Intervista a Max Pezzali: “La mia New Mission è saper cambiare le prospettive nel pieno di una fase incendiaria”

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Esce oggi “Astronave Max New Mission 2016”, il nuovo album di Max Pezzali che contiene tutti i brani di “Astronave Max” (uscito a giugno 2015 e certificato ORO per le vendite) più 2 inediti e 14 successi in versione live. Oltre al singolo “Due anime”, scritto da Max e Niccolò Contessa del gruppo I Cani, l’album contiene anche il secondo inedito “Non lo so” scritto con Zibba. Prodotto da Claudio Cecchetto e Pier Paolo Peroni con Davide Ferrario, questo contiene molte cose nuove, sia in termini di suoni che di contenuti con l’aggiunta di brani in versione live di Pezzali che hanno fatto da colonna sonora di più generazioni. «In un’epoca in cui se non sei un super competitivo, sei un coglione e se segui delle regole e possiedi un’etica, spesso rimani indietro», il geometra della musica sceglie di raccontarsi a cuore aperto.

Intervista

Come nasce la collaborazione con Niccolò Contessa de I Cani?

Niccolò ed io siamo amici da un pò, sono un grande fan de I Cani dai tempi in cui li scoprii su Youtube delle versioni pazzesche electro punk di “Con un deca”. Inizialmente pensavo fosse una parodia, invece chiudevano così i loro concerti…Questa cosa mi ha spinto ad interessarmi a loro, ho fatto contattare il loro manager, abbiamo cominciato a frequentarci. La nostra è un’amicizia nerd, Niccolò è uno degli autori più forti, possiede la capacità di cambiare le prospettive.  Inizialmente avevo composto un pezzo come “Due anime” come un gioco ritmico-metrico, ero annoiato dal mio modo di scrivere, a volte quando scrivi le canzoni, ti viene una sorta di memoria muscolare, sono partito da una drum machine, ho seguito diverse metriche ma mi mancava comunque qualcosa, mancavano degli elementi che rendessero interessante il pezzo, che lo differenziassero dal mero esperimento. Pierpaolo mi ha incitato a sentire qualcuno che potesse darmi un punto di vista diverso, spesso si tende ad essere autoreferenziali, si perde lucidità, così ho mandato a Niccolò il file e nel giro di pochi gironi mi ha mandato un provino cantato da lui. Con poche mosse mi ha fatto capire cosa bisognava fare; la roba più geniale l’ha fatta nel bridge dove ha scelto di inserire il “vi”: per la prima volta si passa dal singolare al plurale, non sarebbe stato pensabile immaginare di parlare a terzi mentre si è in camera a parlare con la propria amata nel bel mezzo di un pezzo che parla d’amore.   Niccolò ha avuto il coraggio di andare oltre le regole del bravo compositore di ballads, un semplice cambio di lettera ha cambiato del tutto la prospettiva del pezzo, ha buttato giù la parete del teatro verso il pubblico.

Stesso discorso anche per “Non lo so”?

Il brano in questione avrebbe dovuto far parte di “Astronave Max” ma non c’è stato il tempo materiale per sistemarlo. Memore dell’esperienza vissuta con “Due Anime”, ho contattato Zibba con cui ho un rapporto di grande empatia. In breve tempo ha registrato una versione del pezzo chitarra e voce con una nota audio su Whatsapp. Con un cambio della melodia il testo ha subito acquisito una propria identità, ha preso un’altra via. Con questi presupposti se dovessi immaginare un album di inediti vorrei lavorarci così, questa è sicuramente la strada migliore da percorrere.

Come sono cambiate nel corso del tempo le regole del buon compositore?

Le regole cambiano ogni volta che succede qualcosa di deflagrante nella musica. Anni fa quando si aveva intenzione di pubblicare una ballad di successo ci volevano gli archi con la classica apertura sanremese, non si poteva uscire dai cardini. Oggi il pop è tornato ad una sorta di manierismo… Fino ad una certa età lo puoi anche accettare, si nasce incendiari, si diventa pompieri, poi però la senilità ti fa venire voglia di tornare a fare casino, se continui sulla stessa via e non trovi lo stimolo che ti dia un brivido nuovo, meglio smettere. Chiedere aiuto ha fatto scattare un ingranaggio assolutamente risolutivo.

Fare musica oggi è sempre più un lavoro di squadra?

Sì, assolutamente! Lo è soprattutto per ragioni tecniche, una canzone oggi è difficilmente identificabile solo per una linea melodica, per quanto un musicista sia ben preparato, il suono è quel qualcosa che solo un producer può fare ad un certo livello. Chi scrive canzoni spesso si ferma al pre-set, il lavoro di cesello è fondamentale; l’identità delle canzoni pop contemporanee è data dal suono, la canzone in sé non è il punto di arrivo, è il punto di partenza.

Cosa succede quando ti affidi al gusto e alla sensibilità di un’altra persona?

Significa dargli fiducia, è un procedimento che puoi adoperare solo se non ti senti un fenomeno, se non sei autoreferenziale. Con Niccolò si è creato un connubio nerd in cui a divertirci è stato il gioco di parole, un vero e proprio lavoro di manifattura. Siamo due facce della stressa medaglia, viviamo la musica con il gusto di farla, siamo piccoli operai delle note, geometri della musica, non c’è sacralità in quello che facciamo, il godimento sta nel gusto di averlo fatto.

Cosa cambierà nei tuoi nuovi concerti?

Il mio approccio nei riguardi delle canzoni è il seguente: quando un brano è fatto e finito, rimane quello. Chi viene ai miei concerti sa che il suono rappresenta l’identità della canzone, toglierlo significa privarlo di gran parte della propria peculiarità. Certo, puoi suonarla meglio ma quando una canzone viene memorizzata in un certo modo rimane tale. Sono quelle ancora da fare che rischiano di annoiare di più chi le fa. Il nuovo tour recupererà delle canzoni che periodicamente lascio in tribuna, le altre rimangono l’architrave principale dello show, sono lì e ci rimangono, il pubblico se le aspetta.

Quanto questo album è figlio dell’esposizione televisiva?

Dopo un ottimo tour, la mentalità discografica ha sicuramente intravisto nell’esposizione mediatica settimanale una buona opportunità di rilancio.

Max Pezzali

Max Pezzali

Stai lavorando ad un nuovo album?

Sto buttando giù delle idee, i classici mattoncini che spesso poi buttiamo via. Vorrei lavorarci per bene dopo il tour estivo anche se il vero nerd aspetta di avere la scusa perfetta per usare i giocattolini nuovi…

Tu non sei di quelli che si fermano al pre-set delle canzoni…

In effetti in genere arrivo un po’ oltre l’idea di pre-set, cerco di caratterizzare il brano per dare al producer un’idea precisa di quello che sarà il brano, il livello embrionale deve già indicare la strada sennò si rischia di perdere tempo.

Di cosa ti piacerebbe parlare oggi che sei nel pieno di questa tua fase incendiaria?

Oggi la più grande difficoltà è data proprio dalla scelta degli argomenti. Bisogna capire se avere un approccio prosaico e materiale o più aulico. In mezzo ci sono diverse sfumature che possono rendere il risultato incredibilmente variabile. Tra i temi più complessi c’è la quotidianità: il rap ha esaurito questa tipologia di argomento sia in termini di metrica che di credibilità. Se fosse fatto da uno della mia età suonerebbe triste perché di fatto lo è. Bisogna inventarsi qualcosa di diverso, procedere per istantanee, essere brevi senza essere troppo descrittivi. Un’ ottima cosa sarebbe usare l’amore come pre-testo, bisogna divertirsi con le parole, focalizzarsi più sul significante che sul significato. La canzone ideale che vorrei scrivere dovrebbe sembrare un pezzo d’amore ma parlare evidentemente di qualcos’altro; un gioco di lavoro sul testo.

I nuovi brani sono figli di queste riflessioni?

Sì, “Due anime” lo è sicuramente.

Come vivi le dinamiche interne a The Voice?

Poterò in tour con me Claudio Cera, un talento che ho dovuto abbandonare mio malgrado. Le dinamiche televisive sono complicate, alcune cose si possono fare, altre è inopportuno farle. Claudio ha una voce straordinaria ma quando devi costruire, devi farlo sulle potenzialità del dopo, verificare che ci sia già un progetto pronto, capire se si può lavorare in maniera immediata sennò rischi di fare un doppio danno. Paradossalmente il programma si chiama The Voice ma la voce conta tra il 20 ed il 30%, gli autori bravi non ti danno canzoni buone, il mercato è molto ristretto e bisogna concentrarsi al massimo su tutti gli elementi concreti che si hanno a disposizione.

 Raffaella Sbrescia

Video:Due Anime

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In attesa di vederlo in concerto dal 26 giugno, Max Pezzali incontrerà i fan negli store delle principali città italiane, questi gli appuntamenti:

13 maggio  ROMA Discoteca Laziale – Via Giovanni Giolitti 263 h. 18.00

15 maggio  MILANO Mondadori Duomo – h. 17.30

19 maggio BOLOGNA Mondadori Via M. D’Azeglio 34/A – h.17.30

20 maggio TORINO MediaWord Lingotto – I Portici Del Lingotto Via Nizza 262 –  h. 17.30

26 maggio NAPOLI Feltrinelli Via Santa Caterina a Chiaia 23 – h. 17.30

Gianluca Grignani festeggia vent’anni di musica libera con “Una strada in mezzo al cielo”. Intervista

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Gianluca Grignani festeggia i 20 anni di attività artistica con un nuovo progetto discografico intitolato “Una strada in mezzo al cielo” (Sony Music). Si tratta di un originale unplugged semiacustico che raccoglie gran parte dei suoi successi, ovvero quasi tutte le canzoni dei suoi primi due album, “Destinazione Paradiso” e “La Fabbrica di Plastica”, completamente re-arrangiate e prodotte tra l’Italia e l’Inghilterra. Il disco coinvolge anche alcuni celebri colleghi che hanno preso parte a questo progetto così speciale insieme a Gianluca: Elisa, Carmen Consoli, Ligabue, Annalisa, Briga, Luca Carboni, Fabrizio Moro, Max Pezzali e Federico Zampaglione hanno voluto dare il proprio contributo impreziosendo ulteriormente il lavoro.

