Klangphonics live alla Santeria di Milano: l’esordio italiano del trio tedesco è un successo.

I Klangphonics sono un trio tedesco che produce ed esegue musica elettronica dal vivo utilizzando una combinazione di elementi elettronici, strumenti acustici ed elettrodomestici. Ieri 13 ottobre 2023 alla Santeria di Viale Toscana a Milano, il gruppo ha portato per la prima volta in Italia le sue peculiari sonorità house dal vivo con un concerto sold out. Preceduti da un energico dj set del tastierista Markus Zunic, i Klangphonics si sono cimentati in un saliscendi sonoro che ha virato dalla deep house alla techno melodica. La miscela perfetta del trio è data dall’insieme di batteria, chitarra e percussioni fusi con sintetizzatori e sequencer.

kggJPG

La performance è molto dinamica e variegata, l’atmosfera è quella di un club e l’energia è di tipo deflagrante. Il piglio è ondulatorio ma costante. Dalla pubblicazione dell’ep di debutto, ‘Songs To Try’, alla fine del 2021, i Klangphonics hanno creato un rapporto virtuale con una fanbase sempre più ampia utilizzando i social media in modo creativo e originale. I loro caratteristici video che combinano la musica techno-house con strumenti acustici hanno infatti guadagnato milioni di visualizzazioni e ottenuto l’approvazione di produttori famosi come Boris Brejcha o Victor Ruiz. Dal vivo piglio, carisma e sudore fluttuano tra una traccia e l’altra, senza soluzione di continuità, il pubblico è entusiasta e partecipe in un fluido scambio di energie primordiali.

L’esordio italiano dei Klangphonics è un successo, ora non gli resta che portare la loro musica techno dal vivo nei locali di tutta Europa.

Raffaella Sbrescia

Muse allo Stadio San Siro di Milano: il live report del concerto

La notte dei Muse allo Stadio San Siro di Milano inizia con il riscaldamento rock dei Royal Blood. Un’ora di set ispirato all’hard rock inglese anni ’70 che mette subito in chiaro le premesse: stasera si fa sul serio.

Alle 21.23 ecco i protagonisti dello show comparire sul palco: i Muse ci proiettano subito in uno spazio temporale ambientato nelle atmosfere del loro ultimo album Will of the people in cui la resilienza dei ribelli diventa emblema di tutto il concept del concerto. La triade britannica composta Matt Bellamy, Chris Wolstenholme  Dominic Howard aggiunge il polistrumentista Dan Lancaster alle tastiere per un live tiratissimo con pochi interventi extra e costellato di luci piazzate su tutti gli elementi strategici: dagli strumenti, alle maschere indossate, agli outfit, a quelle piazzate sotto e sopra il pavimento, molto più simile a una graticola su cui bruciare nel fulgore della notte.

Muse ph Henry Ruggeri

Muse ph Henry Ruggeri

La scaletta inizia con la title track “Will Of The People“ mentre l’acronimo del titolo prende letteralmente fuoco a tempo di riff sulle teste dei Muse. A seguire il ritmo rimane sostenuto con  “Hysteria” prima e con “Psycho” poi. La ormai nota cura per i dettagli è un marchio di fabbrica in casa Muse eppure l’audio a San Siro non è davvero all’altezza delle aspettative.

Un’altra evidenza palese è la risposta del pubblico rispetto all’esecuzione dei brani tratti dall’ultimo album di fronte ai grandi classici: la sequenza di “Compliance”, “Thought Contagion” e “Verona” scorre via senza particolari guizzi. La chiosa dei coriandoli rianima il parterre che esplode sulle note di  “Resistance”, tanto per ribadire quale sia la “Volontà del popolo”. Bisogna però sottolineare che le canzoni dei dischi precedenti sono state inglobate in un concept show organico che segue una trama ben precisa. Il  rock distopico e antisistema  dei Muse viene declinato in uno show spettacolare, ricco di effetti speciali, con scenografie molto impattanti e a tratti perturbanti. I riff di chitarre elettriche e i cori di protesta rappresentano la metafora con cui incarnare il rancore dei rivoluzionari che animano i video e le canzoni dei Muse. In “You Make Me Feel Like It’s Halloween” prende vita mentre la maschera del personaggio animato alle sue spalle dei Muse. I volti di Jason Voorhees, Freddy Krueger, Ghostface, della bambola assassina Chucky, di Saw L’Enigmista e di altri serial killer dell’immaginario cinematografico si alternano colpendo allo stomaco.

Muse ph Henry Ruggeri

Muse ph Henry Ruggeri

A seguire “Madness” e poi la spettacolarità massima con “Time Is Running Out” e la potente “Plug In Baby”. Molto ricca anche l’esecuzione di “Won’t Stand Down” e  “Supermassive Black Hole”. A chiudere il concerto c’è “Knights Of Cydonia” con l’irrinunciabile tema de L’uomo con l’armonica di Ennio Morricone a fare da intro. Le due ore di rock serrato dei Muse si concludono così: 27 canzoni (sette dall’ultimo disco) con il busto di un Satana rivoluzionario a sovrastare il palco. Il messaggio è come sempre passibile di plurima interpretazione. La certezza è che il rock dei Muse è vivo e splende in mezzo a noi.

