10 concerti, un solo e unico obiettivo: la fascinazione del pubblico. Ludovico Einaudi, pianista celebre nel mondo, sempre più performer, sceglie Milano, e più precisamente il Teatro Dal Verme, per un festival che abbraccia la musica contemporanea trasformando il suo concerto in un imperdibile happening.
Fondamentali i compagni di viaggio che lo accompagnano sul palco sfoggiando esperienza e maestria: Federico Mecozzi (violino), Redi Hasa (violoncello), Alberto Fabris (basso elettrico, live electronics), Francesco Arcuri (chitarra, percussioni), Riccardo Laganà (percussioni) sono i musicisti che in questo tour fanno la differenza maneggiando gli strumenti in modo versatile e ipnotico. Ma partiamo dall’inizio, Ludovico Einaudi non lascia nulla al caso. Installazioni di luce all’esterno e all’interno del teatro, booklet in cui illustra la novità degli appuntamenti milanesi: ogni sera con lui un duetto con artisti e gruppi appartenenti a scenari musicali anche molto distanti dal suo. Un momento sperimentale per provare ad approdare verso nuovi lidi cognitivi, per lasciarsi trasportare dall’ebbrezza dell’incontro estemporaneo. Lo scorso 10 dicembre, ad esempio, l’ospite è stata Kazu Makino, cantante e musicista giapponese in forza al gruppo musicale statunitense Blonde Redhead, protagonista di un reading incentrato sul potere del simbolismo minimalista. Confini, ombre e chiaroscuri si sono alternati ai brani proposti da Einaudi per un momento di grande concettualismo.
La scelta di Milano non è un caso, Einaudi ama mettersi alla prova, lo sperimentalismo è parte integrante della propria cifra stilistica per cui l’impudente voglia di osare è l’imperativo alla base di questa nuova tornata di concerti.
La scaletta scelta per “Dieci notti” è molto più asciutta e nervosa dei tour precedenti. I saliscendi emotivi mettono lo spettatore nella condizione di mantenersi attento, il risalto lasciato ai singoli strumenti non decolora il centralismo del pianoforte che dirige il gruppo. L’atmosfera, sofisticata e rarefatta, trasforma anche i visuals in componenti attivi dell’atto artistico. “Petricor”, “Four dimensions”, “Logos” ma soprattutto “Experience” e “Choros” sono i fiori all’occhiello del repertorio di Ludovico Einaudi che anche in questa occasione non delude le aspettative del pubblico più ricercato ed esigente. Per gli incontentabili l’appuntamento è ogni sera nella sala piccola del Teatro Dal Verme: alle 23.00 in punto ciascuno degli artisti che ha duettato con Einaudi durante il main act ha la possibilità di esibirsi l’indomani in un secret show. Il mood è quello di un club, un priveè a cui accedere con aria sorniona e volutamente inconsapevole. Uno spazio riservato a sole 200 persone. L’occasione è di quelle ghiotte: artisti del calibro di Jozef van Wissem, Ballake Sissoko, Ronald e Robert Lippok, in particolare, portano in scena il meglio dell’avanguardia sperimentale contemporanea. Il concetto alla base di questa idea luminosa è la visione della musica come potente motore aggregante; ultimo baluardo della creatività, dell’azzardo, della libertà.
Raffaella Sbrescia