“Bach for Babies”, Ramin Bahrami tramanda Bach ai più piccini. La recensione dell’album

untitled

“Bach for Babies” (Decca – Universal) è il nuovo lavoro discografico del pianista Ramin Bahrami, riconosciuto come uno dei massimi conoscitori ed interpreti del noto compositore Johann Sebastian Bach. Scelti per il loro carattere intimo e delicato, i brani di “Bach for Babies” nascono dal preciso intento di creare una rassicurante e vellutata sintonia tra il musicista e l’ ascoltatore. La prima persona ad ascoltare il disco è stata proprio una bambina, si tratta di Shahin Maria, la figlia neonata di Bahrami che, attraverso il suo sorriso, è riuscita ad aiutare suo padre nella scelta dei brani che, uno dopo l’altro, come tasselli di un prezioso mosaico, si sono incastonati in un progetto in grado di coniugare il genio e l’eleganza del passato con l’innovazione e l’emotività contemporanea.

Ramin Bahrami Ph Giuseppe Melandri

Ramin Bahrami Ph Giuseppe Melandri

Già a partire dal titolo, “Bach For Babies” si presenta come un disco ambizioso, pensato per avvicinare i più piccoli alla musica di spessore, senza imposizione alcuna. La passione per la ricerca e la  sensibilità cosmopolita del pianista iraniano è, da sempre, incentrata sulla monumentale produzione strumentale di Johann Sebastian Bach, tuttavia le influenze europee ed orientali, che hanno caratterizzato l’infanzia di Bahrami, hanno fatto sì che il musicista scegliesse di inserire nel disco anche frammenti di Gluck, del mozartiano Flauto magico e di Brahms. Una tracklist completa ed esaustiva, composta con il cuore pieno di gioia per l’arrivo della sua bambina ma anche con la mente rivolta alla dimensione familiare dello stesso Bach, offrirà la chiave di lettura di note versatili e coinvolgenti, frutto di suggestioni senza età e senza tempo. Il motore di questo circolo di emozioni è uno struggimento creativo che, attraverso Bahrami, intende rivolgersi ai nuovi musicisti del domani. Non rimane che sperare che questo lavoro possa trovare modi, tempi e luoghi per essere divulgato e tramandato ai più piccini.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Bach for Babies” su iTunes

Tracklist:

1 Ich habe genug – Cantata BWV 82 *

2 Schlummert ein ihr matten Augen – Cantata BWV 82 *

3 Aria – Variazioni Goldberg BWV 988

4 Aria sulla quarta corda – Suite n. 3 BWV 1068 *

5 Siciliano – Sonata per flauto BWV 1031 (Arr. Kempff)

6 Erbarme dich – Passione secondo Matteo BWV 244 *

7 Invenzione a due voci n. 13 BWV 784

8 Sinfonia in sol min. n. 11 BWV 797

9 Largo- Concerto per pianoforte n. 5 BWV 1056 *

10 Preludio e Fuga

Clavicembalo ben temperato I BWV 846

11 Jesus bleibet meine Freude

Cantata BWV 147*

GLUCK

12 Danza degli spiriti beati (Arr. Sgambati)

MOZART

13 Ach ich fühl ́s – Il Flauto Magico*

BRAHMS

14 Wiegenlied op. 49 n. 4

15 Romanza op.118

16 Wiegenlied op.49 n.4 eseguito con carillon

* Arrangiamento di Ramin Bahrami

 

Intervista ai Kutso: “Musica per persone sensibili” in Perpetuo tour

CoverKUTSO_b (2)

I Kutso sono un gruppo rock alternative italiano composto da Matteo Gabbianelli (voce), Donatello Giorgi (Chitarra),  Luca Amendola (Basso),  Simone Bravi (Batteria). I Kutso sono molto apprezzati, non solo per la loro forte presenza scenica e per il carisma che caratterizza le loro esibizioni dal vivo, ma anche e soprattutto per i contenuti immeditati dei loro testi. Un controverso equilibrio tra la dimensione esplicitamente crepuscolare delle loro canzoni si alterna a degli arrangiamenti e a delle melodie ritmate e coinvolgenti. A parlarci della dimensione artistica dei Kutso è Matteo Gabbianelli, voce e autore dei testi del gruppo, destinato a lasciare un segno ben riconoscibile all’interno dello scenario musicale italiano.

Di cosa parlano e cosa intendono comunicare i Kutso nel 2014?

Esprimiamo semplicemente quello che abbiamo dentro, le canzoni sono dei pretesti per spurgare la negatività che ci portiamo dentro… Tra l’altro è pur sempre vero che molto spesso si sente il bisogno di scrivere proprio quando c’è qualcosa che non va o si ha la necessità di dover dire qualcosa.

Qual è il contesto in cui fate musica e quale realtà portate nei vostri contenuti artistici?

Io sono il “colpevole” dei testi, compongo sia le armonie che le parole. Quando scrivo delle canzoni parto prima dalla musica, compongo tutto quello che riguarda la parte armonica e poi ci metto su le parole, che, in genere, sono sempre sbeffeggianti e sarcastiche. Mi piace dirmi in faccia le cose così come stanno, anche in maniera diretta ed esplicita, senza giri di parole. Proprio per queste ragioni i nostri testi sono tutti mortiferi, negativi, crepuscolari però questo buio viene redento dalla luce della musica che, invece, è solare e piena di gioia di vivere. La nostra musica, in sintesi, presenta un contrasto netto tra testi assolutamente definitivi e disfattisti, caratterizzati da un ampia natura sarcastica, e una musica dirompente, vorticosa e piena di colpi di scena.

Kutso

Kutso

Cosa vi sta lasciando, a livello personale ed artistico, il “Perpetuo tour”?

Siamo molto contenti di come stanno andando le cose perché stiamo suonando tantissimo. Sono anni che non ci fermiamo mai e, anche adesso che stiamo registrando il prossimo disco, non ci siamo fermati e penso proprio che non ci fermeremo finche la vita ce lo consentirà. Siamo orgogliosi del fatto che riusciamo ad avere sempre più consensi anche se per noi è un po’ più difficile l’aspetto comunicativo: nonostante il nostro seguito sia sempre più numeroso, così come fitti sono gli appuntamenti dal vivo, non siamo ancora supportati dalla stampa di settore e fatichiamo a pubblicizzare quello che ci sta succedendo. Ad ogni modo siamo molto contenti, abbiamo un po’ di cose belle che ci attendono prossimamente.

Come vi siete rapportati al pubblico durante i tantissimi opening che vi hanno visti protagonisti?

Sono state esperienze molto belle! Siamo stati al 1 maggio in Piazza San Giovanni a Roma, dove c’erano 500.000 persone, si è trattato di un momento breve ma molto intenso. Le aperture, più in generale, sono state tutte delle conferme perché, nonostante il fatto che ci fossimo trovato di fronte a pubblici molto eterogenei, abbiamo sempre avuto una risposta positiva. Questo ci ha fatto pensare che la gente abbia sempre capito qual è lo spirito del nostro concerto che noi cerchiamo sempre di trasformare in una festa in cui tutti partecipano con la stessa importanza, in un rapporto orizzontale.

Kutso

Kutso

In “Siamo tutti buoni”, un brano tratto dal vostro album intitolato “Decadendo (Su un materasso sporco) cantate “Intrattengo inconcludenti rapporti d’interesse vago con persone false come me… e cosa ci guadagno? Forfora e gastrite”… E’ forse questa la vostra definizione di decadenza?

