Teatro degli Orrori: l’intervista a Giulio Ragno Favero e le foto del concerto di Napoli

Teatro degli Orrori live @ Casa della Musica ph L. Maffettone

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Lo scorso 2 ottobre è uscito l’ultimo omonimo album de “Il  Teatro degli Orrori”  (La Tempesta Dischi / Artist First). Un disco che fin da subito ha fatto parlare molto di sé e che è stato definito dalla stessa band come un lavoro nato per essere suonato dal vivo. Un album irrorato di ironia e sarcasmo ma anche di rabbia viscerale e struggente disincanto per una miscela rock che mira al cuore delle persone e scardina i luoghi comuni. Un lavoro che si scontra con una società dedita al piacere, disinteressata e indifferente nei riguardi del proprio stesso futuro. Dodici canzoni che affrontano, criticano e demoliscono i modelli sociali imposti dai media e dei loro disvalori. Il tutto con una nuova line up che vede ora la presenza di Kole Laca alle tastiere e Marcello Batelli alla chitarra elettrica, insieme a Francesco Valente: batteria e percussioni Giulio Ragno Favero: basso elettrico, Gionata Mirai: chitarra elettrica, Pierpaolo Capovilla: voce. Registrato e mixato presso il Lignum Studio dallo stesso Giulio Ragno Favero, e masterizzato da Giovanni Versari, presso La Maestà, “Il Teatro degli Orrori”, ci accompagna per mano nell’incubo sociale in cui versano i nostri tempi.

Ecco cosa ci ha raccontato Giulio Ragno Favero.

Intervista

Partiamo dalla realizzazione dei suoni di quest’album…

Il disco è stato registrato in uno studio vicino casa mia in un contesto un po’ più casalingo. Abbiamo optato per questa soluzione perché era quella che ci mancava. Siamo contenti del risultato raggiunto, questo è l’album che suona meglio di tutti. Il gruppo è molto più a fuoco, sia dal punto di vista sonoro sia per quanto riguarda le scelte compositive. In questo disco ci avvaliamo della collaborazione di Kole Laca e Marcello Batelli. Quando abbiamo concluso il nostro ultimo tour, abbiamo deciso di fare una prova per vedere che succedeva in sei e, in tre giorni, abbiamo scritto tre pezzi di cui “Benzodiazepina” e “Una donna” sono finiti nel disco esattamente così come erano venuti fuori durante le prove. Diciamo che quando accadono queste cose tra artisti c’è un matrimonio vero. Ognuno si è concentrato sul proprio strumento e credo che dal risultato finale si evinca una compattezza maggiore. Non c’è niente fuori posto, almeno secondo noi.

La scrittura del disco è stata pensata per il live?

Mi piace dire che il disco è iniziato in studio ma finirà sul palco.  Ognuno ha pensato alla propria parte per trasmettere meglio la nostra entità sonora dal vivo. Il disco è anche molto incazzato, più diretto. Per quanto riguarda il linguaggio, ho invitato Paolo a fare un passo in più verso la gente e a cambiare un po’ la sua poetica per una scrittura meno letteraria ma capace di parlare al cuore delle persone.

Teatro degli Orrori live @ Casa della Musica ph L. Maffettone

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Queste canzoni sono davvero 12 pugni in faccia?

Alcuni sono dei buffetti, di sicuro c’è qualche sberla. Non abbiamo voglia di mandarle a dire, non l’abbiamo mai fatto, non ci appartiene. L’incazzatura che passa attraverso le nostre parole è quello che ci sentiamo di essere in questo periodo. Ci fa schifo il mondo in cui viviamo così come ci schifa l’immobilismo delle persone che si fermano a guardare impotenti. Il problema è che quando alzi la voce sei subito fuori luogo. Questa è  una critica che ci hanno mosso in tanti, anche amici e persone che lavorano nel settore. Credo che forse la società della poltrona e dell’agire poco si sia sentita infastidita. A noi, in ogni caso, è sempre piaciuto dare fastidio, abbiamo sempre infilato il dito nella spina fin dal primo disco. Certo, costringiamo il pubblico ad un tipo di ascolto particolare ma a noi questo disco non sembra così esagerato.

“Cazzotti e suppliche” affronta un discorso esistenziale ma è anche un brano fortemente politico…

Qui parliamo dell’ esser stanchi di farsi portar via delle cose e della rinuncia a se stessi. Il brano è un grido di disperazione indotta. Il fatto di dover sopportare continuamente una vita che ti spinge ad essere un prodotto, e non più una persona, il tutto per arrivare a fine mese, va sottolineato aldilà della possibile retorica. Il sistema capitalistico non porterà ad una crescita reale, si tratta semplicemente dello sviluppo legato ai consumi e non della civiltà. Siamo parte di una catena di montaggio in cui siamo semplicemente un ingranaggio.

Molti hanno criticato anche “Lavorare stanca”. Perché?

Forse perchè con tutta la disoccupazione che c’è hanno pensato che non fosse giusto mettersi a parlare del fatto che il lavoro distrugge la vita all’uomo. Noi parliamo di un sacco di gente che si fa un culo così per niente, che passa la vita a spaccarsi la schiena avendo soddisfazioni futili come può esserlo una vacanza di 15 giorni. Molti meccanismi possono essere modificati; in sostanza vale sempre il motto: lavorare meno, lavorare tutti.

“Slint” tratta di un tema importante come quello del TSO.

Mi piace pensare al corto circuito che crea questa canzone. Gli Slint me li ha fatti scoprire una persona che di TSO ne ha subiti 7 o 8. Quando ho letto il testo mi ha colpito un sacco . Non siamo delle macchine, legandoci ad un letto non si risolvono i problemi, questa tecnica è barbara, non ha niente a che vedere con la cura, è semplicemente una forma di tortura. Nel momento in cui ci si mette a limitare la libertà di un essere umano, per quanto in una condizione di crisi, si fa una cosa inconcepibile.

Teatro degli Orrori live @ Casa della Musica ph L. Maffettone

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Warner Chapell Music è il vostro nuovo editore?

Per i dischi precedenti era Universal, ora è Warner. Il loro ruolo è quello di recuperare la parte editoriale del diritto d’autore. C’è un impegno comune nel cercare di far finire un pezzo in un film, ad esempio. A noi fa comodo perchè essendo un gruppo piccolo non facciamo grossi numeri e non abbiamo tanti passaggi mediatici. Questi soldi, che in ogni caso non sono tantissimi, ci servono per fare un disco, per preparare il tour etc. Ci  interessa il fatto che una major s’interessi a gruppi come noi. Sono contenti di lavorare con noi per quello che siamo, non per quello che potremmo essere e che non diventeremo comunque mai.

Nell’introdurre un workshop che terrai a novembre hai detto che spiegherai l’importanza di avere coscienza di sé come musicisti ed interpreti in uno studio di registrazione. In che senso?

Mi è stato chiesto di tenere un workshop e ho pensato che, nonostanteio sia un autodidatta, so che quello che serve è capire come si fa ad inserire la propria essenza artistica in un disco. In linea di massima c’è poca attenzione alla cura del proprio suono, alle proprie composizioni, a quello che si sente.  Ad un gruppo va sostanzialmente insegnato a capire chi è, non a fare il disco del secolo. Questo percorso va fatto nel modo giusto e per farlo bisogna imparare a camminare sulle proprie gambe.  Si tratta di  un viaggio nuovo per me, vediamo che succede.

Teatro degli Orrori live @ Casa della Musica ph L. Maffettone

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Cosa ne pensi di  Stromae?

Sono innamorato di questo artista. Quando ho sentito “Formidable” sono rimasto veramente molto colpito dalla sua dialettica, dal modo in cui canta e da quello che canta. I suoi testi parlano al cuore delle persone con una facilità che in Italia al momento non esiste. Per contenuti importanti dobbiamo nominare Gaber, Conte, De Andrè, Ciampi. Stromae in una mossa sola ha messo insieme tre fattori: contenuti, musica (radici africane a favore del beat e della ritmica mantenendo intatte le armonie europee) e poi ha messo i suoni che piacciono ai ragazzini; il tutto condito da una maestria vocale con pochi eguali. Uno che riesce a fare i numeri che fa parlando del cancro in una canzone per me passerà alla storia. Il cantautore del 2015 deve fare esattamente questo: deve parlare al popolo di cose importanti usando le parole della gente con una musica attuale.

 Raffaella Sbrescia

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La tracklist de “Il teatro degli orrori”: 

“Disinteressati e indifferenti”, “La paura”, “Lavorare stanca”, “Bellissima”, “Il lungo sonno (lettera aperta al Partito Democratico)”, “Una donna”, “Benzodiazepina”, “Genova”, “Cazzotti e suppliche”, “Slint”, “Sentimenti inconfessabili” e “Una giornata al sole”.

