“Hanno paura di guardarci dentro”, la recensione del nuovo album de Le Strisce

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Con “Hanno paura di guardarci dentro” Le Strisce inaugurano una nuova importante fase del proprio percorso musicale intrapreso nel 2008. Insieme all’etichetta indipendente Suonivisioni, Davide Petrella (Voce – Testi); Francesco Zoid Caruso (Basso); Enrico Pizzuti (Chitarre); Andrea Pasqualini (Chitarre); Dario Longobardi (Batteria) hanno realizzato un album in grado di penetrare nelle dinamiche evolutive delle ultime generazioni. Già a partire dall’evocativo titolo, questo disco, composto da ben 14 tracce, racchiude un immediato messaggio di denuncia contro una società geriatrica del tutto indifferente nei riguardi delle esigenze, dei sogni e dei progetti dei più giovani. Sguardi d’insieme, taglienti e diretti, si lasciano cullare da ritmiche incalzanti, chitarre spinte, veloci giri di batteria attraverso parole arrabbiate ed affilate al punto giusto.

Le Strisce

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Forte dei 7 brani, più due hit, scritte insieme a Cesare Cremonini per “Logico”, Davide Petrella si è lasciato andare alla scrittura in maniera più sicura e disinvolta raccontando questi anni che ci hanno messo rabbia addosso.  La traccia di apertura è “Nel disagio”, un brano amaro ed evocativo che, attraverso una potente miscela di suoni e parole arriva dritto al cuore. Accompagnato dal particolare videoclip realizzato da Tiziano Russo, “Nel disagio” ci introduce subito al centro del nucleo semantico di questo album: “Avrebbero dovuto dircelo che non c’è via d’uscita da questa epoca noiosa che ci stringe a sé”, canta Davide, e poi, ancora, “E che non conosciamo il mondo abbastanza da andargli incontro. I giorni non sanno di niente,  i ragazzi bruciano per sempre. Le linee della mano si intrecciano e come corde si spezzano”.

I sogni cancellati e gli anni che non ritornano più indietro sono i demoni descritti in “Fantasmi” mentre la storia di “Andrea” racchiude i tratti essenziali di tante vite simili alla sua, a cavallo tra perdizione e annullamento. “Ci pensi mai” è, in assoluto, il brano in cui Petrella e soci sparano a zero sui grandi mali della nostra società, in cui corruzione e demagogia sono in piazza” e pongono interrogativi diretti e scomodi proprio ai giovani, grandi protagonisti di questo album: “Ci pensi mai se il nostro posto è sempre stato questo”, “hanno paura di guardarci dentro perché non ci troverebbero niente, solo un mare di cazzate e di luci spente, tanto non c’è più chi guarda e chi sente”. L’inno all’”hic et nunc” de “Gli artisti” ed il citazionismo insito in “Comete” cedono il passo all’emotività di “Dentro”, un brano intimo, struggente, immaginifico: “Ogni vita si intreccia con un’altra e si dice basti solo un momento”, una frase veritiera, diretta che, come un colpo al cuore, ci pone di fronte alle nostre egoistiche attitudini socio- culturali.

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Pugni in faccia ci arrivano anche da “Cosa deve fare un giovane d’oggi per poter ridere”. Noi, destinati a non avere certezze, a non avere paura, a non trovare nessuno con la risposta pronta, a non conoscere la verità, siamo una “Beat Generation” assuefatta ad un mondo di buffoni (2012). Un grande caos che, tuttavia, non ci slega dalla vita. Pur avendo speso “troppo tempo a correre ingoiando rabbia e polvere” sogniamo talmente forte da avere per sempre mal di testa.  Bellissimo anche il testo di “Persa”: anche se non c’è strada per correre, se non ci sono più certezze ma solamente dei forse, rimane l’autenticità dei sentimenti, l’ultima risorsa a cui l’uomo può fare riferimento per salvarsi. Le Strisce chiudono questo intenso lavoro discografico con un ultimo eloquente monito, racchiuso in “Non è destino”: “qualunque strada hai da prendere, tu non ti perdere”; parole che, proprio come l’intero album, ci invitano a riflettere sul significato più autentico di ciò che ci circonda e che, una volta in più, lasciano trasparire la naturalezza, l’entusiasmo e la voglia di esprimersi di un gruppo abituato ad usare la musica per dirci qualcosa di utile e sensato.

Raffaella Sbrescia

Video: “Nel disagio”

Le Strisce, la recensione del singolo “Comete”

Schermata-2014-05-24-alle-16.55.09-620x619“Comete” è il titolo del primo singolo estratto dal nuovo album di inediti de Le Strisce, su etichetta Suonivisioni. Il disco vedrà la luce soltanto tra qualche mese ma, in occasione della pubblicazione del videoclip ufficiale della canzone, girato dal regista e video maker Tiziano Russo, ci sembrava opportuno approfondire la conoscenza di un testo che anticipa un lavoro discografico dai presupposti interessanti. “Pensi troppo, dormi male, sputi sulle webzine e ti senti intellettuale citando Baudelaire, spleen”, Davide Petrella (Voce -Testi), Francesco Zoid Caruso (Basso), Enrico Pizzuti (Chitarre), Andrea Pasqualini (Chitarre), Dario Longobardi (Batteria) descrivono  la tristezza dei giorni nostri rigettandola in modo aggressivo e diretto. La crudezza espressiva delle parole si accompagna ad un uso massiccio della chitarra e alla vocalità leggermente graffiata di Davide Petrella. Anche nel video caos, disordine e violenza sono gli elementi che saltano subito all’occhio.

“È tuo il disordine, che caz*o vuoi da me?”: ecco la sintesi dell’egoismo difensivo in cui abbiamo imparato a rifugiarci per scampare al dolore e al furente abbattimento dei nostri sogni.
“Prima alternative, indie, rapper, hipster è solo moda, tutto gira, tornerai triste”: tutto è effimero, identificare se stessi in una corrente di pensiero o in una moda è qualcosa di temporaneo, destinato ad estinguersi, qualcosa che finirà per rimetterci completamente a nudo, prima di fronte a noi stessi e poi di fronte a tutti gli altri. “Se non puoi chiamarla arte allora è do it yourself?”: in questa frase Le Strisce tracciano i presupposti per una riflessione più approfondita: cosa possiamo definire arte? Chi può dirci cosa è arte e cosa no? Qual è il confine che determina il passaggio tra un prodotto indipendente e un progetto “mainstream”? La storyline del videoclip accompagna queste parole con un’aggressione a degli artisti ed un maltrattamento di gruppo, da cui non usciranno né vincitori nè vinti. Un nichilismo di fondo attraversa queste ed altre incertezze proposte dai ragazzi de Le Strisce che, nel titolo del brano, propongono un gioco di parole a metà strada tra identificazione generazionale “come te” ed una più onirica suggestione tutt’altro che lapalissiana… Quello che ci rimane da scoprire è se noi ci facciamo ancora delle domande o se ci siamo rassegnati a vivere alla giornata seguendo le nostre personalissime “comete”.

Raffaella Sbrescia

Video: “Comete”