Arto Lindsay live alla Triennale di Milano: il noise d’autore che spiazza

Arto Lindsay live - Triennale - Milano

Arto Lindsay live – Triennale – Milano

Continuano i mirabolanti appuntamenti musicali ai Giardini della Triennale di Milano. TRI-P music fest rappresenta, infatti, il punto di riferimento per chi ha voglia di ascoltare musica ricercata. Non a caso l’esempio che portiamo oggi è il racconto che testimonia il grande ritorno in Italia di Arto Lindsay, il performer, chitarrista, cantante e produttore discografico statunitense che, all’alba dei sessantaquattro anni, ha voluto lasciare ancora una volta un segno ben tangibile all’interno dello scenario musicale contemporaneo.

Come poter descrivere l’essenza del suo noise intriso di suggestioni, riferimenti storici, antropologici? La trama intessuta tra folk brasiliano, rock, punk jazz, bossa nova moderna e funk in salsa carioca è fusa all’interno di formula strumentale unica seppur difficilmente fruibile.

Non è facile capire e godere della musica di Arto, ad un primo ascolto la sua chitarra assume una funzione disturbante, incomprensibile ai più. La sua vera funziona è, invece, scardinatrice, dirompente.

Il free jazz di Arto Lindsay si muove a braccetto col tropicalismo creando un universo semantico inedito, un contesto intellettuale dove ciascuno può individuare una chiave di lettura propria.

Beato chi c’era negli anni ’70 quando tutto ebbe inizio, quando la musica d’avanguardia era percepita come qualcosa di grandioso ed epocale. Oggi è diverso, si rimane attoniti e guardinghi e spiazzati di fronte a qualcosa che non ci suona familiare. Quello che addolcisce lo stile rumorista di Arto Lindsay è la capacità di non allontanarsi mai dalla classe e dall’eleganza della canzone d’autore, quella che in un attimo rimette insieme tutti i pezzi sghembi di un’anima viva e in continua evoluzione. “Cuidado madame”, s’intitola l’ultimo album di Arto, un titolo profetico per un artista pronto a sorprendersi e a sorprendere senza mai prendersi sul serio ma con i piedi ben saldi nella nostra fluida contemporaneità.

Raffaella Sbrescia

Ermal Meta live al Carroponte: “La gioia è una cosa seria”

Ermal Meta live @ Carroponte - Vietato Morire tour

Ermal Meta live @ Carroponte – Vietato Morire tour

“Come il sole a mezzanotte” è lo squarcio di gioia che illumina e attraversa il cuore in una notte di mezza estate al Carroponte di Sesto di San Giovanni. L’occasione è il concerto del cantautore Ermal Meta che, nel pieno del suo “Vietato morire tour”, summer edition, ha voluto donarsi al pubblico con un live di due ore e mezzo. In questi mesi vi ho parlato spesso di questo artista e se, dal punto di vista tecnico, sappiamo tante cose di lui, non possiamo esimerci dal ribadire quanto grande sia il suo cuore e di come questo aspetto sia in grado di innescare un processo alchemico tale da cementificare il suo rapporto con il pubblico.

Gratitudine, rispetto, autentico desiderio di reciprocità e vicendevole scambio di emozioni sono i principali elementi di questa bella favola musicale.

E se in scaletta non manca mai nessuno dei più bei brani contenuti nelle ultime pubblicazioni discografiche, Ermal non lesina nemmeno le perle risalenti al periodo in cui era ne La Fame di Camilla, rivisita i suoi stessi successi autorali ma soprattutto cesella a suo modo pietre miliari della musica internazionale. Su tutte mi piace di ricordare “Hallelujah” e l’ormai irrinunciabile “Amara terra mia”.

Che sia in un ambiente acustico o elettro-pop la voce di Ermal Meta è pulita, chiara, sincera e diretta. Versatile e calda ma soprattutto vibrante e sicura nelle tonalità più alte.

Sarà forse per questo che un concerto di questo artista sia un grado di rappresentare un’esperienza di vita completa e variegata: con Ermal si va a spasso tra temi, generi e tonalità che stimolano lo spirito e che scavano a piene mani tra angoli e anfratti di ciascuno, nessuno escluso.

Se a tutto questo aggiungiamo la gioia con cui Ermal Meta ama donare tutto se stesso al proprio pubblico, ecco che appare chiaro cosa possa fare la differenza in un contesto intriso di presspochismo e superficialità.

