Francesco Gabbani: dal successo di “Amen” all’ album “Eternamente ora”. Intervista

Gabbani

Dopo aver vinto la 66° edizione del Festival di Sanremo, il Premio della Critica Mia Martini nella sezione Nuove Proposte e il Premio Sergio Bardotti per il miglior testo, Francesco Gabbani, attualmente impegnato con un tour promozionale in giro per l’Italia per presentare il suo disco  “Eternamente ora”, continua a riscuotere un grande successo di pubblico e di critica e il video di “Amen”  (http://vevo.ly/fCdDwW ), brano in programmazione su tutti i principali network radiofonici e in vetta alle classifiche airplay radio, ha già superato 2 milioni e 500 mila visualizzazioni. Ritratti di note ha incontrato il cantautore a Napoli, in occasione della promozione del disco.

Intervista

Francesco, primo a Sanremo 2016 nelle Nuove Proposte, Premio della Critica Mia Martini e Premio come Miglior Testo per la canzone “Amen”…

E chi più ne ha, più ne metta… si, è stato uno scenario incredibile, non mi aspettavo di ricevere tutti questi premi, per me hanno un doppio valore, sono un po’ una ricompensa di tutto il percorso che ho alle spalle. Oggi ho 33 anni e scrivo canzoni da quando ne avevo 12; un po’ di strada ne ho fatta e devo dire che questo è un momento fantastico.

Scrivi canzoni sin da quando eri giovanissimo, ma in realtà sei nato tra gli strumenti musicali…

Si, è proprio il caso di dirlo. Da quando sono nato e ancora tutt’oggi, mio padre possiede un negozio di strumenti musicali a Massa Carrara, la mia città. Sono nato quindi davvero tra la musica. Molte persone magari crescendo hanno un rifiuto per le cose nelle quali sono nate, per me non è stato così, anzi questo è servito a farmi capire che la musica sarebbe stata la mia forma d’espressione.

Citiamo anche Fabio Ilacqua, l’autore di “Amen”

Assolutamente, senza di lui non sarebbe nata questa canzone…

“Amen” è una canzone ed una parola che ha una duplice chiave di lettura; esprime una serena accettazione e un input al cambiamento.

Sì, proprio così, “Amen” esprime da una parte una accettazione consapevole delle cose, dall’altra parte, in maniera sarcastica, ci consiglia di fare il contrario, di impugnare le nostre vite e capire che noi stessi siamo gli artefici del nostro destino.

Oltre ad “Amen”, il disco contiene sette probabili singoli, ma io faccio il tifo in particolare per la canzone “Software”; il ritornello “Lampadina accenditi” ti entra subito nella testa…

Mi fanno piacere le tue parole, in realtà anche io sono molto legato a questa canzone; parla un po’ del rapporto che abbiamo con la tecnologia. Oggi grazie al web, ai software, alla tecnologia, abbiamo tante facilitazioni; nonostante questo lato positivo però, è anche vero che dovremmo tornare a vivere in maniera più consapevole, senza illuderci che queste cose possano farci cambiare completamente. Nella canzone dico “rimango dell’dea che serva un’idea”, ecco quello che conta sono le idee…

Francesco Gabbani

Francesco Gabbani

Francesco, “Eternamente Ora” è un album che offre tanti spunti di riflessione…

Si, dal punto di vista musicale il sound elettronico dell’album ti fa ballare, muovere, ma dal punto di vista dei testi, offre spunti di riflessione su tante sfaccettature della nostra vita; nell’album si parla del concetto di paura sociale, del rapporto tra individualità e  collettività, ma anche di sentimenti e d’amore.

Nel disco c’è una canzone che si intitola “La Strada”. Che cosa vede Francesco Gabbani al momento sulla propria strada?…

Al momento mi cerco sulla strada, proprio come nella canzone. Ognuno di noi si cerca sulla propria strada; siamo individui perennemente in viaggio e la strada passo dopo passo ti fa capire chi sei…

Un altro pezzo dell’album che voglio citare  è “In equilibrio”, del quale è autore tuo fratello Filippo Gabbani.

Si, Filippo sarà il batterista nel tour, mi fa contemporaneamente da coautore e road manager e cosa più importante, da fratello. La canzone è stata mixata da Luca Pretolesi a Las Vegas. Devo ringraziare per questo anche il produttore artistico del disco Pat Simonini.

“Eternamente Ora” è anche un invito a “cogliere l’attimo”…

Si certo. S tratta di un invito a vivere profondamente il presente senza le paure del passato e senza preoccuparsi troppo del futuro. Viviamo pienamente il presente.

Progetti di live imminenti?…

I live dovrebbero partire a maggio. Per essere aggiornati seguitemi sui social e sul sito www.francescogabbani.com

Giuliana Galasso

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Video: Amen

“Eternamente Ora” – Tracklist

1 La strada

2 Amen

3 Per una vita

4 Software

5 Eternamente ora

6 In equilibrio

7 Prevedibili

8 Il vento si alzerà

 

Intervista a Marco D’Anna: “La mela è un disco per non piangersi addosso”

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Ritratti Di Note ha incontrato il cantautore napoletano Marco D’Anna. Dopo la fortunata esperienza con la band “Titoli Di Coda”, Marco, impegnato attualmente al Teatro Bellini di Napoli con il collettivo musicale “Be Quiet”, ha pubblicato il suo primo album da solista intitolato “La Mela”.

Intervista

Marco, quest’album è un inno alla semplicità. Dal punto di vista musicale e dei testi è profondamente “essenziale”…

 Si, ho deciso da subito di fare un disco che avesse della verità; è stato davvero ritoccato molto poco. Le imperfezioni che ci sono le ho lasciate così perché si sentisse che è un album vero; è quasi un disco live… Abbiamo registrato il trio di base pianoforte, contrabasso e batteria tutto live, aggiungendo strumenti come viola e violino che suonano senza artifici. Anche dal punto di vista dei testi ho deciso per l’essenzialità, eliminando molte parti di testo e sostituendo con temi strumentali. Il disco è pieno di temi strumentali.

L’album si ispira molto al cantautorato, al mondo di Gaber, Jannacci, ma anche ad artisti come Nino Buonocore e Sergio Caputo.

Io sono un ragazzo degli anni ’90, un giovanotto cresciuto con la musica di quegli anni. Sono molto legato come artista a Nino Buonocore; ho avuto la fortuna di conoscerlo, di passarci del tempo insieme e devo dire che questo mi ha molto stimolato dal punto di vista della scrittura, ma ho ascoltato anche la musica degli altri autori che hai citato, e probabilmente gli ascolti e le influenze di tutti questi artisti sono presenti in questo mio lavoro. Senza dimenticare che ho amato e ascolto ancora la musica di Fabio Concato, Pino Daniele, Caetano Veloso e questo emerge quando mi cimento nella scrittura.

