Li abbiamo conosciuti come band di supporto ai concerti dei White Lies, loro sono i The Ramona Flowers, una elecro indie pop band con base a Bristol. Il loro secondo album “Part Time Spies”, registrato presso i Distillery studios nell’autunno 2015, è un lavoro dalle sonorità accattivanti e dai contenuti attuali: si va dalla morte, al narcisismo imperante sui social networks, alla fine della privacy, alle notti brave e alle mattinate trascorse in hangover. Un disco in cui Steve Bird (vocals), Sam James (guitar), Wayne Jones (bass), Dave Betts (keyboards, guitar) and Ed Gallimore (drums) s’interrogano su tante questioni contemporanee senza troppi convenevoli. La loro capacità di svecchiare le sonorità anni ’80 attraverso l’uso spensierato dell’elettronica ha fatto sì che le loro performance dal vivo diventassero una fonte garantita di divertimento. La riprova l’abbiamo avuta grazie a 30 ricchi di minuti di show sul palco del Fabrique di Milano.
Intervista
Qual è il brano più intenso di “Part Time Spies”?
Bird: Sicuramente“Sharks”, un brano ispirato dalla precoce scomparsa di mio padre. Si tratta di una canzone molto intensa dal punto di vista emotivo, ogni volta che la canto mi trasmette qualcosa di forte. Avrei voluto scriverne molto tempo fa ma solo quando ho cominciato a lavorarci con il gruppo le parole sono finalmente uscite fuori.
Recentemente ti sei trasferito da Londra a Bristol per stare di più con il gruppo. Come hai vissuto questo passaggio?
Bird: Il fatto che io fossi a Londra mentre il resto del gruppo era a Bristol mi ha fatto realizzare quanto fosse importante stare insieme per poter sviluppare al meglio la nostra creatività. Prima che mi unissi al gruppo ero molto giù di morale, poi ho vissuto una sorta di “switch on”, ho capito che valeva la pena combattere e affrontare le avversità a pieno viso. Nel brano “Cold of the night” è racchiusa proprio questa presa di coscienza, ho risollevato me stesso.
Come è venuto fuori il pazzo video del brano “Skies Turn Gold”?
Questa canzone è il frutto del lavoro in studio di Betts e James. Il brano è incentrato sulla capacità che ciascuno di noi ha di ritagliarsi una dimensione spazio temporale individuale, nel video girato da FX Goby abbiamo cercato di rappresentare questo momento come una sorta di perdita della conoscenza.
E “Designer Life”?
Bird: Questo brano racchiude una mia invettiva contro i social media. Mi perplime guardare Instagram e scoprire che le persone non fanno altro che scattare dei selfie in cui ritraggono se stessi, non ho capito come sia potuto accadere che le persone potessero diventare così vuote e vacue.
The Ramona Flowers @ Fabrique
Tra i brani più riusciti del disco c’è la traccia strumentale “Midnight Express”…
In questo brano la band è coinvolta al 100%, il contributo di ciascuno è stato fondamentale per dare un senso filmico al flusso delle note per cercare di mettere insieme tutti i tasselli.
Dirty World è ispirata ad un theme di Giorgio Moroder. Come è avvenuta la folgorazione?
Stavamo girando intorno ad un synth, nel nostro subconscio abbiamo pensato a Giorgio Moroder e al film “Top Gun”. Non sapevamo se ci sembrava ottimo o pessimo ma alla fine è uscita fuori questa melodia accattivante e la canzone ha preso forma in modo diretto e spontaneo.Tutto succede per una ragione, in questo caso è stato un “incidente” fortunato.
Cosa bolle in pentola adesso?
Stiamo scrivendo molto e abbiamo molto materiale, probabilmente saremo più “bandy” e meno elettronici. In linea di massima ci stiamo limitando a scoprire cosa verrà fuori dal nostro stare insieme.
Conosciutissimo in Campania e semi conosciuto nel resto del paese, Tony Tammaro è una generation icon. Dopo 25 anni di carriera il cantore dei “tamarri” valicherà i confini campani per cinque concerti prodotti da L’Azzurra Management di Giovanni Brignola. Dopo il debutto casalingo al teatro Diana di Napoli (7/11), Tony approderà nel tempio milanese del rock (22/11 all’Alcatraz), in uno dei più antichi teatri della città di Bologna (24/11, Teatro Duse), nel covo della musica live romana (27/11, Jailbreak), prima di far ritorno al Teatro delle Arti di Salerno (29/11). Ad accompagnarlo on stage, una band composta da cinque musicisti - Nino Casapulla (tastiere), Luciano Aversana (chitarre), Paolo Pollastro (basso), TonyMartuccelli (batteria) e Rossella Bruno (cori). Vincitore tre volte del Festival Italiano della Musica Demenziale, Tony si è raccontato in questa intervista, andiamo a scoprirlo.
Tony, finalmente valichi i confini della Campania. Come mai proprio adesso?
Sono “appena” 25 anni che faccio il cantante e in tutto questo tempo ho girato in tutti i 540 comuni della Campania, anche più di una volta. Credo che abbia fatto abbastanza gavetta per poter affrontare il tour italiano. Ho avuto l’idea grazie al web: mentre chattavo con i miei fan, mi sono accorto che moltissimi di loro sono tutti emigrati al nord Italia quindi ho deciso di andarli a trovare.
Come sarà strutturato il live show?
Ho intitolato lo spettacolo “Tony Tammaro alla conquista dell’Italia” e ho ritenuto opportuno che tutti noi ci vestissimo adeguatamente per l’occasione. Avremo elmi, corazze, tuniche e accessori da antichi romani. I costumi di scena saranno curati da Annalisa Ciaramella. La filosofia alla base di questa scelta è: se deve esserci una conquista dell’Italia, è giusto attrezzarsi in modo adeguato. Per la scaletta sono un po’ in difficoltà, ho scritto 90 canzoni e per un concerto di due ore dovrò fare una precisa selezione. Sicuramente ci saranno tutti i classici del mio repertorio insieme ad altri più recenti, tratti dal mio ultimo lavoro “Tokyo Londra Scalea”. Sto facendo anche dei sondaggi sui miei canali social, credo che proverò ad accontentare più persone magari racchiudendo un po’ di brani in un medley.
