Autrice, interprete, dj e musicista, Giordana Angi è originaria di Latina è ma nata in Francia e scrive in tre lingue italiano, francese e inglese. “Chiusa con te (xxx)” è il primo brano dell’artista pubblicato su etichetta Sugar e prodotto da Tiziano Ferro. “Chiusa con te (xxx)” è un brano r’n’b che fonde la tradizione alle nuove sonorità. Un beat minimale scandisce un testo esplicito e sensuale che racconta di una notte travolgente passata sul dancefloor.
Intervista
Giordana, perché scrivi canzoni?
Le mie canzoni sono il frutto della voglia di scrivere non per un pubblico ma per consentirmi di essere sempre in contatto con me stessa. Nonostante tutto quello che mi è successo, questo è sempre stato il mio punto di riferimento. Solo dopo aver completato la scrittura di un pezzo mi ritrovo a capire che si tratta di una canzone che magari qualcuno sta aspettando.
Da dove nasce l’esigenza di trascrivere quello che senti?
Mi ricordo che ho preso per la prima volta la penna in mano per scrivere qualcosa di mio quando avevo 11 anni. Ero reduce dall’ennesimo trasloco, mia madre è stata assistente di volo e per questo motivo abbiamo viaggiato tanto. Il passaggio dalla quinta elementare alla prima media mi ha vista passare dall’Italia alla Francia; quella è stata la molla che mi ha spinto a cominciare a scrivere.
Come è arrivato l’incontro con Tiziano Ferro?
Gli ho inviato un demo contenente tre tracce e una lettera di presentazione circa due anni e mezzo fa ma ero convinta che non l’avrebbe mai ascoltato; sarà per questo che dimenticai di allegare i miei recapiti al plico! A dispetto dei miei presentimenti, Tiziano mi ha cercata, non senza difficoltà, e mi ha detto che non gli era mai successo. Successivamente abbiamo scritto altre canzoni, mi diceva sempre quello che pensava e nel frattempo cercava di capire chi potesse credere in me quanto lui; alla fine è arrivata Sugar.
Cosa ci racconti del brano “Chiusa con te”?
Questa canzone è nata alle Maldive durante i tre mesi che ho lavorato lì. E’ nata di notte ma l’ho chiusa nel computer per poi tirarla fuori solo in Sugar, quando mi è stato chiesto se avevo scritto altre cose. Per quanto riguarda la base l’obiettivo era fare qualcosa che non fosse convenzionale, almeno in Italia. Per questo un grazie va a Tiziano perché comunque è lui che ha sposato la mia causa con un brano che esce dal coro.
A proposito della concezione della scrittura come metodo di connessione per te stessa, quali sono le tue influenze?
Per quanto riguarda le influenze musicali, aldilà di quelle pop, Tiziano è sempre stato diverso dagli altri con brani come “Xdono”, “Perverso”, conservo tutti i suoi singoli! Mi piace anche Pharell e devo dire che anche l’ultimo lavoro di Justin Bieber mi ha piacevolmente sorpreso.Recentemente ho ascoltato anche molta musica classica alternativa e mi è piaciuta tantissimo!
Hai frequentato anche delle lezioni, cosa ti hanno lasciato?
Innanzitutto un amore sconfinato per artiste immense come Areta Franklin, Nina Simone, Ella Fitzgerald. L’approccio alla musica è fondamentale e a me quella esperienza ha lasciato la consapevolezza che, per quanto sia bello sperimentare, è giusto conoscere le regole, partire da basi solide e applicarsi sul serio.
Ci sono state esperienze lavorative che ti hanno forgiata nel tempo?
Certo! Due anni fa lavoravo a Palermo, grazie alla mia conoscenza del francese avevo trovato un piccolo impiego e di sera andavo a cantare. Lavoravo 20 ore al giorno guadagnando pochissimo…uno dei pochi che mi è sempre rimasto a fianco è stato proprio Tiziano, qualunque cosa gli mandassi da ascoltare, lui c’era sempre!
Cosa significa per te essere una dj?
Mi piace molto giocare con le basi, posso far capire alla gente qual è il mio gusto; trovo che sia il modo migliore per raccontarmi senza cantare.
E il disco?
Ci stiamo lavorando, dovrebbe uscire il prossimo inverno…
“Start” è il titolo del primo album di inediti di Luca Chikovani, giovane artista Georgiano ma romano d’adozione conosciuto dalla community come autore dei video cover italiani più seguiti. Esponente di quella generazione di cantautori vicini alle nuove piattaforme digitali, Luca è intenzionato a farsi conoscere a dispetto dei pregiudizi e a far arrivare la propria musica al pubblico. “Start” rappresenta un vero e proprio inizio per Luca, la realizzazione di un sogno che lo ha portato a una crescita artistica, arrivando a creare degli inediti a cui ha lavorato per molto tempo. Presenti nel disco anche tre cover (Love Yourself di Justin Bieber,R U Crazy di Conor Maynard e Let It Go di James Bay).
Intervista
Quando e come nasce questo tuo progetto musicale?
La preparazione dell’album risale a tre anni, avevo già intenzione di scrivere qualcosa riguardo al fatto di credere in se stessi, alla volontà di fare qualcosa partendo dalla propria tenacia; ecco perché il titolo del disco è “Start”. Ho scritto tanti brani che nel tempo sono stati scartati o cambiati completamente, più che un album di canzoni, questo progetto racchiude e descrive la mia crescita individuale.
Qual è il brano più sentito da parte tua?
“On my own” è il brano più lento, l’ho scritto poco tempo fa ed è dedicato a mia madre. Sono cresciuto da solo con lei che ha fatto davvero tanto per me sebbene io non l’abbia mai capito. Come tutti i ragazzini ci litigavo spesso, ho vissuto a Roma con lei fino a qualche tempo fa poi ho vinto una borsa di studio e mi sono trasferito a Milano; questo allontanamento mi è servito per capire l’importanza del suo ruolo nella mia vita. Nel brano racconto dunque la nostra storia, nella prima parte racconto di lei e nel ritornello è come se fosse lei stessa a parlare.
Qualche altro episodio autobiografico?
“Lady Brown Eyes” parla di una ragazza con cui ero uscito e di cui mi ero follemente innamorato. Lei aveva gli occhi castani e quindi in un dettaglio semplice ho visto una cosa molto bella. Purtroppo non ero ricambiato ma almeno è venuta fuori una bella canzone (ride ndr).
Che messaggio intendi comunicare in “New Generation Kids”?
Ho voluto scrivere un brano incalzante per rendere l’idea di quello che penso: voglio davvero fare le cose, non mi interessa di ricevere dei no, ci voglio credere lo stesso con tutto me tesso. Ho iniziato questo percorso quando avevo 16 anni, facevo il nautico e non era normale fare dei video ed esporsi così tanto, poi mi sono abituato. Molti pensano che chi opera su Youtube sia uno stupido o poco più invece c’è un grosso impegno dietro. Io studio il montaggio, le tecniche di ripresa, le luci e curo tutti i piccoli dettagli. Volevo urlare queste cose attraverso questa canzone.
Che rapporto hai con il montaggio video e con Youtube?
Questa attività rappresenta ancora adesso un divertimento per me, nel mio tempo libro cerco sempre di fare un video, non lo vivo come un obbligo, quando non ho un oggetto per registrare lo chiedo in prestito perché mi piace poter condividere con le persone quello che faccio nella mia vita quotidiana; è il mio hobby.