Marco D'Anna

Marco D’Anna

 Dal punto di vista dei testi, di cosa si è nutrito questo disco?

Si è nutrito essenzialmente di una storia. Ho voluto cominciare questa esperienza da solista raccontando il momento in cui ho voltato pagina nella mia vita personale e quindi anche musicale, le due cose sono strettamente connesse e non è facile separarle, almeno nella mia persona. Il disco è ricco di metafore, non è tutto così esplicito. Più che la storia stessa, ho voluto far passare nelle canzoni le emozioni, i colori, così che ognuno potesse sentirsi parte in qualche modo parte di questa vicenda, che non è null’altro che una storia d’amore finita. Il momento in cui si volta pagina è quando si capisce e si accetta che le cose dovevano andare come dovevano andare. C’è una sorta di rassegnazione serena, forse addirittura quasi felice, nei colori di questo disco; o almeno è quello che ho tentato di trasmettere, il non piangersi addosso e raccontare le cose così come stavano.

Questo è un album delicato ed evocativo, godibile dalla prima all’ultima traccia, ma ti confesso la mia grande passione per due brani in particolare, “Distratto” e “Domani Domani”…

Mi fa molto piacere; “Domani Domani” è una delle canzoni più amate da chi ha ascoltato questo disco. Me l’hanno detto in molti; può darsi sia un prossimo singolo, magari con un video.

Hanno collaborato a questo disco tanti bravissimi musicisti…

Si, mi fa piacere ricordarli tutti; in primis Luigi Esposito che assieme a me è l’anima di questo disco e ha arrangiato con me tutti i pezzi; Caterina Bianco alla viola e al violino; anche lei ha partecipato attivamente agli arrangiamenti e alla fase di scrittura degli strumentali; Umberto Lepore al contrabasso e Marco Castaldo alla batteria, la parte ritmica del disco; Alberto Santaniello, che ha suonato la chitarra acustica proprio nel brano “Domani Domani” e che è stato anche il nostro fonico, perché il disco è stato registrato nel suo studio ABC 29 di Napoli; Mario Romano, che ha suonato la chitarra manouche e il guitalele; Davide Maria Viola al violoncello e il prezioso cameo di Raffaele Casarano, un sassofonista di Lecce che ho avuto il piacere di conoscere tempo fa grazie a Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. Spero e credo di non aver dimenticato nessuno.

“La Mela” sarà presentato ufficialmente il 10 Marzo alle 18.30 al Teatro Bellini di Napoli.

Si, sono oramai di casa in questo teatro che mi vede in scena con il collettivo Be Quiet una volta al mese. Mi fa piacere cementare ancora di più questo rapporto presentando il mio disco lì. Tra l’altro credo che il teatro sia il posto ideale per ascoltare la musica e dedicarsi ad essa.

Per seguire Marco D’Anna sui social?

C’è il sito www.marcodanna.it costantemente aggiornato, oppure scegliere tra i miei profili Facebook, Twitter o Instagram

Giuliana Galasso

La Mela – Tracklist
La Mela
Distratto
Niente Di Particolare
Interludio
Acqua Passata
Domani Domani
Un Piccolo Neo
Preludio
Viola
Tre Volte Sera

 

La svolta solista di Ermal Meta: “Umano” è l’espressione di un fuoco destinato a non spegnersi

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Si apre un nuovo importante capitolo professionale per Ermal Meta. Autore di tanti brani di successo ed ex frontman della band La fame di Camilla, l’artista ha scelto di  mettersi in gioco gareggiando nella sezione Nuove Proposte di Sanremo 2016 con il singolo “Odio le favole” tratto da “Umano”  il suo primo album da solista. Sono 9 le tracce che compongono un lavoro che condensa un ottimo electro pop ed un impegno autorale  che raccoglie tre anni di ispirazione. Scritto, arrangiato e prodotto dallo stesso Ermal Meta, “Umano” annovera anche le collaborazioni di Giordano Colombo ed Emiliani Bassi alla batteria, Lucio Enrico Fasino e Matteo Bassi al basso, Dario Faini al pianoforte, Riccardo Gilbertini, Marco Zaghi alla tromba, trombone e sax tenore e Feiyzi Brera alla stesura degli archi. «Tutto il disco l’ho scritto, arrangiato, prodotto e suonato. Per una volta volevo che quello che la gente sarebbe andata ad ascoltare fosse quello che io intendevo. Un prodotto di agricoltura bio, direttamente dal produttore al consumatore senza intermediario. Le tre parole che descrivono il mio cd, ‘Umano’, sono realismo, vita e lungo cammino. Questo è la musica per me, i musicisti sono dei maratoneti non degli sprinter e anche la vita è così. Io preferisco essere aderente a quello che vivo, i sogni magari ti fanno correre di più ma godere più lentamente quello che vivi, riesce a farti percepire meglio le sfumature», spiega  Ermal Meta che, ad oggi,  rappresenta uno dei cantautori più amati da giovani e meno giovani. La sua scrittura è fresca ma curata, i concetti sono essenziali eppure sono il frutto di una scrematura mentale che, solo dopo un lungo processo di raffinamento, vedono la luce amalgamandosi con una musica spesso concepita ancora prima delle parole stesse.

Ermal Meta

Ermal Meta

Se il singolo “Odio le favole” è ormai una hit di successo, è bene sottolineare che il brano  racchiude l’interesse del cantautore verso la vita vera: “Anche una vita piccola è più originale di una grande favola. Mi affido al tempo che guarisce da ogni male dello spirito”, dice. La struttura imponente ed incalzante di “Gravita con me” incentra i cardini del brano nella concezione salvifica dell’amore all’interno di una dimensione esistenziale dispersiva. “Chissà dove finisce il mare, dove la gente traccia il suo confine oltre il quale non ci sono strade dove non chiudi gli occhi per sognare”, scrive e canta Ermal in “Pezzi di Paradiso”, tracciando le orbite di interrogativi pesanti come macigni ma raccontati con grazia e delicatezza.  Un discorso a parte lo merita il brano “A parte te”, un arrangiamento molto particolareggiato, cesellato da una importante sezione di fiati, scandisce i frame di un racconto filmico scelto per definire i tratti di un sentimento incancellabile.  Intensa, intima, autobiografica, essenziale  la titletrack “Umano”: “Cerco il mio futuro e gli occhi di qualcuno. Uno, centomila, non c’è più nessuno”, inutile commentare parole che si raccontano da sole; e poi, ancora, “Se vomito parole poi pulisco tutto”: Ermal è così, in pochi versi riesce a veicolare la precisa definizione del nostro veleggiare in una nuvola di emotività spessa ma inconsistente.