Nei tuoi brani è sempre presente un sottotesto da cui si evince una forte personalità. Quali sono i tuoi interessi?
Sono un appassionato di musica jazz e leggo molto. Non ho la laurea, sono un autodidatta, le mie canzoni sembrano scritte da e per tamarri, la verità è che spesso le persone restano sorprese quando interagiscono con me. Ascolto di tutto e di più, sono un gran curioso, mi concentro soprattutto sugli arrangiamenti ma raramente mi sconvolgo. Mi sono emozionato quando vidi cantare Vasco Rossi “Vita spericolata” a Sanremo, quando ho ascoltato i Neri per Caso cantare a cappella e poi sono rimasto colpito dal fatto che una giovanissima cantante come Ariana Grande abbia le carte in regola per giocare alla pari con la grandissima Mariah Carey.
Come vive il tuo pubblico la tua persona e come vivi tu le persone che ti seguono?
Quando ero ragazzo andavo ai concerti, ogni volta che pensavo di avvicinare uno dei miei idoli c’era qualche bodyguard che mi menava. Da grande ho deciso che avrei avuto un rapporto diverso con i fans e così è stato. Quando finisco i concerti mi fermo tanto con loro, spesso mangiamo anche qualcosa insieme. In questo modo mi sono fatto tanti amici e continuo ad imparare tante cose ogni giorno.
Cosa significa essere un artista indipendente?
Ho iniziato 25 anni fa con l’autoproduzione, mi sono sempre autofinanziato e ogni volta che ho pubblicato qualcosa di nuovo mi sono sempre affidato al passaparola.
Tony Tammaro
Quali sono state le evoluzioni e le involuzioni della figura dell’ “italcafone”?
Sono anni che osservo e studio le persone che vengono a sentirmi. Le mode sono cambiate, adesso tra il pubblico ci sono tanti studenti universitari molto più raffinati di un tempo. L’involuzione si vede soprattutto in rete ed in particolar modo sui social; la tamarragine è diventata qualcosa di violento e si presenta soprattutto in forma di insulti, calunnie ed offese gratuite.
Come si colloca il genere della musica demenziale all’interno dello scenario musicale contemporaneo?
Questo genere ha un ruolo molto marginale. Io ho scelto di arrivare al pubblico utilizzando la via melodica senza le mitragliate di parole che usano i rapper. Mi rifaccio ai vecchi poeti, gli stessi che hanno scritto le migliori pagine della musica classica napoletana, quelli che usavano le quartine. Io non uso scariche di parole, in genere mi fermo entro i limiti di un foglio A4.
Nel frattempo hai scritto qualcosa di nuovo?
Sono molto pigro e poi sono dell’idea che un artista debba scrivere solo quando ha qualcosa da dire. Diffido degli artisti troppo prolifici, io ho deciso di fare come i Beatles: mi fermo a 10, sono a 8 ma me la prenderò molto comoda, prima che esca un disco devo essere assolutamente sicuro che faccia ridere chi lo ascolta.
Inutile girarci attorno: “Completamente Sold out” (Carosello Records) è l’album rivelazione di questo autunno. I Thegiornalisti rilanciano i sentimenti e si fanno paladini di chi non ha voglia di trattenersi in nome di chissà quale strategia. In questo disco, il frontman della band Tommaso Paradiso mette sul piatto molte vicende personali e, nel farlo, riesce a creare un’ empatia immediata e viscerale con l’ascoltatore. Al centro di questo “Nirvana laico” c’è ovviamente l’amore ma ci sono anche le illusioni che ci tengono vivi e romanticamente disperati. Ad orchestrare tutte queste suggestioni, la produzione di Matteo Cantaluppi ed un onirico sound che ci riporta a quella dorata patina anni ’80 che, ad oggi, conserva una dimensione di isola felice.
Intervista a Tommaso Paradiso
“Completamente Sold Out” sta riscuotendo tanti consensi. Cosa significa per te dare alla luce un lavoro così personale?
Il segreto è essere riuscito a fare in modo che queste vicende così intime abbiano riscontrato un sentimento di immedesimazione in tante altre persone. I fatti di cui scrivo si ispirano a cose che bene o male accadono a tutti nella vita.
Cosa si prova nel dividere le opinioni altrui?
È normale, finchè si tratta di musica è giusto e naturale che sia così. Se si toccassero altri temi allora il discorso sarebbe ben diverso…
Mi ha colpito la dichiarazione in cui dici che questo è il tuo grido contro il risparmio dei sentimenti. Niente di più vero…
Sì, sono molto innamorato e non amo vivere situazioni di facciatao quelle in cui si fugge per conquistare l’altro. Mi piace buttare il cuore oltre l’ostacolo.
Quali sono i nuovi paradigmi del romanticismo nel 2016?
Potrei spiegare la cosa facendo riferimento alla serie The Pills. Un like ad una foto scaturisce reazioni importanti, scuote le anime. Poi c’è whatsapp, ci sono gli screenshot e quant’altro. Ormai i paradigmi dell’amore si fanno su Internet.
“Io non amo tenermi e faccio fatica ad apprezzare chi lo fa”. Il tuo è un modo di pensare in netta controtendenza. Come spiegheresti questa chiusura generale?
Siamo diventati tutti campioni a scrivere messaggi stupendi, le emoticons ci hanno liberato dal dover dare le sfumature alle parole. Poi, quando finalmente ti vedi dal vivo con una persona, questo mondo che non esiste si disintegra e fai fatica a guardarla negli occhi; per fortuna nel mio caso non è così.
