Henosis: Joep Beving chiude la trilogia in modo maestoso. La recensione dell’album
Prehension: il minimalismo confortevole di Joep Beving
Malinconia intesa come protensione ricettiva dell’anima. Questa è l’essenza di “Prehension”, il nuovo lavoro del pianista olandese Joep Beving il cui suono si muove con disinvoltura tra neoclassicismo e minimalismo. Musica alta ma fruibile è quella composta dal musicista dal tocco gentile. Senza l’ausilio dell’elettronica, l’artista si destreggia tra titoli ispirati ad un repertorio classico ma si rivolge ad un pubblico semplice. Il suo suono intende essere confortevole in modo essenziale: Beving pesca a piene mani dall’impressionismo classico ma anche dalla più contemporanea new age, alterna note rapide a note complesse creando un’atmosfera di tipo meditativo. Si comincia con “Ab ovo” in cui tutto il discorso viene racchiuso in momento unico e definitivo. Si continua con il flusso lunare con “Kawakaari” che ci immette nell’evanescente inconsistenza di “Impermanence”. Il nucleo dell’album si annida in “A heartfelt silence”, “Le souvenir des temps gracieux” e “Pippa’s theme”: la triade in oggetto spicca per delicatezza ed eleganza mai troppo forzata. Il piglio malinconico e solitario s’interseca con la solarità propositiva di “432” e la conclusiva “Every ending is a new beginning”, brano con cui Joep Beving porta a compimento un discorso strumentale di tipo circolare, capace di trovare una propria collocazione semantica in tanti contesti diversi.
Raffaella Sbrescia
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