Ermal Meta

Ermal Meta

Sulla stessa linea d’onda è la trama di “Volevo dirti” il cui nucleo è racchiuso in: “Viviamo insieme senza più pensare al domani, come ci viene, non è mai semplice ma vedremo insieme com’è”. Decisamente più frivola e meno impegnativa “Bionda”. Ermal sceglie lo stacco perfetto prima di introdurci nelle viscere di “Lettera a mio padre”: un brano duro, difficile in cui l’artista si mette a nudo rivelando le complesse trame di un doloroso rapporto padre –figlio. “E’  quando sulla schiena hai cicatrici è lì che ci attacchi le ali”, scrive Meta trasformando il dolore in risorsa. “Umano” si chiude con “Schegge”: un brano onirico, inafferrabile. Echi  di matrice Floydiana lasciano fluttuare l’inconscio in un amalgama di emozioni contrastanti ed è per questo che “Umano” è un gran disco: riesce a far vibrare le corde dei sensi e far ribollire i pensieri liquidi.

Raffaella Sbrescia

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Video: Odio le favole

Intervista a J Balvin, il nuovo reuccio del reggaeton

J Balvin

J Balvin

Invitato in qualità di superospite internazionale  al Festival di Sanremo nella serata del 12 febbraio, l’artista colombiano J Balvin ha portato sul palco del teatro Ariston “Ginza”, la hit  con cui il nuovo reuccio del reggaaeton ha già il primo posto della classifica di iTunes e di Shazam. Vincitore di un Latin Grammy, tre Billboard Awards, tre Premios Lo Nuestro, un Kids Choice Awards Colombia e un Latin American Music Awards con lo scorso album intitolato “La Familia”, il cantante è candidato a ben 8 Nomination ai prossimi Billboard Latin Music Award e tra poche settimane concluderà le sessioni di registrazioni del nuovo disco che non ha ancora un titolo. A sverlarci l’indiscrezione è lo stesso artista,, che abbiamo avuto modo di incontrare il giorno successo alla sua esibizione sanremese: «Ho sempre seguito il Festival di Sanremo da casa, in Colombia, mi sono sentito a mio agio e mi sono divertito molto. Questa occasione mi ha dato modo di svelare il mio volto al pubblico e spero  che questa partecipazione possa rappresentare la migliore porta d’ingresso per entrare nel cuore del vostro paese», ha spiegato. «Faccio musica reggaeton, un genere che sta diventando famoso in tutto il mondo perché usa un linguaggio in grado di trascinare le masse e che sta subendo anche una variazione di significato; il raggaeton è una musica che parla di sogni che si avverano, di positività e di energia, ha aggiunto, e  anche chi non ne capisce il senso può sentirne le forti vibrazioni». Dopo aver collaborato  con popstar  di rilievo mondiale come Ariana Grande e Justin Bieber, J Balvin è sempre più determinato nel volersi ritagliare un posto importante all’interno della scena musicale mondiale: «Lavorare con loro è stato fantastico, mi ha colpito il fatto che ci siamo confrontati spesso», ha concluso il cantante latino, la cui missione principale rimane quella di introdurre il reggaeton all’interno del mondo mainstream».

Raffaella Sbrescia

Video: Ginza

Intervista a Chiara Dello Iacovo. Una giovane promessa dotata di stile, freschezza e talento

Chiara Dello Iacovo

Chiara Dello Iacovo

La giovane cantautrice Chiara Dello Iacovo si aggiudica, con il brano “Introverso”, il premio della Sala Stampa Radio-TV-Web “Lucio Dalla” per la Sezione Nuove Proposte del 66° Festival di Sanremo. Dopo aver ricevuto il “Premio AFI 2016” per gli importanti successi artistici raggiunti in quest’ultimo anno, Chiara Dello Iacovo si è aggiudicata anche la vittoria del “Premio Assomusica – Migliore esibizione live – Categoria Sanremo Giovani 2016”, conferito dall’ Associazione Italiana degli Organizzatori e Produttori di Spettacoli Musicali dal Vivo.  Da 12 febbraio, è disponibile nei negozi tradizionali, in digital download e su tutte le piattaforme streaming “Appena Sveglia” (Rusty Records/Believe Digital), il disco d’esordio della giovane cantautrice astigiana prodotto da Davide Maggioni, realizzato per gran parte in presa diretta, senza editing e con una post produzione molto essenziale, che mette in evidenza la verità di Chiara e della sua musica.

Intervista

Raccontaci di “Introverso”, il brano che hai portato al Festival di Sanremo

“Introverso” è l’ultimo arrivato all’interno dell’album “Appena sveglia”. L’ho scritto durante l’ultima settimana del programma The Voice ed è ancora vivo in me il ricordo dell’entusiasmo con cui l’ho portato a termine. Certe volte ci sono canzoni che scrivi e che ti lasciano un po’ perplesso, poi ce ne sono altre che ti lasciano con la certezza che al loro interno vi sia qualcosa in più. Di questo brano mi è piaciuto tutto fin da subito; si tratta dello sfogo di un periodo di frustrazione che si è perpetuato per mesi.  La riflessione che racchiude il fulcro del brano nasce dalla presa di coscienza del non dover ostentare quello che si sa di essere.  Introverso nasce come  una canzone frustrata sebbene abbia una musicalità fresca  l’arrangiamento l’ha resa ancora più orecchiabile ed accattivante. Ho avuto diversi diverbi con il produttore perché ritenevo che l’arrangiamento fosse troppo leggero e che potesse far passare in secondo piano il testo che, per me, rappresenta la parte più importante della canzone. Con il senno di poi ho capito che aveva ragione lui, il rischio era quello di pubblicare una canzone supponente , con questo mix  abbiamo raggiunto un buon equilibrio.

Coraggiosa la scelta di portare  una canzone lontana dallo stereotipo sanremese…

Sono felicissima di questo. Il Festival ti dà una visibilità che forse nessun altro contesto ti permette di avere. Mi ero ripromessa che, qualora fossi riuscita ad andarci, non lo avrei fatto con un classico brano sanremese ed è andata esattamente così. In verità io parlo sempre d’amore in maniera molto discreta e velata , questa è l’unica canzone a non avere questa caratteristica.

Cosa troveremo in “Appena sveglia”?

Considero quest’album  come una carta d’identità.  Tra i 16 e i 19 anni ho attraversato fasi musicali diverse muovendomi sempre tra il pop d’autore ed una dimensione quello più specificamente cantautorale. Le matrici sono di origine disparata eppure abbiamo trovato una coerenza tra tutte,

A che punto sono i tuoi studi in Conservatorio?

In realtà ho dato il quinto anno da privatista. Dopo aver superato questo scoglio mi sono decisa a continuare perché ho capito che lo studio riesce a darmi equilibrio anche nei momenti di forte instabilità.

