Irama: “Credo nel cambiamento e nel peso specifico di ogni singola parola”

Irama

Irama

All’anagrafe è Filippo Maria Fanti, il pubblico lo sta conoscendo come Irama. Parliamo di un giovane cantautore nato a Carrara il 20 dicembre 1995 ma residente a Monza che si sta imponendo all’attenzione dello scenario musicale italiano attraverso la sua musica costruita sulle basi di un contrasto che alberga nei suoi gusti musicali: da una parte la passione per i grandi cantautori italiani e le loro opere, dall’altra la ricerca di sonorità e arrangiamenti più vicini al mondo hip hop con il quale da tempo si confronta. Irama sarà tra i giovani artisti emergenti che questa sera si sfideranno al “Coca-Cola SUMMER FESTIVAL - il gusto dell’estate”  in Piazza del Popolo a Roma e porterà sul palco il suo nuovo singolo “Tornerai da me” contenuto nel suo album d’esordio  “IRAMA”  uscito il 12 febbraio  2016.

Intervista

Partiamo subito dal nuovo singolo “Tornerai da me” e dal video che in poche ore ha ottenuto oltre 160 mila visualizzazioni, oltre 22 mila like e oltre 6000 condivisioni. Qual è il messaggio che intendi comunicare a chi ti segue  e come ti sei trovato a lavorare con il giovane videomaker Alessandro Murdaca?

Sono stato io a chiedere di poter lavorare con lui, trovo che sia molto bravo. Spesso è proprio il fatto di essere giovani a darti la possibilità di osare ed è una cosa che appartiene anche a me che cerco di fare un genere tutto mio. Io ed Alessandro ci siamo trovati subito in sintonia ed è nata questa collaborazione molto proficua. Il video mi ha coinvolto molto, sia dal punto di vista emotivo che recitativo; la ragione è insita nel fatto che le mie canzoni nascono sempre da cose appartenenti al mio vissuto.

Le tue storie sono spesso vissute molto da vicino dal tuo pubblico, come vivi questa cosa così forte?

Sì, mi arrivano spesso messaggi che lo confermano. La cosa più bella per chi fa questo lavoro sta nella possibilità che il pubblico possa rispecchiarsi in quello che scrivi regalandogli un’emozione.

A proposito del tuo stile così originale: come lavori alla costruzione dei tuoi testi, visto che ci lavori in prima persona?

Ogni volta cerco di rinnovarmi un po’, adesso sto scrivendo anche nuove canzoni continuando a lavorare con Giulio Nenna. Penso che il cambiamento sia fondamentale, sono ancora molto giovane, ho tanto da dare al pubblico così come tanto da imparare. Ci tengo a scrivere personalmente ogni pezzo e penso che ogni parola abbia un suo peso, bisogna pensarci mille volte prima di scriverla!

Hai delle fonti da cui attingere per la tua ricerca lessicale?

Le fonti possono essere infinite, l’ispirazione può arrivare da qualunque cosa, l’arte può essere ovunque basta cercare di coglierla, bisogna non guardare ma osservare…

Irama

Irama

Ci sono contesti che ti hanno influenzato in questo senso?

Sì, ci sono molte cose, non ce n’è una in particolare, l’esperienza del Coca Cola Summer Festival sarà, per esempio, qualcosa da raccontare…

Come ti senti a questo proposito?

Sono molto onorato, non vedo l’ora di salire sul palco, ormai ci siamo. Sarà un’esperienza meravigliosa, darò il massimo e spero soprattutto di divertirmi e far emozionare il pubblico.

Hai postato qualche giorno fa un brano che unisce il brano di Enrique Iglesias “Duele El Corazon” ad un tuo inciso, come ti è venuta questa idea?

Mi sono ispirato a storie quotidiane, ai miei stessi amici  e penso sia una cosa molto carina; mi sono semplicemente divertito.

Un concetto che ricorre nelle interviste che rilasci è quello di verità… che riflessione di senti di fare e che tipo di messaggio vorresti trasmettere al pubblico attraverso la tua esperienza?

La verità è un fatto fondamentale nella vita, soprattutto nel mondo dell’arte. La verità è qualcosa che arriva subito, è impattante. Nel 2016 paradossalmente è più difficile cercare la verità invece delle cose artefatte, siamo bombardati. Con questo non voglio dire che sono contro la televisione perché non bisogna mai dire mai nella vita. Mi spaventa pensare che  a volte gli artisti non vivano in quanto tali ma in quanto prodotti, questa cosa uccide un po’ l’arte, io cerco sempre di vivere. Chi fa musica deve avere qualcosa da raccontare, non dovrebbe semplicemente cantare.

Hai dei concerti in vista?

Adesso godiamoci il Coca Cola Summer Festival, sto lavorando a cose nuove, presto saprete tutto!

Raffaella Sbrescia

Video: Tornerai da me

Il periodo d’oro di Fabrizio Moro: un nuovo live, un nuovo album e tante canzoni di successo. L’intervista

Fabrizio Moro

Fabrizio Moro

Ritratti Di Note ha incontrato Fabrizio Moro in occasione del concerto all’Arenile di Napoli, tenutosi lo scorso 18 Giugno. L’artista ha raccontato delnuovo live, dei prossimi progetti e della lavorazione al nuovo album.

 Fabrizio, sei tornato nuovamente all’Arenile di Napoli per un concerto; tra l’altro so che tu ami molto questa città…

Ero stato in concerto all’Arenile di Napoli già due anni fa, ma ci avevano riservato il palco piccolino. Quest’anno ho suonato sul palco centrale, direttamente sulla spiaggia, a pochi metri dal mare e questa è stata una esperienza bellissima. Tra l’altro, a proposito dei live, io dico sempre che il concerto lo fa il pubblico, poi noi ci mettiamo tutta l’energia e l’amore possibile. Quello di Napoli è stato il quarto appuntamento di questo Tour 2016, dopo i concerti al Palalottomatica di Roma e all’Alcatraz di Milano, e il concerto di Maida (CZ).  Continuerò per tutta l’estate a suonare in giro per l’Italia, fino ad Ottobre. Tutte le date sono sui miei social e sul mio sito. Comunque Napoli è una città eccezionale, dal grande calore umano; ci torno sempre con piacere.

Da sempre nella tua musica c’è la compresenza di due elementi: una osservazione attenta e lucida della realtà che ci circonda ma anche uno sguardo profondo sull’individuo, sui suoi limiti e le sue paure. “Sono anni che ti aspetto” è una canzone che parla anche di questo…

Sì, soprattutto negli ultimi due album, e in particolare in “Via Delle Girandole 10”, l’album uscito lo scorso anno, ho messo al centro dell’attenzione la mia vita, i miei amori, i miei affetti, tutto quello che è successo negli ultimi dieci anni, anni molto importanti non solo a livello artistico ma anche a livello umano. Le cose che sono cambiate, l’equilibrio che sono riuscito a ritrovare da qualche anno, tante belle sensazioni che ho cercato di mettere in musica. La musica è stata una valvola di sfogo fondamentale e attraverso questi due ultimi album sono riuscito ad esprimere a 360 gradi quello che è successo al mio stato psico-fisico. Per la prima volta sono riuscito a mettere al centro dell’attenzione la mia vita, cosa che non ero mai riuscito a fare prima. Essere un cantautore è tante cose; ci sono momenti in cui riesci a fotografare gli aspetti positivi e negativi della realtà che ti circonda e poi ci sono momenti in cui hai voglia magari di parlare solo di te e della tua vita. Io ho voluto esprimere agli altri quello che avevo nella testa e nel cuore. Essendo una persona intimista riesco a fare questo solo con la musica. Ecco perché oggi all’età di 41 anni continuo a farmi sempre la stessa domanda “Perché ho scelto di fare questo percorso?” La risposta è forse perché non credo di riuscire a comunicare in altri modi.

