Dopo la pubblicazione di “Madhitation” (Sony Music), per Marco Cappai, in arte Madh, arriva un’altra avventura, forse la più importante: il live tour legato a quest’ultimo importante progetto. Grazie alla sua musica ricca di energia, contaminazione e contenuti, il giovane artista sardo sta ottenendo ottimi riscontri in termini di pubblico e critica. Muovendosi dal pop al rap, dall’Hip Hop al Reggae, dalla Drum and Bass alla Dancehall, Madh apre la sua musica a molteplici e disparate interpretazioni. Ecco le foto del concerto che l’artista ha tenuto alla Casa della Musica Federico I di Napoli lo scorso 7 novembre.
“Kiss kiss bang bang” è il nuovo album di Baby K. Prodotto da Tagagi e Ketra, l’album si compone di 14 tracce in cui l’artista svela per la prima volta il suo lato più intimo ma sempre con uno stile diretto e grintoso. Il filo conduttore di questo nuovo lavoro è il concetto della dualità, fortemente tangibile nella contrapposizione di tematiche e sonorità. I due elementi che più emergono sono le carezze della femminilità, che si traduce nelle melodie, e la forza della determinazione che si ritrova nel rap. Dopo gli ottimi riscontri ottenuti del singolo platino “Killer” feat. Tiziano Ferro e dell’album “Una seria”, Baby K riparte con una nuova consapevolezza e con la grande forza derivante dallo straripante successo dell’irresistibile singolo “Roma-Bangkok”. Ecco cosa ci ha raccontato l’artista in occasione della presentazione dell’album a Milano.
Come nasce “Kiss Kiss Bang Bang”?
Dopo un anno frenetico mi sono fermata per un pò e ho riflettuto su cosa avrei voluto comunicare. Mi sono affacciata alla musica come emergente, quindi volevo creare un album che spiegasse a tutti chi fossi veramente, che parlasse non solo delle mie idee ma della mia vita con riferimenti molto precisi a quello che ho fatto e vissuto. Ho pensato molto a cosa volevo dire e a come il pubblico mi ha percepito fino ad oggi. Questo è il risultato ed è la mia rivoluzione.
Perché “Kiss Kiss Bang Bang”?
Il titolo si ricollega ad almeno tre film omonimi e rappresenta la perfetta sintesi di quello che volevo comunicare attraverso il disco: un gioco di contrasti.
A cosa ti sei ispirata per la cover e il booklet dell’album?
La cover si colloca a metà strada tra “Dirty Dancing” e “Flashdance”. Attualmente sono in fissa per gli anni 80 e 90 quindi mi piaceva l’idea che la cover avesse un mood vintage. Nei testi parlo delle cose che faccio, dello shopping online, dell’amore ai tempi degli hipster, della mia passione per la moda. Ho anche studiato per fare la stylist in una costosa scuola di Roma, poi ho scelto la musica ma mi è rimasta sempre una passione sfrenata per gli abiti. La maggior parte dei miei soldi li spendo per fare shopping, è una cosa che amo.
“Chiudo gli occhi e salto” è un brano in cui ti esponi tanto…
Se in “Roma – Bangkok” racconto la voglia di viaggiare e di divertirsi, in “Chiudo gli occhi e salto” evidenzio le sofferenze degli addii. Mi sono messa a nudo ed ho tirato fuori tutte le emozioni più intime che, per la prima volta, racconto ad alta voce: gli amici, la famiglia, i ricordi. Per il featuring di questo brano ho scelto Federica Abbate che, insieme ai produttori del disco, mi ha accompagnata in questo viaggio.
Baby K
Via libera alle fantasie in “Lasciati le sneakers”.
Ho approfittato di questo pezzo per prendermi una piccola rivincita. In questo caso la donna ha in mano le redini del gioco…
Non sei nuova a collaborazioni di successo eppure “Roma – Bangkok” rappresenta un caso eclatante. Come nasce questa canzone?
Avevamo il disco pronto ma ci mancava un brano d’apertura, un pezzo forte da lanciare per il mio ritorno. I produttori mi hanno mandato questo brano nel giro di cinque giorni e, appena l’ho ascoltato, mi sono messa a ballare. Ogni canzone del mio album gioca sui contrasti, quindi anche questo doveva farlo, ci abbiamo pensato un po’ su e poi abbiamo scelto Giusy Ferreri, un nome che nessuno si sarebbe aspettato. Lei in pochissimo tempo ci ha mandato il provino e, quando è arrivato, è nato subito grande affiatamento.
Il grande riscontro ottenuto da “Roma – Bangkok” ti pone in uno stato d’animo più rilassato rispetto all’uscita del disco?
Sinceramente il successo di un brano non garantisce nulla. Diciamo che inizio in maniera positiva, parto con il sorriso.
Di forte impatto è anche “Fakeness”, il brano in cui hai collaborato con Madh.
