Enrico Giaretta live al Blue Note. Emozioni d’antan con le nuove canzoni del Cantaviatore

Enrico Giaretta

Enrico Giaretta

La musica visionaria di Enrico Giaretta ha scaldato il Blue Note di Milano in una fredda sera di gennaio. L’occasione è stata data dall’uscita del nuovo album del cantaviatore intitolato “BLU” (Made in Etaly). Affiancato da eccellenti musicisti quali Stefano Corrias, alla batteria, Juan Carlos Albelo Zamora, al violino, e Luca Bulgarelli, al basso,  Giaretta ha anche ospitato sul palco la straordinaria cantante e interprete Petra Magoni. Sulle ali di melodie intimiste, profonde e a tratti crepuscolari, Giaretta che, oltre ad essere un artista, è anche pilota di linea per Mistral Air, ha messo in atto la trasfigurazione di storie e immagini dal fascino senza tempo. Lui, che per lunghi anni è stato pianista e amico di Franco Califano, ha incantato e sorpreso il pubblico con efficace minimalismo. La vera forza del suo repertorio sono le musiche, ricche di richiami swing, latin, folk, finemente strutturate ed elegantemente cucite addosso alle parole contenute nei testi.

“Blu”, colore del cielo e della purezza rappresenta un metaforico tuffo nella fantasia e nei percorsi compiuti in volo. L’artista si ispira ad itinerari immaginari del cielo, oltre che alle rotte realmente attraversate, ai personaggi incontrati, alle musiche che si rincorrono nella testa, alle suggestioni arrivate da lontano o semplicemente riposte nella memoria. Bello e colorato il primo singolo estratto dal disco “Big Bamboo”, scritto con Marcello Murru, il quale tutt’oggi firma alcuni tra i suoi migliori brani. Cantato insieme alla sfavillante Petra Magoni, il brano risulta vivace, fresco, divertente. “Finalmente ho trovato un allievo”, ha detto il celebre Paolo Conte riferendosi proprio ad Enrico che, sul finire del concerto gli ha dedicato il bellissimo brano “Paolo il ferroviere”. Toccante e delicata  “Tutta la vita in un momento”, l’audace “Scelgo l’allegria”, la versione strumentale di “Over the rainbow”, successivamente ripresa dalla Magoni e la malinconia struggente de “Il cuore non finisce” conferiscono, infine, una luce speciale ad un momento live unico e prezioso.

Raffaella Sbrescia

Il Battito del Mondo a l’Aquila: gli intrecci sonori di Maurizio Trippitelli e la sua band. Special guest Fabrizio Bosso

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

 “Il battito del mondo” è un colorato viaggio tra le danze del Mediterraneo e i suoni del deserto da vivere lasciandosi cullare dai ritmi del reggae e sedurre dalle più intricate sonorità del jazz. Al centro di questo incontro fra culture diverse il gruppo formato da percussionisti e fondato nel 2000 dal musicista aquilano Maurizio Trippitelli. Si tratta di una formazione versatile capace di ospitare grandi artisti di generi differenti che, nell’ambito della settantesima stagione della Società Aquilana dei Concerti “B. Barattelli”, lo scorso 10 gennaio, presso l’Auditorium “Gen. S. Florio” della Scuola Guardia di Finanza a l’Aquila, hanno dato vita ad un evento musicale all’insegna della qualità.  Ospite d’eccezione della serata, il trombettista jazz Fabrizio Bosso sul palco insieme Maurizio Trippitelli e al suo gruppo di percussionisti formato da Fabrizio Fratepietro, Fabio Giovannoli, Michele Fondacci, Riccardo Bigotti, Andrea Bonioli, cui si aggiungono: il senegalese Ismaila Mbaye, il tastierista Lorenzo Maffia e il fisarmonicista Rossano Baldini. Le tradizioni musicali del mondo, sia colte che popolari, hanno preso vita attraverso una varietà di strumenti (marimbe, vibrafoni, timpani, batteria, wave drum, glockenspielen, campane tubolari,gran cassa sinfonica, ocean drum, tamburo thailandese, congas, djèmbe, sabar, talking drum) per un melting pot di note di grande eleganza e ricco di suggestioni.