Intervista 

 Cosa ti ha spinto ad unire questi due album in unico progetto e qual è il tuo bilancio allo scoccare del tuo ventennale artistico?

Vorrei innanzitutto specificare che l’unica cosa che mi è sempre interessata è la musica. Non mi sono mai rispecchiato nell’immagine patinata che i discografici di allora intendevano darmi. “Destinazione Paradiso” è stato prodotto in modo più pop di quanto non avessi voluto fare io e rappresenta il frutto una mediazione tra me e il produttore. Per “La fabbrica di plastica” avevo chiesto di poter lavorare con il produttore di “The bends” dei Radiohead, John Leckie; ero alla ricerca di un professionista vero che potesse concretizzare quello che avevo in testa ma mi dissero di no. A quel punto feci tutto da solo e realizzai un album completamente diverso, ovvero “La Fabbrica di Plastica”. Chiaramente ho anche fatto degli sbagli, mi sentivo come un panettiere che voleva fare il meccanico. Mi sono più volte detto che dopo quel disco era probabile che non ne avrei fatti altri, ho lottato come un matto, volevo tirare fuori quello che avevo nella testa, ci dovevo credere, questa esasperazione è venuta fuori bene. All’epoca ero giovane, avevo i miei problemi e non mi rendevo conto di dovermi buttare fino in fondo; è un bene che oggi io sia consapevole di essere un artista, ho la maturità e la consapevolezza necessaria per non far danni.

“Una strada in mezzo al cielo”  un progetto nato nel 2015?

Sì, ci sto lavorando da molto. Da un anno e mezzo il mio staff è cambiato, sono stati fatti molti danni, ho dato tutta l’amicizia che potevo in cambio mi è stato fatto solo del male.

Chi è Gianluca Grignani oggi?

 Sono il Rock 2.0: sono l’uomo e l’artista, oggi i due aspetti in me sono inscindibili. Non sono una rockstar, Grignani è quel ragazzo che ha messo piede sul palco di Sanremo e mentre scendeva si rendeva conto che le rockstar non esistono, ecco perchè a volte ho un atteggiamento scostante in tv. Non sono mai stato uno showman, la gente quando mi conosce mi vuole bene. Sono più di un buon professionista, sono uno vero, non sono un preciso, voglio emozionare (sono battistiano in questo), mi fa fatto soffrire il fatto che abbiano messo in giro una voce secondo la quale sono totalmente ingestibile, tutti ci hanno creduto, questa cosa mi ha messo in difficoltà, per 20 anni ho vissuto molte situazioni difficili.

Gianluca Grignani

Gianluca Grignani

Tornando a questo progetto. Come è arrivata la collaborazione con Luciano Ligabue in “La Fabbrica di Plastica”?

Luciano ha dimostrato che si può fare del rock in Italia, e mi ha onorato cantando su una canzone che ha sempre voluto esprimere appunto questo concetto. Lui ed il suo manager Maioli mi hanno insegnato cos’è il metodo, hanno una capacità organizzativa incredibile.  Luciano è veramente un professionista, merita di essere dov’è, ultimamente l’ho frequentato, abbiamo parlato e ho imparato molto, mi ha aperto le porte a Campovolo. La sua presenza nel disco è importante, ha manifestato grande interesse verso di me, mi ha fatto scrivere 4 archi e alla fine ha scelto solo una strofa che sentiva particolarmente sua.

Bello anche il duetto con Luca Carboni in “Falco a metà”…

Conosco Luca più per la sua musica che personalmente, ho iniziato a cantare con le sue canzoni perché si avvicinavano al mio timbro vocale. La sua versione è la migliore, l’ha cantata anche meglio di me, all’inizio l’ avevo lasciato da solo nell’ inciso, gli sta proprio bene addosso, mi ha emozionato, vorrei che diventassimo amici.

E i live?

Le prevendite partono il 9 maggio alle 12 su Ticketone. Il tour si chiamerà “Rock 2.0”, i numeri richiamano il ventennale di un musicista e di un uomo che ha gridato al mondo che le rockstar non esistono. In estate farò dei live acustici che annuncerò su Facebook.  Il primo dicembre sarò all’Alcatraz di Milano mentre il 3/12 sarà all’Atlantico di Roma. Non voglio fare il fenomeno, voglio vedere cosa succede, voglio far vedere chi sono alla gente. I concerti metteranno insieme due dischi che sembrava impossibile mettere insieme, ci saranno moti ospiti, mi sono preso un anno per fare le cose per bene.

 Raffaella Sbrescia

Questa la tracklist completa del nuovo lavoro: “Destinazione paradiso” (feat. Elisa); “Una donna così”; “L’allucinazione” (feat. Carmen Consoli); “Come fai?”; “La fabbrica di plastica” (feat. Ligabue); “La mia storia tra le dita” (feat. Annalisa); “Madre”; “Rok star” (feat. Briga); “Il gioco di Sandy”; “La vetrina del negozio di giocattoli”; “Solo cielo”; “Falco a metà” (feat. Luca Carboni); “Più famoso di Gesù” (feat. Fabrizio Moro); “Allo stesso tempo”; “Primo treno per Marte” (feat. Max Pezzali); “Galassia di melassa” (feat. Federico Zampaglione); “Una strada in mezzo al cielo” (il brano inedito che dà il nome al disco).

L’album sarà presentato anche durante gli Instore: tra i primi appuntamenti l’8 maggio, a Milano(Mondadori Megastore, piazza Duomo); il 14 maggio, a Napoli (Mondadori Bookstore c/o C.C. Vulcano Buono); il 21 maggio, a Torino (Mondadori Megastore); il 22 maggio, Roma (Mondadori Bookstore c/o C.C. Roma  Est). Tutti alle ore 17:00.

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Jack Jaselli: “Vi presento Monster Moon, un album scuro nato sotto la luna di Los Angeles”

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Dal 6 maggio sarà disponibile nei negozi tradizionali, in digital download e in tutte le piattaforme streaming “Monster Moon” il nuovo disco di Jaselli, nato sotto la luna di Los Angeles. “Monster Moon” affonda le sue radici nel blues e nel soul ed è il frutto di quasi due anni di scrittura da parte di Jack e di un lavoro certosino sulle canzoni insieme a Max e Nik. Nato a Milano, il disco ha poi preso forma ai Fonogenic Studios di Los Angeles dove è stato registrato lo scorso luglio. Prodotto e mixato da Ran Pink, che ha collaborato con artisti del calibro di The Wallflowers, David Grohl e Band of Horses, “Monster Moon” segna il debutto di Jaselli per Universal Music Italia. Ecco cosa ci ha raccontato l’artista all’indomani dell’esclusivo showcase di presentazione tenutosi presso il Teatro dei Burattini all’interno della Triennale di Milano.

Intervista

Raccontaci la genesi di questo lavoro a partire della scelta degli arrangiamenti, dei testi, dei contenuti e dei messaggi che tu e la tua band intendete veicolare al pubblico.

La genesi tecnica e storica di questo album risale alla fine di un tour durato un paio d’anni. C’è stata una fase di composizione da ottobre a luglio, sono partito per Los Angeles con 40 pezzi in tasca, poi ne abbiamo scelti 10. Per quanto riguarda il suono c’è  da fare un doppio discorso: già durante il tour acustico avevamo creato un suono diverso dal disco precedente, in seguito abbiamo seguito la corrente delle nuove canzoni e abbiamo iniziato a capire quale potesse essere il mondo sonoro più giusto per questo lavoro. Siamo poi andati a Los Angeles per individuare un produttore con cui poter lavorare, abbiamo conosciuto Ran e abbiamo capito che sarebbe stato perfetto per lavorare con noi. Ci siamo scritti e ci siamo mandati tanti provini tra Milano e Los Angeles finchè a luglio è iniziata la vera e  propria produzione del disco. Naturalmente anche i testi delle canzoni seguono di pari passo le intenzioni e le atmosfere delle musiche. Questo disco è un po’ più ricco di argomenti ma anche un po’ più lunare, scuro, per così dire; se prima ci venivamo in mente sole, spiaggia, mare, ora la luce è riflessa perciò si va a scavare un po’ più a fondo.

Quanto lo senti tuo questo album?

Lo sento mio tanto quanto gli altri, lo sento perfettamente mio per la fase in cui è stato scritto. Lo sento mio ma soprattutto nostro: quando lo ascolto ritrovo noi tre, la produzione di Ran e la fedeltà nel trasmettere quelli che erano i nostri intenti in fase di produzione.

Quello che salta subito all’occhio del pubblico è una forte sintonia tra tutti voi, si vede che credete in quello che fate…

Credo che questo sia il miglior complimento che si possa fare sia me che ai ragazzi perché la nostra è una storia di assoluta devozione verso la musica. In particolar modo io e Nick abbiamo iniziato a suonare insieme prima del 2010. Ho sempre voluto fare le cose nel mio modo, magari rifiutando le varie scorciatoie che ti vengono proposte quando fai questo lavoro. Alla luce di ciò, sono contento se questo crederci e cercare di fare le cose in modo sincero si veda.

Quanto ti rispecchi nella definizione di “visionario” in qualità di italiano che ragiona, opera, suona e lavora in maniera anglosassone?