Come mai hai studiato all’Istituto nautico?
Mia madre mi ha cresciuto facendomi leggere tantissimi libri, sono appassionato di avventure di mare e di pirati per cui, quando ho visto la possibilità di studiare per un lavoro che avesse a che fare con il mare, l’ho seguita. Crescendo ho capito che non era quello che volevo fare veramente per cui adesso studio alla Iulm, sono riuscito a vincere una borsa di Studio e mi sono trasferito da Roma a Milano.
“R U Crazy” è una delle cover che ti è riuscita meglio. Come ci hai lavorato?
Si tratta di una cover di cui ho adorato la produzione, c’è del blues cambiato in elettronica estrema, adoravo l’idea della contaminazione, erano anni che ne parlavo, metterla in un mio album mi ha reso felice!
Come vivi il passaggio dalle cover agli inediti?
Quando fai cover potresti adagiarti e abituarti a scegliere cose facili. A me non è successo perché quando faccio cover le modifico il più possibile, mi piace seguire l’idea di offrire una mia versione della canzone in questione. Pensare ai miei brani e realizzarli è bellissimo, sono libero di farlo, i miei produttori sono molto aperti verso le mie idee, ho passato mesi in studio ad imparare e a condividere con loro le mie idee. Ad ogni modo non mi sento ancora pronto per scrivere cose che ancora adesso non ho avuto modo di vivere e conoscere. Mi piace imparare cose nuove, non sono un musicista, faccio le cose da autodidatta e non mi sento un professionista, sono in una fase iniziale e di studio continuo.
Come è avvenuta la scelta di questa copertina?
Sembro un personaggio di Twilight (ride ndr). Avevamo due copertine: una molto semplice, l’altra era questa qui. Ho scelto questa perché volevo poter condividere l’album anche con le persone in Georgia quindi mi serviva un tocco più internazionale
A proposito, come vivi le tue origini georgiane?
In Georgia si cresce all’insegna della buona educazione, c’è rispetto verso gli altri e verso le persone più grandi. Sono cresciuto con mia nonna che ci teneva molto a queste cose per cui, anche se ci sono stato poco, ho cercato di apprendere il maggior numero di cose. A livello musicale sono cresciuto con la musica internazionale però vorrei in futuro riuscire a mischiare la musica elettronica con qualcosa di folcloristico, dovrei andare là a studiare e a capire come poterlo fare; per ora non posso ma mi piace sperimentare, sono sicuro che un giorno lo farò!
Continua l’anno d’oro degli Stadio. Lo scorso 8 luglio la band ha pubblicato “Tutti Contro Tutti”(feat. Vasco Rossi), il terzo singolo estratto dall’album “Miss Nostalgia” il 15esimo della band bolognese comprensivo de “Un giorno mi dirai”, già disco d’oro nonché canzone vincitrice dell’ultima edizione del Festival di Sanremo. Il brano, scritto da Gaetano Curreri e Saverio Grandi, è interpretato dagli Stadio con un’incursione dello stesso Vasco. Una vera e propria sorpresa che il rocker ha fatto all’amico di sempre decidendo di cantare il ritornello del brano durante la registrazione dello stesso. Abbiamo incontrato Gaetano Curreri negli studi della Universal Music a Milano alla vigilia del nuovo tour estivo.
Intervista
Con “Tutti contro tutti” lanciate un messaggio decisamente in linea con quelli che sono i pensieri delle ultime generazioni perennemente in lotta contro un sistema decisamente poco meritocratico. “Non c’è più vergogna, non vince il più bravo ma il più furbo di sicuro”…
La mancanza di meritocrazia è uno dei mali del nostro paese, in tutto il resto del mondo sono i più bravi quelli che vanno avanti non i più furbi o i raccomandati. Noi siamo ancora vittime di questo bubbone da cui non riusciamo a sfuggire. Avrei tanti esempi da citare, tra tutti nomino il medico che mi ha salvato la vita nel 2003 quando ho avuto l’ictus, lui fu costretto ad andare a lavorare a Parigi proprio per problemi legati alla mancanza di meritocrazia. Per fortuna è riuscito a tornare in Italia, adesso lavora a Catania ma come lui ci sono tante altre persone brave che non hanno santi in paradiso e che sono costrette ad aspettare per poter avere una chance.
Un altro concetto importante su cui riportate l’attenzione è “la buona educazione”. Questa sconosciuta…
Vero. Nel video della canzone mi metto quasi in ginocchio per auspicare il ritorno di un po’ di buona educazione. Siamo tutti ‘ malati, abbiamo finito con l’adattarci alla maleducazione. Anche quelli che vorrebbero che le cose andassero in un certo modo, finiscono coll’arrendersi ad un modus operandi comune. Tutto questo innesca un meccanismo terribile, quasi perverso, che non va assolutamente bene. Questa caratteristica si è ormai connaturata nei nostri comportamenti, nessuno vuole rispettare le regole che, invece, ci servono per poter convivere in maniera armoniosa.
Stadio
Parlando del tour estivo, cosa cambierà rispetto allo scorso inverno?
In questo concerto abbiamo cercato di mettere un po’ di tutto, ci sarà anche qualche sorpresa che lascerà di stucco i nostri fan. Ci sarà un bellissimo allestimento scenografico nuovo, sono state sviluppate delle idee che raramente abbiamo portato avanti perché sempre privilegiato l’aspetto musicale. Stavolta invece, grazie al nostro staff e alla nostra produzione, abbiamo lavorato in modo innovativo. Queste novità andranno viste per essere apprezzate, ci saranno situazioni visive pensate e costruite ad hoc.
La vostra è stata una storia in salita di quelle che ti spaccano le gambe. Com’è la vostra strada adesso?
Siamo stati costruiti per vivere così, il giorno in cui troveremo la discesa saremo rovinati e cascheremo! (ride ndr). Non siamo abituati ad andare in discesa, siamo abituati a pedalare, per questo la canzone dedicata a Marco Pantani ci sta addosso a pennello. Senza fatica non c’è gioia, non c’è la soddisfazione di aver raggiunto un obiettivo. Abbiamo appena iniziato un nuovo tour e sappiamo che dovremo faticare e che i risultati non arriveranno subito. Dobbiamo anche adattarci a questa nuova struttura live, ci saranno anche momenti impegnativi. In ogni caso quando riusciamo ad incasellare tutti gli elementi al loro posto, ci rendiamo conto di aver fatto un ottimo lavoro.
Gaetano Curreri
Infine una curiosità…tu ti esibisci spesso con il Solis String Quartet con il progetto parallelo “Canzoni da camera”. Com’è il tuo rapporto con loro e come vivi questa dimensione altra?
Si tratta di un’avventura cominciata per gioco, ci siamo trovati e abbiamo concepito quest’idea delle canzoni da camera per darmi la possibilità di cantare le canzoni che avevo scritto per altri e che non facevo con gli Stadio. La cosa particolare è che il Solis String Quartet ha arrangiato i brani in modo che io potessi riprendermeli e cantarli. Questa alchimia è cresciuta nel tempo ed è venuta fuori una collaborazione vera e propria. In “Miss Nostalgia” gli archi sono stati suonati sempre da loro e adesso quando saliamo sul palco è come se andassimo a suonare a casa di qualcuno con una formazione veramente minimale. L’intento, come di consueto, è lasciare che l’autore (ovvero io) ritrovi la gioia di proporre le sue canzoni esattamente come le ha pensate.