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Quale compositore preferisci?

Ho avuto un trauma mentre preparavo il quinto anno di pianoforte: odiavo profondamente Bach, non lo capivo, lo trovavo freddo, troppo razionale. Adesso, invece è uno di quelli che amo suonare maggiormente.

Lavori da tempo con Rusty Records. Come ti trovi con loro?

Esattamente come all’interno di una famiglia. Mi lasciano tantissima libertà, tant’è che mi sono occupata persino delle grafiche del cd, i video li scrivo io con la mia videomaker,  ho un altissimo margine di azione ed è bello che una casa discografica come la Rusty dia tutto questo spazio ad un emergente.

Hai cominciato a pensare al tour?

Certo! Visto che si tratterà del mio primo tour avremo tante misure da prendere, non potremo strafare però vorrei inserirvi un pizzico di teatralità e di follia che lo renda qualcosa di più di un semplice concerto, che lo renda quasi un racconto. Questa è una cosa che di solito noto quando vado a vedere i concerti degli altri quindi vorrei metterlo in pratica anche per me stessa.

Sei nel pieno della tua evoluzione identitaria:  come vivi questo momento?

Spero di portarmi dietro questo processo di costruzione per tutta la vita. Finche si è curiosi e si ha voglia di apprendere cose nuove si cresce, spesso mi faccio prendere dall’ansia pensando a tutte le cose che non imparerò mai durante per pigrizia o per questioni di memoria, limitata per natura.

Questa la tracklist del disco “Appena sveglia”: “Introverso”, “Vento”, “La mia Città”, “Donna”, “Scatola di Sole”, “Soldatino”, “1° Maggio”, “Genova”, “Il Signor Buio” e “La rivolta dei numeri”.

Chiara Dello Iacovo presenterà l’album in un instore tour. Queste le prime date confermate: il 15 febbraio alla Mondadori di Imperia (ore 15.00) e a La Feltrinelli diGenova (ore 18.00), il 16 febbraio a La Feltrinelli di Milano, il 17 febbraio a La Feltrinelli di Torino, il 18 febbraio a La Feltrinelli di Roma, il 19 febbraio alla Mondadori di Firenze, il 20 febbraio alla Mondadori di Perugia, il 21 febbraio alla Mondadori di Matera, il 22 febbraio a La Feltrinelli di Napoli, il 23 febbraio a La Feltrinelli diBari, il 24 febbraio alla Mondadori di Taranto, il 25 febbraio alla Mondadori di Lecce, il 26 febbraio alla Mondadori di Vercelli,  il 27 febbraio alla Mondadori diAlessandria, il 2 marzo a La Feltrinelli di Bologna e il 4 marzo a La Feltrinelli di Verona.

Raffaella Sbrescia

Video: Introverso

Dolcenera al Festival di Sanremo con “Ora o mai più”. Intervista

Dolcenera

Dolcenera

Dolcenera è al Festival di Sanremo con il brano intitolato “Ora o mai più”, una canzone concettuale che la cantautrice salentina porta sul palco in maniera sofisticata, intima e raffinata. La cantante è intervenuta in conferenza stampa all’interno della Sala Lucio Dalla. Ecco le dichiarazioni:

Come reagisci alla zona rossa?

Mi hanno dato la notizia mentre ero al Dopofestival,  mi sono sentita come una mamma che viene legata mentre intanto le picchiano il figlio. Questa sensazione me la posto dietro cercando di sdrammatizzare. Ora o mai più è il frutto di un flusso creativo unico, parole e musica sono arrivate insieme, diversamente da quanto avviene di solito. Il testo racchiude il messaggio di una donna che legge all’interno della propria anima  individuando lo status del proprio percorso individuale all’interno di un rapporto di coppia.

Il brano potrebbe essere interpretato come una seconda puntata di “Ci vediamo a casa”?

Credo nell’evoluzione personale, una cosa per me fondamentale. Non bisogna rimanere uguali a se stessi. In quanto ascoltatrice pretendo che all’interno del  percorso di un cantautore ci sia sempre un’evoluzione.

La canzone potrebbe essere emblematica di una tua nuova fase di scrittura?

Si è trattato di un attimo, chissà cosa succederà dopo! Penso che non sia il caso di fossilizzarsi in un unico modulo fortunato. Ogni volta mi rimetto in gioco, mi metto in vetrina domandandomi chi sarà a darmi il primo schiaffo. In questo mestiere alcuni discografici ti vincolano, eppure io ho sempre fatto quello che volevo.

La scelta di una cover come “Amore disperato” rispecchia la tua voglia di rivalsa e di rivincita?

Carlo Conti mi ha chiesto di fare una canzone non lenta: grazie alle mie due anime, di cui una fa di me la reginetta della cassa in quattro, mi ha suggerito questo pezzo di Nada. All’inizio ho storto un pò il muso ma non perché non mi piacesse, si tratta di un pezzo dotato di  un’identità punk, uno stile che non si avvicina molto al mio. Per come ragiono io realizzare una cover è come spogliare un pezzo e strappargli il cuore dandogli un altro flusso sanguigno. Alla fine il brano  è diventato electro dance con un piglio nuovo dato dall’introduzione di una parentesi dubstep; qualcosa a cui non siamo abituati. Si tratta di un pezzo spensierato che ho interpretato come tale, al posto di un’esplosione c’è un risucchio, un effetto speciale che coglie l’ascoltatore di sorpresa.

Che rapporto hai con il pianoforte?

Il piano è il mio linguaggio di partenza, condiziona il mio modo di sentire. Suonare il piano in “Ora o mai più” mi permette di distaccarmi dalla latente ansia sanremese.

Raffaella Sbrescia

Video: Ora o mai più

Francesca Michielin affronta il Festival di Sanremo con freschezza e disinvoltura. L’intervista

Francesca Michielin

Francesca Michielin

La freschezza di una ventenne, la saggezza di una persona curiosa e appassionata, la bravura di un artista che studia per acquisire conoscenze sempre più approfondite. Stiamo parlando di Francesca Michielin che con “di20are”, ritorna sul mercato discografico con i successi dell’album “di20″, uscito lo scorso 23 ottobre, includendo il brano “Nessun grado di separazione”, in gara alla 66ma edizione del Festival di Sanremo e scritta dalla cantautrice insieme a Cheope e a Federica Abbate.

Intervista

Francesca, prendendo spunto dal brano che porti al Festival di Sanremo, quali sono le sei persone che ti hanno permesso di diventare quella che sei oggi?