Un po’ forse sì, mi rendo conto che siamo un po’ una sorta di pecora nera, strane creature sempre avulse dai meccanismi tradizionali. La verità è che ci siamo sempre solo occupati di suonare e vivere la musica nel modo più sincero possibile compatibilmente con quello in cui crediamo e che ci far stare bene. Nessuno ci ha mai detto di percorrere una strada per arrivare ad un certo livello o detto fare le cose in un certo modo. A me piace sempre chiedermi se ho qualcosa da dire, sono vero e vado dritto per la mia strada, a prescindere dal fatto che questo implichi il raggiungimento del successo o meno.

Alla luce di questi ragionamenti, come vivete la nuova avventura con Universal Music?

Naturalmente siamo molto felici. Abbiamo sempre avuto un forte concetto di famiglia, chiunque si sia mai interfacciato con questo progetto artistico da 10 anni a questa parte, è rimasto a patto che si creasse una famiglia e con Universal sta succedendo esattamente questo. Loro ci hanno dato un segnale molto forte scommettendo su di noi, hanno preso un disco che era già stato fatto a modo nostro in America, siamo arrivati a Milano, glielo abbiamo fatto sentire e hanno detto di sì. Ci hanno preso a pacchetto chiuSo perciò questo è un fatto importante non solo per noi ma anche per testimoniare che ci sono realtà discografiche grosse che possono credere in cose anche meno convenzionali.

Per tornare a “Monster Moon”, raccontaci le atmosfere e gli ambienti scelti per la costruzione di pezzi tanto suggestivi…

In effetti alcune atmosfere sono abbastanza evocative, siamo andati a registrare vicino al deserto e all’oceano proprio per avere degli squarci che si potessero ritrovare nei nostri pezzi. Poi ci sono gli ascolti: dal blues, al rock, alla tradizione americana.

Jaselli

Jaselli

C’è un filosofo che ha elaborato un pensiero che possa essere vicino al messaggio di questo album?

Non la metterei in questi termini…Di certo c’è una corrente filosofica dell’epoca contemporanea secondo la quale si dovrebbe elaborare un sistema di pensiero mirato al recupero della ragion poetica, questo è quello che mi ha fatto pensare che la musica abbia un modo importante per dire le cose: con la musica canti la tua esperienza, se la canti in modo sincero nessuno la può smentire, per cui se racconti col cuore qualcosa che hai vissuto, in quel momento la gente può essere sicura che tu stia dicendo la verità.

Ci saranno tante date… presto anche un concerto importante a Milano?

Certo, ci saranno tanti concerti! Annunceremo presto una data per l’estate a Milano e poi torneremo in autunno. Come al solito sappiamo quando partiamo e non sappiamo quando ci fermiamo…

Ci saranno dei visual, scenografie?

Vorrei subito precisare che siamo dei privilegiati a poter fare un tour. Ci sono tanti colleghi, spesso più esposti di noi con un talent  show alle spalle che riescono a fare solo dei firmacopie. In questa prima parte del tour ci saremo noi, i nostri strumenti e il furgone. Avremo le nostre piccole scenografie che ci siamo costruiti da soli per quello che sarà un tour rock e più intenso di quello di prima.

Raffaella Sbrescia

Le date del tour:

12 Maggio – Torino – Lavanderie Ramone;

13 Maggio – Treviso – Home Rock Bar;

15 Maggio – Roma – Monk Club;

20 Maggio – Venezia – Hard Rock Cafe;

7 Giugno – Bologna – Bioparco Biografilm;

21 Giugno – Vascon Treviso – Festa dell’Estate;

23 Giugno – Pescara – Xmasters;

24 Giugno – Padova – Il Chiosco;

22 Luglio – Pescara – Teatro D’annunzio (opening Jack Savoretti);

23 Luglio – Sarzana – Fortezza Firmafede (opening Jack Savoretti);

28 Luglio – Genova – Genoa Songwriters Festival;

30 Luglio – Cantù – Villa Calvi

Video: The End

 

Jesto: “La mia vita è come un’opera di cui ogni disco è un tassello. Con Justin affronto i demoni del passato”.

Jesto

Jesto

Lo scorso 15 aprile 2016, la Maqueta Records ha lanciato  #JUSTIN, il nuovo concept album di Jesto, riconosciuto come uno dei rapper più rivoluzionari del panorama italiano. In questa lunga intervista, l’artista parla approfonditamente del suo nuovo lavoro, definito da lui stesso come la sua opera più matura, introspettiva e profonda.

Intervista

Come sei arrivato alla concezione di “Justin”? Colpisce il fatto che, dall’alto di una produzione discografica piuttosto vasta, soltanto ora hai deciso di metterti a nudo con un progetto così introspettivo.

 ”Justin” è nato da solo, strada facendo. Dopo il 2015, anno in cui ho regalato ben 4 mixtapes (Supershallo3, SupershalloZero, Mamma Ho Ingoiato L’ Autotune2 e XtremeShallo), detenendo il record italiano assoluto di mixtapes, sentivo l’esigenza di fermarmi per capire la direzione del disco ufficiale. Dopo un periodo di buio in cui ho scritto tanto senza avere un concept preciso, ho deciso di buttarmi in studio e registrare senza pensare a cosa sarebbe uscito. Giorno dopo giorno il concept ha preso forma, mi piace pensare che “Justin” fosse già lì, e che ho dovuto solo scoprirlo. Un po’  come Michelangelo sosteneva che le sue opere fossero già contenute nei blocchi di marmo, e il suo lavoro fosse ‘semplicemente’ levare tutto il superfluo, fino a farle uscire fuori, a farle ‘vivere’. Il mio compito è stato andare nelle profondità dell’anima e portarlo alla luce. Un periodo di 6 mesi che mi ha risucchiato, che ha azzerato la mia vita sociale e che ha fatto riaffiorare demoni del passato. Affrontarli è stato l’unico modo per dare vita all’ album.

Raccontaci della genesi di questo album: dalle rime al suono, dalla varietà degli argomenti alla presenza al microfono.

Ho lavorato molto sulla presenza al microfono. Un ascoltatore attento percepisce subito una tecnica di registrazione inedita per il Rap italiano: tutte le canzoni sono one-line, non ci sono doppie, armonizzazioni, seconde voci. Solo qualche ‘sporca’ ogni tanto. Questo fa sì che abbia usato la voce come fosse un synth, il lead synth di ogni canzone. Sono arrivato ad un approccio molto Jazz nell’ uso della voce. Mi fondo completamente con la base musicale ma restandone ‘fuori’. Il mio flow è imprevedibile, irregolare, controtempato, rappo quasi sempre in levare, è la mia dote naturale. Questo fa sì che la mia voce esca fuori come in nessun altro caso in Italia, come se ogni strofa fosse un assolo di voce, proprio come se suonassi un sax. Sono da sempre focalizzato sul suono delle rime, ho evoluto la tecnica di scrittura rap fino a fare quasi tutte triple rime, anche quadruple e quintuple. Ogni parola di ogni frase fa rima con ogni parola della frase successiva. Da questo deriva l’alta musicalità di ogni barra. Riguardo la varietà degli argomenti, sentivo di dover maturare rispetto ai vari “Supershallo”, in cui usciva fuori molto il mio lato pazzoide, ma meno quello umano. È stata un’evoluzione spirituale, ancora prima che tecnica.

Sono convinto che la musica rispecchi la vita che vive l’autore nel periodo in cui la compone, quindi tendo a cercare di vivere il meglio possibile. Concepisco la mia vita come un’opera, di cui ogni disco è un tassello. Ho una visione dandy della mia musica. E della mia vita.

Quali sono gli stili lirici e metrici che usi in queste canzoni?

Invento il modo di rappare nel momento stesso in cui esce l’emissione vocale. Si può dire che ogni mia registrazione sia frutto del mio inconscio. Quasi freestyle. Per questo mi sento un jazzista più che un rapper. Metricamente cambio flow a ogni barra, a seconda dell’efficacia in base al concetto che esprimo. Alcune frasi sono urlate, sofferte, e alzo il tono, a far percepire il dolore, come nella seconda metà delle strofe in “Crescendo”, in cui alzo il tono al momento della crescita di pathos del testo. Altre tengo la voce bassa, calda, intima, per comunicare la sensibilità e il tono confidenziale. A questo punto della mia carriera, dopo tutti i dischi e i mixtapes che ho fatto, sento di poter fare con la voce quello che voglio. E ci sono arrivato strada facendo. Questo non vuol dire che mi fermerò, l’evoluzione del mio flow è quotidiana, da anni. Gioco molto con la voce e ho raggiunto una padronanza al di là del mio controllo.

Jesto

Jesto

Cosa vorresti comunicare a chi ti ascolta attraverso questo ‘frullato’ di attualità e storytelling di vita vissuta?

 Io sono frutto delle mie esperienze personali e di quello che la società mi ha imposto. Il mio Rap è una vendetta, un rivomitare addosso al mondo quello che ci viene imposto fin da piccoli, filtrandolo attraverso la mia visione. Ogni immagine che rappresento è come una grottesca parodia della realtà.

Nei tuoi testi ironia e sarcasmo si mescolano alla poesia e alla malinconia. Questo mix rispecchia anche la tua personalità?

Assolutamente. Non so mentire, sono come sembro. Questo mi rende unico. Forte e debole allo stesso momento. Alterno periodi di leggerezza e divertimento a periodi di profondo buio interiore, e da sempre combatto con me stesso alla ricerca dell’equilibrio. Credo sia una ricerca che mi porterò fino alla tomba. Il contrappasso di avere tutta questa ispirazione, di questa iper-produttività artistica, è dover fare i conti con i miei demoni. Puoi incontrarmi un giorno che sono la persona più solare del mondo, e beccarmi il giorno dopo che non spiccico una parola manco a cavarmela. Sono così, ma questo mi rende prezioso. Credo che la mia arte sia il frutto di questa battaglia interiore. Che non avrà mai fine.