“E di colpo avere trent’anni, sentirne il morso il morso sul culo e convincerti che sei uno dei tanti…” canta Paolo Simoni in “Io non mi privo”, primo singolo estratto da “Noi siamo la scelta”, un concept album che ruota attorno ai drammi, alle speranze, ai problemi, ai pensieri, ai sogni di una generazione a cui manca la coesione o la motivazione necessaria per passare dalla polemica all’azione. Il mondo dei trentenni, quelli che vivono in Italia, o che sono emigrati all’estero, in cerca di qualcosa che questo paese non è capace di offrirgli è quello che il cantautore, compositore, arrangiatore e polistrumentista romagnolo ci descrive in questo disco appassionato e necessario.
Intervista
Hai definito questo album “un atto d’amore”, la nostra generazione lo merita?
Certo che sì! La nostra generazione è ancora bellissima, è la più creativa perchè si sta inventando nuove soluzioni per provare a resistere. L’atto d’amore sta nel creare un luogo in cui poter individuare uno spiraglio, poter sentire che qualcuno ci capisce, una sorta di buona compagnia mentre si compie la stessa lotta. La nostra è una generazione pacifista, siamo cresciuti con i cartoni animati giapponesi, abbiamo i nostri clichè. Dovremmo unirci, la politica ci prende in giro con una farsa totale. Dopo questo ventennio di politica tragica ci ritroviamo ad essere retribuiti con i vaucher e senza pensione…poi ci si stupisce se le donne trentenni non fanno figli? A me pare una conseguenza ovvia. Tutte queste emozioni, questa “incazzature” intellettuali sono finite nelle canzoni di “Noi siamo la scelta”.
Parliamo di “Suona pianoforte”. Un pezzo dalla bellezza classica, destinato a far parte dell’antologia del cantautorato italiano…
Grazie! Pensa che ho deciso di inserirlo alla fine all’interno del disco per completare il discorso. In questo brano parlo degli eroi invisibili, quelli che portano avanti il paese. L’ho registrato due volte in modi diversi, poi ho deciso di lasciarlo scarno per dare spazio e rilevanza maggiore alle storie narrate.
Chi è “Giuly”?
Una pittrice, una maestra di vita, un’artista che ha scelto rimanere fuori dagli schemi, una persona dal grande valore umano, nata e vissuta nel mio stesso paese di provincia in Emilia Romagna. Quando ero ragazzino, invece di andare a zonzo in sala giochi, andavo tutti i giorni nel suo atelier per suonare, cantare, discutere. Mentre stavo scrivendo le canzoni di questo disco, ho letto che i 30 anni sono l’età in cui ciascuno abbandona i propri maestri per proseguire il proprio cammino. A 30 anni non sei ancora né vecchio né giovane, fai un po’ un resoconto e, dato che nel frattempo lei se n’è andata, ho voluto raccontare quello che avevo imparato proprio a lei che era, ed è, la mia figura di riferimento per antonomasia.
Se ti trovassi a dover fare un bilancio del tuo percorso artistico, cosa diresti?
Mi sento abbastanza bene nonostante tutto. Non ho mai cercato il pubblico facile, non ci ho mai pensato, ho sempre scritto perché mi piaceva e continuo a farlo. Fare il cantautore, che sia in Italia o meno, è difficile. Nel momento in cui scrivi canzoni come “Io non mi privo”, scegli un percorso ben definito. Non sono mai stato nei talent, ho sempre fatto poca tv, ho preferito fare altre cose. A 30 anni mi trovo a scrivere canzoni e lottare per poter fare musica. Il mio interesse è fare il musicista, poter suonare, poter cantare le mie canzoni. Ero partito con la passione di fare musica, ora faccio due lavori: uno è quello di scrivere le canzoni e l’altro è quello di promuoverle facendo telefonate varie e lottando per conquistare spazi.
Paolo Simoni
Dal punto di vista tecnico questo album racchiude un lavoro meticoloso e certosino. Hai fatto riferimento ai punti di cardine del nostro passato musicale ma c’è anche tanta ricerca e uso dell’elettronica…
Io ed il mio produttore artistico Luca Pernici ci siamo chiusi in studio trascorrendo diversi mesi a maneggiare sintetizzatori e tastiere. Abbiamo lavorando con la mentalità degli anni 80 testando il suono con tantissimi ascolti, ci siamo sbizzarriti, abbiamo scoperto soluzioni seguendo l’intento di collegare a testi importanti delle musiche fortemente impattanti. Il risultato finale è un suono contemporaneo intriso di atmosfere elettroniche di natura colta. Ci siamo divertiti anche nel coinvolgere due batteristi e due bassisti, rispettando in ogni caso il mood del concept album.
Forse questo album merita di vivere dei contesti diversi dal solito. Molti ragazzi cercano l’evasione invece della riflessione…
Bisogna stare attenti. Ad un certo punto la festa finisce sempre! La nostra generazione in verità è molto frastagliata. Ci definiamo generazione ma in realtà siamo tanti individui singoli che combattono le proprie lotte. Quello che manca alla nostra generazione è la coesione, non si agisce in nome di un obiettivo comune. C’è un brano del disco che s’intitola “Una reazione” che parla proprio di questo. Passiamo molto tempo a sputare commenti e sentenze però poi chiudiamo tutto e andiamo a fare l’aperitivo. C’è ovviamente chi lotta, chi fa il proprio percorso, solo che lo fa in silenzio. Sono problemi seri questi, una generazione che non affronta questi problemi vive l’inadeguatezza al proprio tempo e l’estero è diventato una sorta di nascondiglio. Dovremmo tornare a riprenderci tutto quello che è nostro, i nostri diritti basilari ecco perché “Noi siamo la scelta”. Quello che più mi addolora è vedere come ci prendono in giro senza che facciamo nulla per reagire. Noi stessi rappresentiamo la possibilità di cambiare le cose lottando senza odio e senza armi servendoci di un’intelligenza emotiva, morale, intellettuale che ci può portare a riprenderci i nostri diritti che non sono capricci, come qualcuno ha voluto farci intendere.
Tracklist: “Il vuoto di questo tempo”, “Io non mi privo”, “Noi siamo la scelta”, “Lascia la tua impronta”, “Ho conosciuto l’amore”, “Una reazione”, “Ci sono cose che ti cambiano”, “Giuly”, “Suona pianoforte”.
Ritroviamo Nesli, al secolo Francesco Tarducci nel Giardino de La Triennale di Milano, in occasione della presentazione del suono nuovo album di inediti intitolato “Kill Karma”, prodotto da Brando (Go Wild/Universal Music Italia). Il momento è catartico: Nesli è felice, rilassato, libero, entusiasta. Questo suo nuovo lavoro è il frutto di un’evoluzione individuale ed artistica che lo ha portato direttamente in cima alle classifiche di iTunes. Con questo disco, intriso di contaminazioni che vanno dalla dance al rock strizzando l’occhio agli anni ’80 per passare poi a tracce Hip Hop contaminate dal rock, fino a brani con un beat dance, senza tralasciare ballate struggenti e confidenziali, prende vita il secondo atto di una trilogia sempre più avvincente.
Ecco cosa ci ha raccontato Nesli subito dopo aver abbracciato i suoi affezionatissimi fan accorsi a sostenerlo.
Intervista
In questo album hai messo davvero tutto te stesso?