Video: Lavorare stanca

Photogallery a cura di: L. Maffettone. Gli scatti risalgono al concerto de Il Teatro degli Orrori tenutosi lo  scorso 30 ottobre presso La Casa della Musica -Federico I di Napoli

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Cassandra Raffaele presenta il nuovo album “Chagall”. L’intervista

cassandra raffaele-chagall_b

La cantautrice, produttrice, arrangiatrice Cassandra Raffaele presenta il  suo nuovo progetto discografico  intitolato “Chagall” (in uscita il 30 ottobre). Cassandra suona chitarra, ukulele, batteria, basso e tastiere/synt. L’idea del suono dell’album parte, come prima ispirazione, da un vecchio pezzo anni 80 dei Violent Femmes, “Blister in the sun” con l’intento di unire quel mondo “grezzo”, fatto di ritmiche e reef di chitarre punk “sporche”  ai suoni sintetici del trip hop e il dub step, cercando un equilibrio tra il linguaggio digitale e analogico. “Chagall” è il  secondo disco prodotto e arrangiato da Cassandra con la collaborazione di Carlo Longo. Ricerca e sperimentazione sono la base del prodotto che vanta anche le collaborazioni di BRUNORI SAS (nella traccia “La sirena e il marinaio”), ELIO – di Elio e le storie tese (nella traccia “Meditazione”) e di NICO & THE RED SHOES (nella traccia “Il Filo”).

Intervista

Questo è un album in cui ti esprimi al massimo della libertà  e della creatività, sia dal punto di vista testuale che sonoro. Ce lo racconti?

Sì, questo è un album libero in cui ho dato sfogo alle mie idee e alle mie suggestioni musicali cercando di accostare generi lontani tra loro ad esempio il punk con il dubstep, l’elettronica con sonorità più folk, il risultato è un suono sintetizzato che è frutto di un lavoro certosino. In “Chagall” ho messo tutta la mia voglia di mettermi in  gioco, anche grazie all’appoggio di una squadra di musicisti folli quanto me che si sono lasciati sedurre dalle mie suggestioni.

Per esempio?

Molti di quelli che sembrano synth, in realtà sono chitarre “trattate” con filtri di inviluppo e passa-basso a pedale originali della Moog, come ad esempio nei brani “Chagall” e “Meditazione”. Il suono delle chitarre è dunque la sintesi di una combinazione tra strumenti vintage (Fender telecaster del 1967, una Stratocaster con un Vox Ac30 e un vecchio Ampli Fender di fine anni 60, utilizzando quanto più possibile riverbero a molla e tremolo originale, ma anche una vecchia chitarra Meazzi per certi arpeggi, come nel brano  “Valentina”) e pedali dannatamente “creativi” di costruzione analogica

Come è nata “Chiedimi”, una canzone così distante dalle altre?

 Il brano racconta delle difficoltà di comunicazione tra persone che si vogliono bene al punto da perdere la possibilità di essere complici fino in fondo. Questo è il brano più “spoglio” del disco  ma si propone come specchio delle esperienze di vita di tante persone.

Nel duetto con Brunori Sas crei un’ atmosfera veramente particolare…

Assolutamente sì . Non potevo immaginare un duetto migliore di questo! Stare accanto a Dario è stata un’esperienza straordinaria  anche dal punto di vista umano. Lui rappresenta l’incarnazione del concetto di arte, è stato bello condividere il  pezzo con lui anche se naturalmente ci ho messo del mio. Ho voluto giocare con due personaggi visto che lui è calabrese e io siciliana. Ho dato una forma plastica alle sofferenze causate dell’amore utilizzando miti e leggende.

Un mantra che ricorre spesso in “Meditazione” è “Svegliati e respira”… com’è stato lavorare con Elio?

Lui è una persona straordinaria, mi ha insegnato tanto sia ad X Factor che in quest’altro contesto. Lui ha una cura maniacale di tutto, è stato precisissimo nell’esecuzione delle voci, ha semplicemente confermato quello che sapevamo tutti e che cioè che è un grande professionista. Ci siamo ritrovati perché, seppur distanti, siamo rimasti in contatto. Ci siamo rivisti in occasione di un concerto e, forse vedendo cosa faccio e come mi muovo sul palco , si sarà convinto ad accettare questa proposta “indecente”.  Quello che mi soddisfa di più è che lui ha davvero apprezzato questo duetto e ci ha creduto fino in fondo senza dare nulla per scontato.

Perché hai intitolato il disco “Chagall”?

Ho omaggiato il pittore surrealista, il cui nome  ha campeggiato  per tutto l’anno su tutti i manifesti pubblicitari di Roma. Trovandomi lì per lavoro, ero spesso circondata da questo nome e mi è rimasto in testa. Forse c’è del surrealismo anche nel mio modo di scrivere, per cui non potevo non intitolarlo così.

Cassandra Raffaele

Cassandra Raffaele

“Da quando ci sei tu, non ci sono io”. Ci racconti la storia di ”, “A (t) tratti”?

Avevo immaginato una ragazza con degli elettrodi attaccati in testa, distesa su un lettino come se fosse in rianimazione, è stata una visione fortissima. Questa ragazza ad un certo punto si sveglia e comincia a cantare raccontando la sua esistenza fatta di  momenti tutti vissuti in funzione di un’ altra persona. Nella prima parte del racconto spiega l’amore morboso, poi ammette come stanno le cose e alla fine decide di dedicarsi a se stessa e  di vivere la propria vita appieno.

Il tuo è un percorso che dura da molto e che ti ha portato dalle performances di strada ai palchi più prestigiosi. Come ti senti oggi?

Sento di aver raggiunto finalmente la libertà artistica. Posso esprimermi e scegliere le strade da seguire sperimentando e mettendomi in gioco al massimo.

Come immagini i nuovi live?

Sarà un live esplosivo, ci sarà la carica che c’è nell’album, le canzoni sono molto ritmate, cercherò di strutturarlo in ogni dettaglio. Sto organizzando tutto e al mio fianco ci saranno musicisti straordinari tutti siciliani.

Riproporrai qualcosa del Bus Tour?

È un satellite del mio modo di concepire la musica comunque e dovunque. Un tour virtuale in cui le riprese venivano fatte in luoghi non convenzionali. Fatto  cinque anni era la novità, oggi invece è prassi. Non escludo di fare nuove sessions particolari, dovrei inventarmi qualcosa di più originale, vediamo cosa riuscirò a fare!

Ci saranno incontri con i fan?

Sì abbiamo una data su Roma alla Discoteca Laziale il prossimo 6 novembre. Il tour  partirà da fine novembre, ci sarà una data zero a casa, una  sorta di prove aperte in un locale storico della provincia di Ragusa. In seguito saremo a Roma, Firenze e Milano per tutti i dettagli venite a trovarmi sui miei canali social!

 Raffaella Sbrescia

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La tracklist di “CHAGALL”: “Chagall”, “Cane che abbaia morde”, “La sirena e il marinaio” (feat. Brunori SAS), “Il filo” (feat. Nico & The Red Shoes), “Valentina”, “Meditazione” (feat. Elio – di Elio e le storie tese), “Chiedimi”, “A (t) tratti”, “Senza farsi male” e “I fiori di Battisti”.

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Video: Cane che abbaia morde

Max Gazzè presenta Maximilian: “Un quadro con equilibrio perfetto tra forme e colori”

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Leggero e delicato, variopinto e godibile, poetico e frizzantino, “Maximilian”, il nuovo album di inediti di Max Gazzè, in uscita il 30 ottobre per Universal Music è l’undicesimo lavoro in studio del cantautore romano. Disco che, ancora una volta, ci dimostra la voglia con cui Max  si mette costantemente in gioco nel nome di sperimentazioni sonore e colorazioni semantiche sempre differenti ma soprattutto emozionanti. Visionario, a tratti onirico, nella sua riflessione sulla vita, Gazzè riesce a mantenersi sufficientemente lucido nelle descrizioni che, in ogni caso, richiamano numerose tematiche che avviliscono il nostro tempo.  L’ultimo lavoro del musicista romano nasce da una fase di sperimentazione virata verso altri lidi, proprio in corso d’opera: «Stavo sperimentando nuovi strumenti e creando suoni diversi – ha spiegato l’artista in conferenza stampa a Milano – Poi mi è apparso “Maximilian”, un uomo né del passato né del futuro, proveniente da un’altra dimensione. Il nuovo disco doveva essere un progetto sperimentale, poi sono arrivate le canzoni. Maximilian vive nello stesso spazio ma in un tempo diverso, è la somma dei modi in cui vengo descritto, una parte di me che si è staccata. Avevo 30 canzoni tra cui scegliere e sapevo che se non avessi fatto qualcosa, le avrei lasciate raffreddare. Ho impiegato una settimana a sceglierle  ed il risultato che ne è venuto fuori è un quadro con equilibrio tra forme e colori. Le canzoni sono parte di uno stesso quadro, sono un concept anche solo per il fatto che sono nello stesso disco». Con la produzione artistica dello stesso Gazzè e con la produzione esecutiva di Francesco Barbaro, il disco è stato registrato e mixato a Roma e masterizzato a New York da Chris Gehringer, presso lo Sterling Sound.