Come hai lavorato con Matteo Cantaluppi e che strumentazione avete utilizzato per questo “pop spinto”?
Abbiamo usato un sacco di plugin e synth analogici. Ci siamo divertiti molto.
“Sold Out” è il tuo inno…
Sì, questo è il pezzo manifesto del disco perchè racchiude tutti i momenti che ci sono nelle altre canzoni: notte, lacrime, amore, morte, felicita, Lei.
In che senso “le donne sono la spinta di tutto”?
Sono l’unico motivo per cui valga la pena muoversi, non c’è niente di più grande.
Che valore ha per te la notte?
Tutto. La notte è il momento in cui il mio corpo si rilassa e ritrova la pace; tutto il resto del giorno andrebbe passato a letto secondo me.
Tommaso Paradiso ph Riccardo Ambrosio
Che concezione hai della parola morte?
Non mi fa paura l’idea di morire, mi fa più spavento l’ipotesi di stare male.
Qual è la “bellezza” della disperazione?
La disperazione di cui parlo io è una “disperazione romantica”, quella che ti prende la pancia e lo stomaco e che ti sorprende per la sua potenza.
In un’intervista hai spiegato che “Sbagliare a vivere” e “Non odiarmi” vanno considerate insieme, una è il pre e l’altra è il post. La prima parla di quando sai che stai sbagliando, però te ne fotti e continui. “Non odiarmi” invece parla dell’inutile pentimento del giorno dopo. Potresti approfondire questo concetto?
È esattamente così. Se spiegassi le canzoni, leverei alle persone la gioia di ascoltarle.
Video: Completamente
“Fatto di te” è la tua la pop song preferita e perfetta?
Sì.
Perchè preferisci ispirarti e rendere attuale la musica anni ‘80 e ’90?
Perché la ascolto e mi viene naturale. Ovviamente ci ispiriamo anche ad altro, per esempio ai nostri contemporanei che ci piacciono come possono essere, ad esempio, I Cani e Calcutta.
“Continuo a vivere come mi va, sbagliare a vivere mi piace un sacco, se vuoi ti spiego io come si fa”. “Sbagliare a vivere” è uno dei brani più intensi di questo album. Ci racconti come l’hai assemblato?
Una notte sono tornato a casa, ero sul divano e c’era un cielo che sembrava mi venisse addosso. Il pianoforte era lì vicino, avevo in mente un vecchio riff degli U2 e l’ho riattualizzato.
I grandi cantautori italiani sono molto attenti alla scena indipendente italiana. Cosa ne pensi?
Questa è una cosa molto bella. La questione è semplice: quando fai dei numeri, si alza l’attenzione su di te. Per fare un esempio, questo è quanto accaduto ai ragazzi de Lo Stato Sociale quando hanno riempito un intero palazzetto a Bologna.
Come procede la tua carriera di autore? Ho letto che hai scritto un pezzo insieme a Francesco Bianconi. Cos’altro bolle in pentola?
Ho scritto altri pezzi, sono stati tutti presi, tra un po’ scoprirete tutto con le prossime uscite dei “biggers”.
Come sarà il nuovo tour?
Saremo noi tre più due nuovi musicisti. Il live sarà più lungo, ci divertiremo molto con delle canzoni semplici da cantare, verrà fuori un bel mix. Passate a trovarci!
Lo scorso 23 settembre c’è stato il grande ritorno della formazione originale dei Dirotta Su Cuba. Con l’album intitolato “Studio Session Vol.1” la band toscana composta da Simona Bencini, Stefano De Donato e Rossano Gentili ha offerto al pubblico una versione rivisitata del primo storico album dei Dirotta Su Cuba insieme a 6 brani inediti, nel segno di quelle sonorità funky e groovy che l’hanno resa popolare nel corso degli anni. Arrangiamenti e tonalità, ispirati alle acclamate performances live della band, rendono il sound ancora più energico e coinvolgente. Accanto a grandi hit come “Gelosia” e “Liberi di liberi da” troviamo il primo trascinante singolo “Sei tutto quello che non ho” e il nuovo singolo “Immaginarmi senza te”; completa la tracklist il brano strumentale “Dancing machine”, raffinata rilettura del pezzo dei Jackson 5 del 1974. L’album, inoltre, è impreziosito dalla presenza di numerosi ospiti d’eccezione: Mario Biondi con la sua voce inconfondibile duetta con Simona in “Solo baci”; i Neri per caso firmano la nuova intro di “Gelosia”; Max Mbassadò arricchisce con il suo straordinario timbro rap “Sei tutto quello che non ho”; la tromba di “Chiudo gli occhi” è di Fabrizio Bosso; Gegè Telesforo partecipa con un solo di voce a “Batti il tempo”; in “Dove sei” la chitarra solista è di Riccardo Onori, storico chitarrista dei DSC oggi alla corte di Jovanotti; il leader dei Ridillo Bengi duetta in “Noi siamo importanti”; Federico Malaman stupisce con un solo di basso in “Solo baci”.
Intervista a Simona Bencinni e Stefano De Donato
Come avete ritrovato questa alchimia così forte?
Abbiamo sempre attinto molto dall’energia dei nostri concerti, questo è stato anche il modo per ritrovarci dopo 10 anni di separazione, il territorio fertile in cui abbiamo ritrovare anche chi ci ha sempre seguito nel corso degli anni.
Come avete lavorato in studio?
Per una band che si era sciolta entrare in studio è stato complesso. Per prima cosa bisognava ritrovare il feeling dal punto di vista umano. Per quanto riguarda il live, invece, è stato tutto molto naturale. Lo spazio vuoto lasciato dai Dirotta su Cuba non l’ha mai riempito nessuno, appena ci siamo riuniti siamo tornati come se non fossimo mai andati via. Il live è sempre una grande palestra invece il disco richiede uno scontro di idee anche notevole, mesi di lavorazione e concentrazione alta. Una domanda che ci siamo posti subito, appena prima di iniziare la scrittura, è stata come dovessero essere i Dirotta Su Cuba oggi.