Sì, questo disco è la trasposizione del mio libro “Andrà tutto bene” in musica. Ho sempre scritto guardando con gli occhi degli altri, stavolta l’ho fatto guardando il mondo attraverso i miei stessi occhi. Tutto è riconducibile ad una persona, ad un nome, ad un fatto specifico; non ho guardato molto fuori. Anche se in apparenza sembra che faccia le cose un po’ a caso, tutto ha un ordine ben preciso. In sintesi, chi ha letto il libro, con questo album potrà unire tutti i punti della mia visione del mondo.
Si tratta del secondo capitolo di una trilogia…
Esatto. Posso anche dire che del prossimo ho già preparato dai quattro ai sei brani, ho già avuto la visione della copertina, sarà un po’ fumettistica e ci sarà un alter ego che mi sparerà. La mia visione rimane sempre molto dark ma ho dovuto renderla pop; per questa ragione ho trasformato il suicidio in omicidio. Il mio impianto creativo è molto ampio, quando penso ai dischi, invece di pensare ai singoli penso alle trilogie. La mia unica passione è scrivere, passo il tempo a pensare ai contenuti, lo trovo divertente anche se mi rendo conto di muovermi in controtendenza…
In che senso?
Oggi si esce quasi esclusivamente in digitale, lanciando dei singoli che non porteranno a nulla di duraturo. Se non crei continuità è un po’ come fare un falò con la benzina, sarà tutta una fumata. Bisogna rendersi conto che il digitale rappresenta un costo in meno per chi investe, è solo la punta dell’iceberg! Io scrivo su carta e registro un attimo dopo, ho lavorato sia con l’analogico che con il digitale, conosco gli strumenti con cui lavoro e posso dare loro un senso rispetto a quello che intendo fare.
Nesli-Ph-Andrea-Colzani
Quali sono le tue influenze musicali e cosa hai ascoltato mentre lavoravi a questo album?
Sono praticamente onnivoro. Non c’è una regola, sono un selvaggio! In genere seguo istintivamente solo le cose che mi emozionano. Se mi viene chiesto di migliorarmi io dico no, voto l’involuzione. Se mi chiedono di mandare un messaggio ai ragazzi che vogliono fare musica, dico loro di lasciar perdere, di fare altro, di dedicarsi all’artigianato. Tutti vogliono fare i cantanti, dedicarsi alla moda, fare serata, sentono di avere il fuoco sacro dentro; il problema è che il milione di views e i clic sulle foto non sono reali, sono pacchetti che distorcono la visione della realtà
Queste affermazioni hanno un risvolto di tipo socio-culturale…
Certo, molti ragazzini viaggiano intorno al mondo, scattano una decina di foto che determineranno il loro status di globe trotter e poi si ritroveranno a vivere da alieni, completamente avulsi dalle dinamiche di interazione reale. Io, a dirla tutta, neanche ce l’ho il passaporto!
Nesli
La libertà che senti di avere oggi come e quando è arrivata?
L’ho raggiunta attraverso un percorso che dovevo e volevo fare. La mia è una bellissima passione ma ha le dinamiche di un lavoro. Ha dei pro e dei contro, su tutti c’è il fatto di non staccare mai. In questo ambiente conta la perenne progressione in avanti e, dato che mi muovo in un’ottica di carriera e non di successo, sapevo che se volevo essere nella mappa culturale di tutti, dovevo fare dei passaggi obbligati. Uno di questi è il Festival di Sanremo. Sapevo che dovevo distanziarmi dal mondo elitario ma che non volevo perdere i miei fan, il mio margine di movimento era minimo, la possibilità di sbagliare bassissima, venivo da Carosello e stavo per tornare in Universal, dovevo fronteggiare diverse dinamiche mentali e logistiche. Dovevo limitare l’artista maledetto per fare spazio a chi volevo essere e a chi volevo diventare ma avevo al mio fianco una squadra che conoscevo molto poco…
Quindi come hai affrontato quella grande prova?
Brando e Raffaele mi dicevano di tenere duro, sapevo che non c’era tempo, vivevo nel terrore e con la consapevolezza che tutti volevano vedermi fallire. “Buona Fortuna Amore” l’ho provata pochissimo, l’avrò cantata al massimo sei volte in sala prove, mi dicevano di cantarla a casa ma io non ci riuscivo, mi sentivo un coglione. Un altro ostacolo erano gli ear monitor che io non ho mai usato, sbagliai tutto in prova sul palco di Sanremo, proprio quando c’erano i critici in sala, riconosco di averla cantata con tutti i limiti del caso, ora sarebbe tutto diverso.
Nesli
Saresti pronto a riscattarti sul palco dell’Ariston?
Certo! Ho già scritto la canzone da inviare a Carlo Conti, spero proprio che la accetti!
Tornando all’album, quali messaggi intendi comunicare al pubblico?
Questo album è come il momento centrale del racconto di un film, mi sono tolto diversi sfizi e nel terzo completerò l’opera.
Qual è il ruolo dei tuoi tatuaggi?
Rappresentano una vera e propria provocazione. Sapevo che avrei fatto questo disco con questa specifica copertina. L’anno scorso avrei potuto spiegare questo concetto a spezzoni, ora potrete capire il perché di ogni cosa. Di solito i tatuaggi rappresentano un’opera di abbellimento nel mio caso invece mi sono ricoperto di nero. Il mio obiettivo era fare in modo che le persone che si fossero interessare al contenitore, avrebbe posto attenzione anche ai contenuti. Alla domanda: “Se mi metto nudo, mi ascoltate?” La risposta è ovviamente: “Sì”. Triste ma assolutamente vero. Questo è quello che ho detto ad una delle mie sette personalità. Il mio percorso ha un fondamento amaro, non sono un ipocrita, eppure l’ho affrontato a mio modo ed eccomi qui.
L’instore tour partirà oggi 1° luglio da Mondadori Megastore in Piazza Duomo a Milano, il 2 a Rizziconi (Reggio Calabria) con una tappa al Centro Commerciale Porto degli Ulivi. Il 3, invece, sarà a Livorno al Centro Commerciale Fonti del Corallo, mentre il 4 si sposterà verso la capitale con un instore al Centro Commerciale Tiburtina; Il 5 sarà alla Mondadori di Napoli. Due le tappe in Puglia: una a Lecce e l’altra a Foggia il 6 e 7 luglio.
L’8 luglio sarà alla Mondadori di Pescara, il 10 a Brescia, l’11 a Torino, il 12 doppio appuntamento alle ore 15.00 a Padova e alle ore 18.00 a Venezia, il 13 a Genova e il 14 alle ore 14.00 a Firenze e alle ore 18.30 a Bologna.
Appassionata di musica sin da quando aveva 9 anni, Linda Bosco in arte Lillian More nasce e cresce nell’hinterland milanese. E’ appena quattordicenne quando inizia a scrivere i suoi primi brani spinta dal sogno di intraprendere la carriera di cantautrice.
Determinata e talentuosa la giovane rocker, dopo le esperienze del suo primo Ep “Now we Go!”, anticipato dal singolo “We don’t care anymore” del 2013 e dopo l’uscita del singolo “Believe in Chance”nel 2015, è attualmente impegnata nella lavorazione del nuovissimo progetto musicale “In Bloom”.
Intervista
La tua ripartenza è con “Back to the start”. Nel testo canti “You’re just one of my old memories. So take back your promises and all your lies and bring me back to the start”. Cosa racconti in questa canzone, con quale spirito l’hai scritta e come hai lavorato all’arrangiamento del brano?
