Leonardo Monteiro, in gara alla 68° edizione del Festival di Sanremo nella sezione “Nuove Proposte” , porta sul palco del Teatro Ariston il brano “Bianca” (Nar International), scritto da Vladi Tosetto. Ballerino, figlio di ballerini, Leonardo ha la musica nel sangue ma sente che solo attraverso il canto, le sue emozioni possono essere trasmesse e condivise al meglio.
Intervista
Visto che il tuo percorso è molto variegato e ti avvicina all’arte in più modi, chi è oggi Leonardo e come si presenterà al pubblico sanremese?
Il presente è il momento in cui cerco di focalizzarmi di più. Spesso viviamo pensando al passato o mirando al futuro perdendoci il qui e ora. Per quanto mi riguarda sono sempre lo stesso di prima, spesso esperienze importanti possono cambiare drasticamente una persona, io sono felicissimo di far parte del Festival di Sanremo, il palco dell’Ariston è un palco importantissimo però c’è una cosa che mi son detto: evolversi è giusto ma io voglio sempre rimanere me stesso. Non sarà una telecamera a cambiarmi, io sono una persona semplice, tranquilla, che ama l’essere umano. L’incontro umano è la chiave di tutto.
La danza ti ha portato molto, sia dal punto di vista umano che professionale, sui grandi palchi come il Teatro alla Scala di Milano e altri importanti palcoscenici all’estero. Come mai hai spostato il tuo focus sul canto?
Esco da una comunità educativa per ballare a La Scala di Milano, quando ero ragazzo ero spesso vittima di bullismo . Tutto quello che ho vissuto in quel periodo mi ha fatto scattare dentro la voglia di vivere qualcosa di più grande. Ho iniziato a studiare danza a Montecatini, ho fatto un provino per entrare a La Scala e ho ballato per alcuni anni lì, volevo provare poi il mondo della televisione. Effettivamente ho riscontrato che si trattava di un mondo completamente diverso anche se si trattava pur sempre di spettacolo. Amici è stata un’esperienza di grande crescita, subito dopo sono andato all’estero. Ballavo certo, ma ho sempre avuto un grande amore per il canto. Vivevo ad Harlem , in cui c’erano tantissime Chiese Gospel. Succedeva quindi che tornavo dalla compagnia di danza e mi lasciavo trascinare da quel mondo. A New York ho raggiunto il massimo della mia soddisfazione personale come ballerino nel mio piccolo, quindi mi son detto che potevo accostare per un po’ la danza e dedicarmi al 100% alla musica. Ho voluto tornare in Italia perchè mi mancava, ho studiato canto e pianoforte, ho formato due band esibendomi nei club di Milano, ho fatto il solista in un coro gospel e poi è arrivata l’avventura di Sanremo.
Due band?
Sì i White Corner sono stati il mio o gruppo, mi esibevo insieme a 5 ragazzi: Steve, Marco Arrighi, Matteo Fratocchi, Dario Cassaro e Antonio Bove. Abbiamo girato i locali di Milano, era un periodo nuovo, non avevo mai fatto concerti con altri musicisti, ho vissuto il periodo rock della mia vita,. La seconda band era più seria, si chiamava Five for Funk, suonavamo con più gavetta alle spalle, erano tutti musicisti professionisti. Lavorare con una band mi ha insegnato che avere dei musicisti alle spalle per me è fondamentale, mi dà la possibilità di esprimermi al completo.
Come si passa dalla danza al canto?
Anche da ragazzo volevo cantare però fare una scuola importante quella de La Scala ti porta a dire: “ormai sono qui, vado avanti”. Quando poi ho cominciato a crescere come musicista, ho capito che il modo in cui riesco ad esprimere meglio le mie emozioni è il canto. Spero che il pubblico lo recepisca insieme a me.
Quindi possiamo dire che hai scelto?
Sì, assolutamente. La danza avrà sempre un posto nel mio cuore però il canto è il massimo per me.
Senti di poterti proporre anche come autore?
Certo, scrivo e compongo. Lo studio del pianoforte è nato proprio per comporre dei brani miei che troverete nell’album che uscirà dopo il Festival.
Video: Bianca
Perchè al Festival di Sanremo hai scelto di proporti da interprete?
Durante i provini di Area Sanremo ho avuto l’onore di conoscere Vladi Tosetto che è anche l’autore di “Come saprei” (Giorgia). Mi sono sentito onorato del fatto che si sia fidato di me. Mi piace l’idea di far sentire al pubblico le cose che ho da raccontare, sia dal punto di vista musicale che testuale, però mi è sempre piaciuto anche interpretare e dare vita alle cose scritte da altre persone. L’interpretazione può essere di grande impatto emotivo.
Ascoltando il brano “Bianca” si sente comunque la tua impronta black.
“Bianca” parla della storia di due persone che si lasciano a causa di un tradimento. Ho scelto questo brano perchè mi dava la possibilità di inserire il mio mondo musicale e perchè dava spazio ad un messaggio di speranza e possibilismo: le ferite hanno bisogno di tempo per essere rimarginate, subito dopo però rimangono le cose belle. Mi piace vedere l’aspetto positivo delle cose, ribaltarne i lati negativi.
Come vivi il rapporto con la tua vocal coach Dariana Koumanova?
Ci siao conosciuti alla fine dell’estate durante un mio periodo down. Alcuni amici mi hanno sostenuto e incoraggiato. Dariana è violinista da 20 anni, io e lei abbiamo un rapporto molto inteso anche se non ci conosciamo da molto tempo. Sono contento che lei mi diriga perchè è bravissima e ha alle spalle una grande gavetta musicale. Quando ho fatto le prove con l’orchestra di Sanremo per me è stato pietrificante, non ci volevo credere quasi. Un’emozione indimenticabile. Nel mio futuro prossimo spero di fare più concerti possibili, per me sarà fondamentale guardare negli occhi le persone che verrano con la voglia di ascoltarmi.