“Vera Marzot alla scala” è una preziosa monografia, che rientra nella collana intitolata “Gli artisti dello spettacolo alla Scala”. Curata da Vittoria Crespi Morbio e dall’Associazione Amici della Scala la collezione di volumi è dedicata al grande lavoro svolto da scenografi, pittori, scultori e artisti che, nel corso degli anni, hanno contribuito ad accrescere la fama ed il prestigio del Teatro alla Scala di Milano in tutto il mondo. L’autrice del volume realizza, nello specifico, un agile e coinvolgente ritratto di una grande professionista quale fu Vera Marzot.
Considerata, a ragione, la “signora italiana dell’eleganza” Vera firmò e partecipò alla realizzazione di un ingente numero di abiti per importanti produzioni teatrali e cinematografiche. Tra le tante ricordiamo “Il Gattopardo”, “La caduta degli dèi”, “Gruppo di famiglia in un interno”, “Aida”, “Fetonte”, “Guglielmo Tell”, “Oberon”, “Tosca”. Sensibilità estetica, umiltà caratteriale e immensa forza di volontà furono gli elementi indispensabili che la resero un importante punto di riferimento nell’ambiente artistico di quegli anni. Vittoria Crespi Morbio fornisce dati precisi, preziosi bozzetti di disegni, progetti, fogli rari e fotografie dei più begli abiti mai realizzati dalla Marzot.
Con l’esordio al fianco del maestro Pietro Tosi prima, e con le storiche collaborazioni con Luchino Visconti e Luca Ronconi poi, Vera, severa nell’aspetto, ma piena di spirito, riesce ad imporre la propria personalità stilistica, senza mai rinunciare ad un inconfondibile, ed inaspettato, tocco di dolcezza. La chiave del suo successo fu sicuramente la contaminazione: “ogni abito era il risultato di fusioni, coagulazioni, trasfigurazioni”, scrive Crespi Morbio e, in effetti, guardando le bellissime testimonianze fotografiche dei lavori di Vera, non è facile resistere al fascino di un lusso, ormai difficile da ritrovare. La complicità, sospesa sul filo di una costante imprevedibilità, caratterizzò la collaborazione tra Vera e Visconti mentre molto più burrascoso fu il sodalizio artistico della costumista con Ronconi.
L’attitudine per l’eleganza, l’ironia, il rigore e il gusto per la scoperta di Vera determinarono il successo di tanti spettacoli messi in scena al Teatro alla Scala. Oggi, nostalgia e rimpianto sono compagni fedeli di chi avuto modo di vivere appieno quegli anni d’oro ma, l’importante contributo di enti come l’Associazione Amici della Scala può sicuramente fornire indispensabili elementi di studio da cui poter ripartire.
Cala il sipario sulla 64 ma edizione del Festival della canzone italiana e sul trono c’è Arisa. La cantante lucana si aggiudica la vittoria, inseguita da tempo, con il brano intitolato “Controvento”, scritto dall’ex fidanzato Giuseppe Anastasi. Con un percorso lineare e senza sbavature, l’artista non si è scomposta nemmeno al momento del fatidico annuncio, d’altronde aveva ammesso, fin dall’inizio, di essere andata a Sanremo con l’obiettivo di vincere. Gli altri due finalisti sono Raphael Gualazzi & The Bloody Beedroots che, con “Liberi o no” hanno dato vita ad un progetto musicale sicuramente innovativo ed anticonvenzionale. Sull’ultimo gradino del podio c’è Renzo Rubino: la sua “Ora” ha indubbiamente beneficiato dell’istrionica interpretazione del giovane cantautore che meritava, forse, qualcosa in più.
Cristiano De Andrè
Per quanto riguarda i premi della critica i Perturbazione si aggiudicano il Premio della Sala Stampa Radio-Tv-Web Lucio Dalla con il brano “L’unica” mentre Cristiano De André, con “Invisibili”, ha vinto il Premio della Critica “Mia Martini” – Sezione Campioni e il “Premio Sergio Bardotti” per il Miglior Testo del festival. Anche Luciana Littizzetto ha assegnato i suoi esilaranti premi: “Non c’è mutanda che tenga” a Renga , “Il Mercalli” ai Perturbazione, il “Brandacujun” a Fabio Fazio, “Premio Frangia” a Noemi, “Premio antifurto di casa” ad Antonella Ruggiero, “Premio attori non protagonisti” agli orecchini di Francesco Sarcina, “Premio famiglia più numerosa in platea” a Rocco Hunt ma soprattutto il “Premio palle d’acciaio” all’Orchestra del Festival.