Fabrizio Moro live @ Arenile - Bagnoli ph Stefano Cicala

Fabrizio Moro live @ Arenile – Bagnoli ph Stefano Cicala

Questa è una di quelle domande che nella vita torna parecchie volte…

Le domande bisogna sempre continuare a farsele. Alcune volte si trovano le risposte, altre volte no. Io spesso mi sono detto “Ma davvero voglio trovare una risposta?”, anche perché sembra che quando hai trovato la risposta a questa e ad altre domande, qualcosa irrimediabilmente finisca, si spenga. Io sono un fan delle vigilie. Quando stai vivendo un momento, soprattutto un momento bello come la nascita di un figlio, il tuo compleanno, la pace ritrovata, è bello viversi il momento che precede il tutto, l’attimo intermedio. Forse è per questo che ho amato sempre di più l’autunno e la primavera rispetto all’estate e all’inverno. Io sono nato il 9 Aprile ma per me il giorno più bello è stato sempre l’8 Aprile. L’attesa è quella cosa che mi ha sempre permesso di cercare e di scavare… Quando poi arriva il momento bello e tutte le sensazioni finiscono, devi ricominciare a cercare. Mi si dice sempre che io non riesco a godermi il momento, forse è così, ma io mi godo le vigilie…

“Sono anni che ti aspetto” è il pezzo che prelude ad un nuovo album. Puoi darci qualche notizia su quello che sarà il nuovo lavoro?

Sono in fase di pre-produzione già da molti mesi. Sto scrivendo tantissimo. Ho già registrato una ventina di brani e a settembre passeremo a definire meglio quale sarà la vera entità di questo album. Ho fatto sempre dischi diversi l’uno dall’altro nella mia carriera. So solo che per questo nuovo album voglio tornare un po’ alle origini, ed intendo dal punto di vista della produzione e dell’essenza primaria del disco, degli arrangiamenti e del sound. Mi sto ispirando molto al rock degli anni ’80, alla musica con la quale sono cresciuto. Sto riascoltando tutti i dischi di Ligabue, di Vasco. Vorrei ritornare alla chiave di chitarra, basso e batteria e lasciare meno spazio al folk che ha caratterizzato “Via Delle Girandole 10”. Sarà un disco di matrice rock, questo è sicuro…

Fabrizio Moro live @ Arenile - Bagnoli ph Stefano Cicala

Fabrizio Moro live @ Arenile – Bagnoli ph Stefano Cicala

Fabrizio Moro autore per altri artisti; vorrei ricordare tra le tante, “Sono solo parole” scritta per Noemi, le canzoni scritte insieme a Gaetano Curreri degli Stadio, “Finalmente Piove” scritta per Valerio Scanu, “Un’altra vita” per Elodie…

Sì, devo dire che lo scrivere per altri mi ha dato anche la possibilità di produrmi i miei primi album. Questo ultimo anno poi è stato particolarmente proficuo. Ho scritto, come hai citato tu, il brano per Valerio Scanu, che poi è diventato “Disco D’Oro”; il brano per Elodie “Un’altra vita”; un brano per Fiorella Mannoia,  che credo uscirà a fine anno. Con il pezzo scritto per Fiorella tra l’altro, ho realizzato un grandissimo sogno, quello di scrivere per una delle più grandi interpreti italiane, se non la più grande, senza offendere le altre. Tra l’altro, sono curioso di ascoltare il pezzo perché è ancora in produzione. Continuerò con la mia attività di autore per altri perché è una cosa che mi ha dato sempre grandi soddisfazioni. In questo periodo sto producendo anche un gruppo, insomma non mi faccio mancare niente…

Fabrizio, le tue “attese” e le tue “vigilie”, mi hanno fatto pensare alla canzone “Un giorno senza fine”, che è una canzone che amo molto, e che tu hai portato al Festival di Sanremo nel 2000. Probabilmente i tuoi giorni sono sempre “senza fine”…

Questa è una bella sorpresa, perché in pochi conoscono quel pezzo, e sono felice che tu lo conosca. E’ un pezzo che ho scritto quando avevo 20 anni.  Faccio un po’ fatica a riascoltare quella canzone e l’album del quale faceva parte (“Fabrizio Moro” n.d.r.), perché non mi piace mai “rivedermi”, però in tanti mi hanno chiesto di riarrangiare e riprodurre quel disco. Magari riproporrò il pezzo riarrangiato  l’anno prossimo, con il nuovo tour. Non posso ancora svelare nulla ma stiamo preparando un grande evento…

Giuliana Galasso

Graham Candy presenta “Plan A”: un album privo di etichette ma colmo di sogni

Graham Candy ph. Michèl Passin

Graham Candy ph. Michèl Passin

Graham Candy è un giovane cantautore proveniente dalla Nuova Zelanda, di recente ha abbracciato la cultura europea trasferendosi a Berlino, sempre più punto d’avanguardia in fatto di musica e non solo. “Plan A” è il suo primo lavoro discografico, prodotto da BMG e registrato con il duo di produttori tedeschi Feeling Valencia con i quali ha già collaborato per l’EP “Holding Up Balloons” uscito a marzo 2015 per BMG Rights Management (Italy). Proprio grazie all’ascolto delle tracce che lo compongono possiamo scoprire la fame, la grinta e l’entusiasmo con cui questo ragazzo lavora. Scoperto in un piccolo bar di Auckland, Graham Candy osanna la cultura del lavoro sodo in nome della realizzazione dei sogni, odia le etichettature, ama circondarsi di collaboratori che sono innanzitutto amici e nelle sue canzoni narra in primis di se stesso e dei propri trascorsi. Che sia attraverso un arrangiamento dance o una performance acustica, la voce di Graham Candy, riesce a fare esattamente tutto ciò che vuole. Parallelamente alla sua carriera musicale, il giovane artista ha trovato il tempo per la sua altra passione, ovvero la recitazione; tra tutte le sue esperienze citiamo il remake di Footloose, in “Spring Awakening”, e la prova con Keisha Castle-Hughes nel film “Queen of Carthagening”.

 Tornando a parlare di “Plan A”, citiamo subito “Home”, un brano decisamente intimo: «L’ho composta da solo al piano, per dire che sono andato via ma non dimentico da dove arrivo. Anche se adoro l’Europa, la Nuova Zelanda non è certo un posto facile da dimenticare. In questa canzone parlo della mia famiglia e di un momento particolarmente vulnerabile. Tutta la storia di “Plan A”, in effetti, è figlia delle pressioni che ricevevo dagli insegnanti e dei sogni che facevo in quel periodo. Questa è la mia rivincita nei confronti di tutti quelli che dicevano che non ce l’avrei mai fatta», spiega Graham. Carica e seducente è la ritmica di “Back Into It”: «Il ritmo è sempre molto presente. Questa canzone intente essere la spina dorsale del disco, parla di farcela e riuscirci nella vita, quindi anche se è molto ritmata, occupa un posto speciale nel mio cuore».

Album Cover_Plan A copia

A determinare un ruolo rilevante all’interno del progetto è anche la permanenza berlinese di Graham: «Vivo stabilmente a Berlino, in Nuova Zelanda per me era troppo facile rilassarmi. Mi ci voleva una città che favorisce l’incontro tra gli artisti. Il più delle volte ci si trova a Kreutzberg, il posto dove sono concentrati molti dei 45 studi di registrazione in città. Da quando vivo a Berlino sono molto più concentrato, posso dire di aver lasciato a casa il ragazzo ed essere diventato un uomo», racconta Graham Candy. Decisamente originali anche la copertina ed il booklet del disco: «La copertina dell’album è, in realtà, un lunghissimo poster che raffigura un torciglio di mille oggetti come orologi, vulcani in eruzione, piante, chitarre e mongolfiere. Il disegno ha richiesto moltissimo tempo ma ci tenevo a dare qualcosa di fisico a chi comprerà il disco, proprio come se si trattasse di una sorta di dono, una piccola opera d’arte che si possa toccare». Graham Candy sarà in tour in Europa fino a fine 2016, i live saranno divisi in due parti, la prima parte con la band e la seconda in versione acustica: «Voglio portare la mia stanza sul palco e ricreare un’atmosfera intima che mi porti ad un contatto vero con il pubblico», puntualizza. Se a qualcuno di voi la sua voce ha ricordato quella di Asaf Avidan, aspettate di ascoltarlo dal vivo e vi accorgerete che si tratta solo di una fugace apparenza, Graham Candy è  inetichettabile.