Sì, Back to the Start è il primo singolo estratto dal mio nuovo album e parla della fine di una storia d’amore. I sentimenti racchiusi nel brano sono di dolore e rabbia, ed è uno dei brani che a livello sentimentale mi tocca particolarmente di più. Nella realizzazione degli arrangiamenti, dando le linee generali e relativi riferimenti riguardo a come volevo le linee di basso e batteria, ho lavorato e suonato insieme a dei musicisti davvero molto validi con i quali ho successivamente inciso tutti i brani del mio nuovo disco.
Il video, diretto da Michele Pinna, è molto particolare. Raccontaci la story line e le suggestioni che intendevate trasmettere al pubblico…
Il video musicale racchiude al suo interno la descrizione di anima e corpo; la prima viene descritta nella sua duplice natura nello scenario bianco (fragilità e sensibilità) e nero (rabbia e tormento); mentre il corpo, intesa come parte materiale della nostra vita, viene descritta dall’intenzione di realizzare una moto con la quale costruire un nuovo inizio, per poi partire verso nuovi orizzonti lasciando tutto alle spalle. Nelle scene con la cera nera volevamo trasmettere in maniera molto cruda ed esplicita il sentimento di tormento nel dover sempre “ingoiare” e “mandar giù” sofferenze e dolori, “leccarsi le ferite” e allo stesso tempo autolesionarsi per sentire sollievo dal dolore psicologico. E’stato molto emozionante lavorare insieme a Michele per la realizzazione della storia e soprattutto dover esprimere a 360° questo mix esplosivo di sentimenti.
In che modo cerchi di contestualizzarti all’interno del panorama musicale italiano in qualità di rocker?
Non amo darmi un’etichetta e non catalogo la mia musica in nessun genere musicale se non “Lilian More”! Così come la mia musica, sono molto poliedrica, faccio quello che mi sento di fare e la mia musica è la mia voce per dire quello che penso e quello che provo. Per queste ragioni se volessi contestualizzarmi all’interno del panorama musicale lo farei in qualità di Lilian More. Considerando lo scenario musicale italiano, penso di essere l’unica a fare questo tipo di genere quindi questo potrebbe essere sicuramente un punto a mio vantaggio per distinguermi dalla massa! Come riuscirci? Sicuramente dando il meglio di me in primis per la mia musica e per tutti coloro che amano quello che faccio e poi per me stessa.
Lilian More
Questo singolo anticipa il tuo nuovo album in uscita in autunno. Con chi ci stai lavorando e in che modo?
Sì, il mio nuovo disco uscirà questo autunno ed è tutt’ora in fase di produzione! Ho lavorato per diversi giorni con i musicisti in sala prove e ci sono diverse collaborazioni… ma il lavoro sicuramente più lungo è stato quello relativo alla ricerca del suono! Per il resto dei dettagli vi lascio ancora un po’ sulle spine! (ride ndr)
Sappiamo che si tratterà di un disco autobiografico e che racchiuderà al suo interno il bilancio di due anni molto intensi per te… Ti andrebbe di approfondire questo discorso raccontandoci la tua crescita sia personale che professionale?
Sì, questo album racchiude la parte più intima di me… parlarne è davvero molto difficile ed è stato altrettanto difficile abituarsi a cantare brani in cui è racchiusa davvero tanta sofferenza. Tuttavia il mio punto di forza è stato proprio il mettermi a nudo svelando una parte di me che mai avrei potuto far conoscere a qualcuno; la musica mi ha permesso di farlo ed è stata la mia analista personale. La mia crescita è avvenuta mentre mi confrontavo con persone molto più grandi di me, non sono mai scesa a compromessi e sono andata sempre dritta per la mia strada. All’interno di un mondo così frenetico, ingordo e privo di prospettiva verso il futuro come quello di oggi è stato un pò come salire su un ring priva di qualsiasi protezione e ancorata alle corde… ma lo è tutt’ora e lo sarà per chissà quanto tempo! Ma non mi fa paura. L’importante è rialzarsi e combattere, sempre.
In che modo coltivi la tua passione per la musica?
Prima di tutto con la curiosità! Poi con la determinazione e l’amore per quello che faccio e infine con tanto divertimento! Certo, lo stress non manca mai ma questa è tutta un’altra storia! (ride ndr)
Quali ascolti influenzano il tuo repertorio?
Sicuramente la parte più importante della mia vita sono stati i Green Day. In secondo luogo tutto il panorama musicale che racchiude gli anni ’90! Dal pop punk al grunge.
Sono previste date live o rimarrai a lavorare in studio per tutta l’estate?
Attualmente non ci sono live in programma in quanto sarò presa dal lavoro in studio fino ad agosto e successivamente dalla pianificazione/realizzazione dei video dei successivi singoli! In più tengo molto a curare tutto quello che riguarda il mio lavoro, quindi grafica del disco ecc… tuttavia se ci dovessero essere cambi di programma basta seguirmi sulla mia pagina FB ufficiale dove vi terrò super aggiornati riguardo news ad eventi!
Apprezzati per l’originalità e la contagiosa energia delle esibizioni dal vivo, grazie all’impronta gitana ed ai ritmi pulsanti delle performance, i Caravan Palace arrivano per la prima volta a Milano lunedì 11 luglio con l’unica data italiana del tour estivo, in programma al Circolo Magnolia di Segrate (MI) per una serata nel nome dell’elettro-swing più vivace ed elegante. Band di sette elementi con base a Parigi, i Caravan Palace porteranno sul palco del Circolo Magnolia <I°_°I> (conosciuto anche come Robot Face), il terzo album in studio pubblicato lo scorso ottobre; il disco segue l’omonimo esordio del 2008 Caravan Palace, entrato presto nella Top 20 degli album più venduti in Francia, ed il secondo album Panic, del 2012. Le sonorità dei Caravan Palace, che si ispirano ad artisti disparati come Django Reinhardt, Vitalic, Cab Calloway, Justice e Daft Punk, mescolano in ottica retro-futurista swing, jazz, manouche ed elettronica, attingendo dal passato per scrivere la musica del domani ed oltre.
Intervista
Il vostro terzo album in studio s’intitola <I°_°I> ovvero “Robot Face”. Come descrivereste l’anima di questo lavoro? Quali sono state le suggestioni, le aspettative e le emozioni che avete provato durante questo processo?
You just put out you third studio album, titled <I°_°I> colloquially referred to as “Robot Face”. Could you describe us the disk soul? Which were the suggestions, the expectations and the emotions you felt during the processing?
Il nostro nuovo album viene dalla voglia di provare cose nuove con l’obiettivo di offrire una nuova esperienza ai nostri fan e a chi ci ascolta. All’interno della tracklist potete trovare tracce più vicine allo swing altre più elettroniche, alcune più vicine al nostro modus operandi tradizionale altre ancora influenzate dalla Trap e dalla Deep House. Tutto questo è perfetto da riproporre quando siamo sul palco, ci permette di fare tante variazioni e funziona davvero molto bene!
Our new album come from the need to try new stuff in order to offer some new experience for our listeners and fans. You can find some swing house or electro rockabilly tracks , in a traditional way we’ve done before, but also some news forms influenced by Future Bass, Trap or Deep House music. With slower tempo and heavy bass. It’s perfect on stage, because now we can play a set with a lot of variations in tempo and mood. It works very well !