Toccante quanto vero e sentito il brano “Papà” dedicato al compianto Stefano Rosso, cantautore rivoluzionario della scena romana anni 70. Come sei riuscito a parlare di un rapporto tanto complesso quanto fondamentale per te?

Mi ci sono voluti anni. E poi l’ho scritta in 10 minuti. Sento come se ci fosse voluta tutta la vita per poter arrivare a scriverla. E’ la mia miglior canzone di sempre. Contiene una vibrazione magica, è carica delle mie energie, e di quelle di mio padre, e di quelle di chiunque gli abbia voluto bene. Tante persone piangono quando la sentono. Brividi, pelle d’ oca. E’ come un portale dimensionale che abolisce spazio e tempo e fa rivivere il suo ricordo come fosse presente. Questo grazie al potere della musica. La produzione musicale fonde la chitarra, lo strumento a cui mio padre ha dedicato la vita, al mio sound trap, dando vita a un mix mai fatto da nessuno prima d’ ora. Poi la mia voce non mente. E’ carica di vibrazioni, l’argomento toccato mi ha potenziato la performance vocale e ne è uscita la mia miglior interpretazione, a mio parere. Il testo racconta cosa è stato Stefano Rosso, cosa ha rappresentato per il mondo e per me. Credo sarebbe orgoglioso di me, come domando nel ritornello.

Come vivi l’esordio per una “nuova” etichetta nel settore hip hop italiano quale è la Maqueta Records?

Maquesta Records esiste da anni, ha uno storico solido, è una struttura collaudata e affiatata. Sono amico, ancora prima che collaboratore, di Fernando Alba (Art Director di Maqueta), abbiamo suonato insieme molto prima di immaginare una collaborazione tra etichetta e artista. Mi trovo bene, grazie alla libertà espressiva che mi viene lasciata e al rispetto che percepisco nei confronti della mia opera. Io ho già avuto a che fare con altre etichette e anche con major in passato e quella dimensione non fa assolutamente per me. Per questo per anni ho scelto l’autoproduzione, l’autogestione delle mie opere. Ho bisogno di libertà creativa, per poter far venire fuori il vulcano di idee che ho quotidianamente. Con Maqueta ho trovato la possibilità di esprimermi, di scrivermi i video per esempio, come facevo da autoprodotto, di pensare al concept degli ArtWork e di proporlo e valutarlo insieme. Questa è una fortuna per un’artista come me, con una personalità sfaccettata e spesso controversa, con una così chiara visione artistica. Il segreto del successo che stiamo ottenendo da questa collaborazione è che alla base del rapporto c’è feeling umano, prima che professionale. Alla loro squadra ho affiancato il mio team creativo, persone con cui lavoro anni, e unire le forze ci ha portato a trovare una direzione vincente ed efficace. La fiducia riposta in me per un progetto HipHop dimostra le larghe vedute e l’apertura mentale di Maqueta, oltre che il fiuto per il business. Detto questo non mi considero semplicemente un’artista HipHop. In fondo vogliamo considerare “Papà” una canzone prettamente Rap? Per me è una Canzone, al di là del genere. Odio rientrare in definizioni, mi reputo un caso isolato del panorama musicale italiano. Sto usando il Rap come mezzo espressivo, ma non racchiude tutto il ventaglio delle mie possibilità espressive. Non mi pongo limiti e vengo da una famiglia di musicisti. Mi hanno sempre insegnato che la musica non ha etichette, non è racchiudibile in definizioni. Si parla di vibrazioni, non definibili per eccellenza.

Sempre solido il sodalizio artistico con Pankees?

Dopo aver registrato tutti i Supershallo da Pankees abbiamo raggiunto un feeling speciale in studio. Dopo 3 anni che registro da lui, era tempo di lavorare a un disco vero e proprio. Oltretutto abbiamo gusti simili in quanto a HipHop. Veniamo entrambi dall’ HipHop classico e siamo appassionati di Trap da anni, prima ancora di Sout. Insomma, ci siamo trovati. Nel 2015 io e Pankees abbiamo realizzato un Ep (Mamma Ho Ingoiato L’ Autotune 2), che può essere considerato un preludio all’ album, dal sound alle tematiche (“Lasciatemi Stare” poteva far parte dell’album).

Ci spieghi il tuo metodo di lavoro per i mixtape?

A differenza dell’album, per il quale ho avuto bisogno di tempo, per i mixtape non mi soffermo molto sulle canzoni. Butto giù praticamente in freestyle ogni pezzo, spesso usando le strumentali del momento americane, rappo su produzioni americane e mi sfogo così, costringendomi a stare al passo con i rapper Usa, dovendo rappare su basi usate da loro, e non volendo sfigurare. Effettivamente mi sento l’unico in competizione con i rapper d’ oltreoceano, sia per mole produttiva che per flow e sonorità. Mi diverto molto a fare i mixtapes, sono la mia passione e ho l’esigenza di farli, per testare la mia evoluzione a che punto è. Io se non registro sto male, ho bisogno di imprimere costantemente la mia voce e fermarla per sempre nel tempo. Questo è per me fare canzoni.

Sono maniaco di mixtapes, pensa che sul mio sito ufficiale (www.jesto.it) ci sono ben 19 mixtapes scaricabili gratuitamente. Credo nessuno abbia mai fatto così tanti mixtape di alto livello in Italia.

Jesto

Jesto

Quali sono le tematiche, i contesti, le persone che ti ispirano maggiormente?

Quello che vivo, quello che vedo. Ho una visione critica del mondo, e non credo a nulla di quello che ci viene imboccato. Devi contare che vengo dal liceo classico e ho studiato Filosofia all’ università. Analizzo tutto, dalle notizie del tg ai comportamenti delle persone che incontro. Studio il mondo, fin dall’ adolescenza, e lo rimetto in circolo filtrato dalla visione di Jesto, alter ego disposto a ‘sporcarsi’ con le brutture del mondo pur di creare arte nuova.

Cosa dovremo aspettarci da te prossimamente?

 L’ inaspettato. Ho sempre stupito a ogni step, i miei Supershalli lo sanno. Attualmente sento sempre di più l’eredità artistica di mio padre, e credo stia definitivamente venendo fuori. Oltre a questo ho bisogno di fare nuovi mixtapes, perché sto continuando a scrivere come un pazzo. Sono iper-produttivo musicalmente e non vedo l’ora di tornare in studio. Detto questo ora sono focalizzato sul disco, stiamo lavorando ai nuovi video e promuoverò “Justin” ancora per un bel po’. Oltre alla musica sono appassionato di tutto quello che è arte visiva, disegno e dipingo fin da piccolo, e ultimamente sta riuscendo fuori l’esigenza di comunicare anche così. Ma non ti anticipo nulla.

Come è andato il concerto di presentazione a Roma e cosa ti aspetti da quello che terrai al Legend Club di Milano?

A Roma è andata una bomba. Una città non facile per quanto riguarda la musica, riempiere un posto come il Brancaleone solamente con il mio nome è stato un traguardo. Sento come se fossi arrivato al cuore della gente, dopo anni di alti e bassi. Ora le persone si rispecchiano, hanno capito che sono un’artista assolutamente originale, e quindi non seguo percorsi prestabiliti. Questo mi porta ad avere il rispetto delle persone, ancor prima della stima artistica. Non sono mai sceso a compromessi, e finalmente la mia visione mi sta ripagando.

Per il Live di sabato mi aspetto di far trappare Il Legend Club, è la prima data da solo che faccio a Milano e non vedo l’ora di stare sul palco. Quando sono sul palco mi trasformo, è la cosa che mi viene più naturale del mondo. Come se stessi in un’altra dimensione, in cui non c’è razionalità ma tutto istinto. Non a caso vengo dal freestyle. Considero i miei concerti esperienze molto cariche energeticamente, emano vibrazioni amplificate con il microfono in mano.

Raffaella Sbrescia

Video: Puttantour

“Vietato smettere di Sognare”. La carriera di Benji & Fede spicca il volo

Benji & Fede

Benji & Fede

Benji & Fede con il loro primo libro ufficiale “Vietato Smettere di Sognare” (Rizzoli) sono per la seconda settimana consecutiva al n. 1 della classifica libri generale. Il duo rivelazione del momento continua la sua ascesa dopo la certificazione platino dell’ album di debutto“20:05” in solo 4 mesi , un n.1 in classifica e un 32° posto nella classifica annuale degli album più venduti in Italia nel 2015 , oltre ad essere attualmente nella top 20 della classifica di vendita. Benji &  Fede il prossimo 26 aprile saranno protagonisti a Miami dei  BillBoard Latin Music Awards  presso il Ritz Carlton di South Beach con  uno speciale show case promosso da Fimi (Federazione Industria Musicale Italiana) e ITA (Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internalizzazione delle imprese italiane). A questi dati si aggiungono milioni di visualizzazioni su youtube (oltre 3 milioni per i  video di “New York”; “Lunedì” e oltre 4 milioni per “Tutta d’un fiato” e “Lettera”) e 4 concerti sold out lo scorso dicembre a Milano, Roma, Modena e Napoli.

Il libro, ricchissimo di foto personali e basato su un racconto fresco e appassionato, non solo ripercorre passo dopo passo il cammino di Benji & Fede, i loro alti e bassi personali e professionali, ma svela anche il coraggio e la determinazione con cui hanno affrontato le difficoltà, ricordando sempre il motto : “vietato smettere di sognare”.

 Intervista

Chi sono oggi Benji & Fede?