Raffaella Sbrescia

Video: Back Into It

Folfiri o Folfox: gli Afterhours tornano con un disco prezioso. La recensione e l’intervista

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«…Io sono fortunato perché posso usare la musica per cercare di spiegare a me stesso come mi sento, reagire, buttare fuori le tossine, riconoscere l’energia e, soprattutto, non andare in panico. Parlandone agli altri ho scoperto che nel gruppo stavamo passando tutti attraverso lo stesso sconvolgimento. Ognuno a modo suo, naturalmente, perché sono cose molto private. Così eccolo qua un disco sulla morte e sulla vita, sulla malattia e sulla “cura”, sulle domande senza risposta, sull’egoismo che ci fa sopravvivere, sulla rabbia e sulla felicità, sulle chiusure di cerchi che ci permettono di aprirne altri». Con le parole estratte da uno stralcio del comunicato scritto dallo stesso Manuel Agnelli in persona, scegliamo di presentarvi “Folfiri o Folfox”, il nuovo album degli Afterhours destinato a diventare un’opera antologica per eccellenza. Giunto al pubblico dopo una lunga gestazione, questo disco racchiude una scalata esistenziale intima, privata, singola eppure ampiamente condivisibile. Il titolo del progetto prende il nome da due cicli chemioterapici ponendoci subito di fronte ad una realtà da cui non si può prescindere: il cancro. “Folfiri o folfox” nasce dalla penna di Agnelli subito dopo la scomparsa di suo padre, passa per altri lutti che hanno colpito i membri della band e diventa, traccia dopo traccia, un cammino verso la ricerca della felicità. L’intensità di questo disco è data sicuramente dai testi ma anche da arrangiamenti veramente carichi di suggestioni sperimentali. “Grande”, gridata, sofferta e squarciata è un significativo punto di partenza, l’effettiva base che permette all’album di crescere ed evolversi. Struggente “L’odore della giacca di mio padre”, dolorosa e consapevole “Lasciati ingannare (ancora una volta)”, esemplificativa, dissacrante ed imponente la title track “Folfiri o Folfox”.  Ricche e preziose le tracce strumentali, da evidenziare, in particolare, l’ipnotico contributo di Rodrigo D’Erasmo in “Ophyx” e le contorsioni di Cetuximab”. Lascive sono le distorsioni racchiuse in “Fa male solo la prima volta”, curiosa e perturbante la ballata rock “Né pani né pesci”. Originale ed impattante la litania di “San Miguel”, un riuscitissimo gioco a due tra Agnelli e Iriondo. “Se io fossi il giudice” chiude, infine, il disco in modo deflagrante, emozionale, poetico, totale.

Intervista

Finalmente arriva “Folfiri o Folfox”

Abbiamo pubblicato questo disco dopo 4 anni cercando di raccontare non solo quello che è successo a me ma anche quello che è successo a molti di noi. Non facciamo un disco ogni anno, lo facciamo semplicemente quando abbiamo qualcosa da dire e questo, purtroppo, non succede ogni sei mesi. La funzione del nostro gruppo è quello di dire le cose con un linguaggio che gli altri faticano ad usare. Questo è un disco a tratti ostico, un disco che ha senso in questo momento. Abbiamo sfruttato il nostro studio, ci siamo andati tutti i giorni, ci siamo dati la libertà di sbagliare, eccedere, sperimentare. Con noi ha lavorato anche Tommaso Colliva, il top mondiale e ne siamo molto orgogliosi.

I due nuovi innesti nella band (Stefano Pilia, chitarrista dei Massimo Volume, e Fabio Rondanini, batterista dei Calibro 35, ndr) hanno generato una grande energia. Come sono cambiate le sonorità, gli arrangiamenti e la scrittura dei testi?

Il cambio della line up ha influenzato non poco la musica, ha innescato un ricambio d’energia in una sorta di circolo virtuoso. Una direzione, quest’ultima, che avevamo già conquistato con “Padania” e che intendiamo mantenere salda. Nel frattempo lo stravolgimento della forma canzone vive un passo in avanti, sia in termini di suono che di scrittura.

A proposito di scrittura: com’è cambiato il tuo modo di scrivere in questo lavoro?

C’è un ritorno ad una comunicazione più scoperta, più aperta, una messa a nudo che ci ha coinvolto tutti. Ciò rende il disco più immediato e comunicativo proprio come sentivamo noi di dover essere. “Padania” era congelato così come lo era la sua estetica, questo disco è più caldo, ci tocca in modo più profondo e speriamo possa farlo anche con chi lo ascolterà.

C’è un’attenzione più viva e dettagliata ai testi…

Sì, i testi sono più centrali che in passato, parliamo di cose precise che non volevamo citare in modo oscuro, abbiamo condotto diverse ricerche per rapportarci con certi termini, c’è stato un bel lavoro di complicità e compartecipazione. Abbiamo composto prima le musiche, se avessi scritto prima i testi, ci sarebbero state solo ballate ed il disco sarebbe stato un’elaborazione del lutto e nessuno voleva questo. In questo album c’è voglia di reagire, parliamo di chiusure di cerchi…

Afterhours

Afterhours

Che rapporto c’è con Dio, nominato così spesso in questo disco?

C’è parecchia mancanza di Dio nel disco, lo cito perché c’è un continuo interrogarsi, quando ti manca una persona cara ti fai molte domande, Dio viene chiamato in causa perchè non lo si trova. Il disco parla di un passaggio di energia, la figura di Dio è la razionalizzazione di questo passaggio all’interno di una ricerca spirituale.

A 50 anni ti scopri vulnerabile nel bel mezzo di un’operazione di introspezione…

Mi sono ritrovato bambino abbandonato e, al contempo, definitivamente adulto una volta per tutte. Non pretendo che questa cosa venga condivisa da qualcun altro, ci sono voluti 4 anni per lasciar maturare questo disco, la musica rappresenta la possibilità di sublimare quello che è successo, una forma di autoanalisi utile per espellere le tossine, un modo per liberarsi dal dolore.

“Grande” è il brano più intenso del disco

Racchiude un grido di dolore ma anche un riscatto, una voce che va oltre, un pezzo che sarà difficile riproporre con la stessa intensità dal vivo. Finchè avrà un effetto terapeutico lo farò, poi smetterò, così come del resto avviene con gli altri brani.

Come è nato il brano “San Miguel”?

L’abbiamo improvvisato in sala prove, rappresenta il denominatore perfetto di chi non ha paura di fare tante cose diverse. Questo brano rompe gli schemi, definisce un’intenzione chiara con sonorità forti, una litania che non teme sfide nuove. Ci sono diversi modi di argomentare la superstizione: quella più volgare che detestiamo, una forma di violenza sociale mostruosa, poi c’è quella bianca che cerca energia oltre la scienza. Ecco, nel disco ci sono due o tre modi per affrontarla, “San Miguel” è uno di questi.

Afterhours ph. Magliocchetti

Afterhours ph. Magliocchetti

Da dove arriva l’idea della copertina?

Si tratta di un’idea di mia figlia. Recentemente ho curato una pianta che ha prodotto un nuovo getto di fori, le ho scattato una foto, leggermente mossa e mia figlia mi ha suggerito di usarla. Solo in un secondo momento abbiamo scoperto che l’orchidea si nutre di materiali in decomposizione, in quanto corrispondente botanico del cancro ci è sembrata perfetta.

Cinque anni fa eravate politicamente schierati… cosa è cambiato nel frattempo?