 Il disco si apre con “Mille volte ancora”: “Ti aspetterò, ti scriverò, ti perderò/ ancora mille volte ancora/ ti scorderò, ti rivedrò, ti abbraccerò/ di nuovo per ricominciare”, canta Max in quella che è la lettera di un padre al figlio, in cui emerge uno dei rapporti più delicati, fatto di partenze e di ritorni, di parole e di sguardi. Un brano meraviglioso che è frutto della collaborazione di Max con Giorgio Baldi e Simone Cremonini: «Si tratta di un rapporto più metafisico che terreno – spiega Gazzè – Bisogna non adagiarsi mai su una relazione affettiva anzi, bisogna saperla alimentare giorno dopo giorno».  “La vita com’è” è, invece, il fortunatissimo singolo che ha anticipato l’album, un particolarissimo twist che mescola atmosfere  da mambo italiano anni Cinquanta a suggestioni zingaresche. «L’intento – precisa Gazzé – era omaggiare lo ska anni Ottanta, gruppi come Madness e Specials di cui sono un grande fan».  Gli altri brani disegnano un disco centrato sull’uomo e sulla vita con pezzi che parlano di attualità. Su tutti spicca “In breve”, un brano intimo e delicato che fa riferimento al nostro essere amaramente compressi nel tritacarne dell’informazione. “Verso un altro immenso cielo” merita, invece, un discorso a parte.  Un viaggio nella psiche, un volo pindarico senza meta, oltre il tempo e lo spazio: «Si tratta del brano che è costato più degli altri,  sia in termini di realizzazione che di produzione, ci ho lavorato su veramente tanto – racconta l’artista-  Le progressioni armoniche contenute nello speciale arrangiamento del brano si rifanno a derivazioni della musica sacra e sintetizzano concatenazioni armoniche piuttosto complesse».  Straordinaria anche la potenza immaginifica di “Sul fiume”: «L’ho scritta insieme a Giorgio Baldi, con me ormai da più di 20 anni, e Simone Cremonini. Questa canzone ha un sapore un po’ retrò, mi immagino Sergio Endrigo a cantarla o Gino Paoli al pianoforte. La tonalità è molto bassa ed è una scelta voluta per conferire al brano un affascinante tocco vintage».

Max Gazzè

Dotato di particolare sensibilità, Max Gazzè è, tra l’altro il cantautore più amato dai bambini: «In effetti io e miei musicisti suoniamo sempre come se fossimo davanti a una platea di bambini. Mi lascio ispirare dal fatto che i bimbi percepiscono la musica senza filtrarla e senza interpretarla». Per quanto riguarda l’uso del linguaggio spiega: «Nei testi scritti in questi anni con mio fratello c’è sempre stata la tensione a suggerire idee per argomenti seri da rendere fruibili con una certa dose di ironia e, perché no, anche del sarcasmo. Si può essere seri senza essere seriosi e fare dell’ironia senza essere dei pagliacci. La pesantezza è dato dal modo in cui vengono usate le parole che, in ogni caso, possiedono un loro suono specifico da tenere sempre in considerazione. Di solito quando scrivo già vedo la musica, il testo deve già essere musica- continua-  Oggi noto una mancanza di consapevolezza di chi scrive: manca un’affinità tra testo e musica. Guccini e De Andrè, ad esempio, avevano una tecnica di scrittura ben precisa; ora è la fiera della rima baciata».

Max Gazzè

Max Gazzè

In merito al recente grande successo dell’esperienza in trio con Niccolò Fabi e Daniele Silvestri, Gazzè commenta: “Ho finito il tour di “Sotto Casa” e dopo due giorni ero già a casa di Daniele a scrivere, è stata un’esperienza bellissima e mi è stato tutto utile, soprattutto dal punto vista pratico. Per il resto è passato troppo poco tempo per dire per quali aspetti in particolare mi abbiano segnato». Tra pochi giorni Max Gazzè inizierà anche un tour instore diverso dal solito: «Ci sarà un set acustico con la band e canterò, in ognuno di questi appuntamenti, quattro brani del disco nuovo e un paio del mio repertorio». A febbraio partirà, infine,  il vero e proprio tour, che ha già registrato svariati sold out ed il conseguente raddoppio delle date nelle maggiori città italiane: «Sono già al lavoro per la costruzione del live, stiamo già lavorando sui visual, sugli schermi, sulla scenografia. Voglio dedicarvi una particolare attenzione già da ora perché ci tengo che il risultato sia assolutamente ottimale  e curato nei dettagli».

Raffaella Sbrescia

Tracklist

Mille volte ancora

Un uomo diverso

Sul fiume

La vita com’è

Nulla

Ti  sembra normale

Disordine d’aprile fear. Tommaso di Giulio

In breve

Teresa

Verso un altro immenso cielo

 Video: La vita com’è

 

Tra i prossimi appuntamenti live di Max Gazzè segnaliamo l’appuntamento del prossimo 7 novembre: il van nero di Jack Daniel’s riaccende i motori e riparte in giro per l’Italia con Jack On Tour. Il viaggio musicale ripartirà da Roma proprio con Max Gazzè, ospite sul palco dell’Outdoor Festival.

Instore:

Roma (30/10), Milano (2/11), Bologna (3/11), Bari (4/11), Napoli (5/11), Torino (11/11) e Firenze (12/11).

Le date del tour:

Pescara (30/01, Palasport), Bologna (5-6/02, Estragon Club), Milano (9-10/02, Alcatraz), Venaria Reale – Torino (11/02, La Concordia), Roma (19-20/02 Atlantico Live), Firenze (25-26/02, Obihall), Riva del Garda – Trento (12/03, Palasport), Padova (25/03, PalaGeox) e Rimini (2/04, Velvet Club).

“Ma che spettacolo”, il grande ritorno di Umberto Tozzi: “Avrei potuto essere il quinto Beatles”

Umberto Tozzi

Umberto Tozzi

«Questo è un disco veramente ispirato, erano anni che non scrivevo cose che mi dessero un’emozione così intensa». Con queste accorate parole Umberto Tozzi annuncia l’uscita di “Ma che spettacolo”, il nuovo album comprensivo di tredici brani inediti, una bonus track e un dvd live per la label Momy Records e distribuito da Sony Music. Giunto dopo tre anni di silenzio discografico, questo nuovo lavoro racchiude uno sguardo attento alle vicissitudini del mondo contemporaneo con particolare attenzione al sentimento dell’amore, sovrano indiscusso di tanti indimenticabili testi di Umberto Tozzi che, con quarant’anni di carriera alle spalle, è amatissimo in tantissimi paesi del mondo, su tutti la Francia. In occasione della conferenza stampa di presentazione dell’album a Milano, l’artista reduce da un concerto in Australia, si è trattenuto a lungo con i numerosi giornalisti accorsi, ecco cosa ci ha raccontato.

Cover Ma che Spettacolo

 «Ma che Spettacolo è una visione del mondo al negativo. È quello che vediamo in TV e leggiamo sui giornali. Il motivo? Sono scosso da tutto quello che succede intorno a noi. Soprattutto ai bambini. Pensate all’Afghanistan dove invece dei giocattoli ricevono in dono un fucile. Tutto questo è molto forte». Tra i temi più caldi del nuovo disco, quello delle donne. Donne al potere, donne madri, donne con cervello che spesso, troppo, non vengono considerate: «Ho sempre avuto una grande considerazione delle donne, forse è questo è il motivo per cui ho sempre scritto d’amore – spiega- Tozzi – Credo che di muscoli al potere ce ne siano stati già troppi. Mi piacerebbe vedere un mondo gestito dalle donne perché hanno un cervello più sano». Tra i brani preferiti del disco compare “Hammamet”, una preghiera particolare che induce a riflettere sul silenzio dei meno fortunati: «Il brano è nato dalla mia frequentazione con Bobo Craxi, figlio di un grande statista come Bettino. Con lui ho avuto l’opportunità di conoscere posti e culture bellissime. E’ un grande chitarrista, abbiamo passato serate stupende a suonare insieme senza mai parlare di politica – racconta» . Intensa e coinvolgente anche  “L’ultimo viaggio”: «Un pensiero vero che spero di poter portare nell’aldilà insieme alla persona che ho sempre amato e che mi ha amato come mai nessuno. A  parte Hammamet e l’Ultimo viaggio – continua – includo nella mia personale top five anche “Ma che spettacolo”, “Sei tu l’immenso amore mio”, “Quell’inutile addio” e “Donne al potere”.