Maurizio Crozza e Fabio Fazio
Grande successo anche per il lungo e brillante intervento di Maurizio Crozza: «Abbasserò il pil ma aumenterò il pilates, passerò dalle tute blu al bluetooth, farò una riforma al mese e la prima riforma sarà far durare il prossimo mese di marzo due anni e mezzo», dice il comico imitando il neo premier Matteo Renzi, ma il top è stata la validissima prova canora sulle note di “Madamina il catalogo è questo”, tratta dal “Don Giovanni’ di Mozart”, prontamente rivisitata per l’occasione: «Anghelina il catalogo è questo, di tesori ne abbiamo un fottìo, con miliardi 240 rimontiamo Pompei a Berlino, con 300 seghiamo il Cervino, te lo montiam tra vasca e bidet, che da voi non c’è». Crozza punta il dito anche contro la “cazzata più grande dell’universo” detta, qualche giorno fa, da John Elkann sui giovani che stanno a casa: «I giovani stanno a casa soprattutto perché non hanno ereditato la Fiat da tuo nonno», dice il comico tra gli applausi. Infine, una frecciatina anche per Grillo, parlando di Napoleone, che avrebbe rischiato di nascere a Genova: «A Genova c’è già nato Beppe Grillo: ti immagini un altro pazzo mitomane. Sarebbe stato troppo».
Luciano Ligabue
Pubblico in visibilio con l’arrivo di Luciano Ligabue, che in veste di super ospite, ha emozionato il pubblico con “Certe notti”, una meravigliosa versione acustica de “Il giorno di dolore che uno ha” e le più recenti “Il sale della terra” e “Per sempre”, tratte dal nuovo album “Mondovisione”, già vincitore di ben 5 dischi di platino. Davvero intensa e, per certi versi, straniante, l’interpretazione che il giovane e talentuoso cantante belga Stromae ha fatto del suo ultimo successo intitolato “Formidable”: l’artista ha interpretato un personaggio ubriaco e abbandonato a sé stesso lasciando il pubblico interdetto…ottima prova.
Pif
L’ultima considerazione va a Pif: Pierfrancesco Diliberto ha ottenuto consensi unanimi per il suo brillante lavoro di costruzione del Pre-festival, ironicamente intitolato “Sanromolo”. I suoi clip realizzati dal regista hanno offerto un nitido di ritratto del dietro le quinte con stralci di party, retroscena, collezionisti di foto e autografi, starlette in cerca di notorietà mentre, tutt’intorno, la città in fermento e l’economia locale beneficiavano del clamore generato dal carrozzone festivaliero; una questione di talento naturale.
Infine una buona notizia: il Sindaco di Sanremo Maurizio Zoccarato ha annunciato, proprio all’ultimo minuto, che lunedì saranno stanziati 150 mila Euro per salvare l’Orchestra Sinfonica di Sanremo e che 100 mila euro saranno devoluti a favore del Club Tenco.
La classifica finale completa:
1) Arisa
2) Raphael Gualazzi & The Bloody Beetroots
3) Renzo Rubino
4) Francesco Renga
5)Noemi
6) Perturbazione
7) Cristiano De André
8) Frankie hi-nrg
9) Giusy Ferreri
10) Francesco Sàrcina
11) Giuliano Palma
12) Antonella Ruggiero
13) Ron
Il mondo della musica perde Francesco Di Giacomo. Voce solista del gruppo Banco del Mutuo Soccorso ed importante esponente del progressive rock italiano, l’artista è rimasto vittima di un incidente stradale, conseguente ad un malore cardiaco.
Rocco Hunt
Beffarda è la vita che, nello stesso giorno in cui ci priva di un grande uomo e di un grande cantante, ci regala una giovane e promessa musicale. Si tratta del rapper campano Rocco Hunt che si è, infatti, aggiudicato la vittoria della sezione “Nuove Proposte” del 64 mo Festival di Sanremo con il brano “Nu juorno buono”. Definito da alcuni “poeta urbano”, Rocco propone un nuovo modo di rappare, forte di un testo deciso, sensato, propositivo. Non sono mancate nemmeno le polemiche riferite ad un’ipotetica strumentalizzazione del discorso legato alla terra dei fuochi, presente nel testo, ma i presupposti di chi intende sostenere questa tesi non hanno valide motivazioni per poter stare in piedi. Questo ragazzo ha del talento così come lo hanno anche Diodato, The Niro e Zibba. Mai come quest’anno i giovani della sezione nuove proposte sono degli artisti con un percorso artistico ben delineato ed una personalità stilistica e vocale da tenere in grande considerazione. Da sottolineare è, inoltre, il fatto che Zibba si è aggiudicato il Premio della critica Mia Martini, sezione nuove proposte, insieme al premio della sala stampa Lucio Dalla, a testimonianza del grande riscontro che l’artista ha ottenuto tra gli addetti ai lavori.