Photogallery a cura di: Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

Il Battito del Mondo ph Roberta Gioberti

 

“The Prophecy”, Giulia Facco ed il suo jazz d’autore. L’intervista

cover disco Giulia Facco

Dall’8 Gennaio 2016 è nei negozi tradizionali, in digital download e in tutte le piattaforme streaming “The Prophecy” (Emme Records Label), il nuovo disco inedito della pianista e compositrice Giulia Facco con Mirko Cisilino (tromba), Davide Tardozzi (chitarra), Riccardo Di Vinci (contrabasso) ed Enrico Smiderle (batteria). All’interno di questo lavoro fortemente legato al jazz modale e al blues, Giulia racchiude diversi momenti del proprio vissuto ofrendo una rivisitazione personale di melodie intrise di richiami a compositori eccelsi quali Wayne Shorter, Thelonious Monk, Horace Silver ed Enrico Pieranunzi. L’obiettivo di questo progetto è quindi quello di mescolare echi tradizionali ad elementi moderni, mantenendo un’energia ritmica costante che accompagna l’ascoltatore in un viaggio sonoro decisamente personale ed evocativo.

Intervista

Perché hai scelto questo titolo per l’album?
Ho scelto “The Prophecy “ perchè è uno dei primi brani jazz che ho scritto. Ricordo di averlo scritto in un momento in cui ero molto ispirata; il pezzo è “uscito” in un flusso costante, quasi come se esistesse già da qualche parte e fosse arrivato alla mia mente

Nelle otto tracce che proponi al pubblico hai racchiuso ben 4 anni della tua vita. Quali sono gli universi sonori ed emotivi che hai inteso ricreare nelle tue composizioni?
Ho cercato di tradurre in musica delle esperienze che fanno parte del mio vissuto; dietro a ogni pezzo ci sono situazioni, paesaggi, sensazioni e persone. Mi piace ricreare dei piccoli universi sonori in cui siano presenti calore, voglia di immaginare, relax, amore per la vita e senso dell’umorismo; questi, per me, sono tra gli aspetti fondamentali dell’esistenza e, perché no, della musica stessa.

Come è avvenuta la concatenazione delle melodie e la scelta di accordi non sempre “ortodossi”?

Quando scrivo mi affido molto all’orecchio: tendenzialmente mi canto delle melodie e delle linee di basso, poi riempio le con degli accordi. In questo modo le progressioni armoniche seguono un equilibrio dettato dall’istinto.

Quanto conta per te l’istinto?
É sicuramente una qualità molto importante: direi che nella musica improvvisata è fondamentale per trovare la propria voce, inoltre la musica molto “razionale” a mio parere perde in capacità espressiva.

E l’orecchio?
É un alleato necessario!

La spiritualità?
Credo che la spiritualità sia una parte fondamentale della vita di ogni uomo e probabilmente la più trascurata. Per quanto mi riguarda, la spiritualità non centra per forza con la religione, ma è un processo interiore per trovare un equilibrio con noi stessi e con le persone e l’ambiente che ci circondano, cercando di sviluppare al massimo le nostre potenzialità; è un viaggio alla ricerca di noi stessi.

“Giuly Sun” è un pezzo molto energico. A chi e a cosa si ispira?
Ho scritto “Giuly Sun” dopo aver ascoltato un brano di Ellis Marsalis dal sapore latino. Il titolo è la deformazione di un soprannome che mi aveva dato un mio amico, Giuly San, come i guerrieri giapponesi (diceva che secondo lui ero una “guerriera”; ho scritto il pezzo in un momento in cui mi sentivo “alla riscossa”, ma, dato che il sapore del brano non è per nulla giapponese, ma per lo più cubano, ho cambiato “san” in “sun” (= sole).