Umberto Tozzi

Umberto Tozzi

Tracciando un bilancio più ampio sulla sua carriera, Umberto Tozzi ha raccontato diversi episodi importanti che hanno lasciato il segno lungo il suo percorso artistico: «A Milano ho conosciuto Giancarlo Bigazzi. Nel  corso di 17 anni abbiamo scritto importanti pagine di musica. Il mio repertorio è leggendario, raccoglie ben 3 generazioni, un fatto anomalo e a volte difficile da realizzare. Ci sono tanti altri artisti che avrebbero meritato un percorso simile ma ci vuole anche tanta fortuna. La musica italiana merita molto di più nel mondo. Prima c’erano produttori competenti, per noi artisti era come essere all’interno di una grande famiglia che ci aiutava moltissimo, c’era confronto. Nessuno si sentiva il Michael Jackson della situazione. La mia cultura musicale è anglosassone, nasce dai Beatles ed è rimasta tale.  Ho accusato il peso di fare l’artista. Da piccolo volevo fare il calciatore ma mio papà mi bocciò l’idea, così decisi di buttarmi sulla musica – spiega l’artista – Cominciai a scrivere canzoni senza pensare di cantarle, il mio sogno, quello di giocare a calcio, era appena stato distrutto e non avevo più niente da perdere. Ero un ragazzo timido e la mia voce non mi piaceva, poi, dopo averla ascoltata, mi convinsi che potevo cantare. Alfredo Cerruti, grande direttore artistico di allora, mi disse: ma perché non te le canti? E così mi convinsi.  Alfredo era un po’ come la nostra famiglia, ci aiutava tantissimo. Le cose erano molto diverse rispetto ad oggi in cui per i giovani è molto più difficile emergere. I talent show poi non aiutano i ragazzi che spesso si trovano ad affrontare questa avventura da soli con una discografia inesistente e in mano a produttori che li producono per fare business».  A chi gli chiede quale sia il paese a cui si sente più vicino risponde: «La Francia è il paese che mi ha accolto per primo con “Ti amo”. Sempre la Francia è il paese che ha il maggiore rispetto per gli artisti. Sul palco e in tv ci vai perché sai fare qualcosa non come in Italia che si dà spazio anche a chi non ha una storia artistica alle spalle. Sefossi nato a Liverpool avrei potuto essere il quinto Beatles per le canzoni che ho scritto. Sono felice di aver ottenuto all’estero tutta la considerazione che non ho avuto in Italia . Questo stato artistico è compensativo – continua, come un fiume in piena – Di recente ho tenuto alcuni concerti nell’ambito di un tour teatrale che ha avuto moltissimo successo , non credevo fosse possibile ma abbiamo dovuto fare addirittura delle repliche».

Umberto Tozzi in conferenza stampa

Umberto Tozzi in conferenza stampa

Umberto è in grande forma, è entusiasta, ja voglia di emozionare ed emozionarsi e le sue parole colpiscono perché dimostrano ancora un’infinita passione per la musica e le parole concepite come suoni, prima ancora che come concetti.  Attento e appassionato proprio come suo figlio Gianluca, prontamente elogiato: «Colgo l’occasione per ringraziare mio figlio che ogni giorno dimostra impegno, passione, attenzione e rigore lavorando all’interno della Momi Records. All’inizio non ero entusiasta della sua scelta ma lui ha dimostrato di avere caparbietà e determinazione».  Interrogato, infine, su come gestisce la propria persona e la propria voce dopo tanti anni di concerti in giro per il mondo, l’artista risponde: «Cerco di riposare spesso, di parlare poco e a volume basso. Di solito mangio qualcosa un’ora e mezza prima dello spettacolo per scaldare le corde vocali , specialmente cose salate. La voce è un dono del Signore e, anche se in questi anni ho fatto di tutto per rovinarla, stranamente è addirittura migliorata».

Raffaella Sbrescia

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 Video: Sei tu l’immenso amore mio

Instore tour

30 ottobre ore 18:00 Centro commerciale – Curno,

31 ottobre ore 18:00 Centro Commerciale Gallery – Torino,

3 novembre ore 18:00 Mondadori Piazza Duomo – Milano

 4 novembre ore 18:00 Mondadori – Bologna,

5 novembre ore 18:00 Discoteca Laziale – Roma.

La track list di “Ma che spettacolo”:

 Ma che spettacolo, Sei tu l’immenso amore mio, Nel dire si nel dire no, Eternel, Quell’inutile addio, Intorno a me, Che amore sia, Hammamet, Meravigliosa, Sarà per sempre, Donne al potere, L’ultimo viaggio e Andrea song.

La tracklist del DVD live contenuto nella versione deluxe:

Sorridi amore, Notte rosa, Roma Nord, Se non avessi te, Ti amo, Donna, Ciao Lulù, Qualcosa qualcuno, Brava, Gli altri siamo noi, Donna amante mia, Io camminerò, Un corpo e un’anima, Se Tu Non Fossi Qui, Immensamente,  Si può dare di più, Gente di mare, Io muoio di te, Stella stai, Tu, Gloria.

 

Roberta Di Lorenzo: “Adesso guardami” è la necessità che provo di farmi ascoltare

 COPERTINA ALBUM ADESSO GUARDAMI (1)

 “Adesso guardami” è il titolo del terzo album di Roberta Di Lorenzo. La cantautrice si racconta senza filtri, mettendosi in gioco con brani autobiografici e assertivi, sofferti e d’amore; il filo conduttore? “Il coraggio di fare delle scelte”. Roberta scrive canzoni dalle melodie accattivanti e dai testi interessanti con la nonchalance di chi fa apparire semplici anche le cose più complesse. Lo dimostra bene in “Adesso guardami”, pubblicato per l’etichetta Cramps, un nome storico dell’avanguardia musicale in Italia riconvertito a suoni più facilmente appetibili. La produzione artistica dell’album è di Paolo Iafelice, che ha lavorato con artisti del calibro di Fabrizio De André, Ligabue e molti altri. La distribuzione è curata da Edel Italy.«Mi sono presa tutto il tempo necessario. Tre anni per fare chiarezza, buttarmi molte scorie dietro le spalle e dire a chi mi ascolta “adesso guardami”. Non è una richiesta di attenzione: «. È il bisogno di farsi sentire nel presente, non necessariamente di farsi amare per sempre, il che, se poi succede, è meglio. Gli occhi sono sempre il primo tramite di un contatto, destinato o meno a diventare profondo», racconta l’artista.

Dopo “L’occhio della luna” del 2010 – Premio Lunezia per il valore musical-letterario – e “Su questo piano che si chiama terra” del 2012, soprattutto dopo le collaborazioni con Eugenio Finardi (che l’ha portata in tour spesso e ha interpretato a Sanremo 2012 la sua “E tu lo chiami Dio”) e i Sonohra, per i quali ha scritto vari brani, Roberta torna a mettersi a nudo. Lo fa letteralmente nelle foto della copertina e del booklet, lo fa intensamente nelle nuove canzoni, dal sapore in parte autobiografico, in parte intese come impegni da descrivere e assolvere. Sempre personali e vere.

Roberta Di Lorenzo

Roberta Di Lorenzo

Come “La storia della mia vita” che dice: “Non voglio fermarmi, credere che sia tardi/ Io voglio guardare avanti, capire che posto ho nel mondo/ che cosa sono adesso e come dovrei inventarmi”. Oppure “A piedi nudi”: “Le città che cadono e gli animali in estinzione/ dimostrano l’errore della nostra ragione/ a volte si fa chiara la motivazione/ ma poi guardo il cielo e non la vedo più”. E poi canzoni che parlano di suicidio (“L’ottavo piano”) e di futuro (“Scelgo una destinazione”), di musica e d’amore, di sofferenza e di rinascita. «La vita di oggi, così veloce e bulimica”, continua la 35enne cantautrice pugliese da anni a Torino, ci impedisce di ascoltare. Siamo distratti da tutto: la televisione è il simbolo di questa realtà. Invece avremmo bisogno di riconnetterci con gli altri, di incontrarci, per vivere meglio. È questo il filo conduttore del disco: l’importanza di trovare una destinazione, di scegliere, il coraggio della scelta comunque».

 Raffaella Sbrescia

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Tracklist

Un male d’amore

Adesso guardami

La storia della mia vita

La musica si è persa

Paturnia n.5

Love sonnet

Scelgo una destinazione

L’ottavo piano

A piedi nudi

Sarai contenta

Spegni la televisione

Pronti a salpare, stile inconfondibile e contenuti attuali nel nuovo album di Edoardo Bennato

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A cinque anni di distanza dall’ultimo album di inediti,  Edoardo Bennato torna a farsi sentire a gran voce con “Pronti a salpare”. L’album, prodotto da Brando (Orazio Grillo), anticipato dal primo estratto “Io Vorrei Che Per Te”, è uscito lo scorso 23 ottobre per Universal Music ed include 14 brani di cui 11 pezzi originali e 3 riproposizioni di canzoni precedenti (“Povero Amore”, “La mia Città” e “Zero in Condotta”) con nuovi arrangiamenti. I temi affrontati nel disco spaziano dalla politica alla famiglia, ai figli, all’amore: «Era dal 2012 che avevo in mente questo titolo. Di solito quando scrivo le canzoni non ho l’idea del testo, parto sempre dal finto inglese. I fatti che ci circondano diventano poi materiale vivo per le canzoni in cui cerco di evitare il più possibile il buonismo, la retorica e i luoghi comuni – ha spiegato Bennato alla stampa durante la presentazione del disco a Milano. “Pronti a salpare” –ha continuato -non parla solo dei migranti che scappano da guerre, devastazioni ed epidemie. Anche noi privilegiati occidentali dobbiamo entrare in un altro ordine di idee. Il mondo cambia velocissimamente, molto più di quanto siamo capaci di immaginare, cambiano gli equilibri e pure noi, quindi, dovremo essere pronti a tutto questo».