E gli arrangiamenti?
Sono figli di tutti i live che abbiamo fatto da quando ci siamo riuniti. Abbiamo scelto una versione dei brani più funky, più roots, più ruvida rispettando la nostra cifra stilistica.
Dai testi si evince una forte passione…
Stefano: Io e Simona ci confrontiamo su tutto, le racconto e le spiego il mio punto di vista, interagiamo molto. Quando compongo mi metto un po’ a nudo, generalmente in studio lavoro giocando in difesa. Quando faccio sentire le idee nuove a Simona sono sempre un po’ in imbarazzo, ci conosciamo da tanto eppure la prima cosa che scatta all’ascolto è il “vergognometro” (ride ndr). Quando mi pongo il problema di scrivere so che canterà lei, a questo bisogna aggiungere che ci confrontiamo con basi che non hanno niente a che fare con la musica italiana. Spesso abbiamo buttato via canzoni perché ci scontriamo con la tradizione melodica italiana e perché tutto il castello sonoro dei nostri brani si incentra su un impianto diverso. Siamo conosciuti come quelli leggerezza e del disimpegno ma se separassimo il testo dalla musica scopriremmo delle tematiche ben poco leggere. Noi cerchiamo il bilanciamento tra quello che diciamo e quello che suoniamo.
Dirotta Su Cuba ph Angelo Trani
Come avete costruito l’impianto sonoro di questo disco?
La nostra missione più importante è stata fermare l’energia che mettiamo quando suoniamo dal vivo. Ogni volta che riprendiamo in mano i nostri brani, essi acquisiscono una nuova veste. Un esempio su tutti è il celeberrimo “Gelosia”.
Questa grande festa ha coinvolto tanti amici e colleghi…
Sì, sono stati tutti molto entusiasti e disponibili con noi. La loro grande bellezza è la stessa energia creativa dei bambini!
Ascolta qui l’album
Tra questi c’è anche Riccardo Onori
Riccardo era bravissimo già da ragazzino. Con lui abbiamo condiviso due anni bellissimi (’96-’97), è venuto a Sanremo con noi ed è sempre stato riconoscente, oltre ad essere una bellissima persona. Per noi è stato naturale coinvolgerlo in questo album. Tra l’altro ci siamo sentiti come dei piccoli eroi della musica fiorentina, sai quanti ne abbiamo visti sparire di musicisti negli anni?!?
Come mai il brano “Ragione e sentimento” si distanzia così tanto dagli altri?
Si tratta del primo brano che abbiamo scritto quando ci siamo riuniti. Parliamo dunque del 2011. Ci siamo chiesti come dovevamo essere dopo 20 anni. Abbiamo fatto degli esperimenti, cercavamo una strada che ci consentisse di mantenere intatta la ricetta con degli elementi di innovazione, ci siamo immaginati di lavorare con un dj e, in effetti, il brano ha una veste più elettronica. Il testo rispecchia la nostra scelta di tornare insieme, ci è servito per mettere a fuoco una serie di cose.
E il remix di “Sei tutto quello che non ho”?
Tutti i nostri singoli hanno dei remix, la nostra musica si presta bene, ci sono ingredienti dance, siamo figli degli anni ‘80 inoltre Stefano ha approfondito le sue conoscenze, realizza remix, lavora con dei dj e a noi piace molto.
Jack Savoretti riporta in scena il suo inconfondibile cantautorato con un nuovo album di inediti intitolato “Sleep No More” (Bmg Rights Management/Warner). Nato sulla fortunata scia di “Written in Scars”, questo album rappresenta l’occasione per apprezzare ancora il graffio e la carica sensuale della bellissima voce di Savoretti senza tralasciare l’importanza di tematiche introspettive e profonde. Muovendosi in bilico tra passione e consapevolezza, Savoretti racconta dei più comuni conflitti generazionali spaziando tra generi, influenze e richiami d’oltroceano. Il fulcro è un piccolo bilancio esistenziale, il riferimento è il cantautorato italiano, quello da antologia: Battisti, De Andrè, Tenco; l’obiettivo è mettere un punto fermo ad una carriera pronta a spiccare definitivamente il volo.
Jack Savoretti ritornerà dal vivo in Italia a inizio 2017: venerdì 24 febbraio al Fabrique di Milano e domenica 26 febbraio al Teatro Carlo Felice di Genova.
Intervista
“Sleep no More” inizia da dove finisce “Written in Scars”. Con quale stato d’animo e con quali prospettive hai lavorato a questo disco?
Si tratta di una lettera di ringraziamento. L’album segue un tema preciso, parte da “When we were lovers”, un brano malinconico che ti fa pensare a chi eri tempo addietro. Quando ho scritto questa canzone avevo una certa tristezza addosso, guardavo il passato con rimpianto poi ho aperto gli occhi e mi sono reso conto che ciò che stavo vivendo in quel momento era tante volte meglio di quello che avevo fatto in precedenza. Il concept album di questo disco è racchiuso in una presa di coscienza. Il fulcro del lavoro è il raggiungimento di un incrocio esistenziale, il famoso bivio tra passione e responsabilità; un dilemma, un conflitto, una croce e delizia di tanti miei coetanei. Il mio obiettivo è perseguire la via di mezzo per raggiungere un equilibrio tra le due cose.
Raccontaci della nascita e della lavorazione di questo disco…
“When we were lovers” era l’ultima canzone che avevo scritto per l’album precedente ma non c’entrava niente con “Written in scars”. Per questo motivo l’ho tenuta da parte. All’inizio del 2016 il ciclo di promozione del precedente album era concluso, avevo sei mesi per scrivere questo disco, poi l’album ha ripreso inaspettatamente a vendere, portandomi per la prima volta nella top 10 britannica. Io e la mia band siamo tornati on the road ma a quel punto mi restavano solo tre mesi per finire l’album. Avrei potuto fare le cose con più calma, ma mi sono detto: finalmente c’è chi mi ascolta, facciamogli vedere quel che sappiamo fare. Siamo entrati in studio con un’energia completamente diversa ed il risultato si sente. Spesso in questo ambiente si spendono soldi per fare qualcosa che è stato già fatto, noi siamo riusciti a fare esattamente quello che volevamo.