Siamo due musicisti con i piedi per terra. Torniamo spesso a Modena, la nostra città. Ci piace l’idea di poter stare con i nostri amici di sempre e di conservare intatte le nostre abitudini. Certo, non abbiamo più la disponibilità di tempo che avevamo prima ma cerchiamo sempre di fare cose semplici.

Qual è il messaggio di questo libro?

Di certo non è un solo un libro fotografico. Si tratta di un viaggio per immagini; un modo per chiudere il cerchio relativo alla prima fase della nostra carriera appena iniziata. Vietato smettere di sognare è anche il nostro motto.

Chi vi è stato più vicino in questi ultimi anni?

Naturalmente i nostri familiari in primis. Poi il nostro amico Davide Marchi è sempre stato con noi, è stato il primo ad aiutarci solo in nome della passione e perché credeva in noi. Ora suona nella nostra band, che è formata solo da amici veri, ci aiuta con lo sviluppo delle idee ed è parte integrante del progetto. Ci sembrava giusto ricambiarlo in tutti i modi possibili.

Come mai vi siete tenuti lontani dai talent show?

La prima ragione è che siamo un duo che suona mentre i talent danno più spazio e peso alle realtà solo vocali. Inoltre vedevamo che molti cercano di mettere becco sul percorso musicale dei ragazzi mentre noi abbiamo sempre voluto essere liberi.

Quali sono state le più grandi delusioni professionali che avete affrontato?

Il primo contratto discografico non è andato a buon fine. I nostri genitori ci hanno dovuto aiutare ad uscire da una situazione di forte svantaggio. L’altro momento critico è arrivato quando ci hanno scartato al Festival di Sanremo dello scorso anno. Per un mese ci siamo separati e non sapevamo come reagire. Poi ci siamo messi in testa di riprovare a emergere. Ed è arrivato il successo. Quest’anno siamo andati tra i big per cantare con Alessio Bernabei, è stato molto bello e abbiamo anche capito che l’anno scorso non eravamo pronti. C’è stata una vera e propria presa di coscienza nel capire di dover lavorare di più e meglio. Le porte in faccia fanno bene.

Benji & Fede ph Francesco Prandoni

Benji & Fede ph Francesco Prandoni

Come vi rapportate con il vostro pubblico così presente?

I nostri fan sono fantastici! Alcuni sono anche un po’ matti, dormono addirittura fuori gli store dove facciamo i firmacopie. Ricordiamo sempre con affetto quell’episodio in cui delle ragazze si son messe a cantare al microfono le nostre canzoni prima che arrivassimo a un’apparizione. Incontrarli è sempre straordinario ma è anche molto stancante, non vogliamo deludere nessuno ma spesso ci capita di stancarci veramente tantissimo.

E il tempo che rimane?

Lo sfruttiamo per cercare di dormire oppure ascoltiamo musica dei generi più diversi. Non ci stanchiamo mai di ascoltare, perché così si impara, si ricevono influenze e si sviluppa un nuovo sound.

State pensando al prossimo disco?

Certo, scriviamo a prescindere in previsione di un secondo album, almeno ci proviamo.

Cosa ricordate del primo concerto ufficiale al Fabrique di Milano?

Non avevamo mai cantato per un’ora e mezza da soli. Fede è, in genere, il più teso prima del live, le prime volte doveva essere portato di peso sul palco. Quel concerto è stato speciale, tutto è andato al meglio. Bello anche il medley con tutte le cover che avevamo realizzato insieme fino a quel momento.

Cosa vi consigliano i colleghi?

Max Pezzali e Nek ci hanno dato tanti consigli utili. Il più inaspettato è stato l’incontro con Roby Facchinetti, ci ha parlato per quasi un’ora, è stato illuminante.

Lascereste Modena per venire a vivere a Milano?

Sarebbe più comodo e più stimolante però non vogliamo affrettare le cose, quando arriverà il momento ce ne accorgeremo. Stare a Modena e frequentare le persone di sempre ci aiuta a mantenere i piedi per terra.

Che valore hanno i tatuaggi per voi?

Sono la mappa precisa del nostro percorso esistenziale.

E l’estero?

Dobbiamo ancora crescere molto qui in Italia. Certo, Benji è madrelingua inglese e a me piace cantare in inglese per cui ci teniamo aperte diverse possibilità…

Raffaella Sbrescia

“Scriverò il tuo nome”. Il nuovo album di Francesco Renga segna un passaggio importante nella carriera dell’artista. Intervista

cover Sciverò il tuo nome

“Scriverò il tuo nome” è il nuovo album di Francesco Renga. Pubblicato per Sony Music lo scorso 15 aprile, il disco è composto da 12 brani inediti scritti, composti e prodotti tra Milano e Los Angeles e sarà disponibile in tre versioni: standard, deluxe con 14 inediti e un package che contiene alcuni disegni inediti di Francesco Renga e in vinile. Prodotto da Michele Canova Iorfida, “Scriverò il tuo nome” segna un nuovo passaggio all’interno del percorso artistico di Francesco Renga che, per questa specifica occasione, ha voluto confermare alcune importanti collaborazioni ma si è anche avvicinato a nuovi giovani autori. Renga firma con Fortunato Zampaglione “Spiccare il volo”, “Perfetto”, “Migliore”, “Così diversa”. Con Ermal Meta firma “Il Bene” e con Dario Faini collabora in “Rimani Così”. Con Diego Calvetti torna a lavorare sui brani “13 maggio” e “A meno di te”. Nuove sono le collaborazioni tra Francesco e Tony Maiello co-autore di “Guardami Amore”, “Scriverò il tuo nome”, e “Cancellarti per Sempre”, con Matteo Valicelli ha scritto il brano intitolato “Sulla Pelle” e con Francesco Gabbani “L’amore sa”. Nek, insieme a Renga, Luca Chiaravalli e Davide Simonetta ha firmato, invece, “I nostri giorni”. Dopo il successo dell’avventura live del 2015, suggellata dal concerto evento all’Arena di Verona, Francesco Renga tornerà sul palco nel 2016 con un grande live il prossimo 15 ottobre al Mediolanum Forum di Assago a Milano, organizzato da F&P Group, di cui saranno effettuate anche delle registrazioni televisive.

 Intervista

Francesco, questo album arriva dopo un biennio di lavoro molto intenso…

Sì, ci ritroviamo dopo aver lavorato a tantissime canzoni. Queste 14 sono state estrapolate da una rosa molto più ampia, una grande moltitudine di pezzi da cui sono arrivati quelli giusti. “Scriverò il tuo nome” è un disco che parla in modo molto diretto, semplice e smaccato dell’unica cosa di cui si parla in tutte le canzoni, ovvero l’amore, un sentimento che muove un pò tutto e che sicuramente muove la mia vita.

 Una dichiarazione di intenti molto precisa…

 L’amore è difficile da definire. Ogni volta che cerchiamo di raccontarlo, il nostro racconto inizia sempre dentro di noi e comincia con un volto e quel volto ha sempre un nome, il suo. Ma chi ascolterà la nostra storia, lo farà attraverso il proprio sguardo e quel volto cambierà nome e quel nome cambierà ancora, ogni volta, in mille altri nomi sempre diversi e sempre uguali. E quel nome diventerà il suo nome per tutti, si trasfigurerà, eterno e assoluto, ma sempre diverso, e sarà il tuo nome. Questo è il mio racconto.

Quali sono le novità di questo disco?

 Dal punto di vista stilistico è un album molto eterogeneo ma con delle linee precise. Aver scritto con giovani autori mi ha consentito di concentrarmi su quello che mi interessava, mi ha dato modo di scegliere una scrittura diversa, più contemporanea, più vicina al mood dei tempi e al mercato. Il mio modus operandi è molto cambiato in questi anni; Canova è il deus x ex machina dell’album. Fino ad ora ho sempre pubblicato dei dischi-foto di un particolare momento, questo è, invece, quello più proiettato al futuro, una fotografia in divenire, il Renga che verrà. Abbiamo usato molta elettronica, c’è un approccio al canto differente grazie a delle strofe serrate, con parole che vanno dette e sottolineate, il canto si e asciugato in modo preciso, diretto, efficace, moderno, contemporaneo.

Francesco Renga

Francesco Renga

Qual è il significato dei disegni che hai incluso nel booklet del disco?

Il disegno è una passione che ho sin da quando ero bambino. Si tratta di una forma di evasione, mi capita di farne senza un obiettivo particolare e ritrovarne di continuo senza ricordarne la genesi. Non è stata una scelta studiata a tavolino, i miei collaboratori mi hanno chiesto di inserirne una piccola parte e questo è il risultato.

Come si combinano tra loro il tuo profilo privato e quello pubblico?

La mia vita privata è sempre entrata nei miei album e nei miei progetti; non si può non essere autobiografici. La scrittura è una forma d’arte che serve per raccontarsi per cui è ovvio che in un quadro o in un disco ci sia tutto quello che ci attraversa, i nodi esistenziali, le paure, il modo di sentirsi inadeguati alla vita. In questo album ci sono molti episodi della mia vita recente, sono stati due anni travagliati ma oggi sono molto sereno e penso che questo si evinca dall’album. I miei figli sono molto lucidi, sono due bimbi meravigliosi, ci hanno permesso di superare questo momento difficile in modo elegante e soprattutto sereno.

Come descriveresti questo tuo nuovo lavoro?