Come sempre, provare per credere.

Raffaella Sbrescia

Umbria Jazz 2017: dal tributo a Zappa alla rilettura di Gillespie passando per Jacob Collier

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Il quinto giorno ad Umbria Jazz è ricco di appuntamenti e piacevolmente impegnativo. Si parte con l’evento di mezzogiorno, presso la sala Podiani della Galleria Nazionale Umbra. Location di alto prestigio, per una rassegna di alto livello, in linea con il contesto, tanto per qualità quanto per affinità artistica. Vincent Peirani e G. Emile Parisien, duo di giovani interpreti e compositori, dà vita ad un concerto per sax e fisarmonica, che propone, con l’utilizzo arrangiamenti eleganti, sofisticati e ricchi di pathos un percorso attraverso la tradizione musicale d’oltralpe, di ogni periodo e genere. Il risultato è visibilmente efficace: pubblico rapito e standing ovation finale ripetuta per ben due volte, a richiamare i due musicisti sul palco, stanchissimi, madidi di sudore, ma emozionati almeno quanto il pubblico. “Belle Epoque” il titolo del CD, che ci sentiamo di consigliare, anche se, per la fisicità che caratterizza il modo interpretativo dei due francesi, la vera efficacia d’impatto riteniamo sia nel live. Chiunque si trovasse a passare per Perugia, non lesini comunque dal partecipare ad uno degli eventi della sala Podiani, e dal visitare la galleria Nazionale, che contiene numerosi e insospettabili tesori dell’arte italiana dal 1300 al 1500. Talmente significativi, da dare la sensazione di percorrere il libro di testo di Storia dell’Arte del secondo anno di liceo in dimensione “3D”: qualcosa di imperdibile.

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Alle 17, al Morlacchi va in scena un tributo a Zappa del tutto particolare e prestigioso. Riccardo Fassi, grande estimatore dell’originale e geniale musicista, icona di una generazione di “rottura”, tanto provocatore da poter essere solo amato od odiato, suonava Zappa quando ancora il tributo a Zappa non era previsto. Dopo la morte, due anni dopo, incise “Plays the Music of Frank Zappa”, e fu uno dei primissimi omaggi a Zappa. Questo progetto viene riproposto oggi, con il coinvolgimento di numerosi elementi e del cantante di Zappa, Napoleon Murphy Broock, entusiasta dell’iniziativa, a giudicare dall’energia che, ultrasettantenne, profonde nella sua performance.
L’emozione è molta, per chi, come me, ha amato Zappa quando aveva 15 anni, e quindicenne si sente tornare, mentre si susseguono i brani più significativi della produzione zappiana. Sofa, Peaches in regalia, Muffin Man, Florentine Pogen, (canzone d’amore in 7/4, come solo Zappa poteva partorire), riecheggiano nelle orecchie, e quel gruppo di “diversamente giovani” musicisti è calato nel ruolo, al punto che sembra essere tornato anche lui all’epoca adolescenziale. Napoleon “scoppietta”, vivace e teatrale, e, che dire…..la voce è quella dei vinili. Chiudere gli occhi ed avere la conferma di essere appartenuti ad una generazione musicalmente davvero molto fortunata. Con Zappa si entra in una dimensione più marcatamente Jazz, e si arriva preparati all’appuntamento in santa Giuliana, con Enrico Rava prima e Fabrizio Bosso poi. La serata della tromba. Rava, con Tomatsz Stanko e parte dei rispettivi collaboratori, si confrontano in un “duello” musicale, dai tratti “duri e puri”, jazzisticamente parlando, e non nascondiamo che, per quanto amanti del genere, l’impegno d’ascolto è notevole. Il jazz è qualcosa di sconfinato, proprio nella sua definizione concettuale. Però nella sua accezione pura può essere ben individuato nella performance dei due artisti, che si protrae per un’ora e mezza e mette a dura prova i padiglioni auricolari di una platea probabilmente solo in piccola parte tecnicamente preparata ad accoglierla.