Cosa è cambiato dal punto di vista musicale?
Questo è un disco più romantico e introspettivo del precedente, “‘Written in scars’ mi ha portato in serie A. Per rimanerci e per sognare qualcosa in più dovevo ingaggiare due o tre nuovi giocatori. Gente come Cam Blackwood e Mark Ralph mi ha portato ad un livello sonoro più sofisticato e ha dato spessore alle mie composizioni Gli altri produttori e in alcuni casi co-autori del disco sono Samuel Dixon (Adele), Matty Benbrook (Paolo Nutini), Steve Robson & Ross Hamilton (James Bay, John Newman, James Morrison)
Video: When we were Lovers
In questo lavoro abbini il gusto vintage ad un pop moderno…
Odio i generi e le etichette. “Any other way” richiama gli anni ’60, “Start living in the moment” gioca sulle chitarre messe al contrario, “Lullaby loving” mette in evidenza il mio legame con la musica mediterranea. Abbiamo usato strumenti molto più tradizionali. Mi sono ispirato ad artisti come Lucio Battisti e Paul Simon che nei loro dischi ti fanno scendere e salire attraverso una certa varietà di suoni, stili e generi.
Come lavori alla costruzione dei brani?
La prima cosa che faccio in studio è mettere giù il groove, in questo album combino la vecchia scuola con una serie di elementi contemporanei. La musica istintiva è quella che mi piace per davvero, adoro catturare il momento dell’ispirazione.
Che aspettative hai in questo momento?
Non mi aspetto nulla in realtà. In questo mestiere se hai troppe aspettative non vai lontano. In Italia non è mai stato facile per nessuno affermarsi. Mi sono intestardito a voler instaurare un legame con la musica italiana perché sono cresciuto ascoltandola. Nei miei primi 3 album ero convinto di essere nato in California, mi ero dimenticato delle mie radici italiane poi appena le ho riattivate, ho voluto fare un album italiano in lingua inglese. Sono molto legato al cantautorato di Battisti, De Andrè, Tenco, non ci sono cantautori inglesi che fanno così in ambito mainstream, la cosa mi diverte e mi rende più genuinamente autentico.
Quanto suonerai in Italia?
In questi ultimi anni io e il mio staff ci abbiamo messo passione e sudore. Abbiamo girato osterie e pizzerie fino ad arrivare al Blue Note. Con il lancio globale del disco non potrò dedicare all’Italia lo stesso tempo di prima, per questo spero mi diate delle buone ragioni per tornare più spesso nel vostro paese (ride ndr).
Come sarà il nuovo live?
Ho suonato a Leeds l’altra sera ed ero terrorizzato come non lo ero da un bel po’. In scaletta ci sarà l’intero album perché ne sono molto fiero. L’insieme del concerto sarà molto più simile ad uno show con l’obiettivo di distogliere il pubblico dalla propria realtà per un’ora e mezza circa. Finora il mio era un concerto rilassato, ora sarà più surreale con la musica al centro di tutto.
Cinema, musica, performing art, 360° experience e arti visive. La XXI edizione di “Linea d’Ombra – Festival Culture Giovani”, promosso dal Comune di Salerno, finanziato dalla Regione Campania e organizzato dall’Associazione SalernoInFestival, in programma a Salerno dal 5 al 12 novembre, propone un viaggio sulla terra alla scoperta del Terzo Pianeta: per 8 giorni la rassegna multidisciplinare diretta da Peppe D’Antonio e Luigi Marmo presenta oltre 60 eventi, coinvolgendo varie location e realtà artistiche del capoluogo salernitano.
Per l’inaugurazione di sabato 5 novembre sono in programma il video mapping del collettivo di artisti Okotek, il concerto della Med Free Orkestra e dalla mezzanotte, la performance del gruppo “UT insieme vocale-consonante”, guidato da Lorenzo Diana, vincitore del Gran Premio Europeo.
Grande attesa per l’esibizione in esclusiva nazionale del leader dei Sonic Youth, Thurston Moore che chiuderà la kermesse al teatro Augusteo di Salerno il 12 novembre. Il leggendario musicista statunitense, per la prima volta in Campania, si esibirà in compagnia di James Sedwards, chitarrista e bassista inglese, apprezzato per il suo lavoro nella scena avant-rock, in particolare con i Nøught.
Abbiamo incontrato e intervistato Luigi Marmo per scoprire i dettagli dell’attesa kermesse.
Intervista
Qual è lo spirito che attraversa questa nuova edizione del Festival?
Cerchiamo di portare avanti il carattere interdisciplinare della manifestazione che, già da qualche anno, ha scelto come di adottare questo tipo di linea. Linea d’Ombra nasce come Festival di Cinema poi negli anni ha visto affiancarsi la musica e le altre arti visive per tenersi al passo con i tempi. Il tema di questa edizione è IL TERZO PIANETA viaggio sulla terra. L’intenzione è quella di fare un viaggio attraverso diverse realtà del contemporaneo. In programma ci sono attività trasversali e parallele, non c’è un filo unico. L’obiettivo è raccontare il bello del nostro pianeta per stimolare la voglia di salvaguardarlo.
Ampio spazio sarà come sempre riservato al cinema, cuore pulsante di Linea d’Ombra fin dalla sua nascita nel gennaio del 1996. In programma, il concorso “CortoEuropa”, con 21 cortometraggi di giovani registi europei in rappresentanza di 15 paesi
Siamo giunti alla ventesima edizione di una storica sezione del Festival. Quest’anno abbiamo avuto più di 2000 iscritti validi, c’è stata una seleziona finale durissima, i lavori erano veramente interessanti con una notevole presenza di registe donne rispetto agli altri anni. Siamo molto soddisfatti dei lavori che verranno proposti in concorso.
