La XIX edizione del Meeting del Mare, tenutasi dal 4 al 6 giugno a Marina di Camerota (SA) ha riscosso ancora una volta un importante successo. Con un cartellone improntato sulla ricerca dell’interiorità, il festival ideato e diretto dadon Gianni Citro, ha trasformato l’area porto della cittadina cilentana in un grande palcoscenico all’aperto coinvolgendo il pubblico al centro di un percorso pensato non solo per intrattenere ma anche e soprattutto per far riflettere. Tra distorsioni, psichedelia e un’attitudine punk venerdì 5 giugno, i Verdena, riconosciuti come una delle migliori band italiane, hanno presentato il loro fortunatissimo album “Endkadenz” (di cui uscirà il secondo volume ad agosto). Sabato 6 giugno, invece, è stata la volta deLo Stato Sociale,in scena col loro celeberrimo ultimo tour “Gran Fenomeni”, che chiude il percorso intrapreso dalla band nel 2014 con l’uscita de “L’Italia peggiore”, tra gli album indipendenti più venduti dell’anno. In scena anche gli irriverenti KuTso(6 giugno), già presenti lo scorso anno al Meeting del Mare e reduci dal secondo posto nella categoria giovani del Festival di Sanremo e dai concerti del Primo Maggio e con Caparezza a Miami (USA).
Meeting del Mare 2015 – Ph Luigi Maffettone
Accanto agli eventi del palco principale ci sono state anche numerose attività del “JAM Camp”: una factory musicale all’aperto che, ogni giorno dalle 11 all’alba del mattino successivo, ha proposto showcase, incontri, jam session e workshop con artisti, produttori, giornalisti, start-upper e operatori culturali. Tra gli ospiti:Massimo Bonelli(iCompany, Concerto del Primo Maggio),Giordano Sangiorgi(Mei),Giuseppe Fontanella(24Grana, Octopus Records),Federico Camici(Soundreef),Daniele Citriniti(Resetfestival),Marco Notari(Libellula).
Meeting del Mare 2015 – Ph Luigi Maffettone
Novità assoluta di questa edizione è la “MDM CompilAction”, un cd in più volumi con il meglio delle band emergenti in scena al festival. L’idea della compilation si inserisce nel tentativo del Meeting del Mare di dar vita ad un sistema di produzione e promozione “equo e musicale”, innovativo e sostenibile, in cui il festival smette di essere un “semplice” palco, diventando una “comunità” che mette a disposizione delle giovani realtà emergenti italiane tutte le competenze e le risorse di cui dispone.
Arriva uno degli appuntamenti più attesi dai giovani del Sud Italia: anche quest’anno, come tradizione dal 1996, a Maria di Camerota (SA) si svolge il Meeting del Mare. Il festival ideato e diretto da don Gianni Citro, giunto alla XIX edizione, che con un intenso cartellone di iniziative artistiche e culturali indaga il tema dell’interiorità.
Da giovedì 4 a sabato 6 giugno l’area porto della cittadina cilentana si trasforma in un grande palcoscenico all’aperto – per la prima parte dell’ampio cartellone di eventi che proseguirà fino a luglio – ospitando oltre 40 concerti, mostre, danza, performance artistiche, presentazione di libri e momenti di riflessione. Tutto a ingresso gratuito.
Tra distorsioni, psichedelia e un’attitudine punk venerdì 5 giugno arriva sul palco del MDM2015 una delle migliori formazioni della scena rock italiana: i Verdena. A quattro anni da “Wow”, il trio bergamasco è ritornato sulle scene con “Endkadenz”, un acclamato album in due volumi (il primo pubblicato a gennaio, il secondo uscirà ad agosto). Alla line up storica - Roberta Sammarelli (basso, tastiere e cori), Alberto Ferrari (voce, chitarra, pianoforte, tastiere) e Luca Ferrari (batteria, percussioni, synth e cori) – si aggiunge per questo tour il chitarrista Giuseppe Chiara.