Renzo Rubini e Simona Molinari
Per quanto riguarda l’andamento generale della quarta serata, interamente dedicata ai grandi cantautori della tradizione italiana, in linea con le storiche attività del Club Tenco, tutti i concorrenti della sezione “campioni” si sono cimentati in una reinterpretazione personalizzata di brani a loro scelta. Tra tutti, è il caso di focalizzarsi sul delicato ed emozionante duetto di Renzo Rubino (che si aggiudicato il premio della critica per il miglior arrangiamento con il brano “Per sempre e poi basta”) e Simona Molinari sulle note di “Non arrossire”, appartenente al repertorio dell’indimenticabile Giorgio Gaber: voci cristalline, occhi lucidi, intensità espressiva e grande affiatamento tra i due artisti hanno convinto il pubblico a casa ed in platea. Molto particolare anche la rivisitazione che Arisa ha fatto di “Cuccuruccù”, il brano di Franco Battiato, insieme a degli ispiratissimi Who Made Who. Davvero bizzarra, invece, la performance di The Bloody Bedroots e Raphael Gualazzi che hanno omaggiato l’eterna “Volare” di Domenico Modugno insieme a Tommy Lee dei Mötley Crüe.
Francesco Sinigallia
Molto dolce è stata, inoltre, la spiegazione che Riccardo Sinigallia, squalificato dal festival per aver eseguito la canzone intitolata “Prima di andare via”, la scorsa estate in un club a Cremona, ha dato in diretta al pubblico dell’Ariston: “In genere canto per pochissime persone e quel pomeriggio un mio carissimo amico mi aveva chiesto di cantare questo brano e l’ho accontentato. Nel tempo il brano è cambiato tantissimo e, tra l’altro, non avrei mai pensato che sarei stato scelto per partecipare al festival. In ogni caso non presenterò ricorso anzi, grazie per la luce che mi avete dato e che non avevo mai avuto prima”. Commosso di fronte alla sincera emozione di Sinigallia, il direttore artistico del festival Fabio Fazio ha, quindi, invitato il cantautore ad esibirsi lo stesso durante la serata finale del Festival, seppur, chiaramente, fuori concorso.
Paolo Nutini
Sul fronte ospiti, i momenti topici sono stati tre: Mengoni in apertura con Endrigo, Gino Paoli e Danilo Rea, per un ampio omaggio alla scuola cantautorale genovese, e Paolo Nutini in chiusura. “La magia della musica può farti ricordare cose che stai già dimenticando”, con queste parole Gino Paoli ha introdotto il suo medley: “Ritornerai”, “Vedrai vedrai”, “Il nostro concerto” e ‘Il cielo in un stanza’, hanno lanciato il pubblico in una lunga e sentita standing ovation. Grande sorpresa, in chiusura, per l’omaggio che Paolo Nutini ha voluto fare a Lucio Dalla cantando “Caruso”. Il cantautore italo-scozzese ha poi concluso il suo graditissimo intervento musicale con “Candy” ed il nuovo singolo “Scream” , che anticipa il terzo album intitolato “Caustic Love”, in uscita il prossimo 15 aprile.
Classe, eleganza e delicatezza i tratti chiave della speciale interpretazione che Marco Mengoni ha fatto di “Io che amo solo te”, l’indimenticabile brano di Sergio Endrigo, in occasione di “Sanremo Club”, la serata dedicata dal Festival di Sanremo ai grandi cantautori del passato musicale italiano. “Il poeta dell’amore” lo chiamavano, nei lontani anni ’60 targati Beatles, eppure oggi le parole pure, semplici e genuine di Endrigo hanno risuonato, illuminate da nuova luce, nell’Ariston e nei cuori di tantissimi ascoltatori appassionati. Felice ed emozionata anche la figlia del cantautore Claudia Endrigo che, attraverso i suoi canali social, ha ringraziato Marco Mengoni per aver saputo interpretare con garbo e grazia la poesia di un sentimento puro e prezioso come quello di cui parla il testo. Solo un anno fa proprio Marco Mengoni, non solo vinceva il Festival di Sanremo, ma in un venerdì come questo, cantava “Ciao amore ciao” di Luigi Tenco: per chi ha avuto la fortuna di assistere a quel momento ricorderà piuttosto facilmente e, forse ancora con un pò di emozione, il forte impatto emotivo che quella canzone ebbe sul giovane cantautore. Quello che davvero colpisce di Marco Mengoni, che ha colto l’occasione per ringraziare pubblicamente la famiglia Tenco anche stasera sul palco dell’Ariston, è la sua più che rara capacità di entrare nello spirito dei gioielli musicali del passato, facendoli propri e regalando loro una sicura eternità.
