Umbria Jazz quarto giorno. Giornata relativamente poco “impegnativa”, quella di ieri a Perugia, a causa della cancellazione del concerto previsto per la mezzanotte al teatro Morlacchi che avrebbe visto la partecipazione della Lydian Sound Orchestra in “Sempre Monk”, omaggio reso a Thelonious Monk, nel centenario della nascita.
Giornata comunque importante, perché ha visto il “trionfo” del jazz in rosa.
Due eventi a succedersi sul palco dell’Arena Santa Giuliana, di altissimo livello: Ladies e Dee Dee Bridgewater in “Memphis”.
Il Jazz, ad eccezione delle “voci”, è sempre stato considerato un territorio “maschile”. Di donne al sax, al contrabbasso, al clarinetto o alla tromba, al trombone se ne sono viste poche nel corso della storia del jazz. Diverso il discorso per le pianiste, ma il pianoforte è uno strumento che fa corpo e storia a sè.
Ladies , con la sua manifesta volontà di interpretare al femminile un territorio “maschio” per definizione, presenta una formazione di talentuose “soliste”, internazionali e “cosmopolite” che, con un vigore che nulla ha da invidiare ai colleghi uomini, ma una grazia ed un’eleganza tanto “fisica”, quanto musicale che molti colleghi uomini potrebbero loro invidiare, offrono nell’arco di un’oretta e mezza un repertorio di classici originalmente e laboriosamente arrangiati e reinterpretati, attirando l’attenzione del pubblico della Santa Giuliana e strappando non pochi applausi a “scena aperta”. Un progetto impegnativo, anche perché le “Signore in Jazz” non indulgono in superficialità, sono molto “serie” e tecnicamente preparatissime, e rappresentano sicuramente una gradita sorpresa che speriamo sia precorritrice di altre iniziative del genere. Un sax tra le mani di una donna vestita in rosso, ha già suonato, ancor prima che ci si soffi dentro.
Una menzione meritata quindi per le componenti del gruppo:
Renée Rosnes al pianoforte, Nariko Ueda al contrabbasso, Allison Miller alla batteria, Ingrid Jensen alla tromba, Anat Cohen al clarinetto, Melissa Aldana al sax, e la meravigliosa voce di Cécile McLarin Salvant.
A seguire, ed attesissima, Dee dee Bridgewaters e la sua band, rigorosamente nera, rigorosamente “classica”, che sembra uscita da un documentario anni ’40, con tanto di coriste formose, pianista eccentrico, coreografia da grande blues.
Dee Dee Bridgewaters si esibì all’Umbria Jazz alla prima edizione, quella del 1973. E da allora è spesso tornata a calcarne le scene, sempre accolta con una familiarità ed un calore che si riservano a chi viene considerato “di casa”.
La quasi settantenne voce graffiante ed elegante del jazz, erede di Billy Holiday, di cui si rende magistrale interprete, vincitrice di Sanremo, insieme ai Pooh, ambasciatrice della FAO, dedica la sua esibizione alla musica di Memphis, e, senza risparmiarsi, coinvolge un’arena, appena reduce da un ascolto quasi ipnotico, in un vortice di energia, battiti di mani, lunghi discorsi perfettamente comprensibili anche da chi, come me, di inglese mastica poco, duetti entusiasmanti, blues & soul come se non ci fosse un domani. E, difatti, supera abbondantemente gli orari cui l’Arena è abituata, protraendo fino a ben oltre la mezzanotte il suo spettacolo, con un pubblico adorante raccolto sotto il palco a farle festa. Che forse di strumentiste il jazz nel corso della storia ne ha viste poche, ma le voci restano un ambito privilegiatamente femminile.
Un concerto di quelli che si ricordano.
R.G.
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