La trama immaginifica di “Promenade” ci offre una nuova chiave di lettura della morte. Qual è la tua?
Mi piacciono le filosofie/religioni che dipingono la morte come il passaggio a una realtà extra corporea, a un livello superiore in cui diventiamo energia pura. Una sorta di liberazione e rinascita.

Giulia Facco

Giulia Facco

“Take Me A-Wayne” prende ispirazione da un concerto di Tom Harrel in quintetto. Cosa ci racconti di questo blues funky?
Questo blues mi è stato ispirato da alcuni pezzi che Tom Harrel aveva suonato in quel live: mi ha influenzato nell’uso dei pedali del basso e nella ritmica jazz-funk.

Quanto conta per te la figura di Miles Davis?
Miles è stato uno dei musicisti decisivi della storia del jazz, un riferimento per tutti: ho sempre amato il suo stile improvvisativo così attaccato alla melodia e agli spazi, la sua tenacia nell’affermare la sua voce e la capacità geniale nel costruire gruppi che hanno cambiavano la storia della musica, scovando sempre nuovi giovani talenti.

Enrico Pieranunzi è il soggetto della tua tesi relativa al triennio di studio in conservatorio, a lui hai anche dedicato il brano E.P.Centro. Cosa rappresenta la sua figura all’interno del tuo percorso artistico?
Enrico Pieranunzi è sicuramente uno dei musicisti più validi della scena italiana e internazionale: il suo linguaggio mescola sapientemente elementi della musica italiana, classica, del jazz tradizionale e moderno. Approfondire lo studio della sua musica mi ha sicuramente influenzato nell’approccio agli elementi melodico-armonici. Tra l’altro, uno dei miei insegnanti di piano, Stefano Onorati, è stato un suo allievo.

“Out Of The Comfort Zone” è una suite di due brani, una ballad e un fast, collegati da un pedale funk e da un solo di batteria; una composizione audace e intraprendente. Potremmo considerarla il punto di partenza per il prossimo lavoro?

Sicuramente trovo molto stimolante scrivere in forma di suite perché permette di collegare momenti sonori apparentemente molto distanti tra di loro, quindi da questo punto di vista, sì, può essere un punto di partenza per il prossimo lavoro.

Come hai lavorato con Mirko Cisilino (tromba), Davide Tardozzi (chitarra), Riccardo Di Vinci (contrabasso) ed Enrico Smiderle (batteria)?
É stato molto stimolante: sono degli ottimi musicisti e si è creato da subito un clima di collaborazione e rispetto reciproco. Credo ci sia un buon equilibrio tra le personalità musicali di tutti e questo è davvero importante.

Dove e quando potremo ascoltarti dal vivo?
Col quintetto ci esibiremo il 3 febbraio all’hostaria da Filo a Venezia e il 4 febbraio al ristorante Vegetiamoci di Padova.

Raffaella Sbrescia

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Bird Calling: gli incroci jazz della Mario Raja Big Band per sessioni d’ascolto sempre inedite

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Come i miglior vini, abbiamo lasciato che “Bird Calling”, il progetto discografico della Mario Raja Big Bang pubblicato alla fine del 2014 per Itinera Edizioni, decantasse al punto giusto per poterne degustare fino in fondo ogni singola sfumatura. Attraverso l’ideale incontro tra Charlie Parker e Igor Stravinsky, due giganti della musica del XX secolo, legati da ammirazione e stima reciproca, Mario Raja si è lasciato ispirare da suggestioni, atmosfere e temi dal fascino senza tempo. Registrato al Groovefarm studio di Roma, l’album comprende dieci brani originali, cinque dei quali composti dallo stesso Raja, oltre a due composizioni di Steve Lacy (“Utah” e “Esteem”) e una sorprendente rilettura di “Pleasure Is All Mine”, brano per sole voci della cantante islandese Björk. Attraverso un linguaggio filosofico proiettato all’interno di fitte trame strumentali non convenzionali, Alice Ricciardi alla voce, Daniele Tittarelli e Carlo Conti ai sassofoni, Claudio Corvini e Francesco Lento alla tromba ,Humberto Amésquita al trombone, Enrico Bracco alla chitarra, Pietro Lussu al pianoforte, Luca Fattorini al contrabbasso e Armando Sciommeri alla batteria individuano nuovi canali interpretativi senza rinunciare a spontaneità e freschezza. La bellezza di questi settantadue minuti di ascolto risiede nella grande apertura interpretativa data al nostro subconscio. Emozioni, ricordi, pensieri reconditi riescono ad affiorare con fluida naturalezza. Il potere del jazz e la bravura della Mario Raja Big Band sta proprio nell’essere riusciti a creare una dimensione unica ed individuale pronta a rinnovarsi ad ogni singolo ascolto.