Sabato 6 giugno, invece, è la volta de Lo Stato Sociale in scena col loro celeberrimo ultimo tour “Gran Fenomeni”, che chiude il percorso intrapreso dalla band nel 2014 con l’uscita de “L’Italia peggiore”, tra gli album indipendenti più venduti dell’anno. Una fortunata tournée che ha fatto segnare il tutto esaurito ovunque in Italia, toccando più volte l’Europa, da Bruxelles a Londra, da Amsterdam a Parigi e Berlino.
KuTso
Insieme ai due headliner in scena una trentina di band emergenti e nuove realtà della musica indipendente italiana. Su tutti i KuTso (6 giugno), già presenti lo scorso anno al Meeting del Mare e reduci dal secondo posto nella categoria giovani del Festival di Sanremo e dai concerti del Primo Maggio e con Caparezza a Miami (USA).
Ogni sera, inoltre, sul main stage spazio alla danza contemporanea e alla performing art, mentre di mattina, in riva al mare, si terranno gli incontri d’autore con “Libri a galla”.
Accanto agli eventi del palco principale ci saranno, poi, le numerose attività del “JAM Camp” dal 4 giugno: una factory musicale all’aperto che, ogni giorno dalle 11 all’alba del mattino successivo, propone showcase, incontri, jam session e workshop con artisti, produttori, giornalisti, start-upper e operatori culturali. Tra gli ospiti: Massimo Bonelli (iCompany, Concerto del Primo Maggio), Giordano Sangiorgi (Mei), Giuseppe Fontanella (24Grana, Octopus Records), Federico Camici (Soundreef), Daniele Citriniti (Resetfestival), Marco Notari (Libellula).
Verdena
Novità assoluta di questa edizione è la “MDM CompilAction”, un cd in più volumi con il meglio delle band emergenti in scena al festival. L’idea della compilation si inserisce nel tentativo del Meeting del Mare di dar vita ad un sistema di produzione e promozione “equo e musicale”, innovativo e sostenibile, in cui il festival smette di essere un “semplice” palco, diventando una “comunità” che mette a disposizione delle giovani realtà emergenti italiane tutte le competenze e le risorse di cui dispone.
Nel “Cantiere visivo”, il consueto spazio dedicato a mostre e installazioni, verranno esposte le opere “Massacri” di Claudio Martinenghi, “Napoli 2015 nuova luce” a cura di Marcello De Masi,“Le cose di dentro” di Carlo Gentile e “Cilento interno” del fotografo Pio Peruzzini. L’associazione l’Africa Chiama onlus, invece,presenta “In viaggio verso l’altro”: momenti di approfondimento e riflessione sui flussi migratori dall’Africa verso l’Europa e sui progetti umanitari realizzati in Kenya, Tanzania e Zambia. Questa edizione del Meeting del Mare, infine, sarà arricchita da alcuni interventi di arte pubblica curati da Simone Pallotta, Antonio Oriente e dall’associazione Incipit, realizzati da due artisti innovativi, lo spagnolo Gonzalo Borondo e il pittore, scenografo e scultore Edoardo Tresoldi.
I Kutso sono un gruppo musicale italiano, attivo da diversi anni all’interno dello scenario indipendente nazionale, composto da Matteo Gabbianelli (voce), Donatello Giorgi (chitarre, cori), Luca Amendola (basso, cori) e Simone Bravi (batteria). In seguito alla loro particolarissima partecipazione alla Sezione Giovani del 65° Festival di Sanremo, i quattro musicisti hanno pubblicato l’album intitolato “Musica per persone sensibili”, pubblicato da IT.POP, etichetta indipendente di Alex Britti su licenza di Universal Music. Ritratti di note li ha incontrati ed intervistati in occasione dell0 showcase che il gruppo ha tenuto lo scorso 25 febbraio alla Feltrinelli di Milano.
Con la vostra musica offrite un momento di riflessione e di ascolto che va aldilà dell’entusiasmo dettato dalla musica caciarona. Cosa vorreste comunicare con “Musica per persone sensibili”?
Abbiamo scelto questo titolo per il nostro album semplicemente per invogliare il pubblico a leggersi i testi e ad ascoltare le canzoni con più calma. Vorremmo incoraggiarvi a scoprire che c’è anche dell’altro, un’urgenza espressiva.
