Avrebbe dovuto essere sul palco tra una ventina di giorni ad Ancona al fianco di Jovanotti per il tour “Lorenzo negli stadi 2015”, come succedeva ormai pressoché regolarmente dal 1997, da quando il sound caldo e lirico della sua tromba aveva arricchito le canzoni del cantautore di colori nuovi e incisivi. Purtroppo il destino ha voluto diversamente: venerdì 29 maggio scorso attorno alle 19,30, Marco Tamburini ha cozzato con la sua moto contro uno scooter, coinvolgendone un secondo in una carambola che gli è costata la vita.
Nato a Cesena 56 anni fa, si era diplomato in tromba al Conservatorio Martini di Bologna nel 1979 e da allora aveva iniziato a frequentare il mondo del jazz, dapprima nostrano e poi internazionale, oltre a collaborare con i maggiori artisti pop di casa nostra – tra gli altri con Raf, Vinicio Capossela, Irene Grandi, Cesare Cremonini, Laura Pausini (e anche George Michael e Grace Jones al Pavarotti International) – e a insegnare – ultimamente era titolare di cattedra al Conservatorio Venezze di Rovigo.
Solista raffinato e persona molto piacevole, Tamburini ha suonato con tutti i migliori jazzisti italiani, da Giorgio Gaslini a Paolo Fresu, da Enrico Rava a Giovanni Tommaso, da Gianni Basso a Franco Cerri, e con una buona dose di grandi jazzisti stranieri: Eddie Henderson, Ben Sidran, Steve Lacy, Jimmy Cobb, Joe Lovano, Steve Coleman…
A suo nome è titolare di nove album (sono oltre 100 quelli in cui appare come collaboratore) di un jazz lirico e intenso, pieno di mille colori differenti che la sua abilità tecnica e la sua sensibilità espressiva riuscivano a convogliare in un flusso poetico senza urla, senza contraddizioni, senza passi falsi. Dal “The Trumpet in the XX Century” con il pianista Stefano Bollani all’emozionante “Frenico” del 2006, dal debutto nel 1988 di “Jazz Contest” al “Two Days In New York” con una manciata di jazzisti americani pregio, si è sempre mosso in maniera elegante e non convenzionale, sommando imprevedibili trovate armoniche a una fluidità melodica immediatamente accattivante.
In una delle ultime interviste, aveva detto: “Secondo me è sbagliato mettere barriere tra un genere e l’altro. Io credo nella musica e basta. È bella o è brutta, suonata bene o suonata male. Quando la suoni male? Quando non sei sincero. La musica sei tu, è la tua cosa più intima. Quando si suona è come mettersi a nudo.”
Raffaello Carabini