Il 10 novembre la satira pungente degli autori di Lercio e Spinoza sarà protagonista di uno spettacolo sulla “sporca informazione”. Il giorno seguente sarà la volta del live set di Guappecartò. Ci parli un po’ più nel dettaglio di questi due eventi…
Spinoza e Lercio sono tra le realtà più seguite in Italia, sarà un incontro spettacolo, non sappiamo neanche noi cosa spettarci, nella loro ironia c’è un carattere molto tagliente, una particolarità su cui faremo affidamento. Guappecartò sono un gruppo di italiani trasferiti a Parigi da 10-12 anni, portano avanti un tipo di musica coinvolgente.
Ci racconti cosa significa per lei lavorare alla realizzazione di questo Festival, quali sono le soddisfazioni e quali le brutture a cui assiste lavorando in un territorio poco semplice da affrontare…
Una cosa fondamentale è dare spazio allo staff. Tante volte si fanno sempre i nomi copertina e ci si dimentica dello staff che fa grandi sacrifici. Ogni anno ci chiediamo se ne valga davvero la pena però poi guardiamo i risultati e ci riempiamo il cuore di gioia nel creare qualcosa di prezioso in un territorio che non offre grandissime occasioni. Ho conosciuto il festival in veste di film maker 6 anni fa e mi sono reso conto che si possono fare cose belle anche nel meridione. Se lo facessimo a Belino sarebbe molto più semplice, non troviamo strutture e persone con una mentalità pronta e dinamica, ma siamo comunque fortunati perché siamo finanziati dalla Regione e abbiamo il totale appoggio del comune di Salerno. D’altra parte, però, dobbiamo organizzare un Festival in 3 mesi e chi fa questo lavoro sa bene che questo è praticamente un miracolo. Lavoriamo tutto l’anno convivendo con l’incertezza e la mancanza di programmazione; sarebbe bello avere la possibilità di programmare e riuscire a lavorare come fanno gli staff di tanti altri Festival all’estero.
Giorgia torna in scena con “Oronero” (Microphonica/Sony Music Italy), il suo decimo album di inediti. Forte di un consolidato ed inossidabile sodalizio artistico con il produttore Michele Canova, già insieme a lei nei precedenti due album, “Dietro le apparenze” (2011) e “Senza paura” (2013), la cantante rinverdisce la sua veste di autrice firmando ben 10 dei 15 brani che compongono la tracklist di un progetto intimo e ragionato. I punti chiave di “Oronero” sono una spiccata sensibilità ed una carismatica carica interpretativa. Doti che, da sempre, rappresentano gli assi nella manica di Giorgia che, in questa specifica occasione, decide di raccontarsi senza filtri attraverso una scrittura matura, consapevole e carica di contenuto.
Intervista
“Oronero” è un album lungo, denso e vario. Ci racconti come nasce questo progetto?
Non mi sono posta regole o limitazioni, avevo intenzione di realizzare 11 al massimo 13 canzoni. L’idea di “Oronero” è nata due anni fa, mi sono concessa del tempo perché dovevo e volevo fare le cose con la giusta e dovuta calma. Nell’album ho voluto raccontare i giorni che stavo vivendo, mi sentivo alla ricerca di qualcosa. Ho anche chiesto canzoni ad artisti amici ma molti di loro erano impegnati su più fronti e a me non piace molto stare lì a chiedere le cose. Poi piano piano le canzoni sono arrivate, ho lavorato con orari precisi, quasi da operaia, mi sono imposta di scrivere tra un impegno di famiglia e l’altro. Questo modo di lavorare è stato assolutamente nuovo per me però devo dire che ha dato i suoi frutti.
Hai lavorato ancora con Michele Canova. Quali sono i punti fermi del vostro sodalizio artistico?
Io e Michele Canova abbiamo lavorato con un’ottima intesa. Ci siamo confrontati molto e su ogni cosa ci siamo trovati d’accordo; una perfetta comunione di intenti. Per questo album il mio obiettivo era quello di realizzare un disco più elettronico con delle ritmiche precise e uso di synth da coniugare al tocco umano di musicisti come Tim Pierce e Alex Alessandroni. Non abbiamo seguito le mode del momento, abbiamo voluto sperimentare, ci siamo concessi delle libertà spostandoci un po’ fuori dai soliti canoni.
Come pensi che queste scelte influenzeranno la costruzione del nuovo live?
La varietà mi servirà molto dal vivo quando dovrò assemblare la scaletta e dovrò mettere insieme i tasselli. Mi piacerebbe creare dinamiche diverse all’interno del concerto, di sicuro dovrò trovar un equilibrio tra vecchie e nuove canzoni. Vorrei accontentare tutti i miei fan, da quelli storici a quelli che mi hanno scoperto soltanto adesso.
Cosa significa per te la parola “cambiamento”?
Credo che per cambiare il mondo (sì credo ancora, forse più di prima) si debba partire dalla propria anima, è necessario lavorare sull’ autocoscienza. Il vero ostacolo a questo pare essere il poco tempo che ognuno ha per sé tra vita quotidiana e stimoli di tutt’altro tipo. A livello personale, il grande cambiamento che ho vissuto è stato liberarmi del bisogno d’approvazione altrui, mi sono proposta con grande naturalezza in questo disco mentre in passato ho avuto il pudore di dire le mie cose.
“Oronero” è il primo singolo estratto da questo album. Che significato dai a questa parola?
Il petrolio è il simbolo di questo tempo: una ricchezza naturale può diventare puro veleno. Portando questo discorso dal generale al particolare, ci si può riferire ad un discorso più propriamente individuale.