Raffaella Sbrescia

Max Pezzali: hits only in un fiume di emozioni al Mediolanum Forum di Assago

Colleziona da giorni sold out al Mediolanum Forum di Assago, lui è Max Pezzali e da 6 lustri a questa parte racconta con un linguaggio semplice e pulito valori autentici come amore, amicizia, voglia di divertirsi e stare in compagnia.
In scaletta classici senza tempo cantati a squarciagola tanto dai quarantenni così come dai ventenni: “Come mai” a “Sei un mito”, da “Nord Sud Ovest Est” a “Rotta per casa di dio”, da “Gli anni” a “La dura legge del gol”; brani ispirati alle generazioni che affrontano l’arrivo dell’età adulta senza troppe pretese e senza una reale prospettiva sicura a cui fare riferimento.

max1

Sullo sfondo la città di Pavia, la città in cui ha vissuto e vive Max Pezzali e che rieccheggia a più riprese in tanti passaggi delle sue canzoni. Scorci, locali, atmosfere, usi e costumi della notte. Il Bronx di Via Bernardino da Feltre, le mille vasche in Corso Cavour, la discoteca del pomeriggio, le 106 farmacie, il Bar Dante di Via Ludovico il Moro, le mattinate trascorse alla sala giochi del Jolly Blu e le grandi compagnie con cui ridere, lamentarsi, girovagare e immaginare il futuro.

Fare le tre di notte, rientrare in casa con passo felpato e beccarsi comunque una ramanzina dalla mamma, ragazzi spensierati e fancazzisti che si approcciano alla vita con ironia per non lasciarsi schiacciare da una realtà decisamente più complessa e sfidante.
Le notti senza stelle si alternano a grandi classici romantici egregiamente arrangiati da una band decisamente rodata con cui Max si mostra affiatato e a proprio agio.
4 grandi schermi, 2 orizzontali centrali sul palco e 2 laterali quadrati, proiettano graphic novels e tante emozionanti scene dal parterre e dalle tribune in real time. Tanti i riferimenti agli stilemi della cultura pop di cui Max Pezzali stesso si fa emblema grazie alle sue coloratissime camicie fumetto.
Il pubblico veleggia tra le emozioni attraverso le hits più commoventi e quelle più ballereccie.
Il gran finale è tutto una festa, il pubblico si dimena entusiasta con Nord sud ovest est e Tieni il tempo e si strugge sulle note di “Con un deca”. Non è solo l’effetto nolstalgia a riempire gli occhi del Forum di Assago ma è anche una sensazione di affetto e gratitudine che si riserva a Max Pezzali, un compagno di avventure ritrovato che rinverdisce i ricordi e ci restituisce la freschezza di valori radicati in tutti noi.

Raffaella Sbrescia

LA SCALETTA DEL CONCERTO
Sei un mito
La regina del Celebrità
Rotta x casa di Dio
Come deve andare
L’universo tranne noi
Lo strano percorso
Ti sento vivere
Hanno ucciso l’uomo ragno
Non me la menare / Te la tiri / 6 uno sfigato
Weekend / S’inkazza / Jolly Blu
La regola dell’amico
Bella vera/ Nella notte
Nessun rimpianto
Gli anni
Una canzone d’amore
Come mai
Sei fantastica
Medley acustico (Nient’altro che noi / Eccoti / Io ci sarò / Se tornerai)
Quello che capita
La dura legge del gol
Il grande incubo
Nord Sud Ovest Est
Tieni il tempo
Con un deca

Euphonia Suite live: un intenso Eugenio Finardi incanta l’Auditorium Parco della Musica di Roma

Nel panorama cantautoriale italiano sono molti i protagonisti che possono rivendicare l’unicità. Unicità intesa come un insieme di peculiarità che caratterizzano un autore in modo inconfondibile. Tuttavia è giusto fare dei distinguo, perché esistono condizionamenti più o meno evidenti nell’espressione artistica di ciascuno, fonti d’ispirazione letteraria o musicale, e sono davvero pochi quelli che possono vantare un’originalità assoluta, una creatività di pura appartenenza al sé, alla sfera del vissuto.
Tra questi pochissimi, Eugenio Finardi, che l’altra sera all’Auditorium Parco della Musica di Roma ha letteralmente inchiodato alle poltrone i numerosi spettatori, con il progetto Euphonia Suite live, uno spettacolo che definire magico è riduttivo.
Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Il Signore del Rock italiano, in chiave minimalista e jazz, è riuscito a creare un’atmosfera sospesa tra emozioni e sentimenti, rivisitando alcuni brani del suo vastissimo repertorio, e regalando al pubblico un paio di cover di livello qualitativo assoluto.
Il concerto, un’ora e mezza abbondante, è stato introdotto da un lungo discorso, più che un’introduzione quattro chiacchiere disimpegnate su quanto si sarebbe visto ed ascoltato. Introduzione forse non indispensabile, perché le note avrebbero parlato da sole, ma assolutamente piacevole e orientata ad avvicinare al palco le persone presenti, raccontando non solo del progetto ma anche di sé, come farebbe un vecchio amico. Peraltro il concerto si è svolto senza soluzione di continuità, non ha lasciato spazio ad ulteriori parole, ma sicuramente a tanta emozione, tanti applausi, molto positivo stupore.
Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi non è nuovo alle sperimentazioni. Basti ricordare il tour con Elio e le Storie Tese, o il bellissimo lavoro sul Fado, realizzato in collaborazione con Francesco di Giacomo. Tuttavia la curiosità di capire come avrebbe trasformato in chiave jazz blues un repertorio da sempre rock, era tanta. E se vero è che oggi tutti vogliono fare il jazz, c’è da dire che Finardi ci riesce alla perfezione.
Accompagnato dall’eleganza di Mirko Signorile al piano e dalla potenza di Raffaele Casarano ai sax, Finardi dà vita a un’armonizzazione del tutto inusuale su brani storici e molto amati, tra cui Le ragazze di Osaka, Extraterrestre, Dolce Italia, Amore Diverso, Soweto, il recente singolo Katia.
L’acme lo raggiunge con Un Uomo, lasciando spazio, a fine esibizione, a due minuti di applausi e qualche lacrima. La Radio, quel brano che da ragazzini amavamo cantare a velocità spaziale, quasi fosse uno scioglilingua, è reso con una cadenza blues che gli regala un abito di gran classe.
Intensa anche l’interpretazione di Una notte in Italia, di Fossati, divertente e ineccepibile, per quello che riguarda la pronuncia, l’omaggio a Carosone con Tu vuo’ fa l’Americano (ricordando le origini materne statunitensi), e accattivante la parentesi blues di Ambaraboogie, contaminata con Hit the road Jack.
Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