 La decadenza, come la intendo io, è un sentimento interiore. Ad ogni modo è un concetto che può sicuramente essere riassunto anche in quella frase… si tratta di un costringersi a essere qualcosa che non si è per poi prendere le briciole di quello che si voleva.

Cosa ha significato per voi girare lo spot anti HIV?

È stata un’esperienza molto importante, che ci ha fatto riflettere. Siamo tutti sostenitori del buon senso e dell’attenzione anche nei confronti del prossimo, questa è, infatti, una cosa che non riguarda solo la propria salute… Tuttavia  è difficile essere ligi al dovere quindi è stata un’esperienza che ci è servita per autobacchettarci.

Che ruolo avete avuto nel progetto intitolato “When I Was an Alien”?

Quella è stata una bella iniziativa organizzata dalla Inconsapevole Records, che ha voluto realizzare una compilation tributo a Kurt Cobain, in occasione dell’anniversario della morte dell’artista e che ci ha chiesto di rifare un brano, neanche troppo famoso, contenuto nell’album “In Utero”, intitolato “Tourette’s”. Abbiamo rivisitato il brano completamente a modo nostro, la versione originale è tutta molto strillata, un pezzo puramente punk, noi, invece, l’abbiamo fatta diventare funk con un cantato lirico ed improbabile, ad opera del nostro chitarrista. Ci piace dissacrare i miti, sbeffeggiare quello che viene ritenuto importante dagli altri.

Il 12 luglio parteciperete all’Hard Rock Live di Roma…sarete la voce fuori dal coro?

Saremo lì con i Negramaro, i The Fratellis, i Velvet e altri gruppi…sarà una bella situazione  e, anche se saremo un po’ un pesce fuor d’acqua, non vediamo l’ora di andarci proprio perché in genere sguazziamo bene in queste cose in cui non c’entriamo niente. La gente non si aspetta il nostro genere e, invece, quando ci ascolta rimane contenta perché pensa di aver visto e ascoltato qualcosa di unico. Alle persone piace essere stupite quindi siamo entusiasmati all’idea di partecipare a questo evento.

Kutso

Kutso

Siete al lavoro su un nuovo album…cosa potete anticiparci a riguardo?

Il titolo che abbiamo scelto per questo nuovo album sarebbe dovuto essere quello del nostro primo disco ed è “Musica per persone sensibili”. Questa scelta rappresenta una precisazione: spesso siamo stati fraintesi e considerati gruppo di musica demenziale, una parola che ci fa venire l’orticaria. Noi non siamo né fan di Elio e Le Storie Tese, né estimatori di Frank Zappa né tantomeno degli Skiantos etc… In ogni caso quando scrivi delle cose, come facciano noi, in maniera così diretta ed esplicita e le abbini ad una musica tutta allegra e zompettante, il risultato può essere esilarante però non è questo quello che ci interessa. Veniamo più dal non sense di Rino Gaetano, dal cinismo di Giorgio Gaber, dal punk nichilista di Iggy Pop… quello è il mondo da cui proveniamo. Ritengo, quindi, che le nostre canzoni non siano qualcosa di superficiale, al contrario sono il frutto di ragionamenti ponderati a lungo. Quando cerco una parola, non lo faccio così per fare o perché suona bene quindi, con questo titolo, volevamo indurre nello spettatore un sentimento ed un approccio diverso alla nostra musica.  Il filo che seguiremo all’interno delle tematiche affrontate seguirà la direzione che abbiamo intrapreso con “Decadendo (Su un materasso sporco), per il resto ci sarà una svolta un po’ più aggressiva, coerente con l’intento di mettere a fuoco quello che avevamo cominciato con il precedente album.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Decandendo (Su un materasso sporco) su iTunes

La recensione de “L’Improbabile”, il nuovo album della Bandabardò

untitled

A tre anni di distanza da “Scaccianuvole”, la Bandabardò di Enrico “Erriquez” Greppi, Alessandro “Finaz” Finazzo, Andrea “Orla” Orlandini, Marco “Don” Bachi, Alessandro Nutini detto “il giovane Nuto” e Federico “Pacio” Pacini ritorna con “L’Improbabile”. L’undicesimo disco di inediti dell’amatissima live band italiana segna un nuovo modo per rivivere l’autenticità dell’ormai consolidata cifra stilistica del gruppo. Distribuito per la prima volta con Warner Music, “l’Improbabile” racchiude poesia, allegria, ritmo e passione: chiacchiere da bar, aforismi, aneddoti, sessualità, attualità, frivolezze affiorano con freschezza e classe attraverso 13 brani scritti senza rinunciare ad una verace esuberanza che, da più di vent’anni, rappresenta, a pieno titolo, il marchio di fabbrica di questa solida ed insostituibile realtà musicale. Ad accompagnare il progetto, una bella e originale copertina realizzata da Iacopo Fo, una visione grafica pensata per rispecchiare l’intenzione di riprendere un concetto di fondo: quello dell’improbabilità, intesa come impresentabilità di tanti soggetti e comportamenti, specie quelli che privano la comunità di risorse a vantaggio di pochi. Giovani, vecchi, coatti, innamorati, corrotti, incazzati sono i protagonisti di un progetto ricco di arrangiamenti importanti: fiati, tastiere ed elettronica si intrecciano con il groove delle chitarre, acustiche ed elettriche e dell’ukulele.

Bandabardò

Bandabardò

Pochi e selezionatissimi sono, invece, gli ospiti presenti in questo album, si tratta di Alessandra Certini de Il Genio, che interpreta “E allora il cuore”, il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album, e che ha realizzato i cori in tutto il disco. Poi c’è il rapper G-Max, arguta e bruta voce presente in “Senza impegno” e Master Mixo, l’ottimista di “Andrà tutto bene”, il brano che chiude l’album con una sentita dedica all’amore: la sola scienza, la sola politica, la sola  ricchezza. Molto intenso anche il testo scritto da Francesco Gazzé per “La selezione naturale”, un fedele ritratto di coloro che hanno imparato a rubarci l’anima e speculare sul nostro dolore. Molto sfiziosa è la cover di “Ça plane pour moi”, successo di Plastic Bertrand dell’annata 1977 che, insieme all’irriverenza di “Punti di vista”, allo scanzonato finto disinteresse socio-politico di “Senza impegno” ed al citazionismo sbeffeggiante di “Italian Expo”, rientra tra i momenti più interessanti del disco. “La vita è come la vestizione, un lento spettacolo d’indecisione, cantano ne “La Vestizione” i Bandabardò  che, attraverso la loro coinvolgente miscela di folk-rock-pop, riescono ancora ad unire sostanza e leggerezza risultando eleganti, generosi, intensi.

Raffaella Sbrescia

Acquista “L’Improbabile” su iTunes

Video: “E allora il cuore”

 L’improbabile tour

3 luglio Grande Arena del Centrale del Tennis ( Roma)

6 luglio Mezzocorona (TN) Solstizio d’Estate Festival

12 luglio Pistoia Blues (Pistoia)

18 luglio  Carroponte (Milano)

29 luglio Strozza Music Fest

 

 

Gipsy Trio in concerto: emozioni gitane al Castel Sant’Elmo

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Lo scorso 27 giugno, la sempre splendida location del Castel Sant’Elmo a Napoli ha ospitato il concerto del Gipsy Trio. Sul palco grandi chitarristi come Stochelo Rosenberg e Salvatore Russo accompagnatati dal contrabbassista Renato Gattone. Ad organizzare l’evento il New Around Midnight Jazz Club che, grazie a questo speciale evento, ha offerto al pubblico l’occasione di apprezzare le particolarissime velleità del musicista di origini olandesi Stochelo Rosenberg, riconosciuto tra i massimi interpreti del gipsy jazz. In scaletta brani come  “Django’s tiger” e” Tears” di Django Reinhardt, principale interprete di questo genere musicale  che, alla fine dei suoi numerosi viaggi, si stabilì con la propria carovana a Parigi. Passando dal manouche al jazz swing, senza dimenticare apprezzabilissime spruzzate folk, Stochelo e colleghi si sono divertiti ad eseguire anche classici del jazz come “Caravan”, eseguito per la prima volta da Duke Ellington e “For Sefora”, una delle più note composizioni dello stesso Rosenberg.