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Diverso è il discorso per il lavoro di Bosso, che con l’orchestra di Paolo Silvestri dà vita ad una rilettura di Dizzy Gillespie, di cui ricorre il centenario della nascita, e presentata in anteprima all’Umbria Jazz. Qui la musica cambia, si rianima, prende ritmo e vigore, in una dimensione orchestrale molto familiare a Gillespie. L’affiatamento di Bosso e Silvestri è evidente, il lavoro piacevole, il feedback decisamente positivo.
Si corre al Morlacchi per Jacob Collier. Il giovane Jazzista fu l’ospite rivelazione della scorsa edizione, e si ripropone in una formula scenicamente non molto diversa, ma più vicina ad una dimensione blues. Se di blues si può parlare per un folletto irrequieto, che salta da uno strumento all’altro con l’agilità di una scimmia, chiuso nella sua dimensione musicale autocentrata, ma al momento stesso estremamente comunicativo e versatile. Personalmente ho preferito il lavoro dello scorso anno. pur riconoscendo molto talento a Collier, cosa che non è sfuggita nemmeno a Quincy Jones, uno tra i primi a scoprire il giovane musicista, che lo ha voluto per una collaborazione proprio nei giorni scorsi. Collier ha sicuramente un pregio: quello di essere molto apprezzato dal pubblico più giovane, che si identifica nella sua dimensione comunicativa multimediale. Ed in tal senso il messaggio che passa è indiscutibilmente positivo, trattandosi di musica comunque ad altissimo livello, con il pregio di accattivarsi una buona fetta di auditorium under 21. La giornata comincia classica e densa di pathos e si conclude elettronica e multimediale. Una giornata intensamente piacevole, come solo Umbria Jazz sa inventarne.

R.G.

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Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

 

 

Dardust live al Castello Sforzesco: come perdersi in un irresistibile flow di note

Dardust @ Castello Sforzesco ph Alessio Panichi

Dardust @ Castello Sforzesco ph Alessio Panichi

Metti una sera al Castello Sforzesco di Milano sotto una fresca pioggia di luglio. Il tutto mentre le melodie strumentali di Dardust aka Dario Faini costruivano intelaiature di universi immaginifici tutti da vivere. Questo è il plot del concerto che ieri sera abbiamo visto nell’ambito della rassegna estate sforzesca. Con una suggestiva mise en place, Dardust ha suddiviso il suggestivo show in due parti. La prima, “Slow is” di chiaro stampo emotivo, minimale ma curatissima, con l’ausilio degli archi, specie quello di Lucio Enrico Fasino; la seconda “The new loud” dirompente, totalizzante, catartica. Uno spettacolo completo e variegato, curato nel dettaglio, con riproduzioni di suoni, di versi, di strumenti, di visuals pensati per avvolgere lo spettatore e catapultarlo in una dimensione spazio-temporale avulsa da qualunque contesto reale. Il mondo di Dardust è fatto di suggestioni estemporanee, lampi di emozione, sguardi fugaci, stelle cadenti, scenari visti o semplicemente immaginati. Un irresistibile flusso di note, ora acustiche, ora elettroniche frutto di autentica passione e instancabile ricerca. L’unico momento d’incertezza c’è stato in occasione del brano eseguito insieme al sopranista contraltista Di Maio. Un crossover audace ma forse troppo azzardato, l’impressione è quella che ci sia bisogno di un maggiore rodaggio per un amalgama più fluido e godibile. L’appuntamento a Milano si rinnoverà il prossimo novembre per l’ultimo atto di questo secondo capitolo di un’avvincente trilogia.

Raffaella Sbrescia

Umbria Jazz: giorno quattro. Il trionfo delle signore con Ladies e Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 - Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 – Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz quarto giorno. Giornata relativamente poco “impegnativa”, quella di ieri a Perugia, a causa della cancellazione del concerto previsto per la mezzanotte al teatro Morlacchi che avrebbe visto la partecipazione della Lydian Sound Orchestra in “Sempre Monk”, omaggio reso a Thelonious Monk, nel centenario della nascita.

Giornata comunque importante, perché ha visto il “trionfo” del jazz in rosa.

Due eventi a succedersi sul palco dell’Arena Santa Giuliana, di altissimo livello: Ladies e Dee Dee Bridgewater in “Memphis”.

Il Jazz, ad eccezione delle “voci”, è sempre stato considerato un territorio “maschile”. Di donne al sax, al contrabbasso, al clarinetto o alla tromba, al trombone se ne sono viste poche nel corso della storia del jazz. Diverso il discorso per le pianiste, ma il pianoforte è uno strumento che fa corpo e storia a sè.