Un’urgenza che nasce dei testi e si sviluppa attraverso la musica….quali sono i temi di cui trattate?
Le canzoni sono essenzialmente autobiografiche, si tratta di sfoghi, invettive, ragionamenti, elucubrazioni, “pippe mentali”, lamentazioni varie. Dietro una canzone c’è sempre un disagio, così come succede ogni qualvolta ti ritrovi a scrivere; il gioco sta nel reagire a questa negatività interiore con una musica che è completamente l’opposto, solare e giocosa. Il risultato finale è un contrasto tra buio e luce.
E se non si capta subito la vostra intenzione comunicativa?
A noi va bene comunque perché la nostra musica ha due livelli d’ascolto.
La vostra formula racchiude l’istrionismo di Bowie, il cinismo di Gaber, il no sense di Gaetano… come è venuto fuori questo mix e come avete pensato di sviluppare questi riferimenti all’interno della vostra dimensione che va avanti ormai già da un po’?
Parlando dei nostri gusti musicali, a noi piace ciò che sembra vero, che comunica sincerità, che implica l’andare fino in fondo alle cose. Il no sense di Rino Gaetano è verace, molto vissuto, sofferto. Il cinismo di Gaber è lucido, una visione che non fa sconti alla vita. L’istrionismo di Bowie proviene dal fatto che gli anglosassoni possiedono un’ingenuità un po’ infantile che li fa agire spesso senza filtri. Noi, a nostro modo, abbiamo cercato di fare tutte queste cose…
Le vostre esibizioni al Festival di Sanremo hanno destato parecchio scalpore…
Eravamo coscienti del fatto che Sanremo fosse la più grande vetrina musicale italiana. Allo stesso tempo, però, quel palco rappresenta anche un contesto ufficiale che ci ha istigato ad assumere un atteggiamento sovversivo. Quando tutti ci dicono di dover fare le cose in un certo modo, in noi scatta la voglia di fare il contrario. La nostra è un’arroganza sorridente! L’idea della doccia, ad esempio, non era dovuta al fatto che volessimo fare i comici, quanto soprattutto all’idea di poter fare una cosa inopportuna sul palco di Sanremo.
E per quanto riguarda l’aspetto tecnico delle esibizioni?
Matteo: La prima serata ho cantato male, mi sono riascoltato e ho visto che ho cantato il brano tutto in crescendo. Questo avviene quando sei affannato e sei teso, quindi tendi a spingere e vai troppo su. La seconda sera sono convinto di aver cantato meglio di tutte e tre le performances, che non ho ancora rivisto, proprio per rimanere con questa illusione. Dalla semifinale in poi eravamo comunque molto più tranquilli, noi viviamo sul palco quindi eravamo più che altro intimiditi dalla diretta e dal dover fare bene subito. “Elisa” è una canzone tutta sparata, non c’è il tempo di arrivarci con calma, si tratta di un brano veloce, pieno di movimenti, che richiede una grande precisione.
Donatello: Suonare con la maschera per me è stato difficilissimo, non vedevo nulla e ad un certo punto l’ho sollevata. Sono entrato sul palco alla cieca, è stata una gag non premeditata e Carlo Conti si è prestato davvero bene.
Come si è sviluppato nel tempo il vostro rapporto con Alex Britti?