La voce curata a mo’ di strumento praticamente perfetta. Il sorriso che riconcilia con il mondo.
E’ un artista unico Finardi, fatto di quella unicità che appartiene solo ed esclusivamente a lui, e che lo rende tanto sotto il profilo musicale quanto umano un patrimonio di inestimabile valore per la nostra musica.
Le prossime date: a marzo, il 24 a Seriate (BG), il 31 a Varese mentre ad Aprile sarà il 13 a Bolzano, il 14 a Cortina D’Ampezzo, il 15 a Concordia Sagittaria (VE) per chiudersi a Torino il 19.
Roberta Gioberti
Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

 

Daniele Silvestri incanta Roma con il concerto di chiusura del suo tour. Il live report

Una sala Santa Cecilia gremita, quella che attende l’ultima data del tour di Daniele Silvestri, tour cominciato ad ottobre, che si conclude qui a Roma, con un concerto fortemente voluto. Chiusura in casa, e il pubblico non delude, accorrendo in massa a quello che, ancora non lo sappiamo, ma entrerà nella storia come uno dei più bei concerti dell’ultimo decennio.
Daniele Silvestri live - Roma ph Roberta Gioberti

Daniele Silvestri live – Roma ph Roberta Gioberti

Chi già aveva avuto modo di vederlo all’Auditorium della Conciliazione, non è rimasto perplesso di fronte alla scenografia di stampo teatrale che ha accolto i musicisti all’inizio della performance. Due poltrone, una scrivania, molte lampade da camera, una ambientazione salottiera suggestiva ma anomala per un concerto di Silvestri. E lui, seduto al tavolo, che immagina la scrittura di un brano, o meglio, lo scrive. Tra tentennamenti, piccole correzioni, valutazioni musicali. Fino a quando la musica entra in scena. L’intenzione dell’autore è quella di portarci in una sala di registrazione, e raccontarci la genesi delle canzoni: come nascono, quali sono gli spunti che danno il la alla vena creativa, quali le storie cui si ispirano. Si alternano brani dell’ultimo lavoro, una scrittura molto impegnata sotto il profilo sociale e politico, a brani che già conosciamo, ma di cui, probabilmente, ignoriamo l’iter creativo e come hanno accompagnato Silvestri nel corso degli anni, quali emozioni si sono loro affiancate.
Daniele Silvestri live - Roma ph Roberta Gioberti

Daniele Silvestri live – Roma ph Roberta Gioberti

E’ un metronomo a scandire il tempo di Tik Tak, il brano che dà il via alla musica, e anche ultimo singolo che preannuncia l’uscita del lavoro più recente del cantautore romano. Scritto con l’ottimo chitarrista e amico Daniele Fiaschi, il brano prende la forma di una specie di labirinto testuale e verbale, interrotto da inserti musicali. Momenti di ritmica, momenti corali, e il rap che è proprio di Silvestri, e che lo caratterizza da sempre. Un rap addolcito, armonicamente strutturato ma non per questo meno graffiante. Una tecnica che l’artista padroneggia con assoluta perfezione. Si susseguono poi storie. Storie che già conosciamo e storie che impariamo ora, sul palco, come vengono, frutto di una continua rielaborazione che durante il tour ha dato vita ad arrangiamenti ed esecuzioni mai una identica all’altra. Un lavoro in divenire, e l’esatto opposto di quanto di solito accade: non un tour per presentare un disco, ma un disco che parte embrione e durante il tour cresce, arricchendosi di volta in volta di sonorità e ritmi e pause e strofe diverse. E in questo sicuramente consiste l’originalità del lavoro proposto da Silvestri e dalla sua band, quella delle occasioni di lusso, cui si aggiungono la tromba e le percussioni di Jose Ramon Caraballo Armas che tanto rievocano le sonorità di Buena Vista Social Club. Insomma, un lavoro discografico non confezionato a tavolino, ma creato giorno per giorno, tappa per tappa, concerto per concerto. Un Work in Progress, che si arricchisce di sonorità, silenzi, emozioni, oggetti, uno scambio diretto con il pubblico, un feeling ininterrotto.
Daniele Silvestri live - Roma ph Roberta Gioberti