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Da sottolineare anche l’apertura del concerto di Carlo Lomanto, docente di Canto Jazz al Conservatorio di Cosenza e al Conservatorio di Napoli. Grazie al suo innovativo Guitass Project l’artista si è esibito con un particolare strumento, una chitarra/basso creata per lui dalla GNG, cimentandosi nell’interpretazione di grandi classici del Jazz e del Blues come “Hallucination”, “But Beautiful”, “Every Day I Have the Blues” e “Come together” dei Beatles, alcuni dei quali contenuti nel suo ultimo album intitolato “Dreams”.

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Spazio anche alle tematiche sociali con il Flashmob organizzato dagli infermieri della neonata Associazione ‘Codice Rosa’ e laureandi in Infermieristica e Infermieristica Pediatrica che, con questa iniziativa, hanno inteso lanciare un messaggio contro la violenza sulle donne.

Fotogallery a cura di: Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

 

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

 

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Carlo Lomanto Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Carlo Lomanto Ph Luigi Maffettone

Gipsy Trio Ph Luigi Maffettone

Carlo Lomanto Ph Luigi Maffettone

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Summer live Tones: Alberto Bruno e Ornella Falco raccontano come si porta il jazz a Napoli

summer live tones

L’Associazione Culturale “Live Tones – Napoli Party rappresenta lo sbocco naturale dell’impegno e degli sforzi di due persone in particolare: Alberto Bruno, Direttore Artistico delle omonime rassegne targate Live Tones e grande conoscitore dello scenario jazz internazionale, e di Ornella Falco, direttrice organizzativa, storica dell’arte operante all’interno della Sovrintendenza Archeologica  presso il Ministero dei Beni Culturali, da sempre attiva nell’organizzazione di mostre d’Arte Contemporanea e grande amante della musica jazz. Punto di riferimento nella promozione e nella divulgazione della cultura nella città di Napoli, Live Tones Napoli Party  torna a proporsi come grande aggregatore sociale attraverso la terza edizione della rassegna estiva patrocinata dall’Assessorato Cultura e Turismo del Comune di Napoli. Abbiamo, dunque, incontrato Alberto Bruno ed Ornella Falco per conoscere quali saranno le sorprese in serbo per il pubblico e per capire a fondo quali siano le condizioni e le prospettive della musica jazz a Napoli.

Qual è la storia del Live Tones e quali sono state le fasi della crescita e dello sviluppo di questa realtà?

Alberto: La rassegna del Live Tones nasce dopo un’esperienza pregressa di direzioni artistiche in varie locations. Ho iniziato, circa 14 anni fa con la direzione artistica di un teatro sito nell’area 17 della Mostra d’Oltremare. In quell’occasione fui chiamato da un amico che, conoscendo la mia passione sfegatata per il jazz e sapendo che io ero molto ben inserito nel settore, perché seguivo già da tanto vari festival diventando amico di grandi musicisti, mi fece questa proposta. Per me fu una gioia, i primi a suonare furono Javier Girotto con gli Aires tango poi ci furono Danilo Rea e Roberto Gatto in duo e poi, ancora, venne Sergio Cammeriere con Fabrizio Bosso e così via….Questa rassegna si teneva il martedì in una struttura affittata dai circensi; il fatto singolare era il palco a forma di pedana circolare, un contesto in cui i musicisti erano contenti di trovarsi. Da lì continuai con altre direzioni artistiche, l’avventura successiva si tenne al Marabù, dove, per 4 anni, ho portato i più grandi jazzisti italiani ed internazionali.

Nel frattempo ci sono state anche altre collaborazioni, ero direttore organizzativo di altri spazi, anche di una certa importanza: ho organizzato concerti al Teatro Augusteo, al Madre, al San Carlo, fino ad arrivare al momento cruciale della scelta di prendere il Live Tones, un locale che rispecchiasse la mia idea di jazz vissuto nel Club, memore delle serate passate anni prima all’Otto Jazz Club, il Club storico di Napoli… Ho, quindi, rilevato questo locale, aiutato dalla valida Ornella Falco per creare un punto di riferimento del jazz a Napoli e vivere questa musica dal vivo con un’atmosfera magica. Purtroppo ci sono riuscito solo in parte perché dopo due anni e mezzo ho dovuto chiudere il locale però ho comunque mantenuto in vita l’Associazione Culturale per poter continuare a portare avanti il mio discorso, ovvero accomunare i grandi nomi con i musicisti emergenti. Una delle cose che ho sempre sostenuto è che, per fare il grande jazz non c’è bisogno del grande nome, ci sono tantissimi artisti che sono bravi tanto quanto i grandi nomi e che portano avanti il jazz in modo egregio. Per questo motivo, una volta chiuso il locale, abbiamo continuato le rassegne…Una di queste è stata quella che si è svolta all’Auditorium Salvo d’Acquisto e adesso continuiamo con quella di Summer Live Tones, un’iniziativa che portiamo avanti già da tre anni e che rappresenta la versione estiva del Live Tones Club.

Alberto Bruno Ph Luigi Maffettone

Alberto Bruno Ph Luigi Maffettone

Questa è la terza edizione estiva della rassegna jazz… artisti di calibro internazionale si alterneranno a nuove leve del jazz che segnano il futuro, per qualità progettuale e tecnica, di questo genere musicale.

Alberto: Quest’anno continuiamo con il preciso intento di portare avanti l’idea di alternare grandi nomi e giovani emergenti. Ci sarà il gruppo di Luigi Masciari con Enrico Zanisi (fender rhodes), Cristiano Arcelli (sax), Daniele Mencarelli (basso), Alessandro Paternesi (batteria) dei giovani ormai più che promettenti. Poi ci sarà la M.A.D Orchestra, dei ragazzi che ci hanno sempre sponsorizzato, venendo a farci da supporto e che questa volta ho voluto fortemente sul palco. Ho, inoltre, la fortuna di conoscere ed essere amico di tanti musicisti e quindi, trascendendo dal discorso puramente artistico, mi fa piacere chiamare gli amici. Il primo in assoluto è Danilo Rea, cosiddetto fratellone, che già due anni fa, ha tenuto un concerto in trio proponendo un progetto sui Beatles. Quest’anno, invece, ho voluto Danilo in un piano solo, la dimensione espressiva ideale per un musicista. La magia del jazz sta nel fatto che ogni sera c’è una musica diversa, ogni sera ci sono delle note in grado di rispecchiare uno stato d’animo. Ho ascoltato decine e decine di concerti di Danilo Rea e mi sono sempre emozionato, con due note Danilo ti arriva direttamente al cuore. Altro amico fraterno è Roberto Gatto che, questa volta, si propone con il progetto del Perfect Trio con Alfonso Santimone (piano e Fender Rhodes) e Pierpaolo Ranieri (basso elettrico), due giovani e validissimi musicisti carichi di energia. A chiudere la rassegna, il 30 luglio, sarà Fabrizio Bosso con un progetto che ho ascoltato durante l’edizione di Umbria Jazz Winter e che vedrà Alberto Marsico all’ Organo Hammond e Alessandro Minetto alla batteria. Sono rimasto molto colpito da questo progetto, nonché dalla bravura di Fabrizio Bosso che, coadiuvato da questi due bravi musicisti, riesce sempre a sbalordire. Abbiamo, poi, voluto inserire qualcosa che potesse rispecchiare qualche altra sfumatura della musica jazz, stiamo parlando di Riccardo Arrighini che, dopo aver rivisitato Puccini, Chopin, Vivaldi, verrà in trio con Mirco Capecchi (contrabbasso) e Vladimiro Carboni (batteria) proponendo un progetto molto interessante, intitolato “Beethoven in Blu”. Colgo l’occasione per specificare anche che le scelte della nostra produzione artistica si concretizzano attraverso dei concerti che si basano sulla scelta di progetti e non sono jam sessions.