I politici non sono cambiati ed è per questo che molte cose non si sono realizzate, il cambiamento c’ è stato in ogni caso. Nel nostro piccolo abbiamo appoggiato i teatri occupati, continuiamo a portare avanti il nostro cammino senza fare cose per forza appariscenti, mi sono accorto che senza un certo tipo di visibilità si è limitati. La visibilità può essere di grande aiuto per portare avanti certe tematiche, mi sono impegnato per i diritti d’autore, la definizione professionale del musicista, voglio portare questi discorsi a buon fine.

Come si convive con la paura della felicità?

Ho sempre voluto essere felce ma forse ho sbagliato strada. Nel nostro ambiente ci sono tanti che fanno i maledetti al centro di un sistema di cose che non ci riguarda in ogni caso. Noi facciamo musica in modo libero, non dobbiamo rendere conto alle tavole della legge, facciamo le cose istintivamente perché ci piacciono, perché ci sembra il modo migliore per raccontarci al meglio. Abbiamo lasciato fuori dal disco, il più grande singolo della nostra storia perché non c’entrava nulla, siamo coerenti, siamo liberi di fare cose che non rientrano nell’immaginario, non vogliamo essere prevedibili, la prevedibilità è la morte di un gruppo rock, abbiamo più attenzione per il discorso estetico che per l’efficacia dei risultati; in ogni caso facciamo sempre quello che vogliamo, poco ma sicuro.

Afterhours ph. Magliocchetti

Afterhours ph. Magliocchetti

La musica è una trasposizione della società che rappresenta?

Negli anni ’60 e ’70 c’era una società in fermento, c’era gente che viveva nelle comuni, personaggi che non avevano paura di sperimentare, con l’arrivo delle tecnologie la gente ha cominciato ad impigrirsi e a viziarsi. Ci sono molti musicisti bravi ma troppo precisi, non ci sono più i freaks, quelli che non riesci a catalogare, ci sono piccoli circuiti, ognuno con la propria divisa, ogni più piccola realtà vuole avere il controllo sulla cultura ma non per difendere la gente. Pasolini andava tra la gente, tra gli operai, trai ragazzi di strada, portava la cultura tra la gente sporcandosi le mani. Oggi invece viviamo una situazione veramente pallosa. Il ruolo di chi fa rock non può essere fare la cultura per sé. La nostra missione è quella di portare la nostra visione della vita a quanta più gente possibile, la difficoltà sta nel portarla con un linguaggio molto preciso che non venga distorto senno facciamo avanguardia e sperimentazione.

Ad X Factor queste cose le dirai?

Mi hanno chiamato per questo, il motivo per cui sono lì è portarvi la mia visione della musica. Hanno avuto le palle di chiamarmi, io sono un’incognita, un rischio…

Cosa pensi delle polemiche che ci sono state?

Fa parte del gioco, in parte è anche strategia. In tante situazioni la polemica ha portato attenzione, non mi spaventa la contestazione, anzi, tuttavia non vi sono indifferente. Con la paura del rischio non avremmo fatto un cazzo negli ultimi anni, non me ne frega se sarò una scimmietta in gabbia, alla fine l’importante è far passare un messaggio preciso: “Le mani vanno sporcate, bisogna fare gesti piccoli ma farli tutti, non si possono fare le cose solo per il risultato, bisogna farle e basta”.

Il ricambio nella line up ha portato un cambio di energia nel gruppo?

Ci troviamo in un momento particolarmente felice, questi due innesti non sono né casuali né transitori. Questo ricambio ha avuto un impatto emotivo molto forte, con Giorgio andavo in giro per il mondo da 25 anni, ci guardavamo in modo sclerotico, non avevamo un dialogo modificabile. Dopo lo strappo non sapevamo se gli Afterhours sarebbero andati avanti, abbiamo funzionato ma navighiamo a vista, ecco perché in ogni disco ci mettiamo tutto il sangue possibile, pensiamo sempre che possa essere l’ultimo.

Cosa cambierà nel live?

Mentre “Padania” aveva delle sovrapproduzioni necessarie per riprodurre quell’urgenza, questi nuovi brani questa carica ce l’hanno da sé, la scaletta estiva proporrà un 50/50, sarà un live molto energico.

 Raffaella Sbrescia

Il tour:

 8.07 - Genova, Goa Boa Festival - NUOVA DATA
10.07 - Avezzano (Aq), Kimera Rock Festival
14.07 - Milano, Market Sound
15.07 - Torino, Flower Fest
19.07 -Roma, Rock In Roma
06.08 -Treviso, Suoni Di Marca
8.08 - Lignano Sabbiadoro (UD), Beach Arena - NUOVA DATA
13.08 -Lamezia Terme (Cz), Colorfest
27.08 -Empoli (Fi), Beat Festival

I biglietti sono in vendita su www.ticketone.it

 

Intervista ai Black Violin: musica classica e hip hop contro gli “Stereotypes”

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Will Baptiste (viola) e Kev Marcus (violino) sono i Black Violin, un duo che nel giro di pochi anni ha saputo affermarsi all’interno dello scenario musicale internazionale grazie alla potenza strutturale e scenica della propria formula basata sul curioso connubio tra musica classica e hip hop. Numeri alla mano, il recentissimo tour dei due musicisti afroamericani, che si sono esibiti in concerto anche all’Arci Bellezza di Milano, ha dimostrato un continuo crescendo di consensi, destinati a moltiplicarsi sulla scia della pubblicazione di “Stereotypes”, l’album uscito lo scorso 27 maggio per Universal Music.

Intervista

Quali sono le caratteristiche che contraddistinguono la vostra miscela musicale?

Da piccoli abbiamo studiato musica classica poi fuori scuola ascoltavamo soprattutto musica hip hop. Le nostre strade si sono incrociate al college in Florida e da lì è iniziato il nostro cammino che si fonda sull’unione di due generi così distanti. Per noi si è trattato di un processo naturale, abbiamo semplicemente unito le nostre più grandi passioni, un po’ come quando cerchi di creare un cocktail perfetto…

Come avete scelto il nome del duo?

Ci siamo ispirato al titolo dell’omonimo disco del violinista jazz Stuff Smith, un luminare che, con il suo esempio, ci ha dato la forza, il coraggio e l’entusiasmo di continuare a perseguire la nostra carriera musicale all’insegna della sperimentazione.

Cosa ci potete raccontare in merito alla genesi di “Stereotypes”, un album che vi espone anche al “giudizio” del pubblico di tanti artisti che hanno collaborato con voi come Melanie Fiona a Robert Glasper, da Daru Jones a Rob Moose…

Il processo creativo che sta alla base del disco è stato molto naturale. Spesso ci siamo trovati in studio ad improvvisare dei brani e a suonare seguendo l’istinto fino a quando non trovavamo il suono che ci piaceva. Solo in un secondo momento abbiamo aggiunto gli altri strumenti dando una struttura più complessa ai brani.

“Stereotypes” è una dichiarazione d’intenti per rompere le barriere? Quale ruolo pensate possa svolgere la musica in questo senso?

Partendo dall’ovvio presupposto che i pregiudizi sono frutto di congetture mentali, la musica riveste un ruolo di primaria importanza. Per quanto ci riguarda, la usiamo per far capire a tutti coloro che ci ascoltano che non bisogna mai fermarsi alle apparenze. In quanto musicisti afroamericani, noi stessi siamo l’esemplificazione di questo ragionamento. Quando camminiamo per strada con le custodie dei violini, la gente crede che facciamo jazz, non c’è niente di più divertente che sorprendere tutti stravolgendo cardini e certezze.

Che futuro prevedete per la musica classica?

La musica classica spesso viene percepita come un genere d’élite, con cui i giovani faticano ad interfacciarsi Vorremmo colmare questo gap tra presente e passato, speriamo di riuscirci.

Quali sono i vostri riferimenti musicali?

Oltre a Stuff Smith ci ispiriamo ad autori diversi che vanno dall’hip hop di Jay-Z e Kendrick Lamar, alla musica classica di Paganini, Bach, Beethoven, Vivaldi, Verdi ma anche a Stevie Wonder e Miles Davis.