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

Ladies , con la sua manifesta volontà di interpretare al femminile un territorio “maschio” per definizione, presenta una formazione di talentuose “soliste”, internazionali e “cosmopolite” che, con un vigore che nulla ha da invidiare ai colleghi uomini, ma una grazia ed un’eleganza tanto “fisica”, quanto musicale che molti colleghi uomini potrebbero loro invidiare, offrono nell’arco di un’oretta e mezza un repertorio di classici originalmente e laboriosamente arrangiati e reinterpretati, attirando l’attenzione del pubblico della Santa Giuliana e strappando non pochi applausi a “scena aperta”. Un progetto impegnativo, anche perché le “Signore in Jazz” non indulgono in superficialità, sono molto “serie” e tecnicamente preparatissime, e rappresentano sicuramente una gradita sorpresa che speriamo sia precorritrice di altre iniziative del genere. Un sax tra le mani di una donna vestita in rosso, ha già suonato, ancor prima che ci si soffi dentro.
Una menzione meritata quindi per le componenti del gruppo:
Renée Rosnes al pianoforte, Nariko Ueda al contrabbasso, Allison Miller alla batteria, Ingrid Jensen alla tromba, Anat Cohen al clarinetto, Melissa Aldana al sax, e la meravigliosa voce di Cécile McLarin Salvant.

A seguire, ed attesissima, Dee dee Bridgewaters e la sua band, rigorosamente nera, rigorosamente “classica”, che sembra uscita da un documentario anni ’40, con tanto di coriste formose, pianista eccentrico, coreografia da grande blues.

Dee Dee Bridgewaters si esibì all’Umbria Jazz alla prima edizione, quella del 1973. E da allora è spesso tornata a calcarne le scene, sempre accolta con una familiarità ed un calore che si riservano a chi viene considerato “di casa”.

Umbria Jazz 2017 - Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 – Dee Dee Bridgewater

La quasi settantenne voce graffiante ed elegante del jazz, erede di Billy Holiday, di cui si rende magistrale interprete, vincitrice di Sanremo, insieme ai Pooh, ambasciatrice della FAO, dedica la sua esibizione alla musica di Memphis, e, senza risparmiarsi, coinvolge un’arena, appena reduce da un ascolto quasi ipnotico, in un vortice di energia, battiti di mani, lunghi discorsi perfettamente comprensibili anche da chi, come me, di inglese mastica poco, duetti entusiasmanti, blues & soul come se non ci fosse un domani. E, difatti, supera abbondantemente gli orari cui l’Arena è abituata, protraendo fino a ben oltre la mezzanotte il suo spettacolo, con un pubblico adorante raccolto sotto il palco a farle festa. Che forse di strumentiste il jazz nel corso della storia ne ha viste poche, ma le voci restano un ambito privilegiatamente femminile.

Un concerto di quelli che si ricordano.

R.G.

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Umbria Jazz 2017 - Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 – Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

 

 

Ritratti da Perugia. L’Umbria Jazz 2017 al via con Kraftwerk e Gianluca Petrella trio

Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

Per il terzo anno consecutivo siamo qui a Perugia per raccontare un evento storico della musica in Italia. l’Umbria Jazz è un Festival che ha una tradizione ultra quarantennale, e che, nel corso del tempo, ha assecondato le tendenze di ascolto, proponendo sempre eventi di altissima qualità, tanto musicale quanto “spettacolare”, senza scostarsi però sostanzialmente dalle sue origini, che affondano le radici nel Jazz. Un percorso al passo con i tempi, quello che dal 1973 ad oggi ha caratterizzato questa manifestazione, dall’esordio dei Wheather Report in Italia, all’esibizione di apertura di ieri sera dei precursori della Techno Music, i Kraftwerk all’Arena Santa Giuliana, per il solo concerto estivo previsto in Italia.
Nella location dedicata agli eventi di maggiore richiamo, dal rock al jazz, alla musica elettronica, al pop, il numeroso pubblico, dotato di occhialini 3D, ha potuto assistere a due ore abbondanti di spettacolo ipnotico e magico, tra immagini vissute dall’interno, e musica elettronica ad altissimo contenuto espressivo. Un’opera d’arte “totale”, sicuramente un’esperienza coinvolgente oltre l’ascolto “tout court”, come si deve ad un certo genere musicale che più di altri basa la propria efficacia su un abbandono senza preclusioni, e senza “concettualismi”. Anche se poi la musica dei Kraftwerk concettuale lo è, eccome. Ma l’impatto arriva efficace e “deflagrato”, non come un’esplosione ma come una pioggia di scintille, dopo l’esplosione. Probabilmente anche per l’effetto accattivante e coinvolgente del 3D. Autoprodotti e “rivoluzionari” per i loro traghettamenti elettronici e la sperimentazione musicale “robotica”, sicuramente sono stati i creatori della “colonna sonora” del 2000. Quando il 2000, nell’immaginario collettivo, era rappresentato da una immensa “odissea nello spazio”, e una terrificante “fuga da New York”.

Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

Suggestioni visive, fatte di sfondi creativi, ora “metallici”, ora “sintetici”, ora “algoritmici”, ora commoventi nella rievocazione storica in cui proiettano lo spettatore, in pieno Tour de France, o nel “melò retrò” della cinematografia degli anni 20.
Insomma, due ore e mezzo di musica dalla quale ci allontaniamo a fatica per raggiungere il Morlacchi. Dove un ottimo e sempre coinvolgente Gianluca Petrella in Trio dà vita ad una sessione musicale in linea con quanto già visto in arena. Note Jazz a profusione dall’ “imbuto” di un fiato vissuto con passionalità fisica, contaminate garbatamente con l’elettronica e con una ritmica e una sonorizzazione “new age”, ma sapientemente miscelate, a comporre nell’insieme un progetto molto gradevole. Sicuramente per padiglioni auricolari molto raffinati, e scevro della suggestione immaginifica dei Kraftwerk, ma comunque capace di far viaggiare l’ascoltatore in dimensioni che, pur partendo da “concettualismi”, traghettano in un mondo magico ed evanescente.

Umbria Jazz 2017 - Gianluca Petrella

Il tutto in una Perugia blindata, quest’anno. E lo stridere di queste barriere è forte. Perché la musica, almeno quella, non dovrebbe avere confini. Ma nella musica e nel suo potere assoluto crediamo. E se un futuro di contaminazione positiva potrà esserci, sarà nella dimensione sonora contaminativa. il Jazz per come nasce, appunto: che da sempre tenta di unire le persone e non e non di dividerle.

Quest’anno lo scenario della kermesse perugina si alimenta di tre anniversari speciali: la nascita di Thelonius Monk, di Ella Fitzgerald e Dizzy Gillepsie, cui verranno dedicati concerti appositi.

Altri personaggi omaggiati dal festival, Celia Cruz, George Gerswin il cantautorato italiano, tra cui Tenco, l’intramontabile e immenso Frank Zappa, il passionale Astor Piazzolla, e Gil Evans.

Vi terremo aggiornati quotidianamente da questo piccolo e modesto “diario di bordo di un mozzo da ponte”

R.G.

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Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

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Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk
Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

 

 

Vasco Rossi: il suo Modena Park fa sognare questa generazione di sconvolti

Vasco Rossi - Modena Park Foto di Francesco Prandoni

Vasco Rossi – Modena Park Foto di Francesco Prandoni

Chiunque ne ha già scritto qualunque cosa. Quindi qual è il senso di aggiungere un pensiero in più in merito al concerto di Vasco Rossi a Modena? Il motivo è semplice: siamo sempre i soliti, quelli che devono dire per forza qualcosa. In questo caso c’è da dire che siamo quelli che lo stesso Vasco definirebbe quelli che non hanno rispetto per niente, nemmeno per la mente. Noi, generazione di sconvolti senza santi e senza eroi abbiamo in realtà un estremo bisogno di radunarci e di reimparare a condividere le nostre emozioni. Lo sa bene Vasco Rossi che in 40 anni di carriera di cose ne ha capite e ne ha scritte per dirci di sé certo, ma per parlare a ciascuno di noi. Parole che colpiscono la faccia, che toccano la pancia, che bagnano gli occhi, che si sedimentano nella testa. Pare facile, eh. Quattro sono state le ore di concerto al Modena Park con una scaletta pensata per lasciare fuori meno cose possibili per ridare coraggio, per vincere la paura, per riaccendere la miccia della vita, per capire fino in fondo cosa significa cantare la libertà e possederla davvero. Una sospensione temporale, una trepidazione collettiva, un corpo unico per sognare, per non lasciarsi sfuggire una buona occasione per sganciarsi dal proprio Facebook e dai propri guai. Vasco Rossi racchiude un po’ tutto questo ed è bello sapere che c’è chi riesce a mettere nero su bianco i nostri limiti, i nostri pensieri, i nostri sentimenti. Belli, ancora di più i volti genuini, sinceri, appassionati di tutti coloro che hanno voluto partecipare a questo rito pagano, c’è da sorriderne e da goderne. Siamo ancora vivi e a Vasco non dobbiamo dirgli nient’altro, tanto tornerà.