In attesa della serata dedicata al Club Tenco e alla prestigiosa tradizione cantautorale italiana, il Festival di Sanremo fa i conti con l’auditel e, sebbene, gli ascolti non siano stati all’altezza delle aspettative, c’è da dire che l’offerta musicale ed artistica dello scorso giovedì è stata sicuramente molto buona. Partirei subito con una velocissima carrellata comprensiva dei momenti clou della serata: dall’omaggio fatto dalla Filarmonica del Teatro la Fenice di Venezia al Maestro Claudio Abbado, alla spettacolare performance del ballerino Dergin Tokmak, al monologo di Flavio Caroli, dedicato a Van Gogh, fino al riuscitissimo flashmob canoro, realizzato a sorpresa, dai trenta cantanti israeliani del gruppo denominato Shai Fishman and the a cappella all stars. Il climax della serata è stato raggiunto con l’attesa performance di Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana: il fascino della tradizione classica napoletana ha letteralmente conquistato il teatro Ariston e, a memoria di trentenne, non ricordo di aver mai visto platea, sala stampa e galleria dimenarsi in maniera così spensierata. Non è mancata nemmeno una preziosa parentesi acustica con la delicata voce di Damien Rice che ha eseguito “Cannon ball” e “Blower’s daughter”.
Rocco Hunt, vincitore del Premio Assomusica
Grande entusiasmo anche per la gara dei giovani che ieri sera ha visto sul palco il diciannovenne Rocco Hunt con “Nu juorno buono”,Veronica De Simone con “Nuvole che passano”, The Niro con “1969” e Vadim con “La modernità”. A passare il turno sono Hunt, vincitore del premio Assomusica, e The Niro. Il primo è un giovane rapper dallo stile personale e con un testo molto forte, il secondo è un artista dotato di una vocalità davvero fuori dal comune, sarà una sfida interessante! Per quanto riguarda gli artisti in gara, la classifica provvisoria vede Renga, Arisa e Rubino sul podio, seguiti dai Perturbazione, Gualazzi and The Bloody Bedroots, Cristiano De Andrè, Giusy Ferreri, Antonella Ruggiero, Noemi, Riccardo Sinigallia (a rischio squalifica, dopo la segnalazione di un’esecuzione del brano “Prima di andare via”, avvenuta lo scorso giugno), Sàrcina, Giuliano Palma, Ron e Frankie Hi Rng. In attesa di scoprire se questi primi risultati influenzeranno o meno il verdetto finale, non rimane che capire se le esibizioni di stasera cambieranno le carte in tavola.
Un mese fa la musica mondiale ha perso Claudio Abbado, uno dei più grandi maestri al mondo. Oltre l’omaggio che il Festival di Sanremo gli ha reso, in apertura della serata di giovedì 20 febbraio con la Filarmonica della Fenice di Venezia, diretta dal giovane direttore d’orchestra venezuelano Diego Matheuz, uno degli ultimi allievi-collaboratori del Maestro Abbado, lo scorso 11 febbraio è stata pubblicata anche l’ultima registrazione di due concerti mozartiani con Martha Argerich al pianoforte e Claudio Abbado sul podio dell’Orchestra Mozart. L’opera, registrata dal vivo nel marzo 2013, durante il Festival di Lucerna, si è subito posizionata al 16° posto della classifica dei dischi più venduti, testimoniando, attraverso i fatti, che la musica sa sconfiggere anche la morte. I concerti per pianoforte n. 20 in re minore K 466 e n. 25 in do maggiore K 503 sono i gioielli che, in questo disco, completano e chiudono un cerchio artistico difficilmente eguagliabile.
Onestà, intelligenza, amore, libertà, generosità: queste le parole chiave del testo di Alberto Manzi, omaggiato da Claudio Santamaria in apertura della seconda serata del 64mo Festival di Sanremo. La rivendicazione del possesso del proprio spirito critico e l’invito a cercare nel proprio cuore la voglia riprovare a credere in sé stessi e nel prossimo sono il messaggio migliore che il Festival potesse rivolgere al pubblico in un’era in cui tutto questo rappresenta un miraggio buonista ed anacronistico.