Alberto Bruno Ph Luigi Maffettone

Alberto Bruno Ph Luigi Maffettone

Non solo musica ma anche, e soprattutto, arte. Quali saranno le location scelte per questa edizione e con quali presupposti presentate questa rassegna al pubblico?

Ornella: La musica è una di quelle forme artistiche che ognuno di noi vive forse con più frequenza rispetto a una scultura o ad un dipinto. Anche quando avevamo il locale, durante le nostre rassegne invernali, ai concerti abbinavamo una mostra d’arte, mostre fotografiche, presentazioni di libri. In effetti Live Tones Napoli Party è un’Associazione Culturale, il cui scopo primario è la conoscenza, la divulgazione e la promozione della musica e del genere jazzistico in particolare, senza escludere, tuttavia, la dimensione artistica. In questo specifico caso,  si è creata una fortunata casualità: il Comune di Napoli portava alcune location sulla piazza, seppur con molta sofferenza, per farle conoscere ancora di più agli indigeni. Molto spesso sono, infatti, proprio i napoletani stessi ad essere esclusi dalla conoscenza del proprio territorio, quindi ci è sembrato un buon connubio unire la conoscenza musicale con quella delle strutture che caratterizzano la nostra città. Se l’anno scorso, ad esempio, abbiamo usufruito del Maschio Angioino (di cui disporremo anche quest’anno) e della struttura del Pan che, pur non essendo un edificio monumentale, rappresenta un palazzo artistico di particolare rilevanza nel contesto partenopeo, quest’anno, per delle scelte non volute, siamo stati fortunati nel poter scegliere come seconda sede il convento di San Domenico Maggiore e, più precisamente, lo spazio che viene gestito dall’Associazione Pietrasanta. Il connubio è, dunque, voluto: se da un lato c’è una direzione artistica musicale, dall’altro c’è una direzione artistica interessata all’arte pura che, in qualsiasi modo, cerca di non escludere le arti materiali e strutturali.

Ornella Falco

Ornella Falco

Quali difficoltà affrontate, giorno dopo giorno, per portare musica di qualità a Napoli? Questo spazio intende fare luce sugli innumerevoli sforzi quotidiani che organizzatori, promoters locali e addetti ai lavori fanno per portare luce e lustro sulle realtà musicali che ci circondano…

Alberto: Le difficoltà per chi, come noi, opera con le proprie forze sono notevoli. Purtroppo c’è una discriminazione per quanto riguarda i vari sovvenzionamenti che vengono dati in giro. Basterebbe darne un po’ a tutti per fare in modo che le cose funzionassero meglio. Purtroppo siamo, invece, costretti a patire e a fare riferimento soltanto alle nostre potenzialità, nonostante un discorso culturale di una certa importanza qui a Napoli. Tutto quello che realizziamo è il frutto di grandi sforzi e, quasi sempre, non riusciamo neanche a coprire le spese. Andiamo avanti per lo spirito della passione perché veramente crediamo in queste iniziative e nella bellezza della musica jazz, per cui cerchiamo di portare avanti questi progetti con tutte le nostre forze. Ad ogni modo, lo ribadisco, basterebbe una piccolissima parte dei fondi che vengono stanziati per poterci far andare avanti con tranquillità e fare delle cose ancora più interessanti. A volte ci aspetteremmo un aiuto in più, anche da qualche sponsor privato, ma, anche in quel caso, è come se non ci fosse un interesse a voler divulgare cultura. Per una città che, per secoli, è stata la culla della cultura, il disinteresse generale riflette la generale tendenza nel preferire un’attesa di ore per mangiare una pizza piuttosto che andare a sentire un concerto jazz.

Alberto Bruno Ph Luigi Maffettone

Alberto Bruno Ph Luigi Maffettone

Come sono le prospettive per la musica dal vivo e quella jazz in particolar modo?

Alberto: Non sono assolutamente rosee, è facile per chi ha i fondi fare i grandi Festival e chiamare i grandi nomi mentre per noi, che operiamo con le nostre forze, diventa veramente difficoltoso e, come noi, ci sono tante associazioni culturali che cercano di portare avanti certi discorsi e che faticano tanto.

Ornella: Questo avviene anche perché non c’è risposta da parte di un pubblico, troppo spesso disattento e non educato all’ascolto. Che sia musica di spessore o di livello mediocre, il pubblico non ha interesse ad assistere ad un concerto in un Club dove il silenzio per un concerto jazz è primario mentre, invece, è abituato ad andare nelle enoteche dove si fa anche musica ma, in quel contesto, non si ascolta musica, si tratta di bere, mangiare con intrattenimento musicale; una grandissima offesa per chi è sul palco, per i musicisti che sudano e per tutti gli anni di studio durante i quali essi hanno combattuto sia economicamente, per portare avanti i propri studi, sia moralmente, per far conoscere la propria musica. Allo stesso tempo il pubblico non è abituato nemmeno ad osservare e ancora più spesso, siamo costretti a fare i grandi nomi, sia in ambito musicale che artistico, perché il pubblico è abituato a frequentare certi posti soltanto per poter dire: “Io, c’ero”. Se dobbiamo vendere le arti attraverso il nome, questa città andrà sempre più verso la mancanza di cultura ed il presenzialismo.

Raffaella Sbrescia

5 Seconds of Summer, l’album di debutto della band australiana spopola

5Seconds of Summer_cover album (2)

“5 Seconds of Summer” è il titolo dell’album di debutto della band australiana composta da Luke Hemmings (voce e chitarra), Calum Hood (basso e voce), Ashton Irwin (batteria e voce) e Michael Clifford (voce e chitarra).  Dopo il grande successo delle cover pubblicate su YouTube e le aperture dei concerti di tantissimi artisti, il gruppo ha firmato un contratto discografico con Capitol Records per la realizzazione dell’album d’esordio che, a poche ore dall’uscita ufficiale in Italia, sta già spopolando. La band sarà allo Stadio di San Siro a Milano sabato 28 giugno e  domenica 29 giugno per l’opening act dei concerti degli One Direction e, da ormai diverse ore, migliaia di fan sono assiepati in attesa di incontrare i loro beniamini.