Daniele Silvestri live – Roma ph Roberta Gioberti

Quattro ore di concerto, tra brani inediti e brani conosciuti, ma diversamente arrangiati, un pubblico assetato e mai sazio,, il ricordo di Pietrangeli e la citazione di Contessa, un omaggio emozionante a Lucio Dalla e una dedica commovente a Gino Strada, commovente e autentica, impreziosita dalle animazioni di Simone Massi, che il pubblico asseconda e accoglie con una lunga standing ovation.
Quattro ore e potrebbe continuare ancora. Un commosso Silvestri si concede senza remore, abbraccia chi per il bis si è riversato sotto palco, stringe mani, è visibilmente commosso.
Raramente ha deluso, Daniele Silvestri, nel corso della sua carriera, forse mai.
Ma con questo tour sicuramente si pone sul gradino più alto del podio.
DSC_2777 copia
L’esperienza mi insegna che se un concerto ti torna su è stato sicuramente un buon concerto. E le immagini, i suoni, le parole del 30 dicembre 2022 all’Auditorium Parco della musica di Roma, continuano a riecheggiarmi nella mente, come un racconto in divenire che non ha un capitolo finale.
Grazie Daniele, per le intense emozioni.
Roberta Gioberti
Daniele Silvestri live - Roma ph Roberta Gioberti

Daniele Silvestri live – Roma ph Roberta Gioberti

La Maschera live all’Alcazar di Roma: Sotto chi téne o core

Sotto chi téne o core è un’esortazione.
Già, perché quest’organo vitale, il più vitale, quello che segna i battiti, ma non solo, quello che fa la differenza, nella vita, sembra aver perso molte delle caratteristiche che gli sono proprie, oltre un aspetto del tutto fisiologico: il cuore casa dei sentimenti, domicilio dell’empatia, stimolo del coraggio.
Ma cosa vuole dire, nella realtà, averlo, un cuore, sentire di averlo e farsi sotto?
Con un lavoro incredibilmente accurato, tanto nella scrittura dei testi quanto in quella musicale, ce lo dicono Roberto Colella e la sua band la Maschera, di cui vogliamo citare i componenti, perché questo sì, è un vero collettivo: alle chitarre l’eccezionale e plurilaureato Alessandro Morlando, alla batteria il generoso Marco Salvatore, al basso il solido Antonio Gomez, l’eclettico Michele Maione alle percussioni, il delicato, nascosto e potente Vincenzo Capasso ai fiati.
La Maschera ph Roberta Gioberti

La Maschera ph Roberta Gioberti

Una premessa a quanto scriverò, è d’obbligo. Per capire il senso dell’avere un cuore, un concerto de La Maschera va vissuto dal vivo. Se poi si ha la fortuna, come l’ha avuta la sottoscritta, di poter accedere al backstage, beh, allora la pienezza del senso diventa completa. Sei ragazzi in sinergia, non solo sul palco, ma anche underground. Un unicum.
Colella racconta che fu proprio Capasso, quando si incontrarono, a convincerlo a rendere pubblici i suoi brani. E così, al ragazzo del respiro, dobbiamo, probabilmente, una delle più ricche, genuine ed entusiasmanti realtà musicali del momento.
La Maschera nasce a Napoli e con Napoli cresce e si articola in dimensioni sonore sempre più sofisticate, testi commoventi, che non scadono mai nel melenso, impegno sociale, integrazione.
Già, perché Napoli, con tutte le contraddizioni che conosciamo, alla fine diventa sinonimo di integrazione da sempre. Accoglienza è un fatto diverso: si può accogliere mantenendo una diffidenza che crea di fatto un muro, o si può, accogliendo, integrare.
La Maschera ph Roberta Gioberti

La Maschera ph Roberta Gioberti

Napoli molto conosce di emigrazione e di coraggio, come tutto il sud Italia. Se la canzone napoletana di repertorio ha avuto tanto successo nel corso dei decenni, non è solo perché oggettivamente bella, ma perché, ovunque arrivasse, trovava uno scampolo di casa ad accoglierla: persone col fisico domiciliato altrove, ma col cuore residente nella terra d’origine. E questo La Maschera lo racconta assai bene in Amarcord, titolo sicuramente evocativo, come lo è il testo, di emozioni e sentimenti.
Tanti i partenopei accorsi all’Alcazar, ma tanti anche i romani. E, lasciandoci coinvolgere dalle parole di Colella, non distingueremo tra romani e stranieri: l’importante è stato esserci col cuore, senza campanilismi o circoscrizioni di sorta. Dico solo questo, che spero sia significativo. All’inizio cercavo un posto sottopalco, e sono stata guardata con diffidenza: trascorsi 10 minuti, sono stati tutti disponibilissimi alle mie incursioni. E’ questa la barriera che dobbiamo imparare a superare, quella dei 10 minuti di diffidenza, per renderci conto che siamo esseri umani, ognuno col suo bagaglio di cose positive e negative da portare all’altro, e ognuno in cerca di una forma di accoglienza.
La Maschera tutto ciò sa esprimerlo in maniera genuina, in lessico dialettale, ma, si sa, universale, se abbiamo imparato da Pino Daniele cosa fosse la cazzimma.
Non alberga qui di casa,la cazzimma, ed è una bella cosa.
La Maschera ph Roberta Gioberti