“Running” chiude l’album ma mette anche un sigillo sulla vostra cifra stilistica…

Abbiamo arrangiato questo brano in due ore e, in effetti, riteniamo sia quello che rappresenta in maniera più esaustiva il nostro stile.

Black Violin durante l'intervista a Milano

Black Violin durante l’intervista a Milano

Esiste una ricetta perfetta per quella che definireste “buona musica”?

Lavorando in questo settore abbiamo imparato a rispettare tutto. Se l’artista si esprime in modo sincero e arriva a chi lo ascolta non si può certo parlare di cattiva musica. Per noi esiste la musica che ascoltiamo volentieri o meno, indipendentemente dal genere. Una canzone deve trasmettere delle emozioni, saperci smuovere dall’interno, generare una reazione.

Vi siete esibiti davanti a più di 100 mila ragazzi nell’ambito di un progetto educativo realizzato assieme alla VH1 Save the Music Foundation. Qual è il bilancio di questa esperienza?

Ogni anno suoniamo davanti a migliaia di ragazzi per insegnare loro a credere in se stessi e fare al meglio quello che più gli piace.In questo senso  ci sentiamo in parte  responsabili perché vogliamo condividere con questi ragazzi il nostro dono e fargli capire l’importanza dello studio, della costanza, della disciplina ma anche della curiosità e della fantasia. I bambini non sono stati educati ad apprezzare la musica classica ma non è colpa loro, c’è bisogno di stimolarli ed invitarli ad incuriosirsi.

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Avete suonato anche in occasione di alcuni concerti dei 2Cellos, il duo di violoncellisti croati che hanno unito la musica classica al rock. Con la vostra musica avete completato l’offerta di generi. Come è andata?

I 2 Cellos sono molto bravi, hanno pubblico pronto a lasciarsi coinvolgere, per noi è stata un’esperienza molto stimolante.

Nel 2013 Barack Obama vi ha invitato al ballo inaugurale del suo secondo mandato presidenziale. Cosa vi è rimasto nel cuore?

Quello è stato sicuramente il punto più alto della nostra carriera. Avevamo suonato per sua moglie Michelle e le loro due figlie qualche mese prima, durante una cerimonia per l’infanzia, ed è stata proprio la First Lady a richiamarci per il ballo inaugurale del secondo mandato di Obama. Eravamo insieme a grandi star come Alicia Keys, Jamie Foxx, Usher, non ci sembrava vero. La cosa difficile sarà capire cosa fare da adesso in poi! (ridono ndr).

Raffaella Sbrescia

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Video: Stereotypes

Stefano Bollani “scugnizzo” folk jazz in “Napoli Trip”. Intervista e recensione

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«Napoli è una città che emana un’energia sotterranea incredibile. Ho cominciato ad amarla con i dischi di Carosone, un artista che sapeva fare tutto restando una persona seria». Questo lo spirito con cui Stefano Bollani, eccellente pianista italiano, presenta “Napoli Trip”, il suo ultimo lavoro discografico (Universal Music), in uscita in tutto il mondo il 17 giugno, dopo la pubblicazione europea. Ispirata alle maschere, ai vicoli, alle sette di Partenope, la sfida di Bollani prende le mosse da un’attrazione fatale: «A Napoli c’è un’energia che arriva da sotto, un flusso che i napoletani stessi faticano a gestire vivendo di estremi, tra grandi difficoltà e grandi gioie. Una spinta quasi esoterica che differenzia Napoli da qualsiasi altra città», spiega Bollani, che aggiunge: «Quando ho scoperto Carosone, sono rimasto folgorato, mi ha traghettato verso il jazz, non volevo dedicargli un intero disco, ho quindi allargato il discorso. In questo album non c’è la mia visione di Napoli, ci sono diversi punti di vista. Insieme a Daniele Sepe, un napoletano decisamente atipico con l’anima e l’orecchio rivolti sempre altrove, abbiamo eseguito delle composizioni originali ispirate a Napoli. Daniele mi ha riempito di dischi partenopei, che mi hanno fatto confrontare con personaggi straordinari; su tutti cito Ria Rosa, “la nonna del femminismo” che cantava in maniera forte e volgare canzoni attualissime. I brani sono strati scelti insieme a Sepe, quelli in piano solo sono melodie che mi piacciono, ho risolto l’imbarazzo della scelta affidandomi come al solito al cuore».

Stefano Bollani

Stefano Bollani

 Partendo da “’Nu quarto ‘e luna”, Bollani snoda le sue vie strumentali lungo i sentieri di un folk jazz in continua evoluzione. La chiave di lettura del disco è insita nel fondamentale contributo del polistrumentista etno jazz Daniele Sepe, del clarinettista Nico Gori e del batterista francese Manu Katchè, che Bollani porterà con sé anche in tour a luglio e agosto, con l’aggiunta di diverse novità.  La commistione tra folclore e avanguardia si riveste di reminiscenze e pulsazioni nuove: si va da “Putesse essere allero” di Pino Daniele a “’O sole mio”, passando per “Caravan Petrol” al piano e “’O guappo ‘nnamurato” di Raffaele Viviani per flauti e legni. La chicca del disco è “Reginella” di Libero Bovio, registrata a Rio con bandolim di Hamilton de Hollanda: «Ero a Rio a registrare il di disco De Hollanda con Chico Buarque – racconta Bollani – Una sera Chico se n’è andato perché voleva vedere una partita così  lo studio  rimasto a disposizione, già pagato, e ho colto l’occasione per chiedere ad Hamilton di registrare questa versione molto particolare di un brano sempre affascinante».

Stefano Bollani

Stefano Bollani

Tra le curiosità segnaliamo Bollani cantante in “Guapparia 2000”, dell’amico Lorenzo Hengheller, ed il contributo del producer norvegese Jan Bang in “Sette”. La forza di Bollani sta, dunque, nel giocare con la musica all’insegna della più totale libertà, proprio come uno “scugnizzo”: geometrie, spazi, influenze e richiami si fondono in un’unica pozione in grado di ammaliare e divertire l’ascoltare senza alcuna forzatura.

Raffaella Sbrescia

Intervista a Luca Seta: quando musica, poesia e recitazione coesistono nella stessa anima

Luca Seta ph. Michela Fradegrada

Luca Seta ph. Michela Fradegrada

Luca Seta è un attore e cantautore italiano. Dopo aver calcato per anni la scena del teatro ed essersi fatto conoscere dal grande pubblico televisivo recitando in serie di successo e come protagonista della soap “Un posto al sole”, esordisce nel 2013 come cantautore con l’album “In viaggio con Kerouac”, che presenta con una tournèe in Italia e all’estero. Fino al 5 giugno 2016 l’artista sarà in Kazakistan per tre date promosse dall’Ambasciata Italiana nel programma degli eventi musicali dell’Anno della Cultura Italiana in Kazakistan. L’abbiamo incontrato a ridosso della partenza per approfondire la sua conoscenza e del suo variegato immaginario.

 Intervista

Raccontaci della tua natura girovaga, immagina di trovarti di fronte ad una platea raccolta che ha voglia di conoscere Luca mentre compone, lavora e si immagina cose…

L’atto creativo è inconsapevole, vivo normalmente fino a quando una canzone o una poesia arrivano da me; a quel punto mi fermo e le traferisco su carta. Il processo creativo è sempre in atto dentro di me, non devo far altro che ascoltarlo bene per fermare l’attimo.

Che tipo di energia hai raccolto durante il live all’Auditorium Parco della Musica di Roma dello scorso 20 maggio?

Suonare lì è stato veramente fantastico, già durante il soundcheck eravamo molto emozionati perché quel posto è stato costruito apposta per fare musica, ha un’acustica meravigliosa e ci va a suonare gente di straordinario livello artistico. Il pubblico che viene lì lo fa per ascoltare con un’attenzione ed un’energia tale da farti sentire a tuo agio fin dai primi secondi di performance.

Come si è evoluta dal vivo la musica contenuta nel disco “In viaggio con Kerouac”?