Matteo: Il rapporto con Alex è un rapporto amicale, quasi fraterno. Le nostre famiglie si conoscono da prima che lui fosse famoso, io e mia madre andavamo nei locali e vederlo suonare, la prima batteria me l’ha fatta comprare lui. La sua figura, per quanto riguarda la mia infanzia, è stata sempre una costante, ho visto il suo percorso, ho fatto il tifo per lui, poi agli albori di questo progetto, quando c’era soltanto Donatello di questa attuale formazione, cominciammo la nostra attività di concerti e composizioni e feci sentire delle cose ad Alex. In seguito quella collaborazione s’interruppe, ci siamo separati, lui ha fatto le sue cose, noi le nostre e dopo 5 anni e ci siamo reincontrati. “Musica per persone sensibili” è il nostro secondo album ma, sia in questo, che in quello precedente, ci sono brani in cui avevamo originariamente collaborato con Alex quindi la coproduzione non è mai mancata. Si tratta di un rapporto che ha dato dei frutti nel corso degli anni e in maniera variegata. Anche in questo album ci sono brani in cui abbiamo lavorato con Alex, altri che invece sono di pochi mesi fa. “Elisa”, nello specifico, è un brano che possiede un’azione compositiva di Alex al suo interno. Avevamo composto questa canzone con lui in una versione completamente diversa, il brano era dance, cassa in quattro, il “parapappà” era una chitarra, non c’era la voce. Il problema stava nel fatto che non riuscivamo a trovare uno special (la parte diversa della canzone che ti introduce all’ultimo ritornello) e dopo un pò di smanettamento alla chitarra l’ha trovato lui. Quando lo scorso settembre, Alex mi chiamò chiedendomi se per caso avessimo pensato di partecipare a Sanremo, dopo che, nel frattempo, gli avevamo chiesto di fare un assolo su “Spray Nasale”, un altro pezzo presente nel disco, quella è stata l’occasione che ci ha fatto ravvicinare. Gli dissi che tra tutti i nostri brani avrei scelto “Elisa”, lui ricordava il brano, dato che ci avevamo lavorato insieme, quindi abbiamo provato, l’abbiamo inviata alla commissione, ci hanno preso tra i 60 e da lì abbiamo cominciato a fare sul serio.
“L’amore è” eleva Donatello al ruolo di “seconda voce”?
Donatello: La mia carriera lirica è nata in furgone quando, durante i viaggi, cominciavo a fare dei gorgeggi quasi credibili. Abbiamo introdotto questa cosa all’interno dei nostri concerti con dei momenti dedicati ad hoc, sempre molto apprezzati dal pubblico. A forza di cantare per ridere forse ho imparato un po’ (ride ndr). In questo brano canto con la tonalità di Matteo, che è altissima, quindi vi lascio immaginare la sofferenza!
Cosa vi ha spinto a reinterpretare “Why Don’t We Do It In The Road” dei Beatles?
Abbiamo stravolto un blues molto semplice in chiave electro. In questo brano canta Daniele Cardinale, il cantante dei Viva Lion, un gruppo indie di Roma con cui abbiamo collaborato. Forse questo brano farà storcere il naso ai puristi ma a noi non importa.
Come funziona la composizione dei vostri testi? Ci sono aneddoti che vorreste svelarci?
Per noi funziona così: Matteo avvia i pezzi con la chitarra, arriva in sala, ascoltiamo l’idea primordiale in finto inglese prima di mettere giù il testo, ognuno aggiunge il suo e alla fine viene fuori un pezzo dei Kutso. Tutto è molto funzionale alla musica: il testo, la metrica, le parole devono suonare bene. Il momento finale del “labor limae” è quello clou in cui magari notiamo una parola che non va bene e che ci fa trascorrere notti intere a mandarci messaggi con idee, sinonimi e parole che fanno rima tra loro fino a quando, alla fine, lasciamo intatta l’idea originaria.
E i titoli?
Gran parte dei titoli partono dai testi: così come per i sonetti il titolo era il primo verso, noi scegliamo la parola che secondo noi le persone canteranno di più. Ci piace essere molto diretti, odiamo le intro, siamo i primi a romperci le scatole sia a suonarle che ad ascoltarle, infatti i nostri pezzi durano tra i 2 e i 3 minuti e il disco dura mezz’ora in tutto.
“Ma quale rockstar” è la sintesi del disfattismo?
Il brano descrive la dura realtà delle cose. L’immagine comune della rockstar piena di soldi e donne è solo fittizia. Adesso con i reality, con i talent si vuole tutto e subito, dall’oggi al domani diventi una star per caso, spesso anche senza merito. Noi veniamo da una lunga gavetta, c’erano momenti in cui si suonava in situazioni precarissime, davanti a gente distrattissima e lì ci veniva da dire “Volevo fare la rockstar, ma quale rockstar , qui tocca trovarsi un altro lavoro!”. In realtà suonare ovunque ci fosse una presa per la corrente ci ha dato modo di esser più sicuri sul palco di Sanremo. L’esperienza fa la differenza e noi possiamo dire di averne parecchia.
