Canzoni e nostalgie. Canzoni e amore. Canzoni e parole. Le tante parole, armoniosamente composte da Erri De Luca in occasione della rappresentazione de “La Musica Provata”, in scena il 21 maggio scorso all’Auditorium Parco della Musica di Roma, che ha visto fare da cornice alla lirica narrata le note “jazzate” di Stefano Di Battista al sax, Roberto Pistolesi alla batteria, Daniele Sorrentino al basso, Andrea Rea al pianoforte, Luciano Biondini alla fisarmonica, e la meravigliosa voce di Niky Nicolai.
Un viaggio che parte da Napoli, per finire a Napoli, attraverso varie tappe nella cultura mediterranea, non necessariamente affacciata sul mare, ma accomunata da suoni, odori, colori, lessico. Una cultura meridionale, perché, ci tiene a sottolineare De Luca, il mediterraneo è meridione. Con buona pace dei padani tutti, “meridionali di qualcuno” per citare un noto scrittore partenopeo.
A Napoli non saper cantare, non sapere di musica, è un’anomalia. E se nasci stonato, nasci un poco handicappato. Incespicante…..e con la musica molti “cacaglianti” hanno riacquistato l’uso del “lessico fluente”. E così, in questo percorso autobiografico, le parole vestite di melodia la fanno da padrone. Le parole a narrare di vita, di esperienze, di parabole. Di favole che si perdono nella notte dei tempi, notte da cui venne originato il primo suono, la prima melodia, il primo ritmo.
“La musica provata” è un progetto che ha un lungo corso d’opera, ed ha visto la luce editoriale in un’edizione Feltrinelli pubblicata il 17 settembre 2014. Da allora il giro nelle sale, a poter raccontare a contatto diretto con il pubblico come la potenza dell’udito sia quella di attraversare i muri, cosa che la vista non può fare. Ritrovare l’importanza dell’ascolto, la melodia commovente di “Addio Lugano bella”, l’inquietudine angosciata di “Mi fa paura che non piangi, figlio”, una versione ad “impronta” di “Io te vurria vasa’”, e le note, alla fine appena accennate, di “O’ sole mio”.
Il pubblico, coinvolto dall’allegra e sorridente empatia di Stefano di Battista, sta al gioco, dialoga, canta, si commuove. E alla fine quel muro di buio che la vista preclude, e che in qualche modo isola chi si esibisce su un palco viene completamente abbattuto dalla forza dell’udito e del canto. Un canto che resta ne cuore, che lo avvolge, che lo protegge. Che lo armonizza alle leggi del mondo.
Una menzione particolare alla fisarmonica “coreografica” di Luciano Biondini, la cui intensità e la cui espressività, da fotografi e amanti della musica interpretata, non abbiamo non potuto apprezzare.
Roberta Gioberti
Photogallery a cura di: Roberta Gioberti