La Maschera ph Roberta Gioberti

Insomma, pure se siete altoatesini, non importa: lo sappiamo che il cuore parla un linguaggio universale. Quindi la sola cosa che resta da dire è andàteveli a sentire dal vivo se vi ricapita: troverete sei spettacolari e formati musicisti, e un cuore che batte e non vi deluderà. La prossima data sarà Pisa il 16 dicembre, e poi Napoli il 21. Se ne riparlerà in primavera, e sicuramente con nuovi entusiasmi, con nuove prospettive, con nuove sonorità e attimi di profonda commozione. Nel frattempo ascoltateli: sono un vulcano che erutta amore.
Roberta Gioberti
La Maschera ph Roberta Gioberti

La Maschera ph Roberta Gioberti

 

La Maschera ph Roberta Gioberti

La Maschera ph Roberta Gioberti

 

Jova Beach Party 2022: il report dell’ultima tappa all’aeroporto di Bresso

Si tirano le somme per Lorenzo Cherubini Jovanotti e il suo Jova Beach Party. Dopo aver girato in lungo e in largo solcando i mari della penisola italiana, il veliero del poliedrico artista conquista anche l’aeroporto di Milano Bresso con una grande festa finale degna di questo nome.

Sul palco dalle 14.30 del pomeriggio, Jovanotti non si è fermato praticamente mai. Amici, famiglia, ospiti e super ospiti si sono alternati nel backstage e onstage diventando parte integrante dello show. Tommaso Paradiso, Elisa, Gianni Morandi, Raf nel main show, Rkomi e Tananai in orario aperitivo. Tre-quattro generazioni tra i 55 mila spettatori accorsi per trascorrere un’ultima serata estiva all’insegna della spensieratezza.

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

Molto è stato scritto durante questi mesi in merito al Jova Beach Party, con un sentiment positivo del 95%, e con un engagement complessivo di 11mld di impression, l’avventura targata Trident è riuscita a vincere anche contro le critiche ambientaliste, grazie al coinvolgimento attivo del WWF: “Siamo qua perché crediamo che la transizione ecologica si faccia con le persone, spiega Gaetano Benedetto, presidente del Centro studi WWF Italia, e questa è una straordinaria occasione per fare arrivare, grazie a Lorenzo, il messaggio della sostenibilità a quante più persone possibili. La presenza del WWF è faticosa perché abbiamo preteso tanto dalla produzione in termini di lavoro preparatorio e di screening ambientale nel raggio di 3 km dai luoghi dei concerti, e un monitoraggio preventivo delle aree coinvolte”.

Con queste importanti premesse, ci si può distendere e concentrarsi sullo show. Alle 20.00 in punto, nelle sue piratesche e variopinte vesti, Jovanotti trasforma la pista di atterraggio in una discoteca a cielo aperto: è una tribù che balla. “Lo senti?” urla Jova dal palco, mescolando insieme gioia, emozione, stupore, incredulità. Fa strano stare in mezzo a migliaia di persone senza mascherina, sentirne gli umori e guardarne le più disparate espressioni facciali. Sembra quasi come riappropriarsi della propria umanità in tutte le sue sfaccettature e se da un lato è evento liberatorio, dall’altro ci si scopre ancora insicuri e diffidenti verso il prossimo. Ci si perde in un continuo protrarsi e contraersi, esattamente come in un viaggio in mare aperto in una tempesta emotiva ricca e conturbante.
Si susseguono in batteria: “I love you baby”, “Sensibile all’estate”, “W la libertà”, Tutto l’amore che ho”: il Jova interagisce a piè sospinto con il pubblico e non esita a toccare argomenti decisamente sentiti dal comune pensiero: “La libertà non sai mai cos’è fino a quando non viene messa in discussione. Quando ce ne si accorge? Quando manca”.
Sul palco si alternano storie di amicizia e stima reciproca. Con Tommaso Paradiso si canta “Non avere paura” e “Felicità puttana”: due figli del pop che non hanno paura di ritornelli leggeri per celebrare appieno la vita, l’estate, l’amore. Insieme a Elisa ci si diverte con “Palla al centro” e ci si incanta sul classico “Luce”.
On stage ovviamente la presenza fissa e ormai amico inseparabile di Jovanotti, parliamo di Gianni Morandi che, con una giacca super sbrilluccicante ha cantato “Apri tutte le porte”, “Fatti portare dalla mamma”, “C’era un ragazzo” e “Gli angeli fanno la ola” insieme a decine di coppie di ballerini a fare da coreografia.

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

“Coraggio, questo posto è selvaggio”, incita Jovanotti, diventando un tutt’uno con la sua consolle in veste di super Dj. A seguire “Il Boom”, “Una nuova era”, “La notte dei desideri”: “Vi auguro di essere voi il desiderio di qualcuno”, dice convinto l’artista.
Simpatico il mash up di “Serenata rap” con “Sei la più bella del mondo” insieme a Raf. “Battito di ciglia”, “Baciami ancora” dedicata ad Accorsi nel parterre vip, la cover di “Sapore di sale”, “Le tasche piene di sassi” cantata senza fronzoli e con occhi emozionati  in primo piano, “Tensione evolutiva” e “Penso positivo” per riprenderci la parola “positivo” e ballarla e cantarla tutti insieme senza paura.