Raffaella Sbrescia

 

Queen’s Fanfare (Mario Raja)

Pas du tout (Mario Raja)

Childhood Lost (Enrico Bracco)

Utah (Steve Lacy)

Mad Rag (Mario Raja)

Abeti piccoli (Mario Raja)

Pleasure Is All Mine (Björk, Tagag, Mike Patton)

Winter Lullaby (Pietro Lussu, Alice Ricciardi)

Esteem (Steve Lacy)

Bird Calling (Mario Raja)

“Chiamate Napoli… 081”: la Partenope postcontemporanea secondo Marco Zurzolo

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Sassofonista, compositore e arrangiatore classe 1962, Marco Zurzolo segna un nuovo passaggio evolutivo all’interno della storia musicale partenopea con “Chiamate Napoli… 081”, un nuovo lavoro discografico giunto a 20 anni di distanza dall’ album d’esordio “Lido Aurora”, pubblicato nel 1995. Capace di attraversare stili differenti cesellando di volta in volta suoni sempre inediti, Zurzolo sceglie di convergere energie e riferimenti in dieci brani legati da un unico file rouge: Napoli. Rispecchiando fedelmente l’ideale di una città caratterizzata da infinite sfumature, anche le composizioni proposte da Zurzolo si rivestono di molteplici colorazioni: ora leggiadre, minimal ed essenziali, ora corpose e suadenti, ora melanconiche e crepuscolari. Con un titolo di chiara matrice meroliana, “Chiamate Napoli… 081” rappresenta la tangibile testimonianza di una possibile connivenza dicotomìtica tra amore incondizionato e rabbia furente. Registrato, missato e masterizzato allo studio Hypnocampo, “Chiamate Napoli…081” è stato prodotto da Itinera e distribuito da Goodfellas. Raccogliendo il frutto delle numerose e variegate esperienze musicali che si sono susseguite nel corso degli anni, Zurzolo ed il suo quartetto acustico composto da eccellenti musicisti quali Francesco Villani al pianoforte, Diego Imparato al contrabbasso e Gianluca Brugnano alla batteria incanalano input e stimoli in un unico vortice sonoro. Ogni singola traccia è parte di un unico discorso lineare che, attraverso un meticoloso processo di sublimazione  tra acustica ed elettronica, ad opera di Piero De Asmundis, riesce a collocarsi nel nostro tempo senza alcuna forzatura. Particolarmente suggestiva la  rilettura di “I Often Think They Have Merely Go” di Gustav Mahler,  arrangiata da Gabriella Grossi (sax baritono) con il contributo vocale di Francesca Zurzolo. Tra gli illustri ospiti coinvolti in  questo progetto segnaliamo anche Ciccio Merolla Stefano Iorio presenti in “Pelle arsa”, immaginifico il contributo del  violoncellista Leonardo Massa in “Trustin’ me”, malandrino e tentatore l’effluvio al sax proposto in “Orme di mandorla”. L’energia, il carisma e la maestrìa con cui Zurzolo racconta la sua visione di Napoli si confà, per concludere, al modus vivendi partenopeo senza manierismi di sorta e soprattutto senza stravolgerne la tradizionale natura.