Credo di aver fatto un attimo lavoro, non cambierei nulla di questo disco anche perché per la prima volta mi capita di sorprendermi ad ogni ascolto. Abbiamo fatto un grande lavoro di arrangiamento con soluzioni di scrittura che mi hanno suggerito gli autori. Questa volta ho usato un linguaggio che io non ho perchè arrivo da un altro mondo, il fatto di essere riuscito ad asciugare la voce e a renderla cosi precisa, ficcante, perentoria è la parte più rivoluzionaria. Mi stanco facilmente, mi annoio, ho sempre voglia di esplorare, mettermi in gioco e in discussione, è una mia caratteristica. Sono passato da un’orchestra sinfonica al rock, ho fatto diversi esperimenti e mi piace interagire con persone che ti danno la possibilità di farlo. Non smetterò mai di ringraziare i miei collaboratori; già con “Tempo Reale” mi sono messo a confronto con autori più giovani e con un linguaggio diverso. Oggi ho fatto un ulteriore passo indietro e ho ascoltato. Non ho cambiato il mio modo di interpretare la voce, ho modificato l’approccio al mio lavoro, la cosa più difficile e intrigante è stata reinventarmi per dare una direzione diversa alla mia peculiarità piu riconoscibile ovvero il canto. La lungimiranza di un artista sta nel circondarsi di persone, autori, produttori, un team che gli dia la possibilità di fare bene quello che vuole fare.

Francesco Renga

Francesco Renga

Una vera e propria presa di coscienza…

Il caposaldo del mio percorso è stata “Angelo”, un brano che, proposto oggi, non porterebbe risultati. Il tempo in cui stai operando cambia il modo di fare il tuo lavoro, “Angelo” comprendeva una serie di cose che si sono Allineate contemporaneamente, oggi invece vale il lavoro scientifico. Sono un autore più per necessità che per virtù, faccio il mio e credo di farlo abbastanza bene, ho una sensibilità nel riconoscere una canzone bella da una brutta e nell’ interpretarla dignitosamente affidandomi alla mia voce.

C’è una faccia dell’amore in cui ti riconosci di più?

Ci sono canzoni e tracce più descrittive ma sono tutte sfaccettature della stessa cosa, sono tutte parti di un universo unico.

Il videoclip di “Guardami amore”, il primo singolo estratto dall’album, si conclude con un messaggio preciso: “E’ inutile per l’uomo conquistare la luna, se poi finisce per perdere la terra” (F. Mauriac).

Ho due figli piccoli e credo che chi, come me, può permettersi di spendere due minutì del proprio tempo per far arrivare un piccolo messaggio a sostegno del nostro pianeta lo debba fare ogni volta che può.

Raffaella Sbrescia

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Video: Guardami amore

Renato Zero presenta “Alt”: Non mi arrendo, questo non è un mondo dove si può stare ad aspettare la manna.

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Unico, rivoluzionario, libero, precursore, provocatore. A tre anni dal doppio progetto di “Amo”, incentrato su tematiche più intime e riflessive, Renato Zero torna, forte di rinnovata passione e spirito di denuncia, ai grandi temi sociali e alle battaglie civili con “ALT”, il nuovo disco pubblicato lo scorso 8 aprile. In questi 14 brani inediti trovano spazio i temi della fede, della violenza, dei giovani, del lavoro, del destino dell’arte, dell’amore in tutte le sue declinazioni, dell’ecologia, delle politiche d’accoglienza e dei nuclei affettivi. Tutti i brani del disco, prodotto da Renato Zero e Danilo Madonia, sono stati scritti dall’artista romano insieme ad autori e compositori come Vincenzo Incenzo, Danilo Madonia, Maurizio Fabrizio, Phil Palmer, Valentina Parisse, Luca Chiaravalli, Mario Fanizzi e Valentina Siga. La cover dell’album e le foto contenute nel booklet sono state realizzate dal fotografo Roberto Rocco. A breve Renato Zero tornerà anche in tour: l’1 e 2 giugno, infatti, l’artista si esibirà nella prestigiosa location dell’Arena di Verona, dove incanterà il pubblico con i suoi successi di sempre e presenterà per la prima volta dal vivo i nuovi brani contenuti nell’album “Alt”.

Intervista

Renato, perchè un nuovo album?

Perchè non mi arrendo. Dovrete sopportare il mio modo assurdo di combattere l’industria discografica. La scuola non può essere abbandonata proprio mentre stiamo per laurearci. Io voglio laurearmi con i voti che io e la musica ci meritiamo. Faccio un appello a voi giornalisti: salvatela e non chiamatela più musica leggera. Bisogna rendersi conto del fatto che il giorno in cui l’artista indossa le pantofole ha smesso di dire qualcosa al mondo. La sofferenza è un’amica eccezionale ed è madre della crescita, madre della saggezza, della sopportazione, della rivoluzione. Questo disco si rivolge a chi non vuole stare in panchina.

Tornerai all’Arena di Verona, dal cui palcoscenico manchi dal 1998. Saranno due tappe uniche per presentare questo progetto…

Sono felice di tornare a Verona perchè mi deve tre malleoli. Questa è la promozione più diretta e autentica per far conoscere un disco al pubblico. Devo recuperare la sfida con me stesso, se non metto in moto il motore ogni tanto, si blocca. La scelta di Verona non è casuale, insieme all’Emila, al Piemonte e alla Toscana sono le regioni che mi hanno maggiormente appoggiato agli inizi.

E la stampa?

Vi temo ma vi esorto a comprendere la mia attuale stagione artistica. I miei collaboratori storici  hanno assecondato la mia musica, li ringrazierò negli spettacoli e spero che vengano a trovarmi. Oggi tremo come a Festival di Sanremo, ho perso l’abitudine a incontrare tanta gente insieme e a stare sul palco.

Renato Zero_ph. Roberto Rocco

Renato Zero_ph. Roberto Rocco

A cosa si ispira “Il cielo è degli angeli”?

Ho scritto questo brano a fronte di un’epidemia di separazioni di coppie. Per come la interpreto io la separazione è una guerra a oltranza, lo trovo penalizzante soprattutto in presenza di figli, ho scritto agli angeli affinchè non venga buttata all’aria una promessa d’amore, lo richiedono i termini della nostra esistenza. Sono un frequentatore della strada, sentivo la necessità di accarezzarci e di rassicurarci.

Perché “Alt”?

Correre non è appagante, lo vedo con i miei affetti più vicni, quando impegno tutte le mie energie ne soffre qualcuno, in un momento come questo non si può non interessarsi agli altri.

“Chiedi” è un testo omnicomprensivo?

Vorrei puntare l’attenzione su un fenomeno eloquente, molti sindacalisti finiscono a Montecitorio, un fatto paradossale e incomprensibile. Io non ce l’ho coi sindacati, ce l’ho con l’ostruzione che rallenta il cammino. Molta televisione attuale non lascia apparire le persone per come sono realmente, è nata una nuova qualifica, quella del tuttologo che interviene su tutto. Questo malessere passa attraverso i pori della pelle di un artista. I miei genitori erano persone semplicissime, hanno avuto in casa il fenomeno, lo hanno accettato, condiviso e sopportato nel suo persistere. Io appartengo ai vostri disagi, ai vostri malesseri e dolori, all’ abbraccio sincero di un rapporto affettivo che trova sempre meno tempo per essere applicato.

Renato Zero_ph. Roberto Rocco

Renato Zero_ph. Roberto Rocco

“Gesù” è una preghiera laica? Lasci intravvedere la tua anima cristiana?

I musulmani hanno forse estremizzato questo esercizio con atto di grande sottomissione, noi mangiamo carne e facciamo tante cose poco ortodosse; l’assenza di Gesù si sente moltissimo, non parliamo di quella di Dio, sarebbe da farci un dibattito. Gesù siamo noi mentre Dio potrebbe essere un’identità lontana, Gesù deve tornare tra noi, a casa sua, ma questo dipende dalla nostra volontà, non è questo il mondo dove si può stare ad aspettare la manna.

Come si scrive un disco con così belle canzoni?

La canzone è un atto d’amore, un tentativo di coinvolgere gli altri in un sentire di un momento magico, sia esso leggero e più intellettuale e profondo, cerco di evitare di dire cose facendo dei cloni. Su Mtv si prendono loop, si fanno copia e incolla, le donne soprattutto si omologano. Quello che manca da noi è la scrittura magnifica, la scoperta di arrangiatori, ringrazio Danilo Madonia per aver arrangiato questo disco con una dedizione che raramente ho visto altrove. Il coinvolgimento dei musicisti è una cosa opportuna e intelligente, se li trattiamo come delle colf, il lavoro diventa offensivo. A parte certi meravigliosi visionari che hanno fatto la storia della letteratura e della poesia, noi cantiamo quello che viviamo e anche il tempo in cui viviamo. Questo disco si differenzia dagli altri perchè parla del presente, del qui e ora, e lo fa con una metrica insolita.

Renato Zero_ph. Roberto Rocco

Renato Zero_ph. Roberto Rocco

In qualità di Maestro di musica, di vita, d’amore. Quale appello fai ai giovani italiani?

 La pratica e la passione vengono prima di tutto, se mancano queste cose decade una serie di schioppettii e di accensioni. Bisogna avere il coraggio di uscire dai network e da Internet, l’ ho ripetuto una miriade di volte. Il web è uno strumento da prendere con le molle, c’è tanta solitudine in rete che genera depravazione.

“In questo misero show” è un brano in cui punti il dito anche contro il pubblico…

L’ ultimo ad avere la parola è sempre il pubblico, il quale stabilisce il valore e la validità di  un lavoro. Se il pubblico non è educato all’ascolto è anche perchè c’è un disegno più alto che ci vuole più ignoranti.

Senti la nostalgia di quando c’era di più da dimostrare?