La vostra musica è uno spumeggiante cocktail di swing, hip hop, jive e house. Come descrivereste la vostra formula?
Your music is a bubbly cocktail of swing, hip hop, jive e house. Could you explain in a detailed way your sophisticated music formula?
Per noi è tutto molto naturale. Si tratta dell’unione delle nostre influenze, ci piacciono cose vecchie e cose nuove e i Caravan Palace ci danno la possibilità di mischiare tutto senza una ricetta precisa. A volte cominciamo a lavorare ad una traccia con un beat o un giro di basso molto moderno poi finisce che ci aggiungiamo qualche elemento vintage. Succede anche di incidere brani usando il classico pianoforte o di partire da una base realizzata con la chitarra acustica o di scrivere un testo tradizionale per poi buttare via tutto e ricominciare da zero.
It’s kind of natural for us. Just a blend of our all influences. Like everybody, i think, we like old stuff and new stuff. Caravan Palace gives us the chance to mix both worlds together. But there’s no recipe. Sometimes we start a track with a hard beat and bass, very modern, then we add the more vintage stuffs on it. But we can also start a track with a classic piano or guitar acoustic idea, construct a song in a traditional way, with verse and chorus, then destroy everything in a sampler to go further.
Durante i vostri concerti, il vostro pubblico balla e si scatena come se facesse parte di una vera e propria comunità. Come vivete questo fenomeno?
During your performances more than half the crowd dances like a community. How do you feel about this phenomenon?
Pensiamo che quando riesci a vedere e a sentire che il pubblico si muove insieme a te sulle note della tua musica allora hai raggiunto il top. La cosa più bella del nostro pubblico è la loro correttezza, la loro dolcezza e la loro pacatezza; non abbiamo mai visto disordini tra la folla. Gran parte delle volte riceviamo i complimenti da parte dei promoter dei vari posti in cui suoniamo proprio per questa ragione, lo troviamo molto soddisfacente.
We think it’s a highlight in a musician life, when you can feel the crowd moving all together on your music. With a huge grin on their faces. It’s totally moving. Something great with our public is their kindness and politeness. Despite the fact, everyone is bouncing and dancing, we never saw any clash or fight in the crowd. Most of the time, people from the venue or the local concert promoter tell us how great our public is. Very pleasant, We must say.
CaravanPalace ph Jeremie Bouillon
La vostra presenza scenica è travolgente. Di solito vi muovete molto, interagite tra di voi, con gli strumenti e con il pubblico offrendo una vera e propria performance. Come riuscite a rendere felici le persone che vi seguono?
Your stage presence is very eventful. You dance, you move between instruments interacting with the crowd…One of yours recently said that “It’s important for us to give a good experience to the public”. How do you make people happy?
Beh, con una grande dose di energia e di generosità. Pensiamo di dover dare tutto quello che possiamo al pubblico. Chiaramente dipende anche da quale genere musicale facciamo ma la nostra musica è in gran parte festa ed energia per cui riusciamo abbastanza facilmente nel nostro intento.
With a big load of energy and happiness. Generosity is very important too. You have to give everything you can to the public. Of course it depends of the musical genre, but our music is mostly about party and energy, so we got to take the public with us as much as we can.
La vostra bellissima cantanteZoé [Colotis] è anche un’attrice. La cosa influisce nella teatralità dei vostri live?
Your beautiful singer Zoé [Colotis] is an actress as well as a singer. Do you put in theatrical aspects into the concerts?
Yes, and she likes to do it by herself. She’s always having a lot of ideas to give new fun to the public. Making each show different. Sometimes she can bring some people on stage to create new interactions, improvising a dance and stuffs like that. Always having new ideas to surprise us as well !
Sì, lo è le piace farlo da autodidatta. Le vengono sempre in mente un sacco di idee che rendono il nostro concerto sempre diverso e che riescono sempre a far divertire il pubblico. A volte riesce a portare delle persone sul palco per creare nuovi tipi di interazione, magari improvvisando un balletto o cose simili.
Siete riusciti a trovare il giusto equilibrio tra suoni tradizionali e suoni nuovi senza sforzo. Come pensiate possa evolvere la vostra musica in futuro?
You found the right balance between the old and the new sound effortless. Which would be the evolution of your music in the future?
In effetti sono in molti a chiederci come sarà il nostro prossimo album ma, a dirla tutta, non lo sappiamo ancora. Il cambiamento ci piace e ci siamo spinti molto verso l’elettronica. A questo punto ci chiediamo se non sia il caso di muoverci nella direzione opposta e tornare ad un mood più acustico… Magari potremmo organizzare un referendum tra i fan (ride ndr)…
Of course, everybody is asking about our future album. To be honest we don’t know yet. Changing is interesting, and so far, we’ve been further on the electronic side. So why not going in the other direction, and sound more acoustic in the future? We should organize a “fan” referendum maybe… or not.
Che aspettative avete in merito al concerto che terrete in Italia il prossimo 11 luglio?
How do you feel about the concert you will hold in Italy in July?
Non ci capita spesso di suonare in Italia per cui non vediamo l’ora che accada. Non c’è bisogno di dirvi quanto amiamo il vostro paese, d’altronde chi è che non lo ama?! (ride ndr)… Forse considerando che non abbiamo suonato molto qui, i nostri fan saranno in fibrillante attesa. Dal canto nostro, ve lo promettiamo, non resterete affatto delusi!
We didn’t play that much in Italy so far, so we’re very exciting about coming here. No need to say we love your country, who doesn’t? Maybe considering we didn’t play that much here, our fans will really look forward seeing us live. And We can promise, they will not be disappointed.
Torna sulla scena musicale Giuliano Palma con il nuovo album “Groovin’” in uscita il prossimo 1° luglio in tutti i negozi musicali e sulle piattaforme digitali. Prodotto e arrangiato da Giuliano Palma, Fabrizio Ferraguzzo, Riccardo Di Paola e dedicato a Carlo Ubaldo Rossi, l’album contiene tredici tracce che ripercorrono la storia più o meno recente della musica italiana ed internazionale, brani intramontabili reinterpretati dalla voce inconfondibile di Giuliano e da alcune particolari collaborazioni. Abbiamo incontrato Giuliano questa mattina negli uffici milanesi della Universal Music.
Intervista
Giuliano, in “Groovin’” torni a divertirti con le cover…
Questo gioco mi piace assai, si adatta a particolari momenti della vita, un po’ come quello che ho vissuto di recente con un distacco importante. Il titolo del disco racchiude un po’ questo mio stato d’animo, il groove io ce l’ho dentro e amo provare a contagiare anche gli altri.
Cosa è successo?
Nel corso degli ultimi 15 anni, fin dall’uscita del mio primo album da solista, ho sempre lavorato con Fabio Merigo. Lui era il mio braccio destro, mi ha sempre appoggiato anche quando decidevo di reinventarmi un brano che magari ad altri non convinceva. Amavamo arrangiare e impacchettare le canzoni un modo a volte improbabile. Ad un tratto ha incontrato un’altra persona con cui collaborare e mi ha gettato da parte; di solito non così astioso ma devo confessare che è stato un boccone davvero amaro da buttare giù.
Come hai lavorato con i nuovi collaboratori?
All’inizio è stato strano, c’era bisogno di dare una svolta. Questo disco ha una storia particolare, di solito metto le mani in pasta dappertutto, sono sempre in studio a registrare e a fare le pre-produzioni… Stavolta invece mi sono affidato a dei nuovi bravissimi collaboratori quali Ferraguzzo e Di Paola. Siamo entrati subito in sintonia, è stato bello affidarsi a loro e poterli lasciar fare, io sono un crooner e sono soddisfatto del risultato finale.