Fabio Fazio e Rufus Wainwright
Come ribadito più volte questa mattina da Fabio Fazio, in conferenza stampa, la linea orizzontale del Festival intende seguire un percorso incentrato sulla tradizione popolare, ecco dunque spiegate le presenze delle gemelle Kessler e il monologo della signora Franca Valeri. Invece di affidarsi a degli stereotipati filmati in bianco e nero, la direzione artistica del festival ha cercato di omaggiare i 60 anni della Rai lasciando che anche i più giovani potessero conoscere dal vivo un pezzetto della storia del proprio paese. Per quando riguarda la linea verticale seguita dalla super kermesse, la scelta di ospiti di un certo calibro qualitativo rappresenta un inequivocabile punto di forza: pensiamo alla magistrale perfomance di Rufus Wainwright che ha eseguito “Cigarettes And Chocolate Milk”, un brano ricco di pulsioni emotive, e “Across The Universe”, un grande classico dei Beatles.
Fabio Fazio e Claudio Baglioni
Ad unire generazioni di ieri e di oggi ci ha pensato Claudio Baglioni che, dopo 29 anni, è tornato sul palco dell’Ariston per un meraviglioso medley dei suoi più grandi successi: “Questo piccolo grande amore”, “E tu”, “Strada facendo”, “Avrai”, “Mille giorni di te e di me” e “Con voi”, il brano che dà il titolo al suo nuovo progetto, incentrato sull’idea della musica intesa come energia in grado di animare il cantiere della ricostruzione e farci ritrovare speranza nel futuro e voglia di ripartire.
Visto che sono stati in tanti a constatare il piccolissimo spazio concesso alle cosiddette nuove proposte, mi piacerebbe iniziare l’analisi delle canzoni in gara partendo proprio dai “giovani” che ieri si sono esibiti poco dopo la mezzanotte ma che, tuttavia, hanno portato a Sanremo dei brani assolutamente interessanti. A passare il turno sono stati Diodato e Zibba, rispettivamente con “Babilonia” e “Senza di te”: si tratta di due canzoni molto belle con due sound diametralmente opposti, l’uno più vicino al pop tradizionale, l’altro più sperimentale, arricchito da interessanti tonalità reggae.
Le altre due giovani proposte, che troveranno comunque spazio durante la finale di sabato sera, sono Bianca, che ha cantato il brano “Saprai”, forse un po’ troppo tradizionalista, e Filippo Graziani che, con “Le cose belle”, ha offerto un ampio saggio della propria energia vocale e carismatica.
Renzo Rubino
Per quanto riguarda i “Big”, invece, niente di particolarmente nuovo sotto il sole. Ad aprire la gara è Francesco Renga che accede alla finale con “Vivendo adesso”, il brano scritto per lui da Elisa Toffoli. Disinvolto e stiloso sul palco, il cantante si mostra sempre uguale a sé stesso. Segue Giuliano Palma: un’interpretazione energica di “Così lontano”, brano firmato da Nina Zilli, porta l’indelebile timbro dell’autrice penalizzando, così, il cantante. La prima donna della serata è Noemi: trucco, parrucco e abito meriterebbero un discorso a parte ma, in questa sede, mi limiterò a dire che sia “Un uomo e un albero” che “Bagnati dal sole”, brano finalista, sono due canzoni davvero molto belle e la consueta carica interpretativa della cantante costituisce un sicuro surplus ultra. Arriviamo, dunque, all’ipotetico vincitore del festival, ovvero Renzo Rubino: giovane, originale, geniale, emozionante. La sua perfomance ha conquistato l’intero teatro, “Ora” e “Per sempre e poi basta” sono due perle, arricchite da un bell’arrangiamento musicale; chiamasi talento. Bella anche la performance di Ron che, seppur privo di originalità, rimane pur sempre un grande cantautore italiano e non sottovaluterei il fatto che si presenterà in finale con un brano inaspettatamente folk quale è “Sing in the rain”. Troppo somigliante alla sua precedente vita con i Tiromancino è stata, invece, la prestazione canora di Riccardo Sinigallia di cui riascolteremo il brano intitolato “Prima di andare via”, già, proprio come quello di Neffa. A chiudere la carrellata dei “campioni” in gara è Francesco Sàrcina: “Nel tuo sorriso” conquista i voti necessari per passare il turno ma le chitarre di “In questa città” meritavano molto di più. Non rimane che riascoltare per bene il tutto questa sera e cogliere eventuali nuove impressioni. Per il resto non sottovaluterei l’omaggio che verrà fatto al maestro Claudio Abbado, in apertura della terza serata, e gli ospiti in programma da Renzo Arbore, volto storico della tv e della musica italiana, all’astronauta Luca Parmitano, al cantautore irlandese Damien Rice, fino all’attesissimo Paolo Nutini.