Ci siamo conosciuti dal vivo al Coca-Cola Summer Festival e ho subito pensato che la nostra collaborazione poteva essere interessante perché Madh ha gusti molto esterofili come i miei. Avevamo scritto ognuno una canzone molto simile dedicata alle persone che trovi in discoteca e sulle serate frivole. Abbiamo unito le due cose ed ecco fatto! “Fakeness” è un brano sui generis che fin’ora in Italia non abbiamo mai trovato e sono convinta che i fan di Madh lo apprezzeranno.
“Hipster Love” è un brano molto attuale…
Il brano racconta di una ragazza che porta a casa un hipster. È un gioco, è l’amore 2.0. Allo stesso tempo difendo e ironizzo su una delle figure più attuali e cult dei nostri tempi.
Ti senti più pop o più rap?
Da sempre coesistono in me sia lo spirito del rapper che quello della cantante. Più vado avanti con il tempo, più sono conquistata dalle melodie. Logicamente non potrò mai diventare una cantante in senso classico, ma sono anche convinta che a 50 anni non potrò presentarmi così come adesso. Quello che è certo è che conserverò il mio stile ed il mio modo di esprimermi.
La tua musica punta all’estero?
Ammicco a un sound estero perché ci sono cresciuta, è naturale. Mi piace l’idea di essere una novità e del fatto che magari sto rompendo le regole. Non mi precludo nulla ma, per ora, voglio focalizzarmi sul panorama italiano.
Ti esibirai alla finale di Miss Italia con Giusy Ferreri. Come vivi la cosa?
Sono contenta di partecipare! Io e Giusy abbiamo creato un connubio energetico e metteremo un po’ di grinta e un po’ di pepe al programma!
Cosa auguri a questo disco?
Spero che vi faccia entrare nel mio mondo pieno di colori ma sempre autentico e vero!
Marco Cappai, in arte Madh, è un giovane artista sardo che, a pochi mesi di distanza dalla sua partecipazione all’ultima edizione di X Factor, presenta “Madhitation”, un album che non solo segna il suo esordio discografico ma decreta, a tutti gli effetti, l’affermazione di un nuovo filone musicale in cui la parola chiave è contaminazione. A caratterizzare ogni singola traccia contenuta nell’album sono le ispirazioni musicali di cui Madh ha tratto l’essenza da connettere ai suoi testi decisamente eterei, astratti e concettuali. Muovendosi dal pop al rap, dall’Hip Hop al Reggae, dalla Drum and Bass alla Dancehall, Madh ha lavorato all’album in tempi ristretti senza, tuttavia, rinunciare alla ferma di intenzione di realizzare un lavoro di respiro internazionale. Aperto a mille interpretazioni e fluide immedesimazioni, “Madhitation” si presta ad un ascolto ludico e sorprendente. Melodie lineari e complesse si alternano ad intense incursioni di drum & bass finalizzate alla metaforizzazione di contrapposti stati d’animo. Durante l’incontro con la stampa, negli uffici Sony Music a Milano, Madh ci ha raccontato nel dettaglio le fasi di realizzazione di un lavoro che rappresenta soltanto il primo passo di un percorso artistico decisamente più articolato.
Durante la tua partecipazione ad X Factor ti sei distinto per la scelta di brani molto diversi tra loro, anche per genere. Potremmo considerare questo album come la continuazione di un percorso che avevi già intrapreso con “Experimental”?
Sì, già in quel periodo cominciavo a scrivere a prendere ispirazione da tanti generi diversi e ho mantenuto la voglia di contaminazione anche in questo album.
Come spieghi la presenza di tanti elementi di rimando al mondo e alla musica orientale?
Sono sempre stato affascinato dalla cultura orientale. Già durante i primi anni dell’adolescenza ho maturato una forte passione per il Giappone, sono un disegnatore, mi piace l’arte orientale e ho studiato lingua giapponese da autodidatta. Successivamente ho ampliato questa passione interfacciandomi anche con le altre culture orientali soprattutto quelle di Cina e India che rappresentano appieno il mio modo di pensare le cose. Mi piace il fatto che questa passione si rifletta all’interno della musica che creo.
Il discorso riguarda anche quello religioso?
Da poco più di due anni mi sono avvicinato al buddhismo anche se intendo questa religione più come una filosofia di vita. Non pratico, però molti aspetti di questa filosofia rappresentano il mio modo di pensare.
Recentemente sei tornato in Giappone e hai conosciuto anche Justin Bieber. Ci racconti questa esperienza?
Sono stato invitato a un evento organizzato da Calvin Klein a Hong Kong in qualità di influencer, in rappresentanza dell’Italia. Ho conosciuto diverse persone importanti tra cui anche Justin Bieber ma è stato un incontro molto veloce.
Madh ph. Iconize
Cosa è successo da X Factor ad oggi? Come hai lavorato al disco?