5 Seconds of Summer

5 Seconds of Summer

Noi, intanto, abbiamo ascoltato il primo full lenght dei 5 Seconds of Summer, la cui versione standard contiene 12 brani inediti mentre in quella deluxe ce ne sono ben 15. Ben lontani dalla definizione di boy band, i 5 Second of Summer suonano i propri strumenti e propongono al pubblico una miscela pop-rock dal sound coinvolgente e curato. Certo, niente di particolarmente nuovo sotto il sole, eppure l’immediatezza della loro musica è innegabile. Il disco si apre con “She Looks So Perfect”, brano che ha raggiunto il 1mo posto in 55 paesi su iTunes (Italia compresa) totalizzando 1 milione di download e oltre 45 milioni di views per il video. “Don’t Stop”, singolo attualmente in rotazione radiofonica, sta percorrendo una strada simile, grazie ad un testo fresco ed energico che racchiude un monito incoraggiante e positivista. “Good Girls” è il brano musicalmente più valido del disco: chitarre battenti e potenti giri di batteria accompagnano un testo che racconta della classica brava ragazza che rompe regole e standard per fare quello che più le aggrada.

5 Seconds of Summer

5 Seconds of Summer

Dolci pensieri scandiscono le note di “Beside You” che, insieme a “Everything I didn’t say”, rappresentano il picco romantico del disco. “Hitting every red light Kissing at the stop signs Darling Green day’s on the radio And everything is al right Now we’re turning up the headlights Darling We’re just taking it slow”, cantano i 5 Seconds of Summer in “Long way Home”: un’immaginifica poesia d’amore. Le ultime tracce del disco da “Heartbreak Girl” ad “Amnesia” seguono un po’ tutte lo stesso filone malinconico e strappalacrime che ben si sposerebbe con le mutevoli e fugaci disavventure sentimentali tipicamente adolescenziali. In sintesi, “5 Seconds of Summer” rappresenta il primo passo di un percorso già importante e destinato a crescere. I testi rimangono, in ogni caso, qualcosa su cui continuare a lavorare magari seguendo una scia più innovativa perché, quando si parte da buoni presupposti, così come in questo caso, osare non è soltanto una possibilità, è un dovere.

Raffaella Sbrescia

Questa la tracklist completa:

“She Looks so perfect”

“Don’t Stop”

“Good Girls”

“Kiss Me Kiss me”

“18”

“Everything I didn’t Say”

“Beside you”

“End Up here”

“Long way home”

“Heartbreak Girl”

“English Love Affair”

“Amnesia”

“Social casuality”

“Never be”

“Voodoo doll”.

Acquista “5 Seconds of Summer” su iTunes

Video: “Dont’ Stop”

“Nella: canzoni e ricordi di prostitute libere e oneste”, lo spettacolo di Melchionna, tratto da “Dignità Autonome di Prostituzione”, per i 10 anni del Nabilah

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

Il Nabilah, una delle strutture più eleganti e più ammirate del litorale campano, nella top ten dei migliori beach club italiani, compie dieci anni e, per festeggiare questa speciale ricorrenza, sceglie di proporre al pubblico lo spettacolo “Nella: canzoni e ricordi di prostitute libere e oneste”  scritto e diretto dal vulcanico regista Luciano Melchionna, una sorta di innovativo concerto per parole e musica tratto dal suo spettacolo “Dignità Autonome di Prostituzione”  (dal format di Betta Cianchini e Luciano Melchionna). Al centro del palcoscenico, in barca e sul tetto del locale, posto in riva al mare della spiaggia Romana di Bacoli, attori e cantanti straordinari raccontano una storia controversa eppure lineare.

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

Dignità e onestà sono due tra i termini più abusati degli ultimi decenni, cos’è la dignità e chi può davvero ritenersi onesto, e nei riguardi di chi oltretutto? La figura della prostituta, il cosiddetto “mestiere più antico del mondo” è da sempre sinonimo di volgarità, depravazione e malcostume eppure, in un’era in cui lo sfruttamento della prostituzione costituisce una piaga indelebile dello scenario sociale mondiale, esiste anche chi, nel pieno rispetto delle proprie esigenze materiali e morali, sceglie liberamente di vendere il proprio corpo. Questo spettacolo indaga, dunque, nella psiche interiore di chi offre piacere a pagamento, il tutto alla luce del sole, con quella sacra libertà “che porta rispetto e responsabilità”.

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

A vestire i panni dei protagonisti sono gli attori Clio Evans, Gaia Benassi, Adriano Falivene, Vito Mancini con Mattia Battistini (chitarra e voce), Valentina De Giovanni (voce), Daniele Ercoli (contrabbasso e bombardino), Emanuela Gabrieli (voce e tamburello), H.E.R. (violino elettrico e voce), Andrea Luperto (percussioni), Milla (voce), Momo (cantautrice), Carla Petrachi (pianoforte e voce).  Un nutrito e spettacolare gruppo che si è insinuato nel salotto buono della movida partenopea iniziando il pubblico ai piaceri della lussuria, del talento e dell’arte. Un format travolgente e spiazzante, destinato a spazzare via l’ipocrisia dettata dai luoghi comuni.

Raffaella Sbrescia

Credits:

Disegno luci: Camilla Piccioni.

Audio: Francesco Aiello e Luigi Di Martino.

Luci: Gianni Caccia.

Costumi: Michela Marino.

Assistenti alla regia: Paola Maria Cacace, Riccardo Ciccarelli, Renato De Simone.

Produzione esecutiva: Vanessa Gasbarri.

Organizzazione Antonio Cappelli

Fotogallery a cura di: Luigi Maffettone    

“Dignità Autonome di Prostituzione”  Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

 

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

 

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

 

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

 

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

 

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

 

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

 

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

“Dignità Autonome di Prostituzione” Ph Luigi Maffettone

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Le Stagioni di Anna Frank”, l’album di Renato Franchi & Orchestrina del Suonatore Jones ripercorre le tappe di un dolore indimenticabile

 le stagioni“Le Stagioni di Anna Frank” è il titolo del concept–album di Renato Franchi & Orchestrina del Suonatore Jones, il gruppo che prende il nome da un toccante brano di Fabrizio De André testimoniando una profonda devozione per il grande e indimenticabile poeta della canzone d’autore italiana. Questo album, prodotto su etichetta Latlantide, è stato concepito subito dopo il viaggio-concerto del gruppo ad Auscwhitz e Birkenau nel gennaio 2011. Un’esperienza forte, intensa, struggente i cui frutti si sono subito riversati nella scrittura di testi che in qualche modo hanno voluto raccontare il senso di quanto visto e appreso durante quel viaggio. Un album per aiutare a ricordare, per fissare nel cuore e nella mente dei ricordi che, con il passare del tempo, diventano sbiaditi e che, invece, abbiamo bisogno di tenere ben vividi nei nostri occhi per ricordarci il valore della vita e il livello di abominio che l’uomo è in grado di raggiungere. Dedicato al coraggio e al sorriso di Laura Prati e Adriana Cavalieri, due eroine civili che l’Orchestrina del Suonatore Jones ci pone come esempio e fonte di ispirazione, questo progetto racchiude al proprio interno sia brani inediti, sia alcuni dei più significativi testi del cantautorato italiano; stiamo parlando di Enzo Jannacci, Massimo Bubola, Francesco De Gregori, Mauro Lusini, Francesco Guccini, Luigi Tenco, Max Manfredi, Vian e tanti altri.