Raffaella Sbrescia

La tracklist: 1. Orme di Mandorle – 2. Terra Infuocata – 3. Pelle Arsa – 4. A Bruno – 5. Respiro Forzato – 6. Sogno antico – 7. Trustin’ me – 8. Napoli Centrale – 9. I Often Think They Have Merely Go – 10. Sinfonietta.

 

Ornella Vanoni ammalia il Blue Note con “Free soul”: un doppio appuntamento live all’insegna della più totale libertà

Ornella Vanoni

Ornella Vanoni

Solo qualche giorno fa Ornella Vanoni vinceva il prestigioso premio Premio Elsa Morante Musica alla Carriera, oggi ritroviamo la leggendaria artista sul palco del Blue Note, il tempio del jazz meneghino. Libera nello spirito e nell’anima, Ornella si propone al pubblico in una nuova veste: “Free  Soul” è l’’inedito progetto che la vede al fianco di Roberto Cipelli al pianoforte, Bebo Ferra alla chitarra e Piero Salvatori al violoncello. L’ensemble nasce dalla consulenza artistica di Paolo Fresu e mette a frutto la lunga e variegata esperienza di Ornella mettendola a confronto con la musica afroamericana, con alcuni standard jazz nonché con un’inedita versione di alcuni grandi classici del suo repertorio. Umorismo, ironia, scanzonata disinvoltura, passione e fascino sono gli elementi con cui la Vanoni ipnotizza il suo pubblico, lo coinvolge, lo ammalia, lo stupisce.  Alle 21 in punto la Vanoni fa il suo ingresso in scena di bianco vestita, per la triade di apertura l’artista sceglie “L’assente”, “Accendi una luna nel cielo”, “Sorry seems to be the hardest word”, tre brani molto diversi attraversati dallo stesso intenso e stratificato spessore vocale. Il vero e proprio plus ultra di Ornella Vanoni è la sua spumeggiante personalità, la spontaneità con cui riesce a toccare i più disparati temi, la più totale libertà nell’ironizzare su se stessa e sugli altri. «I più grandi cantanti jazz son quelli che non fanno niente, per me i più grandi sono Billy Holiday e Chet Baker, quelli che fanno lo skat li “sparerei, non mi dicono niente» – scherza Ornella – passando da “Mi sono innamorato di te”, “Amarsi un po’”, “Just in time”, “Vedrai vedrai”, “Senza fine”, “Che cosa c’è”, “Raindrops Keep Falling On My Head” di Bacharach, “Tu si na cosa grande” arrivando a “Caruso”, “Pata pata” di Miriam Makeba per poi concludere con “Domani è un altro giorno”. «Per andare avanti bisogna cambiare sempre, con coraggio e passione. Questo trio fantastico ed eccezionale mi porta dentro l’anima una nuova gioia», aveva dichiarato Ornella in un’intervista rilasciata prima della doppia data dal Blue Note e, in effetti, questo suo volersi mettere continuamente alla prova racchiude appieno la sua grande forza personale e artistica. Assistere ad un concerto di Ornella Vanoni significa avventurarsi nella conoscenza delle più recondite sfumature dell’animo femminile e rimanerne affascinati fino a lanciarsi in una sentita standing ovation.

Raffaella Sbrescia

Federica Lipuma & Enrico Zanisi Duo live a Napoli, un house concert intimo e coinvolgente

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Lo scorso 9 dicembre, tra quattro chiacchiere, un buon bicchiere di vino e amichevoli sorrisi si è svolto il nuovo house concert concepito dai pregevoli mecenati del jazz napoletano Alberto Bruno e Ornella Falco. Solo 40 fortunati hanno potuto assistere, infatti, alla performance musicale del “Federica Lipuma & Enrico Zanisi DUO”. Due talenti che, seppur anagraficamente giovani, si muovono sulla scena musicale internazionale da svariati anni. Il loro connubio artistico risale, per l’appunto al 2010 e, grazie alla condivisione di gusti musicali e alla ricerca di un sound originale, si è creato fin da subito un grande interplay che li ha portati ad esibirsi in numerose location jazz siciliane, romane ed intercontinentali. Con un repertorio incentrato sulle più belle e famose canzoni della storia del Jazz, rivisitate in chiave personale e brani originali della cantante e del pianista Enrico Zanisi, vincitore del prestigioso premio “Top Jazz 2012″, la serata ha rappresentato una gradita occasione di convivialità e arricchimento culturale. Arrivederci al prossimo appuntamento!