Cantautore, musicista, e fondatore della “Nuova Compagnia di Canto Popolare”, Eugenio Bennato è considerato uno degli esponenti più importanti della musica popolare e, grazie al grande consenso conquistato sia in Italia che all’estero, la sua missione di dialogo interculturale continua a trovare nuovi sbocchi artistici e musicali.
La sua ricerca artistica e musicale si concentra, da ormai svariato tempo, sull’identità dello spirito meridionale. Come si è evoluto nel tempo questo processo creativo e quali sono i caposaldi imprescindibili della sua musica?
Da sempre seguo dei percorsi che mi portano a cercare le cose che mi piacciono. Sin da ragazzo, ritrovo nel Sud del mondo un messaggio musicale davvero affascinante e, anche quando fondai la Nuova Compagnia di Canto Popolare, per creare un’alternativa alla musica di quel tempo, andai nelle campagne del Sud per riscoprire una musica che si stava per dimenticare e per perdere. Dopo tanti anni, guardando tutto questo in prospettiva, mi viene da dire che avevo ragione perché oggi in Italia la musica etnica rappresenta un punto di forza straordinariamente rivoluzionario. A questo devo aggiungere che, sia per mio interesse personale, sia per questioni legate alle opportunità che la mia attività di cantautore mi ha dato, ho scoperto di avere delle grandi affinità anche coi popoli della sponda sud del Mediterraneo a cominciare dal Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto. In questo modo mi sono reso conto che le forme musicali, il modo di far musica, in particolare, con dei ritmi molto travolgenti, è qualcosa che appartiene, in realtà, a tutta l’area mediterranea.
Quali sono gli ideali, i valori e gli obiettivi del movimento “Taranta Power”?
Naturalmente il mio intento di partenza è sempre di natura artistica ma devo dire che oggi centinaia di migliaia di ragazzi partecipano a questo movimento, intendendolo come una vera e propria scelta. La musica etnica corrisponde ad un mezzo per opporsi alla globalizzazione musicale imposta dal business televisivo.
Sta lavorando a nuove canzoni? In che direzione intende muoversi?
Vivo sempre con l’incertezza di riuscire a fare cose di un certo livello. Il mio pubblico è molto esigente perché forse l’ho abituato a progetti che hanno sempre ricevuto un grande riscontro… Potrei citare, in particolare, “Che il Mediterraneo sia”, il brano che continua ad essere la colonna sonora di “Linea Blu”. Per questo ed altri motivi, tutte le cose che scrivo non possono essere buttate lì senza che ne sia convinto a fondo. Chiaramente adesso sto preparando delle cose nuove, a partire dal brano “Notte del Sud ribelle”, che ho scritto in occasione della Notte della Taranta, e che prende ispirazione dagli straordinari eventi in cui si radunano 150 mila persone per ballare sulle note di un tipo di musica che, solo fino a qualche anno fa, nessuno conosceva.
Eugenio Bennato
Beh, certamente si tratta un grande onore e di una grande soddisfazione dal risvolto, anche sociale, molto importante. Se si pensa alla dimensione che vivono gli extracomunitari in Italia, la mia musica mira ad aiutare tutti coloro che intendono integrarsi. Potrei definirlo una sorta di abbraccio artistico.
Cosa racconta nel libro “Ninco Nanco deve morire”?
Il libro muove i passi da un percorso parallelo: la scoperta dei tesori sommersi della musica popolare mi ha portato anche ad approfondire la conoscenza di personaggi dimenticati dalla storia. In particolare le vicende che hanno visto il Sud vittima di una vera e propria invasione, che ha portato sia ad un evento positivo, quale è stata l’Unità di Italia, sia ad processo di amalgamazione condotto in maniera irrispettosa nei confronti della nostra identità. Così come è stato appurato da numerosi studi, è fuori dubbio che nel 1860 l’esercito sia sceso al sud d’Italia ( a Napoli, in Calabria, in Sicilia) anche con l’intento di sradicare la cultura del posto. Di conseguenza il sud è andato incontro ad una decadenza che, a sua volta, ha causato altri fenomeni come l’emigrazione, il clientelismo ed il brigantaggio. Proprio la scoperta delle figure dei briganti, ed in particolare di Ninco Nanco, assume, dunque, un significato più profondo: significa acquisire la consapevolezza e i mezzi per la sopravvivenza della nostra cultura. Per queste ragioni i ragazzi di oggi, che ballano la pizzica o la tammurriata, vedono questi personaggi come eroi perché essi si sono battuti per la propria terra.