Sicuramente la mia casa  discografica Sony, che mi ha supportato dall’ inizio, il mio management Martà Donà, con cui lavoro molto bene, poi c’è Elisa con cui ho realizzato il mio primo disco; la sua è stata una scuola d’arte, l’esperienza in studio con lei è stata fondamentale. Proseguendo cito  Michele Canova:  insieme abbiamo fatto una grande ricerca di suoni.  A questo proposito mi sento di dire che l’artista deve concentrarsi sul proprio suono e creare un proprio stile riconoscibile. Sono molto legata anche a Giorgia, lo sono fin da quando io e lei lo potessimo sapere, sono nata il 25 febbraio del 1995 proprio mentre lei vinceva il Festival di Sanremo con “Come saprei”. A prescindere da questo l’ho sempre seguita, mi piace tantissimo! Ieri sera mi ha persino scritto un messaggio di sostegno dicendo che tifa per me. Uno spazio lo merita sicuramente la mia famiglia: senza la famiglia non si va da nessuna parte.

Nel 2012 hai duettato con Chiara Civello. Come sei cambiata rispetto a 4 anni fa?

Ieri sera sul palco dell’Ariston ho raccontato la mia crescita. Con la Civello fu solo un duetto, un gioco divertente; oggi mi sento più consapevole e questa cosa la canto anche nel mio brano. Esco dalle mie insicurezze.

Come concili la vita da cantante e da studente? Lo studio ha influenzato a livello contenutistico quello che fai oggi?

Sono una perfezionista. Quando ho fatto X Factor ero al terzo anno del liceo, ho studiato di notte, ho fatto parecchia fatica, è stata una  battaglia ma sono felice di averla portata avanti. Ora studio composizione al Conservatorio e contestualmente studio alla Cà Foscari. Chiaramente non riuscirò a finire il corso di laurea in tempo ma sì, mi piace studiare e quello che studio ispira quello che scrivo. La cultura in generale aiuta a difendersi.

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Che sensazione si prova a sfidare i tuoi giudici di X Factor?

Più che al centro di una sfida, mi sento onorata e divertita. Elio, Arisa, Morgan si comportano da zii, mi coccolano tanto  e questa dimensione familiare mi piace molto.

Com’è il tuo rapporto con i fan attraverso i social?

Grazie ai social networks l’artista è sceso dal piedistallo. I miei fan sono coinvolti insieme a me in questo percorso, mi piace leggere i loro commenti, sapere cosa  pensano, serve sempre un diretto contatto.

Raccontaci dell’esperienza live con “Nice to meet you”…

Questo tour è stata la mia palestra, attraverso gli strumenti che suono sono riuscita a creare una dimensione intima con il pubblico. Tutto questo mi ha aiutato a gestire lo stress, l’ansia, il fiato ed è stato molto gratificante.

Se non partecipassi in gara, guarderesti il Festival? 

Il Festival è nel Dna italiano, gli vuoi bene a prescindere perché è dentro di te. Personalmente lo seguo da sempre, mi piace. Conti ha fatto una scelta bella, quest’anno c’è di tutto: ci sono io che a vent’anni “esco dalla scatola” e c’è Patty Pravo che festeggia 50 anni di carriera.

Come definiresti “di20are”?

Si tratta della sintesi e del racconto di un viaggio che si porta dietro un bagaglio di esperienze iniziato con l’ “Amore Esiste” e che si proietta con entusiasmo nel futuro.

Raffaella Sbrescia

Video: Nessun grado di separazione

Intervista ai Marlene Kuntz: le intuizioni, i suoni e le verità di “Lunga attesa”

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“Lunga attesa” è il titolo del nuovo lavoro discografico dei Marlene Kuntz, il decimo di una band che, dopo 25 anni vissuti spendendosi sui palchi di tutta Italia, torna dimostrando di avere ancora parecchio da darci e da dirci. All’indomani dei grandi festeggiamenti in occasione del ventennale dall’uscita di “Catartica”, Cristiano Godano e compagni sfornano 12 inediti intrisi di verità concettuali assolute ed impreziositi da suoni cesellati da chitarre imperiose, potenti, energiche, assetate di occhi e orecchie. Anticipato da “Fecondità”, l’album da ascoltare necessariamente nella sua interezza, è caratterizzato da un’ attitudine autenticamente rock eppure non mancano sorprese di natura intima e commovente. All’interno di una realtà che ci disintegra, impressionano frasi come “fammi ascoltare il tuo silenzio”. Senza un equilibrio e tra oceani di stupidità, il rigoglio strumentale e semantico dei Marlene Kuntz si snoda lungo riverberi, distorsioni ed intuizioni in grado di smuoverci e di risvegliarci da un catatonico stato di rassegnata contemplazione ricettiva.

Intervista a Cristiano Godano

“La realtà ci disintegra, nulla c’è che ci reintegra”?

“Narrazione” è frutto di un’intuizione che non ho ancora  messo a fuoco del tutto. Nel  mito e, più in generale,  in tutto ciò che le favole tramandano, risiede qualcosa di emotivamente più importante e in grado di segnarci nel profondo. Per contrasto, quindi, se da una parte c’è la narrazione, dall’altra c’è tutto ciò che ci viene trasmesso dalla realtà che ci circonda. Mi è venuto facile pensare alla realtà che ci disintegra e che ci rende persone impermeabili all’emotività e alle problematiche contingenti.

In  “Lunga attesa” ci sono degli interrogativi che non lasciano spazio all’evasione…

Nel renderci conto di quanto siamo piccoli di fronte all’universo diventa tutto un po’ vertiginoso. Certi grandi interrogativi sono stati al centro delle riflessioni di filosofi, poeti, romanzieri, fisici, astronomi. Non si tratta di stare con le spalle al muro ma di acquisire una certa consapevolezza ci dà la possibilità di discernere con più lucidità e di mantenere le distanze dalla dilagante moda del creazionismo.

Marlene Kuntz ph Andrea Simeone

Marlene Kuntz ph Andrea Simeone

I suoni che proponete in quest’album picchiano duro, una pressione sonora in controtendenza rispetto a quello che ci viene proposto da più fronti. Come mai questa scelta , cosa vi ha dato l’entusiasmo per darci dentro senza mezza misure?

 In fondo neanche noi lo avremmo pensato , abbiamo fatto un tour dedicato a “Catartica”, il nostro primo disco e, per poterlo celebrare al meglio, abbiamo fatto molte prove e abbiamo suonato diversi brani che non toccavamo da diversi anni.  Quando siamo entrati in sala prove avevamo il sospetto che la pressione sonora ci avrebbe disturbato l’orecchio. Contrariamente alle aspettative, la cosa non è andata in questi termini, ci siamo divertiti a tirare su i pezzi di “Catartica” per cui, quando ci siamo trovati a lavorare ai pezzi nuovi,  non abbiamo avuto paura di fronteggiare questa pressione che ci ha permesso di scoprire diverse possibilità di creatività e divertimento; è stato tutto molto più spontaneo di quanto noi stessi avremmo potuto immaginare.