Edoardo Bennato

Edoardo Bennato

Addentrandoci nei meandri del disco scopriamo una scrittura vivace, attuale, ispirata. Flussi di richiami blues americani vengono costantemente richiamati dalle chitarre di Scarpato e Porcelli, senza dimenticare Perrone e Duenas a completamento di una straordinaria band, da anni al fianco del  cantautore napoletano. Tra i brani più autentici del disco  spicca “A Napoli 55 è ‘a musica”: «Un brano che ha almeno 12 anni e che ho fatto credo in 18 versioni, poi ai tempi supplementari ho optato per questa perché l’album doveva uscire. Sono stato il primo a coniugare blues e dialetto napoletano, nel’76 con “Ma chi è” e continuo a farlo quando c’azzecc’ e in questo caso ci azzecca perché il brano parla della mia storia», ha raccontato l’artista commentando un talking blues che sintetizza il viaggio della speranza rock a Milano. Interessante anche l’artwork dell’album, realizzato dallo stesso Bennato, autore anche delle tele attualmente in mostra a EXPO col titolo “In Cammino”: «Le immagini ritraggono personaggi che avevo fotografato, venditori ambulanti che camminano incessantemente sulle nostre spiagge e sono emblematici di un’umanità che è in cammino da milioni di anni. Volevo rappresentare sia quest’umanità dolente, amara, che cerca via di scampo, sia il senso del cammino, di questo spostamento latitudinale, che ha comportato anche il cambiamento del colore della pelle e ha disegnato l’umanità di oggi. Tuttavia, a dispetto del colore della pelle, è innegabile che gli esseri umani abbiano tutti le stesse potenzialità fisiche e morali. Questo è il presupposto, che non è buonista, ma scientifico, con cui ho composto un pezzo come “Pronti a Salpare”. Nell’artwork dell’album sono presenti disegni che appartengono a un’altra mostra, che feci 10 anni fa a palazzo Durini, a Milano, assieme a Mimmo Rotella e rappresentano i profughi della guerra dei Balcani – ha aggiunto-  Chi acquisterà il disco su iTunes, poi, troverà anche un libretto realizzato da Loredana Nicosia».

Edoardo Bennato

Edoardo Bennato

Nel nuovo album Bennato lascia ovviamente ampio spazio alla politica ne “Il gran ballo della Leopolda”,  in cui i protagonisti sono Matteo Renzi e Pippo (Civati): «Sin dalla prima ora quello che faccio non è stato vidimato dal mondo della canzonetta ma dell’intellighenzia del nostro Paese. Il problema è: chi risolverà il tarlo dell’Italia, ossia il divario che c’è tra Treviso e Reggio Calabria? A noi in fondo cosa importa, facciamo solo canzonette noi», ironizza il rocker che, pur autodefinendosi un saltimbanco, finisce col dire sempre cose vere.  L’ascolto continua con “La mia città”, autentico ritratto di Napoli pubblicato nel 2011 come primo segnale dell’album. A seguire  “Il mio nome è Lucignolo”, scelto come anticipazione del musical “Burattino senza fili”, in scena dal 18 febbraio al Brancaccio di Roma. In due canzoni emerge l’amore mai sopito per la musica colta: “Non è bello ciò che è bello”: «Lo confesso, l’avevo scritto per Pavarotti. Ci frequentavamo, perché avevamo una casa nella stessa zona in Romagna. Luciano mi disse che gli scrivevano sempre canzoni tristi e mi chiese di scrivergli una canzone allegra, quindi nel viaggio di ritorno mi misi a scrivere e mi venne in mente questa frase “non è bello ciò che è bello”, con la melodia. Lui poi la provò anche, però quelli della Decca dissero che era una cosa troppo leggera e non gliela fecero fare». Particolare e sorniona “La calunnia è un venticello”, una delle canzoni migliori del disco in cui Bennato rilegge il testo scritto da Cesare Sterbini per l’omonima aria del “Barbiere di Siviglia” di Rossini dedicando sono strofe dedicate a Enzo Tortora e Mia Martini e, per estensione, a chiunque “sotto il pubblico flagello va a crepar”. Non ci rimane che goderci anche dal vivo questo nuovo riuscitissimo lavoro in cui Bennato dimostra, ancora una volta, di avere non solo molto da dire ma di riuscire a dirlo veramente bene.

Raffaella Sbrescia

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Video

TRACKLIST

Pronti a salpare
Io vorrei che per te
Povero amore
La calunnia è un venticello
Il mio nome è Lucignolo
A Napoli 55 è ‘a musica
Al gran ballo della Leopolda
È una macchina
Giro girotondo
Il mio sogno ricorrente
Niente da spartire
La mia città
Zero in condotta
Non è bello ciò che è bello

 

Francesca Michielin si racconta in “di20″: l’album della svolta

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La strategia vincente alla fine è quella di non vedere la crescita come uno sradicamento progressivo, ma come un evolversi ogni giorno. Hegel affermava che la tesi, l’antitesi e la sintesi si succedono logicamente e ogni giorno è necessario contraddirsi. Penso che la forza degli artisti risieda proprio nel fatto di essere inquieti. D’Annunzio diceva “Ama il tuo sogno seppur ti tormenta”, la cosa che riesco a fare meglio, nonostante tutto, è la musica”. Sono queste le nuove inderogabili consapevolezze da cui Francesca Michielin parte per presentare “di20” (Sony Music), un album di inediti che arriva a tre anni di distanza dal disco d’esordio. Un lavoro importante, intimo, ben lavorato, arricchito dalla produzione artistica di Michele Canova Iorfida e che vanta le collaborazioni di Fortunato Zampaglione, Ermal Meta, Fausto Cogliati, Matteo Buzzanca, Federica Abbate, Colin Munroe, April Bender, Viktoria Hansen e Negin Djafari. Undici brani in cui Francesca mostra se stessa senza filtri ed è bello scoprire una giovane donna di grande intelligenza e di invidiabile maturità. «Mi sono concessa tre anni di esperimenti e collaborazioni. I dischi si fanno con calma, pensando, ragionando cogliendo l’istinto della scrittura. Finché non si capisce che cosa si vuol dire si può anche stare in silenzio. Non bisogna sovraesporsi», racconta la giovane cantautrice esponendo una filosofia in netta controtendenza con le logiche contemporanee.

«Questo album è un completo featuring con me stessa. “Di20” racconta molto di me, il mio percorso di crescita in musica, la mia visione della vita e del mondo che mi circonda. C’è stata anche una crisi, un continuo interrogare me stessa alla ricerca di qualcosa di vero da dire. Nel processo, di fatto, non ho distrutto niente di quello che ero all’inizio: nella sintesi c’è molta sincerità. In queste canzoni credo moltissimo e c’è molta coerenza. Dopo XFactor ho vissuto in maniera traumatica questo inizio, avevo paura. Mi sentivo cambiata, non capivo. Quando hai sedici anni qualsiasi cosa canti non sei credibile, a sedici anni di cosa puoi parlare? Pian piano ho imparato a scoprirmi e alla fine posso dire di essere contenta di aver iniziato così giovane, nessuno potrà dire fra un anno la Michielin è finita perché,  in realtà, ho una vita davanti per continuare a dimostrare musicalmente qualcosa», spiega Francesca, mostrandosi timida eppure risoluta nelle sue affermazioni di spessore.

Francesca Michielin live @ Unicredit Pavilion - Francesco Prandoni

Francesca Michielin live @ Unicredit Pavilion – Francesco Prandoni

«Per quanto riguarda il titolo e la copertina del disco abbiamo scelto “di20” per esprimere il concetto di diventare. Poi c’è l’icosaedro con venti facce, venti lati di me, che rappresentano le mie tappe da 0 a 20 anni. E’ un disco ricco di simboli, dall’occhio di “Battito di ciglia” al prisma di “L’amore esiste”. Le illustrazioni sono state realizzate da Anna Neudecker in arte LaBigotta». Parlando della lavorazione del disco Francesca ha spiegato: «Mi sono presentata a Michele Canova appena ventenne con le idee un po’ ribelli ma soprattutto con la paura dello scontro, invece ho trovato una persona meravigliosa. Lui ha abbracciato con entusiasmo questo progetto e mi ha lasciato molto spazio. Questo è un album in cui mi sono messa molto in gioco nei testi. Mi ha fatto crescere ancor più la voglia di fare questo mestiere. Ho scritto, e scrivo, brani sia in inglese sia in italiano (in verità amo molto anche il francese…) solamente perché alcuni pezzi suonano meglio in una lingua o nell’altra. Un caso particolare è il brano Almeno tu, che è nato in inglese e poi l’ho tradotto in italiano, e non è stato facile! La vera sfida è essere originali rimanendo comprensibili e vorrei sforzarmi a fare sempre più cose in italiano, che una lingua legnosa ma ricca e interessante. Questo disco è un featuring con me stessa, a me piace fare duetti perché ti permettono di crescere e ampliare la visione della musica ma voglio far conoscere anche quello che faccio e che ho fatto prima dei featuring. Non sono state inserite nell’album le versioni estese di “Cigno nero”, perché non ho ancora scritto il testo giusto e di “Magnifico”, di cui esiste invece una versione che sembra la risposta della ragazza a quello che canta Fedez nel suo brano.  Il disco si chiude con “25 febbraio”,  un pezzo molto complesso. Si tratta di una sorta di dialogo tra la me nella pancia della mia mamma e la Francesca di ora, un racconto tra la me stessa che deve nascere e quella che sono adesso», racconta Francesca lasciando intravvedere tutta la cura, l’impegno e la dedizione con cui ha lavorato ad un album di respiro internazionale e che mette in risalto la sua nuova maturità artistica.