 

Brunori Sas live: un timido trascinatore di folle al Carroponte.

Brunori Sas - Carroponte

Brunori Sas – Carroponte

“Ragazzi, ricordo ancora quando otto anni fa ero a cantare su una collinetta del parco dell’Idroscalo di Segrate e c’erano dodici persone a sentirmi. Di questi, dieci erano miei parenti milanesi e due franchi tiratori. Grazie per essere venuti così in tanti stasera, non sapete che gioia mi regalate nel vedervi tutti qui”. Ecco servitovi il succo dell’excursus artistico di un grande cantautore, di un emozionante narratore, di un insospettabile intrattenitore quale è Brunori Sas. Sul palco del Carroponte di Sesto San Giovanni per una delle tappe estive del suo “A casa tutto bene tour”, l’artista calabrese è riuscito a catalizzare l’attenzione e l’emozione di migliaia di persone accorse ad ascoltarlo con un concerto pensato in ogni dettaglio.

In scaletta tanti pezzi del suo notevole ultimo album di inediti, su tutti “La verità” vincitore della targa Tenco 2017 come miglior canzone dell’anno, proposta sia in apertura che in una vibrante versione piano e voce con il sopraggiungere dei bis. Che belli i parallelismi tra ieri e oggi, tra Lamezia Terme e Milano, tra realtà liquide e parallele in grado di ricongiungersi nei nostri cuori di figli d’italia, migranti per lavoro. Belli ancora di più, i nuovi arrangiamenti realizzati per questa tornata estiva, specialmente l’impennata prog-distorta di un pezzo storico come “Rosa”. Che sia una ballata o un brano più strutturato, Dario Brunori è un timido trascinatore di folle, uno che non ha paura di dire le cose a modo suo, che ne scrive con cognizione di causa e che nel musicarle riesce a toccare tutte le nostre corde, anche quelle più irrigidite. Per chi si ritrova in queste parole di stima, l’appuntamento è su Rai Tre. Solo pochi giorni, in occasione della presentazione dei nuovi palinsesti Rai, la direttrice Daria Bignardi ha annunciato che a condurre uno dei nuovi programmi ci sarà proprio Brunori SAS. Non ci resta che scoprire cosa bolle in pentola.

 Raffaella Sbrescia

La verità

L’uomo nero

Lamezia Milano

Colpo di pistola

La vita liquida

Il costume da torero

Lei, lui, Firenze

Kurt Cobain

Don Abbondio

Le quattro volte

Rosa

Pornoromanzo

Back in black

(AC/DC cover)

Arrivederci tristezza

Encore:

La verità

(bis solo piano)

Guardia ’82

Canzone contro la tristezza

Secondo me

Francesco Gabbani live al Carroponte: non solo tormentoni

Francesco Gabbani live @ Carroponte

Francesco Gabbani live @ Carroponte

Il grande pubblico lo acclama come l’uomo dei tormentoni ma Francesco Gabbani è qualcosa di più. Le sue canzoni sono doppiamente brillanti perché s’insidiano nella psiche di chi le ascolta nonostante inglobino al loro interno una complessa struttura semantica. Con questa nuova tornata live, Gabbani abbraccia il vecchio e nuovo pubblico ma con un obiettivo preciso: presentarsi come poliedrico cantautore e discreto polistrumentista. Sul palco del Carroponte di Sesto San Giovanni, Gabbani ha sfidato i temporali estivi con un viaggio ricco di colpi di scena. Tantissimi i bambini presenti, a testimonianza del fatto che l’artista sia riuscito a trovare il modo di piacere un po’ a tutti. Il concerto, con una scaletta comprensiva di 21 brani, prende il via a ritmo di percussioni con “Magellano”, title track del suo ultimo album di inediti. A seguire “Software” e qualche incursione in “Eternamente ora”. Le cartucce da artiglieria pesante come “Tra le granite e le granate” vengono sparate quasi subito. Spazio al romanticismo, alle parentesi strumentali, alle emozioni, alla sorpresa, alla gratitudine. Gabbani è soprattutto un performer ma è anche un artista attento all’analisi della società contemporanea e al rispetto dei valori. Il cantautore non perde mai occasione di ringraziare il suo pubblico e di mettere in evidenza il bisogno di sincerità, immediatezza e desiderio di pace dello spirito. Tra gli highlights del concerto c’è ovviamente “Occidentali’s karma” ma ci sono anche l’ottima cover di “Susanna” di Celentano e “Vengo anch’io. No, tu no” di Iannacci, due mostri sacri a cui Gabbani si sente particolarmente affine seppur per differenti ragioni. Non solo canti e balli spensierati, il pop-rock di Gabbani si regge su una struttura solida e ascoltarlo rappresenta un’esperienza in grado di unire l’utile al dilettevole.