Come ha vissuto il suo ultimo tour in Sud America e cosa le ha lasciato quest’esperienza di scambio culturale così intensa?
Anche in questo caso c’è stato un grande riscontro da parte del pubblico con i teatri pieni a Buenos Aires, Santiago de Chile, San Paolo. Tra poco partiremo nuovamente proprio per il Sud America e ad aprile saremo in Uruguay e in Argentina. Naturalmente questa esperienza mi ha consentito di prendere atto del fatto che anche quel sud, apparentemente così lontano, è molto vicino al nostro.
Quali sono le sue aspettative artistiche e come pensa che i giovani di oggi possano raccogliere l’eredità lasciata dal suo repertorio musicale?
Sono molto fiero del fatto che ci siano molti ragazzi che riprendono i miei brani, su tutti “Brigante se more”. Sono molto attento a questo fenomeno perché io credo che esso possa sopravvivere solo grazie alle scintille dell’arte. Ai ragazzi che suonano e che fanno musica etnica auguro che possano avere intuizioni nuove che riescano a rispecchiare la realtà del presente. Quando io tengo un concerto, ad esempio, mi rifaccio alla musica del sud e alla storia del passato ma, allo stesso tempo, riesco a cogliere molti elementi legati al presente: primo tra tutti, il tema della coesistenza e dell’accoglienza degli extracomunitari in Italia, un problema sociale molto importante. Tanti giovani di altri sud del mondo necessitano di amore e di integrazione, le cose non si risolvono chiudendo le frontiere.
Se potesse descrivere il meridione del 2014 con una manciata di aggettivi quali userebbe?
Il meridione oggi rappresenta una valida contrapposizione all’appiattimento globalizzante ed è un luogo dove può succedere qualcosa di nuovo e di positivo. Questo pensiero nasce da quello che io vedo ogni qual volta in cui tengo un concerto e lo dico perchè parlo di gente viva.
Con la partecipazione al 64mo Festival di Sanremo e l’uscita di “Per sempre”, terzo singolo,estratto dall’album “Mondovisione”, Luciano Ligabue risale al comando della classifica Fimi/ GfK degli album più venduti della settimana in Italia. Alle sue spalle c’è Bruce Springsteen con “High Hopes”, seguito, al terzo posto, da Laura Pausini con “20 The Greatest Hits”. Stabile, in quarta posizione, è Mika con “Song Book vol.1”, seguito da Elisa con “L’anima vola” e da Giorgia con l’album “Senza Paura”. Scivolano al settimo posto i Two Fingerz con “Two Fingerz V” mentre rientrano in top ten Emma Marrone con l’album “Schiena vs Schiena”, Marco Mengoni con “#Prontoacorrereilviaggio” e i Modà con “Gioia non è mai abbastanza”.
Entra nel vivo la 64ma edizione del Festival di Sanremo: con il commento fatto conferenza stampa poche ore fa dal direttore di Rai 1 Giancarlo Leone, si scopre che gli operai, protagonisti della protesta in apertura della kermesse, sono Antonio Sollazzo, Mario Marsicano, Salvatore Ferrigno e Mariarosaria Pascale. Dipendenti del Consorzio del bacino di Napoli e Caserta, questi uomini hanno cercato, nel modo più mediatico possibile, di trovare un interlocutore della loro disperazione e di quella di tante altre famiglie…apparentemente lo hanno trovato in Fazio che, leggendo la loro lettera di protesta in diretta, ha dato voce ad una piccola rappresentanza di un paese alla deriva. In molti hanno pensato ad una farsa, ad un episodio costruito a tavolino ma non è giusto cercare sempre del marcio ovunque, il punto è capire che l’Italia è anche, e soprattutto, questo. Il monologo di Fazio sulla bellezza si rifaceva ad una bellezza che non ci appartiene più, siamo cinici, siamo opportunisti, siamo disillusi e pronti a puntare il dito. Anche sul web, dove il Festival di Sanremo sta ottenendo un grande successo, con più di 9 milioni di pagine visualizzate, il commento degli utenti non è stato quasi mai positivo.
Leggendo un po’ di rassegna stampa, questa mattina, mi ha colpito leggere che qualcuno ha definito il pubblico italiano molto simile agli spettatori degli antichi giochi romani, che avevano luogo nel Colosseo: il divertimento sta nel guardare affondare gli altri per sentirsi migliori.