Come è avvenuta la scelta delle canzoni?
Con questo album faccio un balzo tra gli anni ’60 e ’70, l’imprinting arriva dall’infanzia quando mia madre mia faceva ascoltare Don Backy e i Camaleonti. Certo, i discografici mi hanno consigliato ma alla fine ho scelto io i brani, se una canzone non la sento mia non riesco neanche a cantarla. Sono contento di aver ritrovato Vasco Rossi. Anni fa aprii un suo concerto insieme ai Casino Royale, tornare a riabbracciarlo, anche se non fisicamente, significa veramente tanto. “Una splendida giornata” è, tra l’altro, il pezzo beneaugurante del disco ed il contributo di Fabri Fibra è un plus importante, ci tenevo alla presenza del rap. Tra gli input esterni, invece, c’è la collaborazione con Cris Cab, mi sono divertito a lasciarmi coinvolgere.
Giuliano Palma
Com’è andata la collaborazione con Clementino?
Abbiamo gozzovigliato spesso insieme, abbiamo un ottimo rapporto e trovo che in “I say I’ sto cca” del grandissimo Pino Daniele (che avrei coinvolto con molto piacere in questo progetto), abbia lavorato davvero molto bene. Si tratta di un pezzo terzinato e la sua abilità mi ha davvero lasciato senza parole. Sono stato contento di poter ricambiare il favore.
E con Chiara Galiazzo?
“Don’t go breaking my heart” di Elton John è un gran pezzo. Chiara ha una voce pazzesca e può cantare qualunque cosa, fa parte della mia scuderia ed è stato piacevole lavorare con lei.
Bizzarra la scelta di “You’ll never walk alone” ( Inno del Liverpool)…
Seguo con molta passione ed entusiasmo la Premier League. Benchè sia di fede milanista, sono supporter del calcio inglese in generale. Adoro l’enfasi ed il trasporto con cui i tifosi del Liverpool cantano l’inno e ho voluto lavorarci a modo mio.
Cosa ci dici del brano inedito “Un pazzo come me”?
Il titolo è piuttosto eloquente, sembra un clichè ma alla fine è molto veritiero.
Giuliano Palma
“Alleluja! Tutti jazzisti” è il pezzo che avevi inciso per il progetto “We love Disney”…
Esatto! Adoro il cinema di animazione e ho particolarmente apprezzato il fatto di poter cantare una canzone che vogliono sempre cantare tutti.
Come mai ha preferito dedicarti nuovamente a delle cover invece di dare spazio a dei brani inediti?
Sono pigro, poco prolifico e provo molto gusto nel reinterpretare le canzoni. Inizialmente ero convinto di fare un disco di inediti, poi le varie vicissitudini mi hanno indotto a fare diversamente. Preferisco celebrare capolavori invece di sfornare canzoni mediocri. Sono figlio della cultura pop, ho voluto divertirmi e l’ho fatto soprattutto in funzione dei tanti concerti che terrò prossimamente
Raffaella Sbrescia
Il Groovin’ Tour di Giuliano Palma, partito dal mese di giugno, prosegue nelle seguenti date: 1 luglio Torino; 23 luglio Palmanova (UD); 10 agosto Attigliano (TR); 17 agosto Palazzo S. Gervasio (PZ); 23 agosto Oliena (NU); 27 agosto Roseto (TE); 28 agosto Budoni (OT); 1 settembre Staranzano (GO); 2 settembre Venezia; 17 settembre Isola del Giglio.
The Strumbellas nascono nel 2009 con un EP omonimo che riceve riconoscimenti da numerosi settimanali di Toronto. La CBC inoltre definisce la band come “band to watch”, una band che merita di essere vista dal vivo. Nel 2012 la folk band pubblica l’album di debutto “My Father And The Hunter” un disco pieno di testi tormentati intrecciati con accattivanti melodie. È il 2013 quando viene pubblicato “We Still Move On Dance Floors”, secondo album che vede The Strumbellas vincere sei premi tra cui il loro primo JUNO award. Nei primi mesi del 2015 il gruppo torna in studio per registrare “Hope” il nuovo album pubblicato il 24 giugno 2016 e prodotto da Dave Schiffman (Johnny Cash, Haim, Weezer). Per questo nuovo lavoro in studio The Strumbellas non hanno voluto rinunciare all’uso di numerosi strumenti e ai cori, ormai marchio di fabbrica e segno di riconoscibilità. In diverse canzoni dell’album ricorre la parola “hope”, intesa come una sorta di leit motiv che possa aiutarci ad affrontare con il piglio giusto anche le prove più difficili. In cima alle classifiche delle hits più suonate in Italia con il singolo “Spirits”, la folk band canadese composta da Simon Ward (vocals, acoustic guitar), David Ritter (piano, percussion, vocals), Jeremy Drury (drums, percussion), Isabel Ritchie (violin, vocals), Jon Hembrey (electric guitar), Darryl James (bass) ci ha incontrato negli studi della Universal Music a Milano parlando a lungo di sè e di questi nuovi importanti traguardi.
Intervista
Partiamo dall’ultimo singolo “Spirits”. Secondo voi da cosa è dipeso il grande successo ottenuto da questo brano?
La canzone rappresenta un invito a vivere al meglio il presente, ad affrontare e superare i momenti bui. Quando scrivi un brano non pensi se funzionerà o meno in radio, cerchi semplicemente di realizzare una bella canzone; sarà forse per questo che il successo di “Spirits” ha sorpreso anche noi!
Nella vostra discografia ricorre spesso il contrasto ancestrale tra vita e morte, come mai?
La nostra musica trae ispirazione dal country americano intriso di storie che parlano di uomini dalla grande personalità che cantano tutta la loro malinconia. A differenza della tradizione country, però, le nostre canzoni sono come una specie di tunnel: alla fine c’è sempre la luce.
Così come in “Hope” anche in “My Father and the Hunter” la natura è uno sfondo importante…
Il Canada è un territorio molto vasto e poco popolato. A due ore da Toronto, la presenza della natura, delle montagne e de laghi diventa davvero imponente; sarà forse per questo che la maggior parte delle nostre canzoni è stata scritta on the road.
Come vi siete conosciuti?
Ci siamo formati nel 2008 a Toronto (Ontario), grazie ad un annuncio di Simon pubblicato su Craiglist, un portale che ospita annunci dedicati al lavoro.
Come siete riusciti a raggiungere l’equilibrio all’interno del gruppo?
Il sistema è piuttosto “democratico” (ridono ndr). Diciamo che Simon comanda e il resto segue. Sei persone sono tante, a volte gli animi si scaldano ma alla fine ognuno riesce a dare il proprio contributo. Siamo come una grande famiglia e ognuno di noi porta all’interno del gruppo le proprie caratteristiche e le proprie influenze musicali. La cosa più importante è mettere da parte l’ego e portare in studio solo la volontà di lavorare ad un obiettivo comune.
The Strumbellas
Qual è il concept che racchiude il significato della copertina del disco?
Volevamo riproporre anche graficamente l’anima del disco “Hope”. Abbiamo conservato l’oscurità e la malinconia contenute nei precedenti lavori aggiungendo elementi di speranza. Il risultato è veramente pittoresco.