Il live è diventato qualcosa di completamente diverso, un viaggio musicale, testuale ed emozionale che vive una continua evoluzione grazie all’importante contributo dei musicisti che mi accompagnano, visto che si tratta di jazzisti (Gabriele Buonasorte, sassofonista e arrangiatore dell’intero disco, Simone Maggio al pianoforte, Mauro Gavini al basso, David Giacomini alla chitarra, Saverio Federici alla batteria.) Ci sono tanti momenti dedicati all’improvvisazione, in questo senso mi sento un po’ jazzista anche io. Infine, oltre alle improvvisazioni, ci sono le mie poesie e i miei racconti che, in quell’occasione sono state lette ed interpretate da Massimiliano Varrese.

Metterai in atto anche un progetto in duo…

Sì, sarò in giro insieme a Gabriele Buonasorte per un progetto chitarra, voce e sassofono. Si tratterà di un mix tra reading e concerto, incentrato verso una direzione più intima, le canzoni saranno rivisitate e  ci saranno più letture di miei racconti.

Luca Seta ph. Michela Fradegrada

Luca Seta ph. Michela Fradegrada

Di cosa parlano questi tuoi racconti?

Vorrei pubblicare due volumi: uno che racchiuda le mie poesie, l’altro sarà un vero e proprio un libro e si chiamerà “Diario di un vagabondo”: Si va dall’incontro con una donna ad una giornata di surf in Brasile, passando per un semplice viaggio in treno fino a singoli momenti che fermano un attimo. Scrivo di quello che mi emoziona e che la vita mi offre.

Che rapporto hai con il dialetto piemontese?

Ho voluto includere due canzoni in dialetto nel disco ma non è stata una scelta, piuttosto mi è venuto spontaneo farlo. Durante la prima parte della mia vita sono cresciuto con mio nonno paterno Giuseppe che, non avendo studiato a scuola, preferiva parlarmi in dialetto invece di usare un italiano non corretto. Ho scritto il brano intitolato “Con il fucile in mano” quasi come se fossi al suo fianco, il dialetto è assolutamente parte di me.

Cosa ti aspetti dalla tua avventura in Kazakistan?

Sto bene attento a non avere aspettative, preferisco vivere l’attimo e vivermelo fino in fondo, abbiamo un programma fittissimo e voglio godermi ogni istante di questa opportunità.

Tra le canzoni del disco, soffermiamoci su “La canzone di Marinella (parte seconda)”; efficace l’idea di riprendere un punto cardine della nostra storia musicale quale è Fabrizio De Andrè con  un seguito che si sposa con le drammatiche vicende dei nostri giorni…

La canzone di De Andrè nacque dopo aver letto un articolo in cui si narrava della triste vicenda di una ragazza ritrovata senza vita sul letto di un fiume. Nessuno ne aveva reclamato il corpo o la scomparsa, forse si trattava di una prostituta. De Andrè le regalò un nome, una storia, un amore. A me è capitato di ascoltare al telegiornale l’annuncio di una vicenda simile con il ritrovamento di una donna uccisa, nei pressi del Lago d’Orta. Quella vicenda mi rimase tanto impressa da indurmi a scrivere un pezzo in piena notte, il titolo è ovviamente venuto da sé.

Infine un accenno alla tua carriera di attore. Cosa bolle in pentola?

Sto lavorando alla nuova fiction di Marco Giallini, sarò il protagonista di una puntata. La serie è poliziesca e uscirà nel 2017. Marco è una persona fantastica, ha un’umanità non comune e merita tutto il successo che sta avendo; sono felice di averlo incontrato e di lavorare con lui.

 Raffaella Sbrescia

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Alessandra Amoroso è un fiume in piena: la sua grande energia inonda il Forum di Assago

Alessandra Amoroso live @ Mediolanum Forum ph IKKIO

Alessandra Amoroso live @ Mediolanum Forum ph IKKIO

«Sono felice di poter cantare finalmente quella che sono, in questi otto anni sono cresciuta insieme a voi, ora che ho quasi trent’anni, posso volare e condividere la mia vita a colori con voi». Con queste sentite parole Alessandra Amoroso ha accolto il pubblico del Mediolanum Forum di Assago per l’anteprima del suo “Vivere a colori tour”. La cantante salentina si è mostrata in grande forma e molto ben preparata. Presente, carica, entusiasta, Alessandra ha voluto proporre al pubblico una scaletta che comprendesse tutti i suoi cavalli di battaglia ma anche tanti pezzi inclusi nel suo ultimo lavoro discografico intitolato proprio “Vivere a colori! (Sony Music). Insieme al Maestro Pino Perris, Davide Aru e a tutta la sua band (David Pieralisi e Alessandro Magnalasche (chitarre), Roberto Bassi (tastiere), Ronny Aglietti (basso), Davd Pecchioli (batteria), Pamela Scarponi e Luciana Vaona (voci), Alessandra Amoroso ha rimaneggiato diversi brani del suo repertorio conferendovi un piglio più movimentato e brioso. Due cambi d’abito e tanti effetti speciali, insieme ad un milione di sorrisi, hanno fatto tutto il resto. Alessandra è cresciuta, è forte, è consapevole di sé e dei suoi mezzi. Dimostra di essere una professionista ma non rinuncia alle preziose sfaccettature della sua personalità. Spezza le catene, scava a piene mani dal passato, inneggia alla vita, esalta l’importanza dell’amore, della compartecipazione, della condivisione. La sua voce si confonde spesso con quella, all’unisono, dei suoi affezionatissimi fan appartenenti alla “Big Family”.

Alessandra Amoroso live @ Mediolanum Forum ph IKKIO

Alessandra Amoroso live @ Mediolanum Forum ph IKKIO

La grande risorsa di Alessandra è la forza d’animo, una forza incontenibile che, francamente, ha lasciato stupefatti anche i tanti giornalisti che hanno avuto modo di incontrarla a fine concerto. «Per la prima volta c’ero in tutto quello che avete visto, in tutto quello che avete ascoltato, in tutto quello che avete percepito, in tutto quello che avete respirato e sono felice di questo» – racconta Alessandra alla stampa. «Abbiamo lavorato tutto l’anno e ci abbiamo lavorato molto, un lavoro di squadra che fa capo al direttore musicale Pino Perris, punto di riferimento in tutti i miei lavori».

Alessandra Amoroso live @ Mediolanum Forum ph IKKIO

Alessandra Amoroso live @ Mediolanum Forum ph IKKIO

«Sul palco non mi piace la staticità, mi alleno con impegno e costanza per rendere al meglio e perché alla fine è tutto un dare e ricevere. È difficile spiegare quello che mi dà il mio pubblico, quello che mi ha dato per 8 anni e che continua a darmi» – spiega, emozionatissima, Alessandra – «Ho un pubblico speciale, una vera e propria famiglia, spero ve ne siate accorti stasera, mi sono guadagnata la loro fiducia è ed la cosa più bella che ci sia in questo lavoro.  Penso di aver fatto un cammino, non ho mai voluto bruciare le tappe, dal 2008 ho cercato con tutte le mie forze di essere una cantante e di non andare da nessuna parte se non solo sul palco.  In questo settore è molto facile stare al primo posto perché magari esci con una hit e schizzi in vetta alle classifiche, a me però è sempre importato stare nel cuore della gente».

Alessandra Amoroso live @ Mediolanum Forum ph IKKIO

Alessandra Amoroso live @ Mediolanum Forum ph IKKIO

Infine una specifica sulla nuova veste gioiosa e vitale che la contraddistingue: «Volevo dare alle persone il modo di conoscere e scoprire una Sandrina diversa, ho sempre cantato grandi ballate con un amore malinconico, Alessandra non é solo quello e con questo disco ho voluto trasmettere dei messaggi positivi. Ultimamente – conclude –  vedo che la gente trova più facile sputare odio, giudicare, criticare; bisognerebbe prendere invece coscienza del fatto che la vita con l’amore è la cosa più bella che ci sia».