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

Scenografia ricca, fuochi, tamburi, tutti in fila sul palco i Timbares di Milano accompagnano e arricchiscono una scatenatissima “L’ombelico del mondo”. “Raggio di sole” rapisce tutti, “Gli immortali”, “Il più grande spettacolo dopo il big bang”, Ti porto via con me”, “Ragazzo fortunato” per poi concludere con “A te”: Jovanotti spara le pietre miliari della sua storia artistica una dopo l’altra ma finisce sempre con il focalizzarsi su quanto è a lui di più caro: la famiglia, gli amici, la band, la grande squadra che lo ha accompagnato in questa lunga e imponente avventura. Il suo trascinante entusiasmo finisce per incontrare e coinvolgere un po’ tutti lungo il cammino, d’altronde è così il Jova Beach Party è energia, aggregazione, contaminazione, allegria. Non ci sono schemi, semplicemente ci si immerge nell’essenza della musica e se ne si fa scorta a piene mani. Alla prossima!

Raffaella Sbrescia

Steve Hackett in concerto all’Auditorium di Roma. Il live report

E’ stato un gruppo che ha letteralmente segnato una generazione. Oddio, difficile dirlo, in quegli anni tanti musicisti e tante formazioni hanno segnato la generazione fortunata che ha avuto la possibilità di viverli in contemporanea. Però per i Genesis il discorso fu lievemente diverso. Sì, perché per molti, me compresa, i Genesis nascono nel 1968 e muoiono nel 1975: quando il cofondatore Peter Gabriel uscì dal gruppo, lasciando il ruolo di frontman, e cantante a Phil Collins. Insomma, i Genesis rimasero, continuarono a produrre ottima musica, Phil Collins è stato un personaggio di rilievo nel panorama musicale mondiale, abbandonato pochi mesi fa per motivi di salute con un ultimo commovente concerto.
Eppure per molti non furono più i Genesis.

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

Ora, averli vissuti in contemporanea, durante la prima fase artistica, significa essere nati nel 1950/55 più o meno. E invece non fu propriamente così. Una generazione successiva a quella dei coetanei strettamente intesi, ha avuto come punto di riferimento proprio i Genesis prima maniera, lontani dal sound molto più accessibile che ne caratterizzò la produzione dopo il 1975.
E molta parte di questa generazione la contemporaneità anagrafica con quel gruppo, nel momento in cui si inseriva tra i massimi esponenti del progressive rock britannico non l’ha avuta. Per essere più chiari, un live non ha mai avuto modo di vederlo.
Ora sarebbe lungo ripercorrere le dinamiche che portarono alla spaccatura, per altro mai artisticamente risanata, del gruppo. Gabriel intraprese con un successo e una popolarità indiscussi, la carriera da solista, creando veri capolavori, addentrandosi in un lavoro di ricerca, di collaborazioni, di impegno anche politico.

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

I Genesis da A Trick Of The Tail in poi approcciarono al pubblico in maniera più orecchiabile, anche se sempre con un sound di altissima qualità. Da Duke in poi, proprio dopo l’uscita di Hackett che rappresentò la soluzione totale di una qualsiasi forma di continuità con il progressive, virarono decisamente al Pop. E il pubblico fu diverso, generazionale, attaccato a quella contemporaneità. Ma chi ha amato Foxtrot o Nursery Crime, è rimasto ancorato a quei Genesis. Non ci fu un dopo. Si trattò di un’omonimia.
La scelta di Steve Hackett, ultimo filo di seta che lega ad un ricordo e a delle suggestioni, di riproporre, con arrangiamenti addolciti, il repertorio delle origini, è stata, a mio avviso una scelta sicuramente vincente dal punto di vista emotivo.

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

Per i molti che li hanno amati e ancora li amano, e per i quali, come dicevo, non è stato mai possibile assistere ad un’esibizione dal vivo, per una questione di tempi, il concerto del 30 luglio a Roma si è trasformato in una specie di sogno realizzato. Certo, manca la voce di Gabriel, e la sua teatralità interpretativa, potente e mai eccessiva, con cui, per quanto oramai contestualizzato, Nad Sylvan non è in grado di competere; ma non lo sarebbe chiunque. Manca Phil Collins, con il suo ritmo calibrato e brillante, mancano molte cose che un tempo si sarebbero trovate. Ma l’impatto è forte, e la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, vibrante di emozione. Un Hackett assolutamente padrone di sé, sereno, empatico, paziente quando, su Robbery per un guasto tecnico la chitarra si è dovuta fermare per buoni cinque minuti, e lui con lei. Ma la musica è andata avanti, senza interruzione.
Applausi a scena aperta, dieci minuti di standing ovation, un pubblico decisamente datato tornato adolescente.
Penso davvero che a un concerto non si possa chiedere di più .

Roberta Gioberti

DSC_8908 copia

DSC_8991 copia

DSC_9055 copia

DSC_9560 copia

“I concerti nel Parco – Summer Time”: le suggestioni di Suzanne Vega

Gli anni ‘80 hanno rappresentato un momento particolare nel panorama musicale mondiale. Sono stati sicuramente anni in cui proporsi alla maniera cantautoriale, raccontando storie malinconiche con l’aiuto di una chitarra e poco altro richiedeva coraggio. Un coraggio che Suzanne Vega ebbe, e vide giustamente premiato.
Nata in California, ma cresciuta nei sobborghi portoricani di New York, sarebbe stato forse più facile per lei restare suggestionata e influenzata da un sound di rottura. Punk, Rock, Rap. Invece questo non accadde, e quella esile e diafana ragazzina riuscì ad imporre all’attenzione del mercato il suo modo di fare musica, essenziale, da folksinger un po’ in ritardo sui tempi.