Ora, partendo dal presupposto che dopo 64 anni il Festival è, e rimane, l’evento mediatico più seguito del paese un motivo ci sarà, il motivo è che ormai si tratta di un’istituzione e, in quanto tale, è soggetta a critiche ed attacchi. In base a questa constatazione, partiamo subito da quello che più o meno oggettivamente non ha funzionato durante la prima serata della kermesse: in primis la pessima esibizione di Laetitia Casta che, insieme a Fazio nei panni di un esistenzialista francese, ha annoiato veramente tutti tra stonature, coreografie insulse e sguardi melensi. In molti si sono anche lamentati dei soliti siparietti tra i conduttori Fazio e Littizzetto ma, in tutta onestà, se non fosse stato per le incursioni di Luciana, seppur a tratti molto scontate, la puntata sarebbe stata ancor meno coinvolgente.
Ma arriviamo all’argomento centrale di questa analisi: la musica. Prima di tutto è doveroso sottolineare la grande emozione di Luciano Ligabue che ha omaggiato Fabrizio De Andrè interpretando il brano “Creuza de ma”, accompagnato da Mauro Pagani: un momento davvero intenso, in grado di ripristinare gli animi scombussolati della platea fisica e virtuale. Per quanto riguarda la gara, la prima a cantare è Arisa: abbigliamento sensuale, trasparenze vedo non vedo e una voce cristallina sono le sue carte vincenti e tra i due brani proposti passa “Controvento”. Segue Frankie Hi Rng:Francesco Di Gesù è in ottima forma, secondo i più vagamente “infighito” nel vestire. “Un uomo è vitale se fa respirare”, canta in “Un uomo è vivo”, ma alla fine passa in finale il brano intitolato “Pedala”: un potenziale tormentone. Il bolero firmato da Cristina Donà, interpretato da Antonella Ruggiero, non conquista il pubblico, forse irrigidito dall’eterea classe della storica cantante dei Matia Bazar che, riesce, tuttavia, ad ammaliare i veri intenditori con i suoi inimitabili vocalizzi in “Da lontano”. Al sopraggiungere della tanto conclamata coppia formata da Raphael Gualazzi & The Bloody Bedroots la curiosità raggiunge, forse, il picco massimo: “Tanto ci sei” delude le aspettative con un arrangiamento che sa di tutto e niente mentre “Liberi o no” è un tentativo di sperimentazione musicale, il risultato è, comunque, al di sotto delle aspettative.
Raffaella Carrà
Il terzo ospite della serata è Raffaella Carrà: icona di un’epoca che non c’è più, eppure attuale nel palese richiamo alla controversa figura della contemporanea Lady Gaga. Elastica, tonica, vitale, a sett’anni la Raffa nazionale riscuote consensi come se non ci fosse un domani e, qualora non bastasse, è stata anche l’unica a lanciare un appello a favore dei due Marò italiani arrestati in India, ormai troppo tempo fa.
Tornando alla gara ci troviamo a commentare la performance di Cristiano De Andrè che, nel brano “Invisibili”, ha cercato di convogliare sentimenti, emozioni e ricordi. Il risultato è stato, per alcuni, molto toccante, per altri un malriuscito tentativo di imitazione del compianto padre. Per me: da riascoltare. La seconda canzone proposta dal cantante, che sarà poi quella a passare in finale, è “Il cielo è vuoto”, i cui archi ricordano molto qualche più famosa melodia dei Coldplay.
La vera rivelazione della serata sono i Perturbazione: freschi, orecchiabili, sfiziosi…in una parola originali. Il gruppo ha riscosso un notevole successo sia con “L’unica”, il brano che ha passato il turno, sia con “L’Italia vista dal bar”: potenziali vincitori del Festival.
Cat Stevens
Il momento poesia è affidato da Yussuf Islam (Cat Stevens): “Peace Train”, un accenno a “All you neeed is love” dei Beatles e la celeberrima “Father and Son” lanciano il pubblico dell’Ariston, e penso proprio anche quello da casa, in una spontanea e sentita standing ovation: una preziosa parentesi che ha risollevato le sorti dell’intera serata.
Chiude la carrellata dei big Giusy Ferreri che, a differenza delle aspettative, riesce a ritagliarsi una fetta di consensi con il brano intitolato “Ti porto a cena con me”.
Alla luce di quanto visto e ascoltato, la curiosità e la speranza di scoprire se qualcuno avrà davvero osato con qualcosa di inatteso crescono di ora in ora. L’appuntamento è per questa sera!
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