Francesca Michielin live (scatto presente sulla pagina Facebook dell'artista)

Francesca Michielin live (scatto presente sulla pagina Facebook dell’artista)

Subito dopo l’incontro con la stampa, Francesca Michielin si è esibita in uno speciale concerto all’interno dell’Unicredit Pavilion di Piazza Gae Aulenti nell’ambito dell’MTV Music Week. In scaletta tutti i brani del nuovo disco ma anche i successi tratti dall’album d’esordio. Una prova live intensa, arricchita da un’acustica eccellente e da sontuosi arrangiamenti intrisi di suoni elettronici. Convincente dal punto di vista vocale, Francesca Michielin ha dimostrato di essere anche una brava musicista polistrumentista e siamo sicuri che nel corso del tempo potrà fare sempre meglio.

Raffaella Sbrescia

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Setlist

L’amore esiste
Battito di ciglia
Tutto questo vento
Almeno tu
Distratto
Io e te
Amazing
Honey Sun
25 febbraio
Sons And Daughters
Sola
Un cuore in due
DiVento
Lontano
Magnifico
Tutto quello che ho

Video: Lontano

Instore tour

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Intervista a Rocco Hunt: “SignorHunt è l’album che ho sempre sognato di fare”

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Rocco Hunt torna con un nuovo progetto discografico intitolato “SignorHunt”, in uscita il 23 ottobre (Sony Music). Per il titolo Rocco sceglie un sottile gioco di parole per un lavoro che lo stesso rapper ha definito come “l’album che ha sempre sognato di fare”. Masterizzato agli Sterling Studios di New York da Chris Gehringer (Mastering Engineer di Nas, MethodMan, 50 Cent, JayZ e molti altri) e prodotto da Ketra e Takagi (già produttori di “Nu Juorno Buono), Bassi Maestro (storico produttore hip hop italiano che ha collaborato con artisti hip hop americani), 2nd Roof (Guè Pequeno, Marracash), “SignorHunt” racchiude sedici inediti in cui Rocco si lascia finalmente andare; il suo rap è melodicamente morbido ma i testi lasciano trasparire un’anima forgiata da una crescita individuale vissuta all’insegna del rispetto dei valori sani. Rocco Hunt vive a Milano ma la sua testa e la sua penna sono ancora ben radicate a Sud e, se durante la presentazione del disco sulla Darsena di Milano, il giovane rapper parla in napoletano, nell’album è proprio questa lingua che si riveste di autorevolezza ed autentica credibilità. Tanti i featuring che arricchiscono le molteplici sfumature di questo lavoro: Clementino, J-Ax, Guè Pequeno, Neffa, Mario Biondi, Enzo Avitabile, Chiara, Speaker Cenzou, O’ Zulù, Luchè, Nazo,Zoa, Maruego e Chief hanno preso parte alla realizzazione di questo disco conferendogli una maggiore completezza e testimoniando la maturità artistica con cui Rocco Hunt si sta interfacciando con il mercato musicale italiano.

Intervista

“SignorHunt” è un disco libero?

A differenza del disco precedente, imprescindibilmente legato al Festival di Sanremo, non ho sentito la tensione di dover omaggiare “Nu juorno buono”.  All’epoca avevo 18 anni, ero più chiuso in me stesso, mi facevo consigliare spesso. In questo caso, invece, non ho avuto paura di assumermi la responsabilità delle mie scelte. Non temo critiche e pregiudizi, esco con un album che non pretende altro che essere ascoltato.

Come sei cambiato in questi anni?

Oggi vivo a Milano ma la mia scrittura è legata ancora e soprattutto alla mia terra. Nel frattempo mi sono innamorato, ho scoperto per la prima volta l’amore. Anche in questo disco parlo dell’amore ma non in modo omologato.

Nel booklet del disco precedente c’erano le foto di posti a te molto cari, come ad esempio casa di tua nonna. In questo nuovo lavoro c’è qualcosa di simile?

Sì, ci sono degli scatti che ritraggono me da piccolo. Lo shooting fotografico è stato fatto interamente a New York ma avevo bisogno di integrare il tutto con qualcosa che parlasse di me. Quando mia madre ha saputo che avevo bisogno di alcune foto, si  è messa a cercare dappertutto. All’epoca era difficile scattare foto sia per questioni di tempo che di costo. Ho scelto una foto della recita dell’asilo, una in cui avevo tre anni con un murales dietro di me con la scritta hip hop, una sorta di segno del destino. Ho voluto rivivere un’epoca ormai estinta. Ringrazio i miei genitori che, con i loro sacrifici, mi hanno fatto crescere con poco ma dandomi tutto.

Rocco Hunt

Rocco Hunt

Come sei riuscito a duettare con Neffa?

In questo brano abbiamo invertito le parti. Lui, che parte dal rap e che ha sempre avuto chi gli costruiva le melodie, stavolta l’ha realizzata per me. “Se mi chiami” è un brano radiofonico ma anche introspettivo. Un pezzo che emoziona e che parla dell’amore autentico. Personalmente lo consideravo un featuring impossibile perché Neffa collabora con pochissimi artisti. La cosa più bella che mi ha detto è stata che tra tutte le collaborazioni fatte di recente, quelle in cui si è sentito più coinvolto sono state quelle realizzate con me e Ghemon.

Come mai hai scelto Chiara?

Il disco ha molti ospiti che hanno a che fare con la mia terra. Con Chiara, che è veneta,  ho voluto creare un ponte di collegamento con il nord ed il risultato è molto originale. Sentirete una Chiara molto diversa da quella che conoscete!

Stupisce il duetto con Mario Biondi…

Alcuni mi hanno chiesto: “Cosa c’entra Mario Biondi in un disco come il tuo?”.  Vorrei sottolineare che l’hip hop in America parte dalla musica black, dal soul e dal funk. Se in Italia vogliamo pensare a una persona che fa questo tipo di musica, andiamo direttamente da Biondi. La cosa di cui ci si dovrebbe meravigliare non è il fatto che io abbia collaborato con Mario bensì che nessun’altro lo abbia fatto.

Una delle collaborazioni più belle è quella con Enzo Avitabile su “Eco del mare”. Un messaggio di speranza forte e chiaro.

Credo che non possa esserci un mio album senza il contributo di Enzo Avitabile. Il Maestro è una persona squisita e, a differenza di tanti altri grandi artisti di grande successo, si mostra sempre aperto a nuove intuizioni, ho potuto dirgli cosa non mi piaceva e viceversa. In questo modo c’è stato un reale scambio reciproco.

Un legame a doppio filo con la  scuola napoletana?

In futuro amplierò ancora di più le conoscenze della scuola napoletana perché la mia aspirazione è diventare uno dei baluardi di quella corrente musicale che ha fatto diventare grande Napoli nel mondo. Parlo di Pino Daniele, Tullio De Piscopo, James Senese, lo stesso Avitabile. Io nasco da loro e con la mia musica cerco di creare un ponte di collegamento tra generazioni lontane.

Per quanto tempo hai lavorato al disco? C’è qualcosa che hai inserito o tolto all’ultimo momento?

L’album è stato lavorato in un anno e mezzo. Per fortuna sono molto prolifico, scrivo molto. In effetti ho già quattro pezzi pronti per il prossimo disco (ride ndr). Stare fermo mi debilita! Per questo disco ho voluto prendermi molto più tempo e me ne sarei preso ancora. Vengo dagli ottimi riscontri ottenuti da “A’ Verità” però non sono molto bravo nelle strategie, mi lascio consigliare spesso. Ho tolto tre tracce dall’album che non sentivo mie e, anche per questo, mi sento ancora più fiero del risultato raggiunto.

Rocco Hunt

Rocco Hunt

Nell’ultimo brano “’Na stanza nostra” parli del desiderio di paternità, come mai?

Il brano riprende la storia dei miei genitori. Mia madre mi ha avuto quando aveva 18 anni, quindi giovanissima. Era orfana, il suo sogno era quello di avere una stanza con mio padre in cui potermi crescere. La cosa non era economicamente possibile, infatti i primi anni della mia vita li ho vissuti a casa di mia nonna fino a quando mio padre non ha trovato un lavoro dopo tanti anni di disoccupazione. “’ ‘Na stanza nostra” è il sogno di tutti i ragazzi di strada che vogliono avere una stanza in cui le paure non posso entrare, in cui crescere una creatura dando vita al futuro della propria famiglia, una cosa che attualmente è sempre più difficile da realizzare.  Ho scelto come questa canzone come ultima traccia perché racchiude un sogno.

La title track “SignorHunt” è un gioco di parole ma racchiude anche un messaggio che esce fuori dal coro?

Menomale che è stato capito! Ho fatto ironia su me stesso e mi sono messo in gioco. Ho voluto fare lo sbarco in Darsena nel video con Maccio Capatonda ndr), proprio per dare una scossa. Che faremmo se lo sbarco avvenisse da noi a Milano? Tutto è relativo finchè non avviene a casa nostra, un tipico ragionamento italiano. Certo, non posso risolvere il problema,  posso solo denunciarlo e fare sì che i miei coetanei e le persone che mi seguono siano consci della situazione che viviamo.