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Sicuramente molto influì nelle sonorità la prima Joni Mitchell, mentre per quello che riguarda la poetica, prevalse una visione abbastanza descrittiva degli aspetti della vita di tutti i giorni. Il racconto di quello che ci circonda, dei momenti più ordinari e apparentemente insignificanti del quotidiano, trasformato in poesia, attraverso versi essenziali e minimalisti. Gli sguardi di Tom’s Diner, la storia nascosta e dolorosa di Luka, gli oggetti che riflettono le anime delle persone in Night Vision. La solitudine, una specie di spettro, un’ombra sulla porta, pronta a voltarsi se qualcuno arriva, in Solitude Standing.
Qualcosa di fuori moda, piatto, privo di fronzoli, essenziale, molto lontano dai luccichii, dal glam, dal divismo, dal pompaggio spesso voluto dalle case discografiche in quegli anni, eppure qualcosa che seppe farsi apprezzare al punto da arrivare a ottenere una visibilità internazionale di considerevole impatto: un’oasi di pace in mezzo a tanto rumore.

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

E’ un poco questa la Suzanne Vega che ritroviamo sul palco della Casa del Jazz, ospite della rassegna “I concerti nel Parco – Summer Time”: 63 anni meravigliosamente portati, in versione acustica, voce e chitarra, accompagnata da un ottimo Gerry Leonard (già collaboratore di David Bowie), intrattiene incantevolmente una platea accaldata ma attenta, con il timbro di voce magnetico che da sempre la caratterizza.
Poca coreografia, molta empatia, una lieve brezza emotiva che va a toccare i cuori, e in qualche maniera porta serenità.
A Ottobre del 2020, per dare il suo contributo al mondo della musica, messo così duramente alla prova dalla pandemia, la cantautrice Statunitense si è esibita in streaming dal Blue Note Jazz Club di New York. Un evento importante, simbolico, durante il quale è riuscita a riunire circa un centinaio tra musicisti, operatori, e organizzatori mondiali, ed ha presentato il suo album più recente, An Evening of New York Songs and Stories che ripropone i suoi grandi successi. E’ da questo album che è tratta la scaletta proposta al pubblico romano, con una piccola sorpresa sul bis: una Walk on the Wild Side, che commuove tutti.
Mentre Ultimo al Circo Massimo richiama circa 70.000 persone, in un piccolo spazio sonoro, si fa musica in delicatezza. E mai suggestione fu più evocativa di un incipit di carriera su cui avrebbero scommesso in pochi.

Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

 

Il trionfo di Marco Mengoni allo stadio San Siro di Milano.

“Tredici anni fa non lo avrei mai immaginato. Se sono qui è colpa vostra”, dice Marco Mengoni, tra le lacrime di commozione e di gioia pura, ai 54 mila spettatori di San Siro accorsi per il suo primo concerto allo Stadio. Chiunque di noi fosse presente durante il primo tour del cantautore di Ronciglione nel 2010, non avrebbe potuto fare altro che piazzarsi nel prato gold e godersi ogni singolo attimo di questo traguardo così importante e altrettanto meritato. E così è stato.

marco-mengoni-san-siro-19-giugno-22-prandoni-

marco-mengoni-san-siro-19-giugno-22-prandoni-

Nell’arco di questi anni Marco ha saputo costruirsi un’identità artistica completa, variegata e di spessore e tutto questo ha voluto e potuto metterlo in uno show di grande impatto sia emozionale che scenico. L’entrata avviene direttamente dalla parte del pubblico, il primo brano è l’emblematico “Cambia un uomo”, tratto dall’ultimo album in studio “Materia-Terra”. Il palco, immaginato come una cavea e dotato di un cubo mobile, che in diversi momenti ha portato Marco tra il pubblico, è frutto della collaborazione con Black Skull, gli inglesi Dan Shipton, Ross Nicholson, Jay Revell, Paul Gardner, alla loro prima esperienza italiana.

Il palco di #MARCONEGLISTADI prende vita anche questa volta dai disegni di Marco stesso e muove dalle atmosfere e dalle suggestioni creative del suo ultimo disco Materia (Terra), l’idea è amalgamare elementi tipici dello staging delle iconiche trasmissioni musicali televisive e radiofoniche degli anni 70 con le dimensioni degli stadi. “Quando ho cominciato a fare i primi schizzi del mio palco ho pensato che avrei voluto riprodurre l’atmosfera calda e avvolgente degli show musicali degli anni 70. Le atmosfere black mi accompagnano da sempre e anche le reference visive di questo tipo per me sono importanti. Volevo che la mia band fosse sempre ben presente in scena, perché suona in maniera incredibile e la musica deve stare al centro di questo show. La sfida era portare in uno stadio le sonorità del mio ultimo disco nel loro ambiente naturale: i club di quegli anni, far sentire quella energia e quella fusione tra musica ed emotività, far uscire il soul e amplificare quella sensazione per tutti gli spettatori che ci sono in uno spazio così grande. Volevo raccontare la connessione con il mio pubblico, come lo show sia un momento collettivo in cui convergono le storie personali di tutti. Per questo era importante stare quanto più possibile al centro del pubblico, vedere negli occhi quante più persone possibile e quindi, con i Black Skull, abbiamo pensato al palco centrale come ad una cavea in cui possa stare al centro della mia band e al palco centrale con il cubo che si alza e mi porta ancora più e in mezzo allo stadio.”