Quali sono le idee per i live che verranno?
Il nostro intento è portare avanti quello che abbiamo iniziato da un po’ di anni, arrivare a livelli sempre più alti e suonare in posti sempre più ambiti, in condizioni sempre migliori. Il nostro concerto è pensato per funzionare in tutti i tipi di contesto. Il nostro show è sempre improvvisato, il nostro scopo è quello di fare una festa.
A proposito del live inteso come festa, Jovanotti sta cercando delle band per aprire le date del suo prossimo tour…voi cosa ne pensate?
Cogliamo l’occasione per dire a Jovanotti: Lorenzo, noi ci siamo!
I Kutso sono un gruppo rock alternative italiano composto da Matteo Gabbianelli (voce), Donatello Giorgi (Chitarra), Luca Amendola (Basso), Simone Bravi (Batteria). I Kutso sono molto apprezzati, non solo per la loro forte presenza scenica e per il carisma che caratterizza le loro esibizioni dal vivo, ma anche e soprattutto per i contenuti immeditati dei loro testi. Un controverso equilibrio tra la dimensione esplicitamente crepuscolare delle loro canzoni si alterna a degli arrangiamenti e a delle melodie ritmate e coinvolgenti. A parlarci della dimensione artistica dei Kutso è Matteo Gabbianelli, voce e autore dei testi del gruppo, destinato a lasciare un segno ben riconoscibile all’interno dello scenario musicale italiano.
Di cosa parlano e cosa intendono comunicare i Kutso nel 2014?
Esprimiamo semplicemente quello che abbiamo dentro, le canzoni sono dei pretesti per spurgare la negatività che ci portiamo dentro… Tra l’altro è pur sempre vero che molto spesso si sente il bisogno di scrivere proprio quando c’è qualcosa che non va o si ha la necessità di dover dire qualcosa.
Qual è il contesto in cui fate musica e quale realtà portate nei vostri contenuti artistici?
Io sono il “colpevole” dei testi, compongo sia le armonie che le parole. Quando scrivo delle canzoni parto prima dalla musica, compongo tutto quello che riguarda la parte armonica e poi ci metto su le parole, che, in genere, sono sempre sbeffeggianti e sarcastiche. Mi piace dirmi in faccia le cose così come stanno, anche in maniera diretta ed esplicita, senza giri di parole. Proprio per queste ragioni i nostri testi sono tutti mortiferi, negativi, crepuscolari però questo buio viene redento dalla luce della musica che, invece, è solare e piena di gioia di vivere. La nostra musica, in sintesi, presenta un contrasto netto tra testi assolutamente definitivi e disfattisti, caratterizzati da un ampia natura sarcastica, e una musica dirompente, vorticosa e piena di colpi di scena.
Kutso
Cosa vi sta lasciando, a livello personale ed artistico, il “Perpetuo tour”?
Siamo molto contenti di come stanno andando le cose perché stiamo suonando tantissimo. Sono anni che non ci fermiamo mai e, anche adesso che stiamo registrando il prossimo disco, non ci siamo fermati e penso proprio che non ci fermeremo finche la vita ce lo consentirà. Siamo orgogliosi del fatto che riusciamo ad avere sempre più consensi anche se per noi è un po’ più difficile l’aspetto comunicativo: nonostante il nostro seguito sia sempre più numeroso, così come fitti sono gli appuntamenti dal vivo, non siamo ancora supportati dalla stampa di settore e fatichiamo a pubblicizzare quello che ci sta succedendo. Ad ogni modo siamo molto contenti, abbiamo un po’ di cose belle che ci attendono prossimamente.
Come vi siete rapportati al pubblico durante i tantissimi opening che vi hanno visti protagonisti?
Sono state esperienze molto belle! Siamo stati al 1 maggio in Piazza San Giovanni a Roma, dove c’erano 500.000 persone, si è trattato di un momento breve ma molto intenso. Le aperture, più in generale, sono state tutte delle conferme perché, nonostante il fatto che ci fossimo trovato di fronte a pubblici molto eterogenei, abbiamo sempre avuto una risposta positiva. Questo ci ha fatto pensare che la gente abbia sempre capito qual è lo spirito del nostro concerto che noi cerchiamo sempre di trasformare in una festa in cui tutti partecipano con la stessa importanza, in un rapporto orizzontale.