Tornerai a scrivere pezzi come “Pane e rap”?

Quei pezzi così ho smesso di farli perché la gente purtroppo non li capisce.  Mi demoralizza stare tre ore a scrivere un pezzo mega incastrato, mega metrico per poi farlo uscire e vedere che non funziona. Con pezzi più orecchiabili e più melodici ottengo molti più risultati, la gente non è pronta per canzoni così. Un po’ mi dispiace perché vedo che in America i rapper passano in radio con la propria arte senza scontrarsi con stereotipi e pregiudizi.

 Raffaella Sbrescia

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TRACKLIST:

01: TENGO VOGLIA ‘E SUNNÀ

02: VENE E VVÀ

03: ECO DEL MARE feat. Enzo Avitabile

04: SE MI CHIAMI feat. Neffa

05: UNA MONETA E UN SOGNO feat. J-Ax e Guè Pequeno

06: O’ POSTO MIO

07: O’ REGGAE DE GUAGLIUNE feat. Clementino, Speaker Cenzou e O’ Zulù

08: SIGNORHUNT

09: ALLORA NO! feat. Chiara

10: QUALCOSA DI STRANO

11: BACK IN THE DAYS feat. Mario Biondi

12: MALETIEMPO

13: NU BRUTTO SUONNO feat. Luchè

14: ALTRI 100 ANNI feat. Nazo, Zoa, Chief

15: MARCOS feat. Maruego

16: ‘NA STANZA NOSTRA

Video: SignorHunt

INSTORE TOUR

23/10/2015         NAPOLI – La Feltrinelli Express (Stazione Centrale – ore 15.00)

24/10/2015         MARCIANISE (CE) – Mondadori Megastore (c/o C.C. Campania, Località Aurno, 1 -ore 17.00)

25/10/2015         BENEVENTO – MediaWorld (c/o C.C. BUONVENTO, S.S. Appia Km. 258+750 Contrada San Vito – ore 17.00)

26/10/2015         SALERNO – La Feltrinelli (C.so Vittorio Emanuele 230 – ore 15.00)

27/10/2015         VERESE – Casa Del Disco (Piazza Podestà 1 – ore 15.00)

27/10/2015         MILANO – Mondadori Megastore (Piazza Duomo, 1 – 18.30)

29/10/2015         ROMA – Discoteca Laziale (via Mamiani 62 – ore 16.00)

30/10/2015         POMPEI (NA) – MediaWorld (c/o C.C. LA CARTIERA, Via del Macello, 22 – ore 16.00)

31/10/2015         CATANIA – La Feltrinelli (Via Etnea, 285 – ore 15.00)

01/11/2015         PALERMO – Mondadori Megastore (Via Ruggero Settimo, 16 – ore 16.30)

03/11/2015         TORINO – Mondadori Megastore (Via Monte di Pietà 2 ang. Via Roma -               ore 17.00)

04/11/2015         FIRENZE – Galleria Del Disco (Sottopasaggio Stazione Santa Maria Novella – ore 16.00)

05/11/2015         BARI – Feltrinelli (c/o C.C. MONGOLFIERA SANTA CATERINA, Strada Santa Caterina – ore 15.00)

06/11/2015         BRINDISI – La Feltrinelli (Corso Umberto I 113 – ore 16.30)

07/11/2015         FOGGIA – Mondadori Bookstore (Via Oberdan 9/11 – ore 16.00)

08/11/2015         BRESCIA – C.C. IL LEONE SHOPPING CENTER (Via Mantova 36, Lonato Del Garda              – ore 17.30)

09/11/2015         VERONA – La Feltrinelli (Via Quattro Spade 2 – ore 15.00)

11/11/2015         REGGIO CALABRIA – Mondadori Bookstore (Corso Garibaldi 16                – Ore 16.00)

12/11/2015         COSENZA – La Feltrinelli (Feltrinelli di Corso Mazzini 86 – ore 15.00)

13/11/2015         PONTECAGNANO FAIANO (SA) – La Feltrinelli (c/o C.C. MAXIMALL, Via Pacinotti snc – ore 17.00)

14/11/2015         OLBIA – Centro Commerciale Auchan (Strada Statale 125, località Sa Marinedda – ore 17.00)

15/11/2015         CAGLIARI – Centro Commerciale Auchan (Santa Gilla, Via S.Simone 60 – ore 17.30)

21/11/2015         ROMA – C.C. Porta di Roma (Via Alberto Lionello, 201 – ore 17:00)

22/11/2015         PESCARA – C.C. PESCARA NORD (Via Leonardo Petruzzi 140, Città Sant’angelo – ore 17:00)

Intervista a Ludovico Einaudi: “Elements è il frutto di un lungo processo di ricerca sperimentale”

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Suoni ricchi, corposi e stratificati popolano gli ambienti immaginifici di “Elements”, il nuovo album di Ludovico Einaudi, pubblicato il 16 ottobre 2015 su etichetta Decca Records – Universal Music Group, a due anni di distanza da “In a Time Lapse”. Questo progetto è il frutto di un lungo lavoro progettuale che ha spinto Einaudi a sperimentare mettendosi ancora una volta in gioco attraverso un complesso processo di ricerca sonora e concettuale. “Elements” è una potente e suggestiva miscela di suoni, immagini, pensieri e sensazioni. Punti, linee, figure, frammenti confluiscono all’interno di un unico discorso musicale che si avvale di piano, archi, percussioni, chitarra ed elettronica. Oltre alla presenza del gruppo ormai stabile di Ludovico, tra cui Francesco Arcuri, Marco Decimo, Mauro Durante, Alberto Fabris, Federico Mecozzi, Redi Hasa, l’album si avvale della collaborazione dell’ensemble d’archi olandese Amsterdam Sinfonietta, del musicista elettronico berlinese Robert Lippok, dei percussionisti dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, del percussionista brasiliano Mauro Refosco e del grande violinista sudafricano Daniel Hope, ospite nel brano di apertura “Petricor”.

Intervista

Descrivendo la genesi di “Elements” ha parlato di una sorta di confusione iniziale in cui ad un certo punto gli elementi hanno trovato un equilibrio ben definito. Come è andata?

In ogni mio progetto cerco sempre un tema, un’ ispirazione su cui riflettere. Ogni volta la musica fa da cornice a tutte le idee che mi vengono in mente. In questo caso mi interessava realizzare un progetto piuttosto ambizioso, ovvero cercare gli elementi fondamentali del linguaggio e della comunicazione e unirli a tutto ciò che siamo abituati a mettere in gioco in musica: melodia, ritmo e accordo svolgono, in questo senso, una specifica funzione espressiva. Volevo effettuare una sorta di analisi di questi elementi e spiegare il loro funzionamento un po’ come se un architetto dovesse spiegare perché una finestra deve essere fatta in un certo modo invece che in un altro.

Una ricerca che si è estesa anche ad altri ambiti del sapere?

Certo, mi sono avvicinato all’arte, all’architettura, alla geometria euclidea, alla filosofia di Empedocle. Partendo da elementi apparentemente semplici, mi sono avviato verso un’esplorazione sonora e culturale di tipo complesso; per me è stata l’occasione per fare delle letture interessanti e circondarmi di riflessioni e di spunti inattesi. Il fenomeno che mi ha incuriosito di più è stato scoprire come alcune idee possono essere trasformate in un linguaggio musicale via via sempre più strutturato e complesso.

Ludovico Einaudi

Ludovico Einaudi

Come e dove ha lavorato alla realizzazione dell’album?

Ho iniziato a scrivere e a realizzare i primi esperimenti di questo progetto nel mese di marzo. Dopo aver suonato in Australia e Nuova Zelanda, son tornato in Italia e sono andato nella mia casa di campagna nelle Langhe dove ho convertito un fienile in uno studio di registrazione. Da un lato sapevo di avere una scadenza, seppur lontana; ero conscio del fatto che avrei voluto pubblicare un album in questo periodo, avevo già tante idee, tanti brani erano in stato embrionale, altri erano al vaglio. Dentro il mio telefono ci sono sempre spunti e piccole note che raccolgo mentre sono in giro in tutto il mondo. Ho iniziato a lavorare scrivendo e testando questo nuovo spazio che avevo creato per capire se, in effetti, avrei potuto registrare lì o meno. Ci speravo perché avevo realizzato il pavimento con determinati accorgimenti per espandere il suono ed ottenere una certa acustica. Certo, non è mai possibile prevedere eventuali imprevisti tecnici, invece, già durante le prime prove realizzate con i miei musicisti abbiamo iniziato a registrare. Durante queste prime giornate sono venuti fuori anche nuovi brani del tutto inattesi come “Elements” e “Petricor” e“Numbers”.

In questo lavoro ha collaborato con artisti provenienti da tutto il mondo. Tra tutti, spicca la ritrovata sintonia con il violinista Daniel Hope, presente anche in “Experience”, quinta traccia dell’album “In a Time Lapse”.