Sapere che esistevano Brian Eno, Pink Floyd, David Bowie ci spingeva a superare i nostri limiti.  Ora lo standard si è notevolmente abbassato, si vendono pochissime copie ma non si può dare la colpa agli artisti, oggi si parla di musica in modo velleitario.  Personalmente ho preso pugni e schiaffi, a subire si impara, poi però bisogna che la gente capisca che l’Italia così non funziona, c’è bisogno di regole,  di una famiglia che possa garantire una solidità, una complicità. Questo è un disco che non privilegia nessuno. Nessuno si può permettere il lusso di giudicare. La famiglia è comunque un bene, un modo di fare unione, di non stare soli, io ho adottato un figlio per non stare da solo, non vedo perchè tutto questo debba essere un problema. Ognuno deve applicare con coscienza quello che ritiene meglio. Sono un sollecitatore, non mi piace stare zitto, cerco di stimolare gli interventi della gente, soprattutto quelli che hanno la voce più esile e che non hanno raccomandazioni. Infine non mi sento di rinnegare nessuno, tutti fanno parte del mio percorso, ringrazio pure quelli dalla battuta facile perché mi hanno fatto scrivere cose bellissime.

Raffaella Sbrescia

Questa la tracklist del disco “ALT”:

“Chiedi”, “In questo misero show”, “La lista”, “In apparenza”, “Il cielo è degli angeli”, “Il tuo sorriso”, “Perché non mi porti con te”, “Gesù”, “La voce che ti do”, “Nemici miei”, “Vi assolverete mai”, “Alla tua festa”, “Rivoluzione”, “Gli anni miei raccontano”.

Video: “Chiedi”

Noi siamo infinito: Alessio Bernabei presenta il suo primo album da solista. Intervista

 COVER NOI SIAMO INFINITO - ALESSIO BERNABEI

Alessio Bernabei è la new entry nella major Warner Music. Il giovane cantante ha firmato un contratto per tre album iniziando così la sua avventura da solista (prima fondatore e leader dei Dear jack). Dopo aver partecipato a febbraio 2016 alla 66° edizione del Festival di Sanremo con il brano “Noi siamo Infinito” scritto da Faini, Amatucci e Casalino, lo scorso 8 aprile, Alessio ha pubblicato il suo primo omonimo album prodotto da Fausto Cogliati. Composto da 12 brani, il disco esplora nuove sonorità muovendosi tra pop acustico ed elettronica.

Ecco cosa ci ha raccontato Alessio Bernabei in occasione dell’incontro con la stampa a Milano.

Marco Alboni (Presidente Warner Music Italia): Qualche mese fa ci siamo confrontati con Alessio e con la sua idea di fare il solista. Alessio ha una grande genuinità, voglia di lavorare e passione. Dal dialogo ha sempre assorbito qualcosa da mettere nella sua musica e non tutti hanno questa disponibilià e forza interiore. Dopo aver affrontato uno strappo importante, Alessio ha dimostrato di avere una spiccata personalità; ecco perchè scommettiamo su di lui e crediamo in lui.

Alessio: Sono entrato da qualche mese nella famiglia Warner, qui ci sono sentimenti veri, mi hanno fatto sentire subito a casa. In un anno sono cambiate parecchie cose. In questo mio primo album da cantante solista confluiscono i risultati di un percorso difficile, ho lavorato su me stesso, ho ritrovato la mia identità, ho messo da parte il mio passato pur mantenendolo dentro di me.

Come hai lavorato insieme a Fausto Cogliati?

 Questo album vede in Fausto e nelle sue competenze una grande importante. Abbiamo dei gusti musicali molto simili, ci siamo ispirati al mondo internazionale. Vengo da un mondo un pò punk ma nutro un amore sconfinato anche per le sonorità d’ oltreoceano. A livello tecnico, ho partecipato alla realizzazione dell’album a 360 gradi, ho partecipato alla creazione del disco in prima persona, anche nella scelta dei delay della chitarra. In questo disco ci sono io, la persona che sono, ci ho messo il mio cuore dentro.

Fausto Cogliati: C’è stato un continuo confronto sulla scelta dei brani insieme ad Alessio ed Enrico Romano. Non amo l’idea del cantante dietro una teca di vetro, abbiamo fatto questo album con Alessio che cantava in piedi a fianco a me

Il brano più difficile?

Alessio: “L’amore cos’è” sembrava semplice poi ci ha richiesto un’intera giornata, è stata dura entrarci dentro, per me ha significato esplorare colori che prima non avevo mai visto, ho esplorato mondi diversi. Mi è piaciuto l’approccio di Fausto, eravamo davvero in simbiosi.

Fausto Cogliati: Ho persino piazzato dei bigliettini adesivi con delle indicazioni dappertutto. Abbiamo passato giornate tra le 8 e 10 ore al microfono senza uscire dallo studio.

Quello a cui sei più legato?

Alessio: In “Fra le nuvole” la musica e il testo sono miei. Si tratta di un brano scritto in onore di una persona che ho amato per un anno e mezzo e che ora non c’è più nella mia vita.

Alessio Bernabei ph Julian Hargreaves

Alessio Bernabei ph Julian Hargreaves

Quali sono i tuoi riferimenti?

Fausto mi ha strabiliato, nel suo background ci sono Articolo 31 e Fedez, siamo andati su Spotify, ascotando Zayn, Justin Bieber, Ellie Goulging e tanti altri artisti americani. Tra gli italiani mi ispiro a Vasco Rossi, sogno gli stadi e considero Vasco il top.

In questo tuo percorso qual è stato il momento più difficile?

Sono stato il creatore dei Dear Jack, all’inizio eravamo solo io e il chitarrista, abbiamo conosciuto gli altri nel programma “Amici”. Forse proprio questo ha causato il distacco, non sentivo benessere, non c’era equilibrio, c’erano problemi personali e ad un certo punto abbiamo optato per il distacco. Ci vogliamo bene, siamo stati come fratelli, l’affetto comunque rimane. Subito dopo questo avvenimento, il mio futuro è diventato un enorme punto interrogativo e mi sono chiesto se avevo delle reali possibilità da solista.

Cos’è successo con i fan?

All’inizio mi hanno demolito, poi però hanno capito la voglia di esprimermi per conto mio. Sono uscito dai canoni e mi sono espresso al meglio delle mie possibilità. Il primo album è sempre il più delicato, molti fan sono affezionati al mio timbro vocale. “Noi siamo infinito” ha attirato l’attenzione di un pubblico più adulto, il mio scopo è parlare a gente di tutte le età.

Qual è il tuo obiettivo più importante?

Scrivere un intero album da solo, in questi mesi non ho potuto concentrarmi molto ma ho potuto collaborare con autori forti. Sogno di essere un cantautore e non solo un interprete.

Dal vivo che farai?

Il passato conta, i vecchi successi ci saranno anche nei nuovi live, salverò i brani più amati come “La pioggia è uno stato d’animo”, “Domani é un altro film” perchè il pubblico vi è affezionato. Sono felice di cominciare dai live quello è il vero ossigeno di un artista; tirerò fuori il vero me stesso e cercherò di divertirmi. Sul palco ci saranno percussioni e timpani, suonerò molti brani e cercherò di fare un pò tutto. Tra gli ospiti ci saranno Benji & Fede, suoneremo il brano che abbiamo portato a Sanremo “A mano a mano”, li trovo bravi e preparati. Ci sarà anche Briga, lui mi ha invitato in un suo live, in qualità di solista e gli ricambio volentieri il favore. Avrò anche il piacere di ospitare gli Zero Assoluto, siamo andati a Disneyland insieme, siamo molto amici e tutti conterranei. Un altro amico che verrà a trovarmi è Fred De Palma, usciamo spesso insieme, nel disco c’è un suo testo adattato in italiano. Il live parte da Milano e Roma con location più piccole per ripartire dal basso. Ho bruciato le tappe ma farò in modo di tornare più forte di prima.

 Raffaella Sbrescia

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Video: Noi siamo infinito

Intervista ai Dear Jack: “Con Mezzo Respiro cogliamo il bello di ogni occasione”

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Ritratti di Note ha incontrato i Dear Jack, la band formata da Leiner Riflessi, dal 2015 nuovo cantante del gruppo dopo Alessio Bernabei, Francesco Pierozzi alle chitarre, Alessandro Presti al basso, Riccardo Ruiu alla batteria, Lorenzo Cantarini alle chitarre, in occasione della partenza del nuovo tour.

 Partiamo da Leiner Riflessi per raccontare questo nuovo album, “Mezzo Respiro”, un progetto importante perché è simbolo di una nuova fase dei Dear Jack.

Sì, sicuramente un cambiamento morfologico ma l’anima e la bellezza dei Dear Jack è la stessa, anzi crediamo che con questo nuovo album, sia ancora di più in risalto. E’ un album colorato, è un album vario, un album in cui ci sono mille sfaccettature della musica, di quello che sentiamo e di quello che proviamo. L’abbiamo intitolato come la canzone “Mezzo Respiro”, perché questa canzone  è un po’ più significativa per noi e ha fatto da filo conduttore a tutto il progetto, che in sintesi, sprona a cogliere sempre il meglio dalla vita, a cogliere il bello in ogni occasione, e a cercare di trarre un insegnamento da tutte le esperienze che viviamo, sia quelle belle, sia quella brutte.

 All’interno dell’album, pubblicato il 12 Febbraio 2016, ci sono due cover, “Un bacio a mezzanotte” del Quartetto Cetra” e “Oro” di Mango. Cosa vi ha guidato nella scelta di queste canzoni?

