“La musica ha avuto molto spazio nella mia vita. Se l’è preso, io non gliel’ho dato…..io sono un’ Attrice”.
Così, nel giorno del commiato della centosettenne principessa Brancaccio, è avvenuto il debutto nell’omonimo teatro romano dell’icona femminile della scena partenopea, con il suo spettacolo “Appunti di viaggio”. Un percorso, senza canovaccio, attraverso l’esperienza artistica e umana di Lina Sastri, che, elegantemente e appassionatamente, ce ne fa dono. A partire dalla prima volta, con Patroni Griffi, attraverso il Masaniello di Roberto de Simone, fino alle più recenti avventure cinematografiche con Pupi Avati. Il canto materno, che accompagnava i movimenti delle quotidiane faccende domestiche, è un ricordo dolce e commovente. Ed è proprio con la registrazione della voce della madre che Lina introduce la sua esperienza canora. Arrivata tardi, ma esplosa in tutta la sua sonorità teatrale da subito. Che la Sastri non canta, interpreta. E ogni volta che lo fa, il pubblico si scalda, le urla “sei divina, splendida, meravigliosa…..” Lina raccoglie, con naturalezza e quel bel sorriso che fa da cornice ad una vita che lei stessa definisce fortunata per aver incontrato il teatro, per le opportunità che ha saputo cogliere e che ne hanno da subito messo in evidenza il talento. Tanti ne cita, di colleghi e maestri, tanti e a tutti noi cari. Uno fra tutti, sembra quasi superfluo farne il nome: Eduardo. E la voce si incrina un poco, ma è un attimo, che subito riparte, e via, tra citazioni in prosa e i più bei brani della tradizione napoletana, accompagnata da cinque musicisti di prim’ordine: Filippo D’Allio, Gennaro Desiderio, Giovanni Minale, Salvatore Piedepalumbo e Luigi Sigillo.
“Reginella”, “Malafemmina”, “Torna a Surriento”, “Guapparia”, “Era de maggio”, per finire con Pino Daniele e la sua “Napule è”. Delicata e toccante in uno dei cavalli di battaglia della Ferri, “Gracias a la vida”, energica e grintosa sulle note di una tammurriata veramente ben arrangiata, confezionata per lei come un abito da cerimonia. Il primo spettacolo scritto e diretto, “Cuore mio”, e le sue scenografie, e l’ultimo, dal titolo piuttosto significativo di Linapolina. E tra un brano ed un racconto, chi ha memoria e l’età per averla, sente riaffiorare i ricordi di splendori artistici ed eccellenze di talenti che non vorremmo mai aver dovuto confinare al passato. Un racconto destrutturato, lo definisce. Destrutturato ma con una tale potenza di coinvolgimento emotivo, che il pubblico nemmeno canticchia. E’ lì, incantato dal fascino artistico, interpretativo e femminile di questa splendida donna; che guardò alle scene a soli 17 anni quando ha visto per la prima volta un palcoscenico, e ha pensato che il teatro sarebbe stata la sua vita , e nell’arte la sua libertà di essere.
Roberta Gioberti