“Per i bimbi volati nel vento, passati dalle gelaterie di lamponi che fumano lente, per le stagioni interrotte di Anna Frank, per i figli delle nostre città saliti sui treni che non sono più tornati…per non dimenticare mai”, questa è la dedica che racchiude il messaggio più intimo di questo disco di cui abbiamo bisogno non solo per ricordare ma anche per imparare a farlo. La diffusa voglia di evasione e di intrattenimento spicciolo rifugge le canzoni di denuncia e di protesta ma, mai come in questo caso, questo disco è necessario perchè raccoglie il meglio di quanto scritto in Italia in merito ad una delle più brutte pagine della storia mondiale e, in maniera più efficace di un libro, ripercorre una delle stagioni in cui l’uomo è stato sopraffatto da se stesso. Ad aprire il disco è la title track “Le Stagioni di Anna Frank”: violini, balconi, giardini e canzoni diventano carri armati e cannoni, guerra, croci e prigioni. Renato Franchi firma, inoltre, “La gente di Legnano”  per i morti di Mauthausen e il sangue dei fratelli Venegoni. Lacrime sospese nel vento, storie da raccontare, storie da non dimenticare, canta Renato Franchi,  nel toccante brano intitolato “Binario 21”: una spada contro l’indifferenza. Completano la track list “Sei minuti all’alba“ (Jannacci) la dolorosa “Varsavia” (Bertoli), la stesura originale di  “Li vidi tornare” (Ciao amore ciao), la toccante intensità de “La pianura dei 7 fratelli” (Gang), senza tralasciare “Il disertore” di  Boris Vian e “Futuro bella sposa” di Max Manfredi. Il disco si chiude con “Cercando un altro Egitto”, un ermetico racconto di  De Gregori, in cui il terrore di un incubo senza fine è capace di vivere anche attraverso fotogrammi metaforici.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Le Stagioni di Anna Frank” su iTunes

Intervista ad Alessandro Bassanini (aka Tondo): “Volevo un posto dove la gente potesse entrare e sorridere…Mission Accomplished!”

Alessandro Bassanini (aka Tondo) è un appassionato collezionista di vinili che, dopo aver vissuto e lavorato per tanti anni in America, girandone il territorio in lungo e in largo, ha deciso di tornare in Europa e aprire un’attività sulle sponde del Lago di Lugano, come luogo ideale per godere di pace e tranquillità.  Ispirandosi al Dobell Record Shop di Londra, il regno del vinile, dove aveva acquistato il suo primo 45 giri, Alessandro ha creato il suo personale paradiso vinilico a Maroggia. In questa lunga ed appassionata intervista Tondo ci ha aperto le porte del suo cuore, ripercorrendo la sua vita e la sua storia, senza risparmiare aneddoti preziosi ed approfondite delucidazioni sul mondo del vinile. Una vera e propria “chicca” imperdibile per appassionati e non!

Prima ancora di iniziare a parlare del collezionismo e della sua passione per il vinile… ci darebbe la sua personale definizione di disco in vinile?

Si tratta di uno dei pochi oggetti al mondo che e’ capace di toccarti 4 dei cinque sensi. La vista, l’udito, il tatto e infine l’olfatto. Sì… chiunque abbia mai avuto una collezione di dischi sa di cosa sto parlando quando parlo dell’olfatto. Manca il gusto ma ci sono certi dischi che ti risvegliano anche quello! Come ad esempio UB40 e “Red Red Wine”, Hank Williams con “Jimbalaya On The Bayou” per quelli che hanno avuto la fortuna di trovarsi a New Orleans con un piatto di Jimbalaya… Tom Waits e il mitico “Eggs & Sausage” e non dimentichiamoci dei Beatles con “Savoy Truffle”. Vedi??… mi è venuta fame!

Tondo 5

Per 30 anni ha vissuto in America, la terra dei sogni per molti…passando dal profondo sud al rigido nord, avrà avuto modo di imbattersi in storie, persone e cose molto diverse tra loro… quali, secondo lei, hanno lasciato un segno tangibile nella sua vita e quali, invece, hanno contribuito in maniera rilevante allo sviluppo della sua passione per i vinili?

Le storie e le memorie sono tante, abbastanza da scrivere un libro, ma vorrei raccontarvi questa, perche l’Italiano crede che l’America sia New York, Los Angeles o Miami. Mi trovavo per lavoro nel North Carolina, dove ero dirigente della azienda di carne piu grande del mondo, la Smithfield Foods. Parte del mio ruolo con l’azienda era di incontrare i vari investitori nel nostro business, cioè very leaders della finanza dell’America del Sud. Mi ricordo che a quel tempo l’investimento base era di 3.5 Milioni di dollari, quindi andavo ad incontrare gente direi importante. Mi fissano un appuntamento per un lunedì di maggio e io senza pensarci confermo. Arrivo a casa e mia moglie mi dice: “Lunedi!!??… Guarda che e’ giorno di festa Nazionale cioè Memorial day, una delle più importanti date Americane”. Io imbarazzatissimo chiamo personalmente il businessman per chiedergli di perdonarmi per la mia insensibilità.  Lo chiamo, e lui risponde e quindi inizio subito a scusarmi, lui mi interrompe e mi dice: “Dimmi “Boy” (al tempo avevo 32 anni!!!… ) secondo te cosa “celebriamo” nel  Memorial Day?” Io mi gelo ma poi azzardo una risposta di cui ero abbastanza certo. Gli dico con molta confidenza: “Memorial Day è per onorare e celebrare i soldati caduti per la nostra patria”. “Bravo mi dice!… e dimmi… di che guerra si tratta? Da dove inizia questa “tradizione”? Ci penso, e con molta fiducia, gli dico: “ la guerra Civile!”. Lui inizia quindi ad insultarmi e mi spiega che in America non c’è mai stata una “Civil War” perchè Civil War vorrebbe dire che il popolo di una nazione combatte una guerra fratricida ma loro (Del Sud) non si considerano parte della stessa nazione! Quindi nessuna guerra civile, nessun Memorial Day: “Get your ass over here boy! (porta il tuo sedere qui, ragazzo!!) e mi attacca la cornetta. Questa è l’America, un territorio enorme, vasto, dove la gente vive in un modo che potrebbe essere di 80/100 anni fa!…

Per quanto riguarda la persona che invece ha contribuito in maniera rilevante alla mia passione per il vinile, il discorso è semplice: ho incontrato dopo un concerto Booker T. Jones… dei mitici Booker T & The Mg’s. Avevo con me tutta la sua discografia e lo aspettai fuori da un minuscolo teatro a Philadelphia. Lui uscì e gli chiesi degli autografi, mi disse di si ma aveva un po di sete e mi disse che se gli avessi offerto un “sip of Whiskey” me li avrebbe autografati.  250 dollari e 5 ore dopo eravamo ancora lì,  ridotti come le corde vocali di Janis Joplin il sabato mattina… un uomo epico!

Tondo 1

Lungo le rive del Lago di Lugano ha creato il suo personalissimo regno del vinile….più di 45.000 pezzi in  un luogo in grado di trasportare indietro nel tempo appassionati e non…. Come nasce questo sogno, come lo coltiva ogni giorno, come avviene la ricerca dei pezzi della sua collezione personale, quali sono i segreti della compravendita giornaliera? Ci racconti, nel dettaglio, il suo mondo “vinilico”.

Il negozio di Vinile a Maroggia è nato per caso. Ho smesso di lavorare con aziende americane e ho deciso di dedicarmi alle mie passioni (Calcio, Pallacanestro, Vela, Musica). In America ho lavorato per 28 anni come dirigente d’azienda, ma per 28 anni ho fatto anche l’ allenatore di Calcio, raggiungendo dei bei risultati, incluso lavorare nel settore Olimpico Americano. A Lugano ci sono arrivato per un lavoro alla Scuola Americana Svizzera, dove mi hanno assunto come allenatore della squadra di calcio e basket maschile.
Mi sono trasferito a Maroggia perchè è un paesino di 529 anime sul Lago e per me questo era importantissimo. Avevo bisogno di meno stimoli, di pace e qui sono nel mio ambiente naturale.