 Raffaella Sbrescia

SET LIST:
Magellano
Software
Tra le granite e le granate
Per una vita o per altre cento
In equilibrio
La strada
Occidentali’s karma
A moment of silence
Clandestino
Eternamente ora
Susanna
Immenso
Maledetto amore
I dischi non si suonano
Spogliarmi
Amen
Vengo anch’io, no tu no
La mia versione dei ricordi
Il vento si alzerà

Bis:
Foglie al gelo
Pachidermi e pappagalli
Occidentali’s karma

Jethro Tull live a Roma: a spasso nel tempo in un crescendo virtuoso

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“I vostri saggi non sanno cosa si prova a sentirsi scemi come come mattoni”
Era un must imperdibile questo ritornello, una trentina di anni fa. Quando, nel panorama del progressive più articolato e ben congegnato, i Jethro Tull ponevano le loro pietre miliari. Scozzese l’anima in kilt del loro leader Ian, britannica la raffinatezza del sound, maschio e denso di struttura musicale.
Naturalmente all’Auditorium decidi che valga la pena non perderseli, e ci vai, per quel sold out programmato alle otto di sera. Ha inizio una cena tra “anziani”, con il vecchio folletto saltellante, oramai calvo e del tutto normalizzato nell’aspetto, tra il pubblico romano che ancora arriva con i propri tempi. Che qui, alle nostre latitudini, le otto di sera sono l’ora della merenda.
Forse per questo l’incipit è tiepido, e su “locomotive breath”, un poco il sospetto che non sarà il concerto che ti aspetti ti sfiora. “Quel” corpus storico della band si è oramai perso, e giovani musicisti supportano il maturo Anderson, non più scoppiettante come ai tempi del kilt. E così attraverso le note della Bourrée, Living in the Past, Heavy Horses, Wind-Up, John O’Hara alle tastiere, David Goodier al basso, Florian Opahle alla chitarra, Scott Hammond alla batteria portano a termine un primo atto musicale che riecheggia più nel cuore a dire il vero che nelle orecchie. Anche perché, c’è da dire, questi concerti andrebbero vissuti sotto un palco e non di fronte ad un palco. Una pausa di 10 minuti, e la musica ricomincia, ma con note ben più elettrizzanti. Aqualung, e il pubblico rumoreggia divertito ad un assolo di chitarra a dir poco entusiasmante, uno Ian che sembra una molla, un crescendo di ritmo virtuoso, una struttura scheletrica imponente. Il Flauto, la vera arma vincente, volteggia in aria, accattiva gli sguardi e le orecchie, brilla dei riflessi della luce ben calibrata dell’Auditorium, e la Santa Cecilia Esplode.
Continua con il meglio della produzione del gruppo, questa meravigliosa perla musicale, e si conclude con Thick as a Brick, pubblico in delirio, standing ovation, e quella bella sensazione di essere appartenuti ad un’epoca musicale unica ed irripetibile.
Peccato per chi è venuto dopo, peccato per chi non c’era.
Avete mai immaginato cosa si provi ad essere “tosti” come mattoni? (quel brick che gioca sul bisticcio fonetico e si trasforma in “prick”). Chiedetelo al tosto Ian, che lascia il palco divertito anche lui, con la freschezza del barbuto trentenne che, molti anni fa fu tra i precursori di un genere che diede una nuova veste alla più bella musica classica di tutti i tempi, rendendola, se possibile, ancora più affascinante.

Roberta Gioberti

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