Kutso
In “Siamo tutti buoni”, un brano tratto dal vostro album intitolato “Decadendo (Su un materasso sporco) cantate “Intrattengo inconcludenti rapporti d’interesse vago con persone false come me… e cosa ci guadagno? Forfora e gastrite”… E’ forse questa la vostra definizione di decadenza?
La decadenza, come la intendo io, è un sentimento interiore. Ad ogni modo è un concetto che può sicuramente essere riassunto anche in quella frase… si tratta di un costringersi a essere qualcosa che non si è per poi prendere le briciole di quello che si voleva.
Cosa ha significato per voi girare lo spot anti HIV?
È stata un’esperienza molto importante, che ci ha fatto riflettere. Siamo tutti sostenitori del buon senso e dell’attenzione anche nei confronti del prossimo, questa è, infatti, una cosa che non riguarda solo la propria salute… Tuttavia è difficile essere ligi al dovere quindi è stata un’esperienza che ci è servita per autobacchettarci.
Che ruolo avete avuto nel progetto intitolato “When I Was an Alien”?
Quella è stata una bella iniziativa organizzata dalla Inconsapevole Records, che ha voluto realizzare una compilation tributo a Kurt Cobain, in occasione dell’anniversario della morte dell’artista e che ci ha chiesto di rifare un brano, neanche troppo famoso, contenuto nell’album “In Utero”, intitolato “Tourette’s”. Abbiamo rivisitato il brano completamente a modo nostro, la versione originale è tutta molto strillata, un pezzo puramente punk, noi, invece, l’abbiamo fatta diventare funk con un cantato lirico ed improbabile, ad opera del nostro chitarrista. Ci piace dissacrare i miti, sbeffeggiare quello che viene ritenuto importante dagli altri.
Il 12 luglio parteciperete all’Hard Rock Live di Roma…sarete la voce fuori dal coro?
Saremo lì con i Negramaro, i The Fratellis, i Velvet e altri gruppi…sarà una bella situazione e, anche se saremo un po’ un pesce fuor d’acqua, non vediamo l’ora di andarci proprio perché in genere sguazziamo bene in queste cose in cui non c’entriamo niente. La gente non si aspetta il nostro genere e, invece, quando ci ascolta rimane contenta perché pensa di aver visto e ascoltato qualcosa di unico. Alle persone piace essere stupite quindi siamo entusiasmati all’idea di partecipare a questo evento.
Kutso
Siete al lavoro su un nuovo album…cosa potete anticiparci a riguardo?
Il titolo che abbiamo scelto per questo nuovo album sarebbe dovuto essere quello del nostro primo disco ed è “Musica per persone sensibili”. Questa scelta rappresenta una precisazione: spesso siamo stati fraintesi e considerati gruppo di musica demenziale, una parola che ci fa venire l’orticaria. Noi non siamo né fan di Elio e Le Storie Tese, né estimatori di Frank Zappa né tantomeno degli Skiantos etc… In ogni caso quando scrivi delle cose, come facciano noi, in maniera così diretta ed esplicita e le abbini ad una musica tutta allegra e zompettante, il risultato può essere esilarante però non è questo quello che ci interessa. Veniamo più dal non sense di Rino Gaetano, dal cinismo di Giorgio Gaber, dal punk nichilista di Iggy Pop… quello è il mondo da cui proveniamo. Ritengo, quindi, che le nostre canzoni non siano qualcosa di superficiale, al contrario sono il frutto di ragionamenti ponderati a lungo. Quando cerco una parola, non lo faccio così per fare o perché suona bene quindi, con questo titolo, volevamo indurre nello spettatore un sentimento ed un approccio diverso alla nostra musica. Il filo che seguiremo all’interno delle tematiche affrontate seguirà la direzione che abbiamo intrapreso con “Decadendo (Su un materasso sporco), per il resto ci sarà una svolta un po’ più aggressiva, coerente con l’intento di mettere a fuoco quello che avevamo cominciato con il precedente album.
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