Photogallery a cura di: Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

Federica Lipuma & Enrico Zanisi ph Luigi Maffettone

 

 

Enrico Rava New Quartet live al Blue Note di Milano: quando il jazz è transgenerazionale

Enrico Rava New Quartet live @Blue Note

Enrico Rava New Quartet live @Blue Note ph Roberto Cifarelli

Leggerezza e intensità, esperienza ed incoscienza, calcolo ed improvvisazione. Opposti apparentemente incolmabili eppure mai così vicini all’interno del suadente amalgama di note incluse in “Wild dance”, la danza selvaggia con cui il grande trombettista Enrico Rava ha voluto unire il proprio leggendario  suono a quello di altri tre grandi talenti all’interno del Rava New Quartet. Con un doppio concerto al Blue Note di Milano, l’artista ha coinvolto il pubblico al centro di un’inedita esperienza live; al suo fianco Francesco Diodati, chitarrista dotato di un linguaggio personale, ispirato da un percorso in netta ascesa, il talentuosissimo contrabbassista Gabriele Evangelista, vero e proprio centro armonico del gruppo e il raffinato batterista Enrico Morello che, con  fine sensibilità,  ha scandito le dinamiche ritmiche dei momenti più energici e di quelli più languidi. Il concerto comincia con “Frogs”, una composizione voluttuosa e ipnotica  a seguire “Space Girl”, una raccolta di fotogrammi sonori ispirati alle gesta di Samantha Cristoforetti: un crescendo emotivo visivamente indotto dall’avvilupparsi dei musicisti sui rispettivi strumenti. Virtuoso e spumeggiante il tema di “Diva” legato ad una pellicola di Bertolucci. Vorticosa e perturbante la melodia di “Don’t”, impreziosita dai virtuosismi della chitarra di Diodati. Carezzevole e struggente il breve brano proposto sul finale: un congedo cinematografico per un concerto elegantemente transgenerazionale in grado di regalare  suggestioni contrastanti eppure in grado di coesistere.

Raffaella Sbrescia

Chick Corea & The Vigil live al Blue note: quando il jazz è eccellente

Chick Corea & The Vigil live @ Blue note

Chick Corea & The Vigil live @ Blue note

Il leggendario Blue Note di Milano festeggia il dodicesimo anniversario di vita all’insegna della grande musica di un padrino d’eccezione:  Armando Chick Corea, uno dei più importanti pianisti del jazz moderno  torna, infatti, sul palco meneghino, così come fece nel 2003, testimoniando un legame speciale con il noto jazz club milanese. L’occasione, celebrata con quattro spettacoli (due per sera, alle 21 e alle 23.30), vede Corea insieme a The Vigil, la band che lo accompagna dal 2013 e che comprende Tim Garland ai fiati, Charles Altura alla chitarra, Hadrien Feraud al basso e Marcus Gilmore alla batteria. Vincitore di ben ventuno Grammy in tutta la sua carriera, Corea rinsalda il rapporto con l’Italia, dopo aver preso parte all’ultima edizione di Umbria Jazz Festival e lo fa con un concerto tanto ricco quanto variegato.