Questa estate sarete in tour in Canada e negli Stati Uniti e poi arriverete anche in Italia, il 31 Agosto a Sestri Levante per il Mojotic Festival e il 1° Settembre a Milano per Unaltrofestival. Come descrivereste un vostro concerto?
Il nostro live è una grande festa dove tutti ballano, cantano e si divertono. Quando siamo sul palco saltiamo e coinvolgiamo il pubblico al massimo. Siamo dei pazzi scatenati, venite ad ascoltarci, non ve ne pentirete!
Cosa c’è nel vostro futuro immediato?
Sarà un anno davvero intenso, pieno di concerti e di viaggi in giro per il mondo, speriamo di divertirci il più possibile e di crescere sempre di più!
Walter Fontana ricomincia dalle sue canzoni e da “Sono Qui”, il suo album solista. Dopo lo scioglimento dei Lost, il cantautore di Vicenza si è dedicato alla scrittura, alla ricerca, alla ricostruzione della sua carriera artistica. Ecco cosa ci ha raccontato in questa intervista
Come si esce in maniera coerente da un passato come quello con i Lost riproponendoti con un progetto tuo?
Ripartire dopo un’esperienza importante come quella dei Lost non è stato facile, quello che mi ha aiutato è essermi staccato dai riflettori, essere tornato nel mio vecchio paese dove tutto è iniziato, ovvero a Vicenza. Questo mi ha permesso di rimanere coi piedi per terra, di stare vicino alla mia famiglia, ai miei amici. Tutto questo è stato utile per mettere un punto e ripartire per crearmi una nuova strada.
Hai viaggiato tanto, hai vissuto diverse vicende e a questo proposito ci viene in mente “Questo sono io”, brano in cui ti metti a nudo. Immaginando un pubblico che voglia sapere cosa è accaduto, cosa ti ha spinto a scrivere queste canzoni?
Sono successe tantissime cose che, nel loro insieme, mi hanno dato l’opportunità di scrivere questo disco. C’è stata una storia d’amore finita, lo scioglimento dei Lost, con cui comunque sono ancora in contatto. Luca Donazzan, il bassista, mi sta accompagnando in questo nuovo capitolo. Ho fatto diversi viaggi, su tutti cito quello a Barcellona, un viaggio che ho deciso di fare last minute durante il quale mi sono ritrovato alle 5 del mattino a suonare la chitarra insieme a dei musicisti che non conoscevo.
Qual è il filo conduttore del disco?
La ripartenza. All’interno del disco parlo spesso di momenti finiti male e di storie concluse ma lo faccio sempre con un approccio positivo.
A questo proposito viene da pensare anche al brano “Lo sbaglio più bello”…
Quando cadi torni ad apprezzare le cose più semplici, puoi ripartire con lo spirito giusto.
I vostri fan vi sostenevano davvero moltissimo, che rapporto hai con loro oggi?
Sì, avevamo creato un bel movimento! Ho ancora contatti con loro, mi scrivono e continuano a chiedermi adesivi e volantini da distribuire in città, un po’ come si faceva all’epoca degli street team che si sono un po’ persi negli anni. Ora che tutto gira sul web è bello vedere che i fan ci credono ancora e vogliono aiutarmi. Bisogna inventarsi nuove strategie, io nel frattempo ho tenuto dei concerti da busker perché volevo mostrare le canzoni così come sono nate nude e crude con la chitarra acustica. Ho molte idee che spero di mettere in atto molto presto.
Walter Fontana
Come affronti questa nuova fase artistica? Vuoi affermare qualcosa di te che ti era sfuggito in passato?
Beh, vorrei dimostrare che oltre ad essere un teen idol, così come mi avevano etichettato tempo fa, sono anche un musicista, le canzoni le scrivo io e questa è la cosa più importante perché può differenziarmi da tanti altri artisti presenti sulla scena attuale. Oltre a scrivere i miei testi, riporto la mia stessa vita nei versi che compongo. Quando metti te stesso nelle canzoni la gente se ne accorge, inoltre puoi cantarle in modo più coinvolgente quando sei sul palco e questo è un ulteriore punto di forza.
Per quanto riguarda la lavorazione dei brani e la realizzazione degli arrangiamenti, cosa hai da raccontarci?
Avere avuto più tempo per lavorarci è stato un punto a mio favore, ho potuto fare tantissimi ascolti, mettermi alla prova, scrivere canzoni, buttarle via, farne di nuove, poi c’è stato l’incontro con il produttore Salamone Placido che ha subito capito qual era il mio obiettivo, ovvero non fare una canzone uguale all’altra. Volevo che ogni brano avesse una vita a sé anche se c’era un filo conduttore nei testi. Dal punto di vista sonoro volevo che ogni brano fosse unico e ci siamo riusciti. Non ci sono state grosse modifiche rispetto a quanto scritto durante la prima stesura dei brani e questa è stata una bella soddisfazione, vuol dire che avevo fatto un bel lavoro. Quando sei tranquillo e senza pressione, lavori nella mia maniera più serena possibile.
Che tipo di ascolti fai?
Parto da Bob Dylan, mi sono tatuato il suo volto subito dopo lo scioglimento dei Lost e sono ripartito dalla sua musica; in quel periodo sono entrato nel suo mondo, leggevo i testi, vedevo film e speciali, ora ascolto Twenty One Pilots, Walk the Moon, Mumford & Sons, poi ho le playlists di spotify. Mi piace molto anche Jovanotti, negli ultimi anni ha dimostrato di voler cambiare e di sperimentare, questa è una cosa che mi accomuna a lui…
Walter Fontana
Ci sarà un’evoluzione dei testi in inglese?
Non lo escludo anche se mi piacerebbe avvicinarmi allo spagnolo. Mio padre è argentino e vorrei arrivare nei paesi latino americani, lo sto imparando così mi porto avanti (ride ndr).
Come è arrivato il contributo di Giovanni Caccamo?
Ci siamo conosciuti nel 2008 poi ci siamo trovati poco prima della sua partecipazione a Sanremo Giovani e abbiamo scoperto di essere in sintonia. Quando poi ha saputo che avrei lavorato con Salamone Placido, che oltretutto è il suo produttore, gli ho chiesto di partecipare al progetto per rendere le mie frasi ancor più uniche e infine mi ha regalato il brano intitolato “Corro” perché voleva essere essere al mio fianco in questa avventura.
E la collaborazione con Pappalettera?
L’incontro con lui è avvenuto in maniera casuale dopo che aveva ascoltato il disco grazie ad uno dei miei discografici. Dopo aver ascoltato il brano “Questo sono io” ha voluto lavorare con noi e dare il suo contributo. Da lì è nata l’idea dello specchio e del concept pazzesco che accompagna il disco, è stato bellissimo lavorare con lui e spero di farlo ancora.
Per il live cosa hai in mente?
Voglio sfruttare l’idea degli specchi e portarli sul palco con me, voglio riprendere questo concept! La scaletta riprenderà ovviamente i pezzi dei Lost perché è giusto portarli avanti però suonerò anche tutto il disco nuovo. Ci sarà anche spazio anche per delle cover, magari anche Dylan visto che suono anche l’armonica. Tutto questo però accadrà in autunno ora c’è la promozione ed un duro lavoro da fare per farmi conoscere dal pubblico. La cosa più importante è che sono sicuro di questo disco, essendo stato sincero in queste canzoni, lo sarò in ogni occasione che mi sarà data.
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