“Posso farcela” e “Non fa niente” sono le uniche due canzoni in cui firmi tutto…
Quando scrivo canzoni mie, tendo sempre a pensare che non saranno mai dei singoli, le vivo come un modo per fissare un momento, non riesco mai a guardarne la parte commerciale o commerciabile.
Giorgia ph-eolo-perfido
Che rapporto hai con le tue colleghe cantanti?
Gli uomini si alleano, la donna tende a spaventarsi quando incontra altre donne forti perché già deve lottare per avere il suo spazio. Secoli di cultura ci hanno insegnato che più ci tengono separate meno potere ci danno. Io sono cresciuta in una famiglia che esalta le donne, mi confronto spesso con le mie colleghe, sono in contatto con loro e ne sono molto felice.
Come mai non ci sono duetti?
L’ho già fatto con Gianna Nannini, Elisa, Laura Pausini, Alicia Keys. Non è stata una scelta precisa, è semplicemente andata così. In ogni caso avendoci messo la faccia è stato meglio. Una collaborazione a cui tenevo molto è che è andata a buon fine è stata quella con Pacifico.
Come ti vedresti all’estero?
Avrei dovuto lavorarci vent’anni fa ma avevo delle paranoie. C’è stata una fase in cui non me la sentivo, un’altra in cui ero pronta ma un ex presidente BMG non credeva assolutamente nel mio ruolo all’estero. In questi giorni mi stanno arrivando complimenti e segnalazioni, Canova non fa altro che invitarmi a Los Angeles, dice che i suoi musicisti vorrebbero suonare con me. Ecco, più che vendere i miei dischi lì, mi piacerebbe avere degli scambi con quei musicisti e realizzare delle jam sessions indimenticabili.
“Vanità” è uno dei pezzi più interessanti del disco. Uno stream of consciousness con un arrangiamento molto particolare…
Inizialmente il brano si chiamava “Symphony” ed aveva un’altra identità. “Vanità” è stata la prima parola che ho individuato, ci sono tornata dopo un po’.
E “Regina di notte”?
Una canzone apparentemente da cubo dalla concettualità elegante.
Giorgia ph-eolo-perfido
Il ruolo di Emanuel Lo è stato molto importante nella scrittura di questo disco…
Sa comporre benissimo e a volte neanche lui si rende bene conto di quanto sia capace. Il nostro rapporto artistico-musicale è molto equilibrato, ognuno conserva il proprio spazio, ci confrontiamo spesso ma a me piace lavorare anche da sola, ho bisogno di fare le mie cose.
Riprenderai qualcosa che hai lasciato da parte in questo progetto?
Le canzoni devono essere sedimentate ma in genere non riprendo mai le cose dal cassetto, le canzoni hanno il loro tempo, i dischi vengono accolti bene solo quando le cose sono fatte nel loro tempo.
Cosa è per te ribellione?
Un tempo la trasgressione era andare contro le regole, adesso la vera ribellione è recuperare il bene e crederci fino in fondo.
Raffaella Sbrescia
Questa la tracklist di “Oronero”: “Oronero”, “Danza”, “Scelgo ancora te”, “Credo”, “Per non pensarti”, “Vanità”, “Posso farcela”, “Come acrobati”, “Mutevole”, “Tolto e dato”, “Amore quanto basta”, “Sempre si cambia”, “Grande maestro”, “Regina di notte”, “Non fa niente”.
Video: Oronero
Il 19 marzo 2017 partirà il nuovo attesissimo tour di GIORGIA, ORONERO TOUR, farà la sua prova generale il 19 marzo a Mantova, e toccherà 17 città su e giù per la penisola. I biglietti per tutte le date saranno disponibili dalle 10:00 di lunedì 31 ottobre su livenation.it e ticketone.it. Gli iscritti a My Live Nation potranno accedere a una prevendita dedicata, dalle 10:00 del 29 ottobre alle 9:00 del 31 ottobre.
Emis Killa torna in pista con “TERZA STAGIONE” (Carosello Records), il nuovo atteso album di inediti che riporta il rapper alle sue origini e che ci restituisce la sua essenza più autentica. L’album vede la partecipazione di diversi artisti della scena rap e non solo come Neffa, Maruego, Fabri Fibra, Jake La Furia, Coez e Giso e Jamil e tocca diversi temi: dall’abuso di alcool all’amore ossessivo, passando per la distanza sociale tra città e periferia. Puro rap senza censure per un giovane artista rimasto fedele a se stesso e ai propri valori.
Intervista
Ciao Emis, raccontaci subito come mai questo disco si chiama “Terza Stagione”
Il disco stava per chiamarsi Emis Killa 3, quasi come se si trattasse di una saga. Un altro ipotetico titolo era “Cult” ma, subito dopo l’uscita del singolo, l’idea sembrava ormai già desueta. Alla fine ho optato per “Terza Stagione”: tanti episodi rendono l’idea di una serie tutta da svelare.
E la scelta di questa copertina?
La scelta del rosa è stata casuale e non strategica. Come accennavo poco fa, all’inizio questo disco era stato concepito intorno al tema del cult, tante foto dentro il booklet testimoniano questo fatto. Nel momento in cui abbiamo cambiato il titolo, ho voluto optare per una cover molto d’impatto, un contrasto interessante che fa porre domande a chi lo osserva.
Finalmente ritroviamo sonorità più “cattive”…
A differenza de “L’erba cattiva” e “Mercurio”, in cui ho lavorato solo con Big Fish, questa volta ci sono stati diversi contributi di altri produttori. Questo ha fatto sì che il disco risultasse più vario e meno omogeneo, quasi come se si trattasse di una sorta di compilation con tante sonorità diverse. Le basi sono state scelte senza un criterio particolare, mi sono affidato molto all’ istinto. Sangirolami è stato molto bravo ad aggiustare le cose in corsa insieme a Big Fish, sono comunque soddisfatto del risultato. Non ho cercato di impacchettare un suono, ho cercato di fare tutto quello che mi piace, ci sono tracce che virano verso la trap, altre che riprendono il mondo di “Mercurio” ma in ogni caso mi astengo dallo sperimentare cose che non mi competono. Nel disco precedente avevo concentrato l’attenzione sui testi e le metriche stavolta mi sono dedicato molto di più ai suoni, soprattutto pensando ai live.