Per quanto riguarda “Un bacio a mezzanotte” del Quartetto Cetra, che abbiamo presentato anche nella serata delle cover a Sanremo, noi abbiamo sempre avuto il vizio di rispolverare brani del passato e di proporli al nostro pubblico e anche ad altre persone. Crediamo che nella storia della musica italiana ci siano dei capolavori che non debbano essere assolutamente dimenticati, e che fanno parte della nostra identità, e poi è bellissimo ed è una grande emozione lavorare a dei pezzi in questo modo, arrivare sul palco e vedere che i nostri coetanei li cantano, con lo stesso entusiasmo con cui cantano i nostri pezzi. Da questo punto di vista ci sentiamo in realtà un po’ dei paladini di questo tipo di operazione. Per quanto riguarda invece l’altra cover, “Oro” di Mango, siamo stati invitati tempo fa ad una trasmissione televisiva andata in onda su Rete 4 dedicata a Mogol, ci siamo confrontati con questo pezzo in maniera inaspettata, siamo riusciti a cucircelo addosso e abbiamo colto l’occasione per fare un tributo ad un grandissimo artista italiano che è Mango.

Dear Jack

Dear Jack

Nell’album c’è una canzone che si intitola “Guerra personale”. In un mondo di guerre sociali e personali, in chi o in che cosa si può trovare rifugio?…

E’ molto bello il significato di questa canzone; è una riflessione su se stessi, sul fatto di arrivare ad un certo punto nella propria vita e chiedersi “Cosa sto facendo”, “Chi sono”, “Qual è la nostra missione sulla terra”, e altre mille domande. Spesso entriamo anche in conflitto con questa cosa, pretendiamo di voler essere diversi, di cambiare, mentre in realtà quello che conta è la bellezza interiore, la nostra anima, che è quello che davvero ci rappresenta. E’ un po’ questo il senso di “Guerra Personale”.

Il vostro nuovo tour parte ufficialmente da Napoli…

Si, da Napoli parte ufficialmente il “Mezzo Respiro Tour”; c’è stata una data zero di presentazione all’Alcatraz di Milano, circa tre settimane fa. Una serata memorabile, eravamo emozionatissimi, ma ora si parte in pompa magna, stanno uscendo numerose date e promettiamo ai nostri fans di coprire tutta l’Italia. La prossima data ufficiale, è il 28 Maggio al Pala Atlantico di Roma. Le altre date saranno sui nostri social, sempre aggiornatissimi. Saremo anche ospiti il 22 e 24 Aprile rispettivamente all’Earth Day a Roma e al Giubileo dei Ragazzi, sempre a Roma, allo Stadio Olimpico. Siamo onorati di partecipare a queste manifestazioni che coinvolgono un numero vastissimo di persone e nelle quali possiamo condividere il palco con altri grandi artisti. Questa è una grande fortuna per noi…

Giuliana Galasso

L’album “Mezzo Respiro” contiene otto brani inediti, due cover e tre brani tratti dall’album precedente dei Dear Jack “Domani è un altro film” (Seconda Parte), reinterpretati da Leiner Riflessi.

1)    La storia infinita

2)    Guerra Personale

3)    Mezzo Respiro

4)    Oro

5)    Io e te

6)    Ossessione

7)    Non è solo un piccolo particolare

8)    Amore e veleno

9)    The Best Time

10)  Un bacio a mezzanotte

11)   Uno sbaglio insieme

12)   Ora o mai più

13)  Le strade del mio tempo

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Video: Mezzo Respiro

Intervista a Gnut: l’artigiano delle emozioni presenta “Domestico” e tutti gli altri progetti in corso

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Claudio Domestico, in arte Gnut, è un cantautore prezioso. Prezioso per lo spessore della sensibilità di cui è dotato e per l’innata capacità di saperla lasciar confluire nelle sue bellissime canzoni. Prezioso lo è anche per la ferma volontà di fare gruppo con l’intento di valorizzare e ottimizzare le incredibili risorse artistiche insite nello scenario musicale partenopeo. In questa intervista abbiamo avuto modo di chiedergli un bel pò di cose nonchè di approfondire la conoscenza del suo ultimo Ep, intitolato “Domestico”.

In un’intervista hai dichiarato: “Napoli è l’unico posto del mondo in cui potrei vivere adesso, mentre qualche anno fa sarei stato bene in qualsiasi parte del mondo e la mia curiosità mi ha spinto a girare parecchio…”. Sarà questo che ti ha spinto a creare il format: Antologia Newpolitana, la rassegna che coinvolge giovani associazioni napoletane e molti musicisti, poeti, fotografi, scultori della città? 

Le esperienze lontano da Napoli e l’aver suonato con tantissimi musicisti in questi anni mi hanno fatto capire quanto il confronto e la condivisione siano importanti per crescere musicalmente. Anche l’aver frequentato locali come “La casa 139” a Milano oppure “L’Angelo Mai” a Roma mi ha convinto su quanto sia importante avere un luogo in cui incontrare persone che hanno la tua stessa passione. Questo format ha lo stesso scopo degli altri che ho organizzato in precedenza: il “Tirabushow” l’anno scorso al Cpa di Napoli o  “Personaggi in cerca d’autore” al Jarmusch di Caserta o “Il mille e una nota show” al Burning di Napoli.

Come vivi i panni di “oste d’eccezione”? 

Mi diverto tantissimo. Gli ospiti sono persone che stimo tanto e con i quali ho un ottimo rapporto di amicizia. Ci sono gli strumenti, un palco, un microfono e una situazione molto informale da vivere insieme.

Agli ospiti viene anche chiesto di rileggere un brano classico napoletano… sarà perché “siamo come le foglie di un albero che ha radici profonde?” 

Sì, questa idea mi è venuta dopo aver risposto ad un’intervista in cui mi chiedevano “come ti poni nei confronti della tradizione napoletana?”  Risposi spontaneamente che “siamo come foglie di un albero”, nel senso che siamo parte di qualcosa di più grande, che a volte dimentichiamo. Quindi l’idea del format è stata proprio quella di mettere a confronto le nuove leve della scena musicale partenopea con le loro radici.

Come funziona la collaborazione con il collettivo Be Quiet? 

Il Be Quiet è un collettivo che stimo tantissimo. Hanno fatto gradi cose in questi anni! Conosco Giovanni Block da una vita ed è sempre stato un grande piacere passare sia da spettatore che da musicante alle serate del Be Quiet.

Claudio Domestico - Gnut

Claudio Domestico – Gnut

Il nuovo ep “Domestico” fissa il tuo presente ma sbircia anche nel tuo futuro? 

Come gli altri dischi è una fotografia del periodo che sto vivendo. Fortunatamente un periodo felice che mi ha permesso di lavorare sui testi in maniera diversa rispetto al passato. Ho scritto anche altre canzoni insieme a queste di “Domestico” e il mio futuro prossimo lo dedicherò a lavorarci.

Nato grazie al crowdfunding, “Domestico”, è stato registrato in casa, sopra Piazza Dante a Napoli, e ha visto la collaborazione di diversi musicisti, dai tuoi storici collaboratori (Mattia Boschi e Coffee), fino alla partecipazione di tanti amici musicisti dell’interland napoletano (Maurizio Capone, Daniele Sepe, Valerio Mola, Luigi Scialdone)…ci racconti come è andata? 

E’ andata nel modo più semplice. Avevo le canzoni e il titolo, che da solo mi ha indicato la strada da seguire per curare le registrazioni. Quando ho deciso di chiamarlo “Domestico” e di registrare tutto in casa il grosso del lavoro era già fatto. Ho seguito un flusso energetico e tutto è andato bene.

Gnut

Gnut

Sei al lavoro con Piers Faccini per il nuovo album che vedrà la luce nel 2017. Di lui hai detto: “Lui ha la sensibilità per accudire le mie canzoni come di indirizzarle verso qualcosa che magari non avevo immaginato. Siamo come bambini che giocano con la musica e si divertono quando tutto suona bene”… Sarebbe bello se tu potessi raccontarci qualcosa in più in merito a questo rapporto così speciale che vi lega… 

Conosco Piers da quasi 15 anni. Lui è uno dei talenti più puri che io abbia mai incontrato. Abbiamo lavorato insieme al mio secondo disco “Il rumore della luce” in uno dei periodi più difficili della mia vita. Ero stravolto, confuso e poco lucido. Non ero in grado di gestire le registrazioni del disco ma avevo l’esigenza di registrare quelle canzoni per buttarmi alle spalle anche tutto il periodo che raccontavano. Lui era l’unico di cui mi sarei fidato sia per l’affetto che ci lega ma anche per la stima enorme che provo. Così è stato e gliene sarò grato per sempre.

“Cerco sempre accordi complicati con il mondo E poi mi scordo quanto è bello il giro di DO. Ritmiche complesse per spiegare tutti i miei complessi Che quando ho finito poi non mi ricordo quel che ho”. Si tratta di una tua fotografia musicale? 

Certo! ho scritto questo pezzo perché le persone con le quali suono e ho suonato mi hanno sempre preso in giro perché nelle mie canzoni ci sono sempre cose “strane”. Mi piacciono le canzoni che hanno qualcosa di interessante ritmicamente oppure armonicamente, forse per deformazione professionale! Dopo tanti anni però mi è venuta voglia di rispondere a questa presa in giro scrivendo un pezzo con il giro di Do in 4/4, ed è nata “Semplice”.

Bella anche questa tua recente dichiarazione: “A me piace avere un “orticello” e viverci senza compromessi. Io sono felice di suonare per persone che hanno il mio stesso modo di vedere il mondo”. Qual è, dunque, la tua visione del mondo ad oggi?

La mia visione del mondo è pessima! Penso che a livello internazionale e globale il pianeta sia in balia delle onde in mano a persone spietate che per i propri interessi e la fame di potere stanno distruggendo questo meraviglioso luogo nell’universo. Credo anche che i tempi non siano maturi per uno stravolgimento globale delle cose, che mi auguro arrivi tra qualche anno. Intanto credo che alimentare il bello e vivere dei piccoli piaceri che la vita ci offre sia un ottimo modo per aspettare che le cose cambino.

Raffaella Sbrescia

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