Mentre analizzavo e  programmavo il resto del lavoro, avevo inizialmente pensato di non utilizzare l’orchestra d’archi poi però ho capito che ci sarebbe stata benissimo e alla fine ho registrato ben quattro brani con l’orchestra di Amsterdam. In seguito, per il violino del brano “Petricor”, ho pensato che sarebbe stato bello collaborare nuovamente con Daniel Hope. In realtà era tardissimo, stavo già mixando il disco ma siamo riusciti a fare una cosa all’ultimo momento. Lui è sempre molto disponibile, era pieno di altri impegni ma mi ha comunque dedicato una mattinata, siamo felici di avercela fatta.

In “Elements” c’è una particolare attenzione verso determinati suoni collegati alle percussioni…

Sì, ho cercato nuove colorazioni attraverso la ricerca dei ritmi presenti nel mondo delle percussioni. Ho usato il vibrafono, in “Four Dimensions” c’è il waterphone, uno strumento di metallo in cui si rovescia dentro dell’acqua determinando diverse modulazioni del suono. Insieme a Mauro Refosco, percussionista brasiliano che vive a New York, e con i percussionisti di Roma, con cui avevo fatto già un altro progetto qualche anno fa, sempre legato a Elements,  c’è stato il tempo di investigare, sperimentare, capire. Il fatto di aver potuto fare questo viaggio a casa mia mi ha aiutato a dare un ordine preciso a tutto questo mare magnum di idee.

C’è un brano, in particolare, che rispecchia tutto questo percorso?

Nominarne uno solo mi dispiace sempre un po’. Potrei citare “Four Dimensions” perché è nato dall’osservazione di alcune proporzioni geometrico-matematiche. In particolare, il brano è scaturito dall’osservazione di una figura che al proprio interno aveva la forma del 3 e del 4. Per sperimentare ho usato una melodia di 3 suoni e una di 4 combinandole esattamente come se si trattasse di un esperimento scientifico o di un processo chimico. Osservando il risultato, l’ho valutato musicalmente  interessante e ho ritenuto fosse in grado di rispecchiare anche la mia più profonda interiorità. Questo brano mi permette di sintetizzare la natura sperimentale del disco  e di spiegare  il modo in cui alcuni brani sono nati attraverso un  processo di sviluppo graduale delle idee.

Raffaella Sbrescia

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TRACKLIST

1.  Petricor

2.  Night

3.  Drop

4.  Four Dimensions

5.  Elements

6.  Whirlin Winds

7.  Twice

8.  ABC

9.  Numbers

10.  Mountain

11.  Logos

12.  Song For Gavin

13. Drop Variation

14.Elements variation

TOUR ITALIANO

 

19 novembre – Alba (Cuneo) – Teatro Sociale “Giorgio Busca”

21 novembre – Parma – Teatro Regio SOLD OUT

22 novembre – Torino -  Lingotto  (organizzata da Specchio dei Tempi) SOLD OUT

23 novembre – Verona – Teatro Filarmonico SOLD OUT

25 novembre – Brescia – Teatro Grande (in collaborazione con AIRC)

26 novembre – Firenze – Teatro Verdi

27 novembre – Firenze – Teatro Verdi

29 novembre – Lecce – Teatro Politeama (Ghironda Winter Festival)

30 novembre – Napoli – Teatro Augusteo SOLD OUT

1 dicembre  – Napoli – Teatro Augusteo

2 dicembre -  Roma – Auditorium Parco della Musica

3 dicembre – Roma – Auditorium Parco della Musica

5 dicembre – Bologna – Teatro Manzoni

6 dicembre – Bologna – Teatro Manzoni

8 dicembre – Milano – Teatro Arcimboldi SOLD OUT

9 dicembre – Milano – Teatro Arcimboldi SOLD OUT

10 dicembre – Milano – Teatro Arcimboldi

26 gennaio 2016 – Cremona – Teatro Ponchielli

TOUR EUROPEO

prime date confermate

28 gennaio – Belgio – Antwerp, De Roma Antwerp

30 gennaio – Francia – Paris, Philharmonie de Paris

31 gennaio – Svizzera – Zurich, Kongresshaus

1 febbraio – Svizzera – Geneva – Theatre du Leman

15 febbraio – Germania – Essen, Philharmonie

16 febbraio – Germania – Dusseldorf, Tonhalle

17 febbraio – Germania – Stuttgard, Liederhalle Beethovensaal

19 febbraio – Germania – Mainz, Rheingoldhalle

20 febbraio – Germania – Nurnberg Meistersingerhalle

21 febbraio – Germania – Munchen, Gasteig Philharmonie

22 febbraio – Germania – Berlin, Philharmonie

23 febbraio – Germania – Hannover, Kuppelsaal Im Hcc

24 febbraio – Germania – Bielefeld, Rudolf Oetker Halle

26 febbraio – Germania – Leipzig, Leipziger Messe

27 febbraio – Germania -  Hamburg, Laeiszhalle

Video: Four Dimensions live

Intervista a Fabio Curto: “La mia musica non è etichettabile”

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Conosciamo Fabio Curto come il vincitore di “The Voice of Italy 2015” ma il suo percorso artistico va avanti ormai da svariati anni e l’ep che ha appena pubblicato per Universal Music, dal titolo omonimo, è soltanto un capitolo di un libro ancora tutto da scrivere.  Anticipato in radio dal singolo “Non mi assolvo”, scritto da Stefano D’Orazio e composto da Roby Facchinetti , il nuovo lavoro pubblicato lo scorso 16 ottobre contiene altri due inediti “Tu mi fai impazzire” e “L’Ultimo Esame” nonchè quattro famose cover eseguite nel corso del programma Rai: “Take Me To Church”, la hit di Hozier, “Emozioni”, cover di Lucio Battisti, “The Scientist” dei Coldplay e “Hallelujah” di Leonard Cohen. «Questo lavoro racchiude tutte le emozioni dalle quali sono stato letteralmente travolto  negli ultimi mesi – spiega Fabio alla stampa durante la presentazione del disco – E’ stato un lavoro meraviglioso, mi ha dato tanto a livello professionale. Avremmo potuto far uscire anche altro, ma abbiamo usato questi brani come esperimenti». Fabio, 27 anni, originario di Acri ha studiato scienze politiche a Bologna, sua città d’adozione. E’ un artista di strada, polistrumentista, autore di testi e musiche, suona da quando aveva 5 anni e compone da quando ne aveva dodici a dimostrazione di un percorso artistico che parte da lontano. Avulso da qualsiasi etichettatura, questo giovane artista ha imparato a misurarsi con le più disparate realtà musicali e lo ribadisce a più riprese: «Non mi interessa fare adesso il disco della mia vita – spiega – Parlando di generi musicali, non mi pongo limiti: faccio semplicemente quello che mi piace. Se penso a un ideale di carriera, mi piacerebbe averne una come quella di Ben Harper che alterna musica diversa senza compromettersi».

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Parlando di “Non mi assolvo”, l’inedito che apre il suo debut album racconta: «Quando Roby ci ha inviato la base di “Non mi assolvo”, scritta pensando alla mia voce, io e Simone Bertolotti abbiamo iniziato a lavorarci su ed è venuta fuori una bozza in inglese. Visto che il tempo per decidere era poco e la linea degli altri pezzi era in italiano, abbiamo optato per il testo in italiano scritto da Stefano D’Orazio. Se il pezzo otterrà un buon riscontro, probabilmente lo faremo uscire anche in inglese -spiega Fabio. «Questi sono stati mesi frettolosi – continua- è stato tutto molto frenetico. Ricordo ancora “L’ultimo esame”. Questo brano l’abbiamo masterizzato a Milano in uno studio di fiducia di Roby che ha messo sempre a disposizione tutte le sue conoscenze. Si lavora molto bene con lui, difatti ci sentiamo ancora molto spesso. Un merito particolare va dato anche a Simone Bertolotti. Sono sempre stato a stretto contatto con lui, mi è stato davvero molto vicino. Lavorare con questi professionisti mi ha aperto un mondo». Parla con autentico entusiasmo Fabio che, nello scegliere un brano a cui è particolarmente legato risponde: «Credo che “L’ultimo esame” sia il brano che più si adatti a rappresentare quel che ho vissuto. Il brano è frutto del lavoro fatto insieme a L’aura Abela, Simone Bertolotti ed Emiliano Bassi  e racchiude una serie di stati d’animo che mi hanno accompagnato negli ultimi mesi». In attesa di scoprire quale sarà la risposta del pubblico nei riguardi di questo primo lavoro, Fabio non rimarrà di certo con le mani in mano: «Scrivo tanto e ho anche altre canzoni che non ho mai fatto uscire. Al momento sto sistemando una serie di pezzi che avevo già e vi assicuro che sono davvero tanti! Inoltre ci sono i live a cui pensare- continua-  mi piacerebbe portare con me un quartetto d’archi, un batterista e un basso, una band di dieci elementi  in tutto , senza dimenticare qualche suono elettronico. In realtà sul palco starei bene anche da solo, seduto su una sedia con una chitarra in grembo. Credo però che per il pubblico un’ora e mezza di me non sarebbe sopportabile. Le sue orecchie finirebbero per chiedere pietà (ride ndr)». L’ultima battuta è inevitabilmente rivolta al Festival di Sanremo: «Cercherò di guadagnarmi il palco dell’Ariston con tutte le mie forze. Farò di tutto per esserci!».

Raffaella Sbrescia

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