A Maroggia sono letteralmente inciampato su un edificio antico di sassi… la vetrina identica a quella di Dobell’s Record Shop, ovvero il covo del Vinile Jazz a Charing Cross Road a Londra, dove mio padre faceva una sorta di pellegrinaggio annuale, portando anche me. Era lì, dove nel 1974 ho comprato il mio primo 45 giri: Steve Miller Band “The Joker”..  ed è sempre lì che ho iniziato il mio percorso di collezionista. All’inizio non avevo intenzione di aprire un negozio di dischi, ero fondamentalmente un collezionista, anche se in America ero stato per 25 anni mercante del vinile (io preferisco definirmi un “Vinyl Pimp”).

Qui in Svizzera c’è la terribile abitudine di mangiare la Raclette: un piatto composto da  patate bollite con chili di formaggio, che naturalmente devi mandare giù con un vino Bianco, altrimenti ti si forma una palla di formaggio e patate e rischi la morte. E’ stata durante una serata a suon di Raclette e due bottiglie di Fendant del Vallese, che ho deciso di buttarmi e questa rimane la storia ufficiale altrimenti chi sarebbe cosi pazzo da fare una cosa del genere!!??

Ma, scherzi a parte, Tondo Music è da anni il mio sogno, me lo sono immaginato mille volte, volevo ricreare Dobell’s Record Shop… volevo un posto dove la gente potesse entrare e sorridere…Mission Accomplished!

Per quanto riguarda la mia giornata… il bello e’ che parti sempre da un’ idea e poi finisci per fare una cosa completamente opposta. Ho un sito web da gestire www.tondomusic.com e vendite al pubblico dalle 10:00 alle 18:30 (Orario continuato) e lo faccio tutto da solo. In più compro collezioni e ho sempre gente chi mi contatta. Ma questo per me non è lavoro, è una passione e mi rende felice. Non c’è niente come quando vedi il sorriso di un cliente che ha ritrovato una memoria… oppure il feeling di trovare un “Graham Bond Organization” del ‘65 buttato in mezzo a Milva in un sacchetto di plastica comprato dalla Signora Alda di Bissone. Gioia, pura gioia…

Quali sono le differenze del “pressing” sul vinile? Quanto cambia il prestigio di un disco tra una stampa originale e le copie successive?

Se io domani entrassi al Louvre e vedrei appesa al muro una “Gioconda” finta, non saprei distinguerla, ma un esperto, un collezionista o un appassionato dell’arte se ne accorgerebbe subito. Lo stesso vale per i dischi. Per un attimo immaginiamoci Jimi Hendrix nello Studio Olympic di Londra con Eddie Kramer (il suo Recording Producer and Engineer). Finiscono “All Along The Watchtower” ed è perfetta, esattamente come la vogliono loro! Gli alti e i bassi, la distorsione, tutto e’ perfetto. Bravi! Peccato che il tutto ora si trovi su un Master Tape, cioè un nastro, e ora? Come si mette questa perfezione su un vinile? Di chi è il compito di pitturare la Gioconda? Ecco che entrano i Master Ingegneri, gente come Phil Ramone, Robert Ludwig, Jay Messina, Rudy Van Gelder… cioe i Michelangelo, i Picasso, i Renoir dell’incidere sul vinile e riprodurre in maniere fedele i master tapes. Le prime stampe sono queste! Cioè quelle fatte con la prima Madre dai Master Engineers, esattamente come le volevano gli artisti, dati in mano ai loro esperti e prescelti Master Ingegneri. Il resto sono tutte copie!

Tondo Music si specializza in questo, cioè decifrare, studiare, e catalogare quello che è una prima stampa e quelle che sono copie e naturalmente prezzarle in maniera diversa, cercando di preservare un po’ di storia di questo meraviglioso mondo.

Tondo Black And White Store Front

Cosa pensa del ritorno al vinile e delle fiere che periodicamente si tengono in tutto il mondo?

Una volta ero un avido partecipante alle fiere del Vinile, ma piano piano, ho deciso di non andarci più.  La ragione principale è  la “lotta” vera e propria che avviene fra i “maniaci del vinile”. Io separo i collezionisti (gente per bene, educata e colta) con i “maniaci del vinile” (gente impazzita, pallida, che spingerebbe la madre pure di arrivare prima di te al box in terza fila). In più le fiere sono ormai stracolme di venditori avventati che non saprebbero distinguere un falso dei Beatles da un Meat Loaf di terza stampa. Insomma per me il fascino delle fiere è un po’ svanito.

E del Record Store Day?

A dirti la verità, non conosco molto bene il Record Store Day, non mi piace buttarmi dentro un evento mondiale, a me piace il quotidiano, il day to day. Tutto quello che e’ hype  e trendy mi fa un po’…. ehhhm…. devo trovare la parola giusta…diciamo che batto il mio tamburo (I beat my own drum).

C’è qualche vinile che non è ancora riuscito ad avere e che vorrebbe a tutti i costi?

Troppi! Ma nel top of the list mettiamoci:

Amboy Dukes ~ The Amboy Dukes del 1968 in Near MINT Condition

Bad Brains ~ Pay To Cum 7” in VG++ or Mint

Bowie ~ Diamond  Dogs con Bowie con le palle di un cane  ~ Near MINT cover

X – Los Angeles in Near MINT condition (questo non e’ raro come disco, ma trovarlo in Near MINT e’ difficile!)

Madrigal ~ Madrigal del 1971 e mi andrebbe bene anche un VG+

Black Sabbath ~ Forbidden

Questo è ovviamente un assaggio …

In che modo questa passione si concilia con la sua vita quotidiana?

La musica, il vinile, per me deve rimanere una passione, una gioia, un divertimento… se mai diventasse un lavoro allora smetto e ritorno a lavorare in azienda.

Tondo-3

Che rapporti ha con gli altri collezionisti? Esiste una community? Un punto di riferimento, anche per i neofiti del settore?

I collezionisti mi piacciono, ci divertiamo, si beve una birra e iniziamo a raccontare storie.

Il collezionista entra, ti saluta, sorride e inizia a perdersi tra le migliaia di dischi in esposizione. Quando un collezionista entra in negozio, si muove tra i vinili con gentilezza, e quando trova qualche cosa si ferma un attimo, sorride, lo alza gentilmente e lo tocca con delicatezza, come se avesse in mano la scarpa di vetro di Cenerentola.

I maniaci sono un altra cosa e sono agli antipodi del collezionista. Per i collezionisti ci sono siti tipo Discogs e MusicStack dove c’è ancora un po’ di senso di ordine fra stampe ma fondamentalmente ci si ritrova nei negozi o al bar.

Quali prospettive ci sono, secondo lei, per il vinile in futuro?

Ho 50 anni e ho visto la scalata e la rovina del vinile che poi si tramutato in CD e poi la scalata del CD fino alla sua rovina e al tramutarsi in mp3.