Raffaella Sbrescia

Set list

1) STUPENDO FINO A QUI

2) ESTRANEI A PARTIRE DA IERI

3) SENZA NUVOLE

4) STUPIDA

5) L’UNICA COSA DA FARE

6) FUOCO D’ARTIFICIO

7) LA VITA IN UN ANNO

8) AMORE PURO

9) NON DEVI PERDERMI

10) TI ASPETTO

11) FIDATI ANCORA DI ME

12) ME SIENTO SOLA

13) APPARTENENTE

14) DIFENDIMI PER SEMPRE

15) IMMOBILE

16) NEL TUO DISORDINE

17) E’ VERO CHE VUOI RESTARE

18) SUL CIGLIO SENZA FAR RUMORE

19) BELLEZZA INCANTO E NOSTALGIA

20) SE IL MONDO HA IL NOSTRO VOLTO

21) VIVERE A COLORI

BIS

22) IL MIO STATO DI FELICITA’

23) COMUNQUE ANDARE

“Se avessi un cuore”: la svolta elettronica di Annalisa. Intervista e live report dell’anteprima milanese

Cover Annalisa_Se avessi un cuore

“Se avessi un cuore” (Warner Music) è il titolo del nuovo album di Annalisa e vedrà la luce il 20 maggio 2016. In questo nuovo progetto discografico l’artista ha scelto di mettersi in gioco a 360 gradi, sia per quanto riguarda la scrittura, in qualità di autrice in tutti i 12 brani contenuti nell’album, sia per quanto riguarda gli arrangiamenti intrisi di sonorità elettroniche, frutto del lavoro di ricerca operato insieme a Fabrizio Ferraguzzo, Luca Chiaravalli, Diego Calvetti e l’emergente MACE.

Live report del concerto al Teatro Nazionale di Milano

Due ore piene, intense, sorprendenti. Annalisa cambia volto e si reinventa con un concerto innovativo, ricco di spunti e contaminazioni al passo con le migliori realtà musicali internazionali e lo fa presentando i brani del suo nuovo album in anteprima. Un modo tutto speciale di raccontarsi e raccontare i nuovi passi della sua carriera in divenire. In effetti l’aspetto più sorprendente sta proprio nell’ aver saputo creare uno show audio-visivo compatto e solido, merito non solo dell’ormai conclamato talento di Annalisa ma anche della sua ottima band. Ecco perché abbiamo scelto di chiedere a Lapo Consortini, chitarrista e direttore musicale della band, di spiegarci tutti i passaggi che hanno portato a questa nuova vincente formula: «Il mio compito è stato quello di riuscire a tradurre dal vivo tutto quello che c’è in “Se avessi un cuore” senza stravolgere nulla. Il nuovo album di Annalisa non è un classico disco pop con basso, chitarra, batteria, pianoforte e archi: gli arrangiamenti sono molto contaminati, c’è tanta elettronica e, proprio per questo, meno strumenti acustici. Grazie ad un ascolto attento noterete tanti elementi evocativi come cori, brusii di voci, elementi ambient. La più grande sfida che abbiamo cercato di vincere è stata quella di suonare e riprodurre in tempo reale ogni singola sfumatura delle molteplici pulsazioni tipiche della musica elettronica. Tra uso misto di batteria acustica ed elettronica, uso di chitarra tradizionale e suoni super effettati, abbiamo cercato, in sintesi, di unire l’anima delle canzoni vecchie e nuove di Annalisa con l’obiettivo di creare un sound omogeneo». Un risultato che, a nostro dire, è stato ampiamente raggiunto.

 Intervista ad Annalisa

Come mai hai scelto di pubblicare questo album un po’ di tempo dopo il Festival di Sanremo e perché?

Si tratta di una scelta ragionata. L’idea è sempre stata quella di portare a termine un’operazione di passaggio. “Il diluvio universale” rappresenta il perno di collegamento tra il passato e “Se avessi un cuore”. Il brano sanremese ha sempre avuto un’accezione di opera unica perché ha il peso e l’importanza necessaria per esserlo. Per questa ragione considero “Se avessi un cuore”, il primo vero singolo del disco.

Cosa ti ha portato a sviluppare questo cambiamento di sonorità?

 In verità le ho sempre amate, fin dall’inizio ho spinto in questa direzione, ho fatto un percorso graduale con due punti di approdo: il primo è quello relativo alla scrittura e al mio ruolo di autrice, il secondo è relativo all’immersione in un mondo sonoro non facile, ho fatto un passo alla volta cercando di non fermarmi mai.

Quanto senti tuo questo lavoro?

Tutte le cose che ho fatto le sento mie ma è altrettanto vero che l’ultima cosa che fai è quella a cui vuoi più bene. Mi sono sempre sentita cantautrice, fin da quando mi sono avvicinata alla musica, l’ho sempre fatto seguendo l’idea di scrivere le mie canzoni. Ho provato tante strade e ho trovato la prima occasione di venir fuori attraverso un talent, da lì in poi ho imparato tante cose, ho preso coscienza di avere tanto lavoro da fare e di dover migliorare. Anche quando ho fatto l’interprete non sono mai riuscita a cantare cose che non fossero totalmente affini al mio modo di comunicare, ho sempre usato questo tipo di sensibilità. Sono molto orgogliosa di queste canzoni, ne vado fiera, mi rappresentano appieno e andrò sempre di più in questa direzione.

Tra le parole chiave del disco c’è “leggerezza”. Come declini questa parola all’interno della tua quotidianità personale e artistica?

In effetti la leggerezza è un punto chiave e arriva da un brano presente nel disco, intitolato “Leggerissima”. Il mio intento è cercare di dare valore alla leggerezza in quanto capacità di lasciarsi alle spalle qualcosa, mollare la presa senza smettere di lottare. La leggerezza pervade tutto il disco perché anche quando dico cose importanti e dal contenuto forte mi piace usare l’ironia.

Come sei cambiata in questo ultimo anno?

Non me rendo mai conto. Crescendo ti succedono delle cose che ti fanno cambiare, trovare nuovi modi di reagire, diventare più consapevole. Dal mio canto posso dire di essere più decisa e più focalizzata su quello che faccio. Dal punto di vista lavorativo sono in grande fermento, scrivo tantissimo e, dato che con questo album mi sono avvicinata molto a quello che intendo fare, sono galvanizzata.

Cosa ascolti di solito?

Ascolto parecchio e di tutto. Le cose che produco io non le ascolto mai da sola, in ogni caso il tentativo è quello di porre l’accento sui testi, ho cercato un universo sonoro moderno, vicino alla scena pop mainstream americana eppure ci sono tante sfaccettature da tenere in considerazione. La peculiarità di questo progetto è il contenuto.

Come ti vedi nelle vesti di autrice per altri colleghi?

Nel momento in cui scrivo lo faccio per una mia esigenza e in modo personale. Non è semplice fare in modo che la propria sensibilità incontri l’istinto di qualcuno altro. Bisogna trovare il momento e la concentrazione giusta.

Come sei riuscita a collaborare con Dua Lipa?

Ci siamo incontrate in Warner ed è nata subito una forte sintonia; ci siamo trovare e raccontate diverse cose. In un secondo momento lei mi ha mandato questa canzone, scritta insieme al suo team, me l’ha fatta ascoltare e da lì è partita la collaborazione. In seguito ho rivisto la produzione, ho scritto il testo in italiano, Dua Lipa nel frattempo seguiva da lontano tutte le fasi ed è stata felice del risultato che abbiamo ottenuto.

Cosa ci dici della copertina del disco e del relativo booklet?

Partiamo dal presupposto che a me piace tenere tutto sotto controllo. Mi piace che niente venga lasciato al caso. Questo progetto grafico è stato realizzato insieme a Laura Battista, in copertina guardo in basso perché osservo la zona intorno al cuore. Il percorso prevede che ogni canzone rappresenti un tassello per costruire una coscienza in grado di affrontare la diversità dagli altri.

E la partnership con Mace?