Da cosa nasce la costruzione dei vostri suoni?

Il nostro suono è figlio di 30 anni di esperienza e più di 1700 concerti. Alla base c’è tutto il nostro knowhow, un marchio di fabbrica che contraddistingue tanto i Marlene Kuntz quanto tutte le band che hanno un suono riconoscibile.

“Un attimo divino” si discosta dalle altre canzoni contenute nel disco : le Lacrime vengono asciugate da un uomo tanto arrabbiato quanto capace di donarsi senza riserve…

Fin da quando esistiamo, il nostro linguaggio si è sempre mosso lunga una doppia direzione: da una parte c’è l’impeto,  che coincide con la parola Kuntz,  dall’altro c’è la piega romantica e sentimentale, che coincide con la parola Marlene. Anche qui ci sono due o tre brani più vicini alla nostra parte morbida e che fanno parte del nostro patrimonio genetico.

Con quali prospettive vi approccerete alle date europee che a  fine febbraio anticiperanno il “LUNGA ATTESA TOUR 2016”?

Partiremo e ci caricheremo in luoghi dove non siamo abituati a suonare, luoghi  in cui la gente non ha ancora avuto modo di vederci. Siamo sicuri al 100% che saranno le comunità italiane a venire a vederci ma si tratta comunque di persone che non siamo abituati ad avere sottopalco. Queste date serviranno a  scaldarci ma ovviamente la cosa non implica che ci sarà minor tiro e che non avremo i pezzi in mano come quando saremo in Italia.

Il 17 febbraio arriverà  nei cinema di tutta Italia ”Marlene Kuntz. Complimenti per la festa”, il film diretto da Sebastiano Luca Insinga, che celebra i Marlene Kuntz, a vent’anni dal loro album di debutto “Catartica”. Anche se non siete intervenuti nella scelta dei materiali, cosa avete provato rivedendovi?

“Complimenti per la festa” mostra i Marlene Kuntz sotto una veste molto intima.

I ragazzi che hanno lavorato al film hanno chiesto materiali a persone a  noi vicine, ovvero coloro che ci sopportavano agli inizi. Si tratta di un racconto dal risultato curioso, ci siamo fatti prendere per mano dal filo della narrazione e pensiamo che lo stesso accadrà al pubblico.

Raffaella Sbrescia

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TRACKLIST “LUNGA ATTESA”:

1. Città dormitorio

2. Fecondità

3. Formidabile

4. Leda

5. Lunga attesa

6. Narrazione

7. Niente di nuovo

8. La noia

9. Il sole è la liberta

10. La strada dei ricordi

11. Un attimo divino

12. Un po’ di requie

“LUNGA ATTESA TOUR 2016”

25 FEBBRAIO - PARIGI – L’ALIMENTATION GENERALE

27 FEBBRAIO - BRUXELLES – VK

28 FEBBRAIO - LONDRA – HOXTON SQUARE BAR & KITCHEN

29 FEBBRAIO - DUBLINO – WHELAN’S

2 MARZO - AMSTERDAM – SUGAR FACTORY

11 MARZO – MILANO – FABRIQUE (TIMmusic ONSTAGE AWARDS WEEK)

12 MARZO – MARGHERA (VE) – RIVOLTA

17 MARZO – COSENZA – UNICAL

18 MARZO – GROTTAMMARE (AP) – CONTAINER

19 MARZO RIMINI – VELVET

23 MARZO – ROMA – QUIRINETTA

24 MARZO – TERNI – OPIFICIO

25 MARZO – VERONA – MALKOVIC C/O PIKA CLUB

26 MARZO – BERGAMO – DRUSO

01 APRILE – TORINO – HIROSHIMA MON AMOUR

02 APRILE – PERUGIA – AFTERLIFE

08 APRILE – GATTATICO (RE) – FUORI ORARIO

09 APRILE – FIRENZE – AUDITORIUM FLOG

10 APRILE – S.MARIA A VICO (CE) – SMAV

15 APRILE – SAMASSI (CAGLIARI – MEDIO CAMPIDANO) – BIGGEST

20 APRILE – BOLOGNA – LOCOMOTIV

21APRILE – BRESCIA – LATTERIA MOLLOY

22 APRILE – BRESCIA – LATTERIA MOLLOY

23 APRILE – LIVORNO – THE CAGE

Video: Fecondità

Guido Elmi: un album da “crooner” per il producer. Sogni, tormenti e riferimenti letterari ne “La mia legge”

cover

 “La Mia Legge” è il titolo del primo album di Guido Elmi, noto produttore musicale di grandi artisti italiani. Distribuito da A1 Entertaiment e artisticamente prodotto, suonato ed arrangiato da Guido Elmi e Vince Pastano (chitarrista di Vasco Rossi e Luca Carboni), il disco, pubblicato lo scorso 22 gennaio 2016, contiene 11 brani, scritti interamente da Guido e ispirati dalle più grandi leggende musicali mondiali. Canzoni dure, intense, fortemente autobiografiche popolano un lavoro intriso di affascinante malinconia e caratterizzato da suoni variegati e finemente curati nel dettaglio. Ecco come ce ne ha parlato lo stesso Guido Elmi.

Intervista

Dopo 30 anni “dietro il mixer”, eccoti davanti al microfono. Cosa ti ha fatto scattare la scintilla per dare sfogo alla tua vena espressiva?

Ho cominciato a lavorare in studio nel 1978 quindi sono molto più di 30 anni. Come vero e proprio produttore dal 1979. La voglia di fare un mio disco l’ho sempre avuta ma prima pensavo di non riuscire a cantare decentemente, a parte qualche canzone satirica per gli amici in vacanza. Poi quando alla fine degli anni novanta ci ho provato seriamente, non mi piaceva la mia voce. Poi improvvisamente poco più di un anno fa ho scoperto che se mi muovevo su tonalità più basse  e uno stile da “crooner” ce la potevo fare.

Belli, variegati e curatissimi i suoni. Quali sono le influenze, le scelte e le suggestioni che si celano tra le trame delle melodie?

E’ un mondo vastissimo che viene da lontano. Da Dylan a Leonard Cohen, dagli Steely Dan ai Little Feet. Dai Manassas di Stephen Stills a Neil Young. Poi Johnny Cash, Tom Petty e Bryan Ferry. Per arrivare ad oggi coi The Sins of Thy Beloved, Katatonia, My Dying Bride e Anathema. E poi ancora The War on Drugs, Adrian Crowley e Mark Lanegan. Ma l’elenco di chi mi ha influenzato è sterminato e qua e là nel cd c’è tutto il mio mondo pieno di ascolti notturni, in auto e in ogni luogo dove sono solo. La musica è una compagna perenne. Anche il jazz e la musica classica lo sono e parecchio.