Una passerella, lunga 24 metri, conduce al palco circolare che troneggia nel parterre e che cela un cubo in grado di avvolgere, scoprire ed elevare Marco fino a 5,5 metri d’altezza al centro del prato, “nel cuore dello stadio”, con la possibilità di proiettare sui 4 lati visibili al pubblico immagini ad altissima definizione, grazie ai 4 proiettori laser da 35k ansi lumen.

A completare lo staging tre schermi ad altissima definizione, per un totale di 250 mq di LED utilizzati come “vasi comunicanti” per tutta la larghezza del main stage per dare dinamicità e continuità anche alla parte video, in grado di esaltare i visual scelti e, soprattutto, le riprese live che mixano e sovrappongono immagini di Marco della band e pubblico, studiate per raccontare con forza la fusione tra palco e spettatori durante questo show.

marco-mengoni-san-siro-19-giugno-22-prandoni-9185

Lo show è diviso in tre grandi blocchi tematici e si passa dal punk rock al funky al soul, pop, alla dance. Visual, led, fiamme. Il cerchio luminoso in alto dal peso di una tonnellata, coriandoli, fasci di luce, ma soprattutto una voce immensa, capace di volare altissimo e di fissarsi nel cuore. Ventisette sono stati i brani in scaletta, intervallati da diverse ovazioni di un pubblico coinvolto, emozionato, divertito. Marco catalizza l’attenzione su di sé, ad accompagnarlo ci sono Giovanni Pallotti alla direzione musicale (anche basso, synth e programmazione), Peter Cornacchia (chitarre), Massimo Colagiovanni (chitarre), Davide Sollazzi (batteria, batterie elettroniche), Benjamin Ventura (pianoforte, piani elettrici, synth), Leo Di Angilla (percussioni, ritmiche elettroniche), Adam Rust (organo, synth), Moris Pradella (backing vocalist, direzione cori, chitarra acustica), Yvonne Park (backing vocalist), Elisabetta Ferrari (backing vocalist), Nicole di Gioacchino (backing vocalist), a cui si aggiungono durante alcuni brani Francesco Minutello (tromba), Alessio Cristin (trombone), Elias Faccio (sassofono). Un club anni ’70 in cui perdersi, ballare a più non posso, lasciarsi incantare dalla bellezza, dalla varietà di intenti, contenuti, idee, ispirazioni che questo ragazzo ogni volta traduce in emozioni. Il viaggio tra presente e passato di questi 13 anni è lungo, intenso,  volte nostalgico, altre gudurioso. Da sempre con Mengoni si gode e si piange allo stesso tempo, ed è per questo che esserci diventa irrimediabilmente restare. Molto toccante il monologo incentrato sull’importanza delle parole e sul concetto di indifferenza. In questo percorso di crescita, Mengoni ha spesso dimostrato di quanto la sua sia una ricerca a tutto tondo: che si tratti di musica, ambiente, cultura, Mengoni s’interseca a più livelli in questi tempi difficili e riesce a fare suoi concetti universali su cui poter fare leva in qualunque contesto.

marco-mengoni-san-siro-19-giugno-22-prandoni-

marco-mengoni-san-siro-19-giugno-22-prandoni-

Che sia in un completo over size Marni, in canotta metallica e boots seventies e camicia Versace, nell’incantevole total white Valentino, Marco Mengoni tiene catalizzata l’attenzione su di sé. Tra i brani in scaletta che più di altri hanno spiccato per intensità interpretativa ci sono “Cambia un uomo”, “Proteggiti da me”, “Luce”, Ti  ho voluto bene veramente”, “Guerriero. Il picco adrenalinico su “Pronto a correre”  e “Io ti aspetto”. Sulle note di “Buona vita” l’artista si congeda ma è solo un arrivederci per rinnovare la magia nei palazzetti di tutta Italia.

Raffaella Sbrescia

#MARCONEGLISTADI_SET LIST

 

Cambia un uomo – (Materia (Terra)_2021)

Esseri Umani – (Parole in circolo_2015)

No Stress

 

Voglio – (Atlantico_2018)

Muhammad Alì – (Atlantico_2018)

Psycho Killer – (Dove si vola_2009)

Credimi Ancora (Re matto_2010)

Mi Fiderò (feat. Madame) – (Materia (Terra)_2021)

Solo Due Satelliti – (Le cose che non ho_2015)

 

Luce – (Materia (Terra)_2021)

Proteggiti da me – (Marco Mengoni Live_2016)

Parole In Circolo – (Le cose che non ho_2015)

L’Essenziale – (Pronto a correre_2013)

Non Passerai – (Pronto a correre_2013)

Onde – (Marco Mengoni Live_2016)

 

Sai Che – (Marco Mengoni Live_2016)

Hola – (Atlantico_2018)

Ti Ho Voluto Bene Veramente – (Le cose che non ho_2015)

Duemila Volte – (Atlantico On Tour_2019)

Come Neve – (Oro Nero Live_2018) / Venere e Marte (2021)

In Un Giorno Qualunque – (Re matto_2010)

Guerriero – (Parole in circolo_2015)

 

Ma Stasera – (Materia (Terra)_2021)

Pronto a correre – (Pronto a correre_2013)

Io Ti Aspetto – (Parole in circolo_2015)

 

Buona Vita – (Atlantico_2018)

Previous Posts Next Posts