“The Rise and Fall” è stato uguale: si inizia con un bel prodotto, fatto con cura, con grafiche stupende e materiale di prima qualità. La gente è disposta a pagare per la qualità, l’apprezza. I soldi iniziano a materializzarsi e con l’avvento dei soldi iniziano ad entrare due tipi di persone…i managers con gli MBA di Harvard e i “furbi” del mondo del business, che credono di poter tagliare qui e la e aumentare i margini. Gli altri sono gli avventurieri, cioè la massa di gente che sente che ci possono essere dei soldi e allora si butta senza un minimo di esperienza, di conoscenza, amore o passione… e piano piano si inizia a erodere tutto quello che di bello c’è in una cosa.

Il vinile per molti di noi non è mai morto. Io, ad esempio, non ho mai smesso di comperare vinile, anzi! Più cresceva il CD più sono riuscito a ingrandire la mia collezione! Ho capito subito che il CD non avrebbe funzionato, perché puntava solo ad un senso: l’udito! Toccavi un CD e non ti dava nessun feeling, lo annusavi e annusavi plastica, lo guardavi e la grafica era così piccola che non ti trasmetteva nulla, quindi alla fine rimaneva solo la musica ed il contenuto… e tutti noi sappiamo che di dischi completi (cioè con canzoni tutte belle) ce ne sono veramente pochi!! (Deep Purple “Machine Head”, Pink Floyd “Dark Side of The Moon”, The Specials, “Little Feat Waiting For Columbu”s, Steely Dan “Aja”, Springsteen “Born To Run”, Peter Tosh “Legalize It”, Depeche Mode “Music For The Masses”, etc. etc.)… quindi alla fine ti ritrovavi con un pezzo di plastica caro, con 2 canzoni che ti piacevano. Il declino era inevitabile.

La “nuova” era del vinile è nata con stampe in vinile vergine, con stampe pesanti (180 grammi) insomma con tanta, tanta qualità! Perchè? Perchè noi vecchi collezionisti abbiamo una certa età e ci potevamo permettere un disco di una certa qualità! Ora già si intravede l’inizio di varie ristampe con copertine non originali, con vinile leggero, dischi stampati da 4,5,6 impianti e marche… Insomma si inizia a intravedere che si faranno gli stessi errori del passato.

Ma per me questo non è fondamentale, io non vendo ristampe. Tondo Music crede nel vinile originale, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti e se ci sono dei gruppi nuovi che mi piacciono allora vendo pure quelli, altrimenti rimango nel passato e sono soddisfatto della mia scelta.

Raffaella Sbrescia

Intervista a Cassandra Raffaele: ” In Adesso posso dirti (Fottiti) uso una parola esaustiva con sana ironia”

Cassandra Raffaele

Cassandra Raffaele

 

Cassandra Raffaele è una “cantora”, arrangiatrice e musicista indipendente, laureata in Tecniche di Neurofisiopatologia a Catania. Il suo temperamento naif e sopra le righe si unisce ai temi eterogenei e immediati che contraddistinguono i testi delle sue canzoni. A metà strada tra denuncia e ironia, il suo album di debutto “La valigia con le scarpe” ha già ottenuto un notevole riscontro da parte del pubblico, anche grazie alla scelta di location non convenzionali da parte di Cassandra che, attraverso il nuovo singolo intitolato “Adesso posso dirti (Fottiti)” ci lancia all’interno del suo mondo fatto di attente riflessioni mitigate da sonorità coinvolgenti

 “Adesso posso dirti (Fottiti)” è il titolo del singolo estratto dal tuo primo album “La valigia con le scarpe”. Cosa racconti in questo brano e cosa intende comunicare il suo emblematico titolo?

È un brano liberatorio rivolto a chi rende la nostra vita difficile. Una sorta di brano pocket, da tenere in tasca e da utilizzare quando incontri la persona “giusta” che si merita un bel “fottiti”, perché altre parole non sono esaustive come questa. Ma il tutto sussurrato con tanta sana ironia.

Nel video hai utilizzato una serie di selfie cantati, un linguaggio inteso come “metterci la faccia”… che tipo di feedback sta riscontrando questo strumento comunicativo?

Credo sia il linguaggio piu’ immediato e in linea con il nostro tempo. Si sente il bisogno di esprimersi, e di dire “Ehi, ci sono” e la gente ha colto con molto entusiasmo il mio invito in rete, a tal proposito.

Il tuo stile musicale è atipico e molto personale… quali sono le correnti musicali a cui ti ispiri e quali sono, invece, i tuoi punti di riferimento?

Adoro le voci calde del nu jazz come Madelein Peyroux, Stacy kent ma anche le atmosfere dei Gold Frapp. La visceralità di Ben Harper, la musica dei cantautori folk nostrani come Brunori. I Beatles restano una fucina di ispirazione. Insomma, elementi diversi ma che amo “cucire” attraverso i miei sensi nei miei vestiti musicali.

Suoni il pineapple ukulele, la chitarra e la batteria… qual è lo strumento a cui sei più legata?

L’ukulele

Quali sono i contenuti e i messaggi dell’album “La valigia con le scarpe”?

La consapevolezza del viaggio che scegli di fare, parte già nel momento stesso in cui cominci a preparare la valigia. Cosa portare? Ognuno sceglie cosa, e poi si parte.

Cassandra Raffaele

Cassandra Raffaele

Perché hai definito i brani “ 13 transizioni emotive in movimento”?

Perché nulla esiste se non è permeato da emozioni e le canzoni ne sono piene, e come valigie, ti seguono fedelmente.

Sei laureata in Tecniche di Neurofisiopatologia… un titolo di studio importante e che ti sarà costato tanti sacrifici…cosa ti ha spinto a lasciare il posto di lavoro e in che modo senti di poter sfruttare le competenze acquisite nel campo medico all’interno del contesto artistico?

Ho lasciato il lavoro in ospedale, nel momento in cui ho iniziato a scrivere canzoni e ho capito che potevo diventare “artigiana” di quello che facevo con la musica. La neurologia mi accompagna in questo lavoro, a tratti sognante, poetico, ma molto cerebrale.

Hai avuto un ruolo da protagonista in alcune delle manifestazioni più prestigiose all’interno del cantautorato italiano: Premio Bindi, Premio Bianca d’Aponte, Mei, Musicultura, Premio Fabrizio De Andrè, Premio Ninfa d’Argento… come ti sei sentita in questi contesti e cosa credi abbia colpito di te gli addetti ai lavori?

Mi sono sentita come una “bambina” il primo giorno di scuola. Ho tenuto gli occhi ben aperti per guardare, le orecchie per ascoltare e imparare il più possibile da chi c’era ai premi, dai presenter illustri, ai colleghi, insomma tutta gente che ha fatto della musica la propria esistenza. Oltre ad essere stato un momento di confronto, é stato anche un momento d’orgoglio personale. Mi sono messa in gioco da subito con quello che scrivevo e sono stata premiata per questo.

Sei ideatrice del Buzz Tour, un tour virtuale acustico… ci racconti questa esperienza?

Scelgo location poco convenzionali, riprendo dei video mentre canto delle canzoni e poi condivido in rete il tutto come se fosse la tappa di un tour. La musica arriva alla gente nei posti più impensabili. Importante è condividere, naturalmente, e fare buzz, cioè diventare uno sciame che diffonde musica.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e impegni live?

In estate sarò impegnata in alcuni Festival e farò tappe della valigia, da nord a sud. E poi parteciperò a degli eventi molto importanti e prestigiosi che vi racconterò presto, naturalmente attraverso i miei canali.

 Raffaella Sbrescia

Acquista “La Valigia Con Le scarpe” su iTunes

Video: “Adesso posso dirti (Fottiti)”

Previous Posts Next Posts