di Napoli e al martoriato quartiere di Bagnoli.

Alla luce di quanto detto, in occasione del ventesimo anniversario dell’Arenile Reload, il noto cantante, compositore e saxofonista partenopeo Enzo Avitabile ha tenuto, proprio all’Arenile, un affollatissimo concerto insieme ai Bottari di Portico. Un evento, tenutosi lo scorso 17 maggio, che si è svolto nel segno della tradizione, della continuità e del futuro e che ha trovato spazio nell’ambito della nuova edizione della prestigiosa rassegna musicale denominata “Drop”.

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Con una scaletta pregna di contenuti attuali, profondi ed ispirati Enzo Avitabile ha spaziato tra la musica soul, il jazz ed il blues: “Ruglio”, “Sigla”, “Paisà”, “Tutt eguale”, “Trittico”, e poi, ancora, “Salvamm ‘o munno”, “Canta Palestina”, “Nunn’è giusto”, “Chest è l’Africa”. Sono questi i brani con cui Avitabile ha cantato il male del mondo, senza tralasciare temi drammatici come la guerra, la solidarietà, l’uguaglianza tra gli uomini. Intrattenimento sì, ma con criterio, l’artista riesce a mettere tutti d’accordo proseguendo con “Mane e mane”, “Abballacummè”, “Don Salvatore”. Immancabile la trascinante “Soul Express”, seguita da “O’ Munno se move”, “Paisà II”, “Aizamme na mana”. L’ultima trance del concerto si svolge sulla note di “Votta votta” e l’inimitabile “Black Tarantella”.

La notte dell’Arenile Reload è, però, ancora giovane e al popolo della luna non rimane che scatenarsi con la flash dance dell’amatissimo resident selector DJ Cerchietto.

Fotogallery a cura di: Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

Enzo Avitabile @ Arenile Reload Ph Luigi Maffettone

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggio della Musica: Philippe Entremont in concerto a Napoli

Philippe Entremont Ph Flaviana Frascogna

Philippe Entremont Ph Flaviana Frascogna

Con oltre 50 anni di carriera alle spalle, Philippe Entremont è un pianista conosciuto in tutto il mondo per la sua tecnica e per il suo talento.  L’amore per la musica l’ha condotto in tutto il mondo, al fianco delle più prestigiose orchestre e dei più grandi direttori nonchè nelle più importanti sale. Direttore del conservatorio di Fantainebleau, Philippe si è esibito lo scorso 15 maggio, in un piano solo, presso la Villa Pignatelli di Napoli, in occasione del Maggio della Musica, la rassegna di concerti diretta dal maestro Michele Campanella. Entremont è tornato a Napoli dopo ben 40 anni di assenza, anni in cui il suo nome è risuonato sui palchi di tutto il mondo e che gli hanno fruttato prestigiosi riconoscimenti come il Grand Prix du Disque, l’Edison Award ed il Grammy Award, senza tralasciare le numerose cariche di cui è stato insignito.

Entremont 1

Philippe Entremont Ph Flaviana Frascogna

Nella sala della veranda neoclassica di Villa Pignatelli, Philippe ha immediatamente rapito tutti i presenti con lo charme, la classe, l’eleganza e la tecnica che in pochi ancora possiedono. Il suono celestiale delle note scelte per il concerto ha immerso il pubblico in una dimensione avulsa da luogo e tempo. Note antiche che sanno sempre arrivare il cuore sono quelle scelte da Philippe Entremont per il suo recital.

Philippe Entremont Ph Flaviana Frascogna

Philippe Entremont Ph Flaviana Frascogna

Mozart, Beethoven, Chopin sono gli autori che hanno composto i tasselli di un percorso musicale incentrato sulla valorizzazione di stili, forme e tecniche proprie dell’estetica musicale del periodo compreso tra Sette e Ottocento. Nella Sonata in La maggiore K.331, edita da Artaria nel 1784 e capolavoro di maggior notorietà fra gli esempi dedicati da Mozart a questo genere, si parte da un lento Andante grazioso per arrivare a susseguenti mutazioni e variazioni, giocate su parallelismi e confronti strumentali, fino alla parte generalmente chiamata “alla turca”: un esotico Rondò fitto di accorciature e accordi stretti in arpeggi a imitazione di tamburi e sonagli tipici delle rumorose bande militari turche.

Decisamente dirompente è l’esecuzione di Philippe Entremont della Sonata n. 23 in fa minore, op. 57 di Beethoven, pubblicata nel 1807 e passata alla storia con il titolo di “Appassionata”. Aggressiva e coinvolgente è la forza emotiva di questo brano che, dall’Allegro Assai d’apertura, stempera i toni con l’Andante semplice fino all’effluvio drammatico del finale. Dopo un brevissimo intervallo, Entremont ritorna al pianoforte per le Quattro Ballate di Chopin: una cavalcata a ritmo serrato. Non c’è tempo di respirare, non sono ammesse imprecisioni, ogni tasto corrisponde ad una precisa funzione ed eccole le composizioni di Chopin: libere e suadenti, ammalianti e malinconiche. Dolce è dolente è la Ballata n.1 in Sol minore, op 23, fluente eppure enigmatica è la Ballata n. 2 in Fa maggiore, op.38 mentre l’intensità espressiva della Ballata n. 3 in La bemolle maggiore, op 47 ha, in qualche modo, offuscato le proprietà compositive della Ballata n.4 in fa minore op.52 con cui Philippe Entremont ha concluso una magistrale performance di inestimabile valore umano, artistico e sociale. Grazie Philippe.

Raffaella Sbrescia

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