Chick Corea ph Roberta Gioberti

Chick Corea ph Roberta Gioberti

Suoni classici e suoni informali, suoni neolatini alternati a linguaggi sperimentali e ricercati si fondono nelle mani e nel genio di Corea nonché dei suoi ottimi musicisti. Tra brani nuovi e reprise di suoi grandi classici, Chick ha inaugurato il concerto delle ore 21.00 con un pezzo ad improvvisazione aperta in cui l’estro di Tim Garland ed il portentoso  tecnicismo del bassista Feraud hanno subito portato il live ad un livello di eccellenza assoluta. Tra i cinque brani proposti spicca “Anna’s tango”, un brano che si sviluppa in un lungo crescendo ritmico fino ad un travolgente exploit da godere fino all’ultima nota. Sublime anche la nuova  versione di “Portals”,  arricchita da modulazioni di suono metallico e da ancestrali richiami percussivi. Ludico e coinvolgente il richiestissimo bis: con una latin jazz session e continui cambi di ritmo, accompagnati dai complici vocalizzi del pubblico, Chick Corea rappresenta la tangibile testimonianza che si può essere leggenda vivente senza perdere la spontaneità e la leggerezza che incantano l’anima e riscaldano il cuore.

Raffaella Sbrescia

Un pò di swing nel tempio del jazz con Paolo Belli & Big Band live al Blue Note

Paolo Belli & Big Band

Paolo Belli & Big Band

Paolo Belli e la sua Big Band trasformano il Blue Note di Milano in una vera e propria taverna da ballo. Mai visto un pubblico così scatenato, pronto a cantare e stare al gioco dell’artista sul palco. Al piano superiore del noto “tempio del jazz” qualcuno si è anche messo a ballare, incurante degli sguardi increduli dei vicini di tavolo. Potere di Paolo Belli che, con un doppio sold  out, spazza via i primi freddi dell’autunno milanese con il suo adrenalinico show che profuma di swing. Costruendo una scaletta borderline tra i classici della musica italiana e le sue hits, Paolo Belli, di bianco vestito, ha ripercorso i primi 25 anni di una carriera che l’ha portato in giro per il mondo insieme ai suoi bravi e fidati musicisti: Mauro Parma (batteria), Enzo Proietti (piano e hammond), Gaetano Puzzutiello (contrabasso e basso), Peppe Stefanelli (percussioni), Paolo Varoli (chitarre e banjo), Pierluigi Bastioli (trombone e basso tuba), Nicola Bertoncin (tromba), Daniele Bocchini (trombone), Gabriele Costantini (sax contralto e tenore), Davide Ghidoni (tromba), Marco Postacchini (flauto, sax Baritono e tenore). Una band molto affiatata, capace di spaziare tra generi anche molto distanti tra loro ma anche di lasciarsi coinvolgere in simpatiche gags.

Uno show leggero e frizzante, a tratti dissacrante. Belli lo sa, il Blue Note è sempre il Blue Note, lui stesso si sorprende, a più riprese, della calda risposta del pubblico e proprio non resiste dal ribadire la propria gratitudine per l’entusiasmo dimostrato. Ce la mette tutta Paolo spaziando tra “Ladri di Biciclette”, “Dr Jazz e Mr Funk”, “Sotto questo sole”, “Hey signorina Mambo!”, “Ci baciamo tutta la notte”, “Azzurro”, “Tu vuò fa l’americano”, “O’ Sarracino”, “Caravan Petrol”. Con il sopraggiungere dei bis accade l’impensabile: Belli omaggia Enzo Jannacci, “il suo più grande maestro”, cantando “Parlare con i limoni”. Le lacrime di emozione tra il pubblico sgorgano senza che ce ne si possa rendere conto in tempo. Un colpo dritto al cuore, un affondo nell’angolino più nascosto dell’anima. Il baricentro delle emozioni ritrova l’equilibrio con una multiforme versione di “Ho voglia di ballare con te”, la fortunata sigla del noto programma Rai “Ballando con le stelle”. Passando dalla salsa cubana al tango arrivando fino ad un esilarante sirtaki, Paolo Belli e la sua Big Band si mettono in gioco senza filtri e il pubblico, divertito, dimostra di apprezzare attardandosi ad aspettare l’artista, anche dopo lo show, per un amichevole saluto. Un sabato sera festaiolo anche per il Blue Note.

Raffaella Sbrescia

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