Il disco contiene 11 brani scritti interamente da te in puro stile singer-songwriter. Cosa racchiudi in queste “frustate di vita intensa”?

Credo l’album racchiuda con sincerità le cose belle e brutte della mia vita. Gli errori e le cantonate che ho preso. I fallimenti. Gli amori che credevo eterni. E anche una certa incapacità di amare veramente. Le illusioni e la mia vera compagna: la malinconia. L’artificio, l’orrore dietro la maschera, le dee del passato, le musiche terribili del silenzio, le vestali scalze, gli animali immondi, il coacervo dei desideri inconfessabili, l’appagamento non pago… Tutto mi ha reso la vita fortunata e infelice.

Ti sei definito “un tormentato incauto e romantico, decadente e velleitario che si ciba della malinconia, dal carattere sensibile ma anche determinato”.  Potresti argomentare e motivare nel dettaglio questa definizione di te stesso?

Tormentato sicuramente. Mi tormento anche quando devo prendere un treno. Mi spaventa sempre il “prima” delle cose, quello che potrebbe accadere ma che non si sa ancora come andrà a finire. Quando invece devo affrontare un problema reale allora cambio e divento efficiente, determinato e risolutivo. Quest’attitudine al tormento non la porto sul lavoro o in mezzo alle persone: è tutta dentro di me. Incauto e velleitario perché a volte mi butto in cose che non hanno speranza ma che testardamente cerco di portare a termine ugualmente. Romantico e decadente deriva dalle mie passioni letterarie che sono tutte orientate in quel senso. Poi ascolto Schumann, Chopin e tanti altri che non sono proprio esempi di musica d’intrattenimento.

“La mia legge” dà il titolo all’album ed è il brano dalla lirica più dura e prorompente di tutto il lavoro. Cosa ci comunichi in questa canzone e con quale prospettiva?

Credo senza prospettive. Comunico un amore tradito in modo totale e crudele. Comunico la disperazione di chi, tradito, si rifugia nel nichilismo più nero e senza speranza. E butto giù frasi che rappresentano stati d’animo che forse, in modo non così estremo, tutti hanno vissuto. Specie quando finisce un amore per colpa di un’altro o di un’altra che ti ha illuso fino a pochi attimi prima. “E cosa dovrei fare di te adesso se questa è l’unica occasione di vita che ho, se nessun Dio veglia più su di noi…” Non c’è più rifugio, redenzione… Alla fine devo uccidere. Simbolicamente.

Quali sono i riferimenti letterari e musicali presenti nel disco?

Molti sono i riferimenti letterari presenti nell’album, anche se, a parte la citazione diretta di Baudelaire ne Il Re del Bosco, rimangono abbastanza nascoste.  Cito ad esempio “l’eleganza come scienza” rubata a Balzac o il “nessun Dio veglia più su di noi” del cui significato sono sicuramente debitore agli scritti di Nietzsche. Qua e là si può avvertire l’influenza di Lautréamont, J.K. Huysmans, Nerval, Cioran, Dostoyevsky e Bret Easton Ellis. Musicalmente posso dirti chi ascolto e a chi in qualche modo mi sono ispirato. Sicuramente Bob Dylan, Leonard Cohen, Johnny Cash, Nick Cave, Neil Young, Mark Lanegan e Steve Von Till ma anche Adrian Crowley e tanti altri cantautori americani e inglesi.

Tutto è cominciato da “Se la notte”?

Se la notte è il brano che mi ha spinto ad andare avanti. Una canzone che ho scritto per una donna che mi faceva sempre aspettare. E’ venuta spontanea e quando Vince Pastano l’ha sentita l’ha voluta incidere subito. Dopo ne ho scritte altre e ho anche rielaborato quelle che vengono dal passato.

In “It’s a beautiful life” partecipa anche il giovane rapper statunitense Rockwell Knuckles. Come è avvenuta questa collaborazione?

Ho un’amico a N.Y.C. che ha trovato il rapper. Gli ho mandato il file musicale e il testo. Hanno registrato la voce e poi mi hanno rimandato il file. In una notte ho scelto le frasi migliori, le ho montate e poi inserite nel brano.

E’ vero che l’album è dedicato ai tuoi genitori?

La dedica è scritta nella seconda di copertina. Dovevo farlo… si sono sacrificati per me.

Hai lavorato con Vasco Rossi, Edoardo Bennato, Skiantos, Stadio e molti altri… quali sono i più grandi insegnamenti che ciascuno di questi artisti ti ha lasciato?

Non c’è un insegnamento preciso ma tanti insegnamenti e tante esperienze che formano e aiutano la professionalità.

In “Sono un uomo” emerge  la tua grande passione per Chopin. Cosa ti lega al celebre compositore?

Come per tanti altri quello che mi lega a Chopin è la sua musica. Nel suo caso anche la sua vita. Un emozione forte per me  è stata quella di arrivare a Varsavia e vedere un’enorme insegna con scritto: Fryderyk Chopin Airport. Amo anche Richard Strauss, Gustav Mahler, Aleksandr Skrjabin, Debussy, Brahms, Zemlinsky e tanti altri. Il concerto di Vasco del 2015 apriva con un brano di Shostakovich scelto da me.

Romantico e immaginifico il breve brano strumentale che chiude il disco… come mai questa scelta?

Il brano non è altro che una parte della base strumentale di “Sono un uomo” che ho voluto estrapolare per farne una vera e propria suite classica. Due minuti di puro romanticismo musicale. Il titolo, voluto da Beppe D’Onghia (l’arrangiatore), è un omaggio a Chopin.

Hai pensato anche a dei concerti tuoi? Oltre alle tue canzoni, quali altri brani inseriresti nella tua “scaletta dei sogni”?

Spero di fare qualche concerto in piccoli club. E’ ancora presto per decidere perché occorre far combaciare gli impegni miei e gli impegni dei musicisti che vorrei con me. Mi piacerebbe inserire un brano di Piero Ciampi.

 Raffaella Sbrescia

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Video: It’s a beautiful life

Ritratti di…Sanremo: intervista a Miele. Stile, autenticità ed eleganza in “Mentre ti parlo”

Miele

Miele

Sarà sul palco del Festival di Sanremo con il brano intitolato “Mentre ti parlo”. Lei è Miele, all’anagrafe Manuela Paruzzo, una cantautrice autentica e raffinata che, dopo essersi aggiudicata la vittoria di Area Sanremo, si appresta a farsi conoscere dal grande pubblico e a pubblicare il suo primo lavoro discografico intitolato “Occhi”. Abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere con lei per scoprire il suo percorso artistico, capire la sua concezione della musica e curiosare tra le nuove bellissime canzoni che presto potremo ascoltare tutti.