In verità non ho mai avuto una vera e propria pausa perché ho iniziato subito un club tour con 50 date da gennaio a maggio. In quei mesi non ho avuto tanto tempo per lavorare al disco, ho potuto lavorarci seriamente solo dopo la fine del club tour, da maggio a giugno. Al suo interno ci sono brani che avevo già scritto prima di X Factor, parte dell’album era già stata scritta però ho rivisitato tutto. A mettermi pressione sono state le tempistiche di realizzazione perché chiudere 13 tracce in 2 mesi non è stato semplice, soprattutto visto il gran numero di collaborazioni presenti.
Come mai i featuring inseriti sono tutti con artisti sardi?
Una delle motivazioni principali è sicuramente la mancanza di tempo sufficiente. Avrei ugualmente ingaggiato questi artisti ma, con più tempo a disposizione, forse avrei potuto lavorare anche con persone non sarde. In ogni caso penso che la Sardegna sia molto valida a livello musicale e ho scelto coloro che secondo me potevano dare un tocco di originalità all’album.
Fedez è supervisore artistico del disco.
Sì ma non mi ha mai imposto nulla, mi ha lasciato esprimere al 100%, così come successo all’interno del talent, d’altronde. Devo molto a lui perché tra l’altro mi sta aiutando a promuovere il mio progetto ove e quando possibile. Di questo progetto ha sentito tutto e, anche se lui appartiene a un ambito musicale molto diverso dal mio, è interessato a tantissimi altri generi. Mi dà sempre molti consigli, primo tra tutti quello di scrivere sempre a prescindere dal giudizio degli altri.
Qual è il tuo sogno in questo momento?
Vorrei condividere la mia arte con il resto del mondo. Proprio ad Hong Kong ho fatto ascoltare parte del materiale a un po’ di persone e nessuno credeva fosse stato prodotto in Italia. Non rinnego di essere italiano ma ciò che voglio fare si addice di più al mercato internazionale, quindi spero di promuovere l’album anche al di fuori dell’Italia
A quale target di pubblico si rivolge la tua musica?
Sui miei social noto la presenza di persone di diverse fasce d’età. Non credo di avere un target univoco, sono più i giovani a seguirmi, senza dubbio, ma penso che anche gli adulti possano essere interessati a ciò che propongo.
Madh durante l’incontro con la stampa a Milano
Per diversi brani mi sono affidato al mio produttore storico Mitch (Michele Figus, ndr) che aveva già lavorato con me all’EP del 2013 Experimental. Ho scelto di essere affiancato da Mitch perché è con lui che ho iniziato a fare musica e mi capisce artisticamente. La cosa più bella di questo disco è che ho fatto quello che volevo realmente fare.
A cosa leghi la scelta di aver voluto inserire nell’album anche un brano in italiano?
“Vai”nasce da una sfida personale: non avendo mai proposto al pubblico un pezzo in italiano volevo ci fosse. Scrivere in italiano è molto più complicato rispetto all’inglese sia a livello di metrica sia per quel che riguarda il dare un senso a ciò che si dice, soprattutto per me che ho una scrittura decisamente astratta. Sono abbastanza soddisfatto del risultato ma per adesso non ho in mente di realizzare un disco completamente in italiano.
Stupisce, ed è stata spesso oggetto di critiche, la tua singolare pronuncia inglese…
La mia passione per l’inglese è nata durante il percorso scolastico, ma non ho mai seguito corsi specifici, sono un autodidatta. Mi è capitato di svegliarmi pensando in inglese a volte, è la lingua con cui mi esprimo meglio. La mia pronuncia nasce dalla contaminazione. I miei ascolti partono dal british soul, in particolare Amy Winehouse, una musa per me, passando poi per l’elettronica, il reggae. Il mio accento è un mix fra quello british e quello giamaicano, ma ci tengo a sottolineare che non sono un’eccezione, ci sono molti artisti che ascolto che fanno il mio stesso lavoro sulla lingua. Voglio che il mio inglese si faccia notare, voglio che si capisca che sono io a pronunciarlo.
In “Triangle” due flussi contrapposti completano un concetto unico…come ti è venuta questa idea?
Ho unito due generi distanti seguendo l’idea di un processo compensativo. Nel caso specifico di questo brano la parte iniziale è molto più calma e rilassata: l’obiettivo è capire cosa sono e dove voglio arrivare. Nella seconda parte il brano si evolve fino ad arrivare alla drum & bass, che rappresenta la propria realizzazione individuale .
Come mai hai inserito nel disco due versioni di “Sayonara”?
Ho inteso “Sayonara” come l’inizio di qualcosa, in quanto inedito di lancio. Visto che si tratta del brano rimasto maggiornamente impresso nella mente del pubblico, ho voluto realizzarne una versione acustica perchè molti non ne hanno inteso il senso. Se ascoltato con un altro mood, è più facile percepirne il più profondo significato.
Che farai nell’estate 2015? Parto con gli instore. Poi ho date ad agosto e punto a un club tour invernale.
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