Lui è un autore Warner Chapell come me, organizziamo spesso delle writing sessions in cui ci ritroviamo, fin da quando l’ho incontrato avevo capito che poteva succedere qualcosa di interessante. Quando gli ho proposto il pezzo “Le coincidenze” ho voluto che lui vi imprimesse la propria impronta, si tratta di una sperimentazione che mi ha entusiasmato.

Annalisa

Annalisa

“Quello che non sai di me” è il tuo brano più intimo….

Questo pezzo è una sorta di confessione. Cerco di raccontare quei momenti in cui sono da sola e nessuno mi vede, mi sono resa conto che nessuno conosce quell’insieme di piccole cose che sono solo mie per cui deciso di provare a raccontarle in una canzone speciale.

Qual è la tua concezione di tour?

Ho scelto di proporre i brani del nuovo album in due anteprime (una a Roma e una a Milano) operando in controtendenza. Questa scelta è dovuta a una ragione precisa: credo nell’esperienza della musica, vorrei che la musica raccontasse una magia che è sempre difficile trasmettere, le prime due date sono decisamente singolari, le altre arriveranno tra l’estate e l’autunno e avranno come obiettivo quello di avvicinare le persone alla musica.

Come hai vissuto i giorni di allestimento del tour?

Sono stati giorni davvero molto intensi, seguo tutto, ci tengo che ogni cosa possa fare la differenza, sono molto soddisfatta dal lavoro svolto dal mio staff e non vedo l’ora che tutti possano apprezzarlo e condividerlo con noi.

Raffaella Sbrescia

Ecco la tracklist dell’album “SE AVESSI UN CUORE”: “Se avessi un cuore”, “Leggerissima”, “Noi siamo un’isola”, “Coltiverò l’amore”, “Uno”, “Potrei abituarmi”, “A cuore spento”, “Inatteso”, “Le coincidenze”, “Quello che non sai di me”, “Il diluvio universale”, “Used to you”.

Annalisa incontrerà poi i fan negli store delle principali città italiane. Ecco le date:

20 maggio ROMA – Feltrinelli Via Appia, 427 – ore 17.30

21 maggio  MILANO – Mondadori Duomo – ore 17.00

22  maggio BOLOGNA – Mondadori Via D’Azeglio – ore 17.00

23 maggio MARGHERA – Mondadori c. c. Nave de Vero – ore 17.00

24  maggio FIRENZE – Galleria Del Disco – ore 17.30

25 maggio CURNO (BG) – Mediaworld – ore 18.00

26  maggio GENOVA – Mondadori Via XX Settembre- ore 17.30

27 maggio TORINO – Lingotto Mediaworld – ore 17.30

28  maggio NAPOLI - Mondadori – Piazza Vanvitelli ore 17.30

29  maggio BRINDISI - Feltrinelli ore 18.00 – LECCE Feltinelli ore 20.00

30  maggio – RIMINI – Mediaworld Shopping Center Romagna – ore 17.30

31 maggio – VILLESSE – cc Tiare Shopping – Mediaworld – ore 17.30

1 giugno-  BASSANO DEL GRAPPA – Mediaworld – Shopping center Il Grifone– ore 17.30

Dopo le due anteprime di Milano e Roma del SE AVESSI UN CUORE TOUR, Annalisa partirà con un tour durante l’estate che toccherà tutta Italia. Queste le prime date confermate: 11 giugno al Festival Amore di Stabio (Svizzera), l’ 8 luglio alla Sala Roof Casino di Sanremo(Imperia), il 31 luglio a Cava di Roselle (Grosseto), il 7 agosto in Piazza Kennedy a Pagliare del Tronto (Ascoli Piceno), l’ 11 agosto alla Beach Arena di Lignano Sabbiadoro (Udine), il 16 agosto in Piazza Ara dei Santi di Collelongo (L’Aquila).

I biglietti sono disponibili su Ticketone, punti vendita e prevendite abituali (info: www.fepgroup.it).

 

Marco Carta: in “Come il mondo” ci sono tutte le mie sfaccettature

thumbnail_Cover Carta_Come il mondo

“Come il mondo” è il nuovo album di inediti di Marco Carta in uscita il 27 maggio anticipato dal singolo “Non so più amare” subito ai vertici delle classifiche di vendita. Ritratti Di Note ha intervistato il cantante in occasione dell’uscita del nuovo singolo “Non so più amare”, pubblicato lo scorso 22 Aprile.

Marco, parliamo subito di questo nuovo singolo “Non so più amare”. E’ on line anche il video della canzone, girato da Claudio Zagarini. Non basta una vita per imparare ad amare, ma uno dei compiti dell’amore, come tu dici nella canzone, è quello di accendere ed equilibrare, così come riaccendere e riequilibrare…

Sì certo, l’amore non ha solo il compito di accendere ed equilibrare, ma dopo un periodo di tempo, anche quello di riaccendere e riequilibrare. Il pezzo poi inneggia proprio alla carica e alla positività.

Il 27 Maggio sarà pubblicato il tuo nuovo album “Come il mondo”. So che all’interno c’è anche un pezzo dedicato al tuo pubblico e ai tuoi fans che ti seguono da sempre con grandissimo affetto e che ad ogni tua intervista affollano i Social.

Sì, la canzone è “Anche Quando”. E’ un pezzo al quale sono molto legato perché racconta la storia d’amore tra me e i miei fans, una storia che dura ormai da otto anni, una storia direi molto solida. Amo molto anche “Non so più amare” e l’ho voluta fortemente come primo singolo dell’album. L’ho amata immediatamente, al primo ascolto. Poi c’è  “Lasciami adesso”, forse la canzone più bella dell’album. Mi piacerebbe tanto che fosse il secondo singolo ma so che dovrò discuterne parecchio con la mia casa discografica. Alcuni miei ascoltatori mi hanno chiesto quale canzone dell’album si adatterebbe bene ad un film, ecco, “Lasciami Adesso” sarebbe perfetta per un film d’amore alla Muccino tipo “L’ultimo bacio”. In questo momento sto sognando…

Marco cosa ci dobbiamo aspettare musicalmente da “Come il mondo”?

L’album, composto da dieci canzoni, ha delle tracce “rock” come “No so più amare” e “L’ultima cosa vera”. Ho voluto inserire nel disco anche “Ho scelto di no” e “Splendida Ostinazione”, canzoni già conosciute al pubblico. Accanto a pezzi più veloci non mancheranno le ballad, nello stile che mi ha reso famoso. In quest’album c’è Marco in toto, la vena rock e la vena pop. Secondo me sarà interessante ascoltarlo…

Dopo l’uscita dell’album inizierà il tour di instore…

Sì, tra l’altro si stanno aggiungendo date che poi saranno pubblicate sui miei social. Molti fans mi scrivono perché magari non vedono ancora pubblicata la propria città. Cercherò di fare il possibile per accontentare tutti…

Dopo l’estate ci sono progetti di Live?

Il live richiede un lungo lavoro quindi preferisco dedicarmi adesso agli instore e alle radio e poi in autunno partire con i concerti in teatro.

Giuliana Galasso

Video:

“Come il mondo” Tracklist

1. Anche quando

2. Come il mondo

3. L’unica cosa vera

4. Lasciami adesso

5. Splendida ostinazione

6. Non so più amare

7. Ho scelto di no

8. Una semplice notizia

9. Guarda la felicità

10. Stelle

 Dal 27 maggio Marco Carta incontrerà i fan negli store delle principali città italiane. Queste le prime date confermate a cui si aggiungeranno presto altri appuntamenti: il 28 maggio  all’Entertainement center 45° Nord a  Moncalieri (TO); il 30 maggio al Mediaworld  (Shopping Center Shopville) a Casalecchio di Reno (BO); il 31 maggio allo Shooping Center le Due Torri a  Stezzano, l’1   giugno  al   Mediaworld  (Shopping Center Predda Niedda) a  Sassari,  il 2 giugno al  Centro Commerciale  Pratosardo a Nuoro e il 10 giugno al  Centro  Commerciale  Parco Leonardo a Fiumicino (RM).

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