Intervista

Ciao Miele, come ti senti al centro di queste settimane catartiche?

Sono piuttosto emozionata, a breve arriverà quel giorno ma ancora non riesco ad immaginarlo. Mentre facevo  le prime prove con l’orchestra c’è stato un primo impatto non indifferente, non mi sembrava reale…

Quali sono stati gli accorgimenti e le modifiche all’arrangiamento del brano?

Il cambiamento più importante è stato aggiungere gli archi. La vivo come una bellissima occasione per impreziosire il brano. Non capita spesso che ci sia la possibilità di avere un’orchestra a disposizione! Quando il Maestro Massimo Zanotti ha dato il via alle prove e ha iniziato a far suonare soltanto gli archi, per quanto avessi già ascoltato la versione radiofonica del brano, sentire l’orchestra mentre suonava alcune parti del mio brano è stata veramente una forte emozione. Sono assolutamente soddisfatta!

Un surplus ultra per un brano che rappresenta molto di e per te…

Questo è il primo brano che ho scritto e lo considero un po’ come emblema di emancipazione. Non c’è nessuna menata da donna e da femminista. La canzone parla della definizione della propria personalità, un’evoluzione che spesso parte da una rottura; in questo caso quella con mio padre. Ad ogni modo non vorrei che l’attenzione si catalizzasse su quell’episodio, piuttosto vorrei che questo fosse considerato come un brano che vuole rispondere a delle domande, che in questo caso sono: chi sono e dove vado.

Sfuggi all’imposizione del modello perfetto ed esalti il concetto di imperfezione?

La mia attività di cantautrice è iniziata quando ho avuto il coraggio di scrivere in questo brano: “Troverai i miei occhi, magari meno storti”. Il mio punto debole è sempre stato lo sguardo, ho sempre avuto paura di guardare o di essere guardata mentre guardavo. Pian piano questo conflitto si è evoluto, mi sono affezionata ai miei occhi, non li cambierei, sono il mio orgoglio, il mio punto di forza. Sono felice di avere questo sguardo e del mio modo di essere anche quando mi vergogno.

A questo proposito ci racconti del tuo album che s’intitolerà proprio “Occhi”?

L’amore e il rispetto per se stessi, l’emancipazione dai condizionamenti, qualsiasi essi siano, è un argomento che mi appartiene da sempre, al punto tale che è diventato il filo conduttore di tutto il disco. Il lavoro racconta diversi lati di me che vengono scoperti attraverso la voce, attraverso i silenzi che ci sono nelle varie canzoni e attraverso la scelta dei brani. All’interno del disco, oltre al brano presentato a Sanremo, ci saranno altri sei brani: tre portano la mia firma insieme a quella di Andrea Rodini,  uno è una cover, si tratta di “Grande figlio di puttana”,  una canzone scritta a quattro mani da Dalla e gli Stadio, che ho sempre ascoltato da piccola e che mi diverte tanto cantare. Gli ultimi due brani scelti per il disco portano, invece, la firma di due autori ancora poco conosciuti al pubblico ma che amo e che mi hanno fatto un bellissimo regalo. “Questa strada” è un brano di Gina Fabiani, cantautrice romana dall’incredibile forza espressiva, un onore per me poterla cantare. “Gli occhi per vedere”, infine, è un brano di Eugenio Sournia, autore e leader della band Siberia, che ho avuto la fortuna di incontrare proprio durante il percorso delle selezioni per Sanremo Giovani. Un altro brano speciale è “Parole al vento”, scritto da me e Andrea Rodini, abbiamo deciso di tenere due brani piano e voce perché non hanno bisogno di un vestito stratificato, sono forti nella loro essenzialità.

Miele

Miele

A proposito del lavoro fatto con Andrea Rodini, come lavori con lui in fase di scrittura e che rapporto avete?

 Non riesco a definire il suo lavoro e a dargli un ruolo preciso nella mia vita, è stato il mio insegnante ma mi sta anche accompagnando in quest’avventura dedicando tantissima cura a vari aspetti del disco. È iniziato tutto quattro anni fa, mi ero iscritta al suo corso di interpretazione e scrittura e mi ha subito conquistato il suo modo di vedere la musica. Andrea mi ha fatto diventare curiosa, mi ha fatto venire voglia di andare a cercare dietro gli angoli, di spaziare. Successivamente abbiamo iniziato il percorso della scrittura, all’inizio non riuscivo a scrivere, lui cercava di darmi degli input, poi sono riuscita. Riesco a lavorare bene con lui perché abbiamo la stessa linea di pensiero, mi sono sempre sentita rispettata, compresa, mi è capitato quasi sempre di essere d’accordo con le sue idee e il suo modo di riordinare i pensieri perché mi piace il suo gusto.

Hai fatto qualche scoperta musicale che ti ha segnato in qualche modo?

Non conoscevo Nick Cave, Andrea mi ha fatto scoprire questo artista. Recentemente ho visto al cinema anche un documentario che parlava di questo artista e mi ha veramente colpita. Quando vedo che un artista ha fatto della musica il suo stile di vita mi viene fame di andare a casa e scoprire ancora più cose.  Sono rimasta incuriosita da una frase in particolare:  “A volte tormento mia moglie per continuare a scrivere, gioco con lei tormentandola perché ho bisogno di scrivere del materiale nuovo” . Questa cosa mi ha un po’ spaventata ma allo stesso tempo mi ha colpito il fatto che egli abbia guardato tutta la propria vita con un’attenzione diversa affinchè potesse raccontarla in una canzone.

Molti addetti ai lavori ti vedono come un cantautrice raffinata, elegante,  in controtendenza rispetto ai modelli che ci vengono imposti a tamburo battente dalle major americane. Come spieghi la tua esigenza di stare a contatto fisico con chi ti ascolta, nelle vesti di musicista di strada?

Si tratta di un rapporto con il pubblico completamente diverso da quello che poi puoi ottenere stando su un palco. Certo, anche il palco di un teatro sa essere intimo, soprattutto con una luce scura e soffusa e un pubblico che sia lì ad ascoltare in rapito silenzio. Allo stesso tempo, però, quello che succede in strada non succede da nessun’altra parte. Lì avviene un tipo di interazione diretta , sei allo stesso livello e alla stessa altezza del pubblico; non esiste un palco, la gente che passa e che va di fretta, quando si ferma dedica  cinque minuti del proprio tempo sia a te che a se stessa. Questa verità mi ha conquistata, a volte mi capita di stare in strada,  di chiudere gli occhi per poi riaprirli e vedere che ci sono lì trenta persone. La strada rappresenta per me la vita, la gente sono le persone con cui ti devi rapportare, solo lì si creano situazioni autentiche che rendono la musica una cosa vera, quotidiana.

Raffaella Sbrescia

Video: Mentre ti parlo

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