Come è nato il brano “3 messaggi in segreteria”?
Quando scrivo mi lascio trasportare, quando ascolto la base mi vengono in mente delle cose. “ 3 Messaggi in segreteria” all’inizio era solo un brano d’amore non era un brano di denuncia al femminicidio. Quando ho scritto la seconda frase mi sono reso conto della forza delle parole e con la terza strofa ha preso la direzione precisa. Il succo della questione è che per denunciare un fatto non devo mettermi a dire “il femminicidio è sbagliato”, l’affermazione risulterebbe banale e scontata; a volte fa più effetto scrivere una canzone con uno storytelling intenso e toccante, come ad esempio fece Eminem con “Stan”. Mi ritengo uno specchio della società in cui vivo per cui è giusto che io scriva ciò che vedo; sarebbe ipocrita fare solo fare canzoni autobiografiche, è il caso che io prenda ispirazione anche da storie che non sono le mie. Dare lo strattone è più utile che usare le buone maniere, questa modalità è utile soprattutto per le giovani generazioni, trovo giusto che qualcuno li metta al corrente delle cose, anche sbattendogliele in faccia.
Emis Killa ph Mattia Zoppellaro
La tua vita è cambiata, ma sei comunque quello che eri prima. Quali aspetti di questo tuo nuovo mondo non ti soddisfano?
Mi sento la stessa persona anche se la mia vita è cambiata soprattutto dal punto di vista materiale. Ovviamente sono contento di questo, non mi piacciono quelli che si lamentano, l’agiatezza mi fa sentire realizzato, fa parte di un sogno che avevo da ragazzino e che è andato ben oltre le mie aspettative. Inevitabilmente ci sono cose che non metti in conto a partire dalle responsabilità: ogni cosa che dici o che fai viene amplificata, questo ti obbliga ad essere buono e genuino anche quando avresti il diritto di non esserlo; è difficile mantenere l’autocontrollo ed essere pronto a passare dalla parte del torto anche quando hai ragione. Un’altra cosa che non mi piace sono le scadenze, imporsi di fare delle cose è l’esatto opposto dell’arte, spesso i numeri arrivano insieme alla costanza, forse per questo i geni del marketing prevalgono. In ogni caso non mi sento cambiato io come persona, vado in piazza, vado al bar, mi piace avere la vita di prima, non sono un sofisticato, non sono diventato la versione pulita di Emiliano, tanti lo fanno, questo non è il mio caso.
Nel brano “Vestiti sporchi” canti di una società in cui si sono persi i valori
Questa canzone è figlia di una necessità. Sono diventato molto più intollerante alle cose mentre prima mi scivolavano addosso. Sono spesso a contatto coi giovani per diversi motivi e mi sono ritrovato a chiedermi perché non hanno più rispetto delle cose e non hanno valori. Quando ero ragazzino non mi permettevo di rispondere male ad un adulto, mi sentivo un pirla solo con una risposta, il web ha avvicinato tutti, le generazioni sono diverse ma si rendono delle differenze. Avere la lingua lunga prima aveva delle conseguenze, oggi invece sono sempre di più quelli che si parano il culo avvalendosi del concetto di libertà di pensiero. In verità sei libero di far vedere quanto sei stupido a tutti. A prescindere da questi ragionamenti, i ragazzi sono demotivati, non hanno più la voglia di andarsi a cercare le cose e di andarsele a prendere con le loro mani. Mi chiedo spesso a cosa porterà tutto questo… Credo che questo sia il periodo storico peggiore per l’intelligenza umana, abbiamo evoluto tutto ma non stiamo inventando niente.
Cosa pensi che il pubblico sottovaluti del rap?
Più che sottovalutare il rap, il pubblico sottovaluta se stesso. Al pubblico piace il rap ma ha paura di dirlo. In questo il pubblico dei giovani è più sincero, non ha barriere e non gli importa di cosa gli dicono gli altri, va contro tutto e tutti. Il rap per ora è in una bolla e fa fatica ad uscirne, se vai ad un concerto rap ci sono tanti giovani mentre i genitori si vergognano. Il rap è un genere musicale che per certi versi è superiore dal punto di vista comunicativo, ha preso un po’ il posto di quello che facevano i cantautori. Oggi ci sono molti più interpreti, il cui successo dipende dalla macchina che li guida. Nel rap, invece, sei un autodidatta, le persone che ti ascoltano, possono arrivare a conoscerti sul serio.
Video: Parigi ft. Neffa
Cosa pensi della “trap”?
Ho fatto anche io un paio di cose trap nel mio disco, ho voluto dimostrare che sono al passo coi tempi e che riesco a fare le cose per bene, possibilmente anche meglio. Ai giovani piace tantissimo, sono tutti sotto con la trap.
Nel disco ci sono tante collaborazioni, c’è qualcuno con cui non sei riuscito a collaborare?
Ho provato a collaborare con delle cantanti donna ma non c’è stato mai modo di farlo. Per questa ragione un brano molto bello è rimasto fuori dal disco. Ho provato a contattare diverse colleghe ma una mi ha detto di no, un’altra non poteva perché stava uscendo con un disco, un’altra ancora non era in linea con il rap; insomma se la sono menata un po’ tutte e la cosa mi ha fatto riflettere. In alcuni casi ci avrebbero potuto guadagnare, anzi sarebbe stato un favore reciproco. Questa cosa mi ha fatto un po’ arrabbiare.
Cosa pensi delle critiche per il brano “Su di lei”?
So che si tratta di un pezzo molto forte ma chi mi ascolta e mi conosce sa che si tratta di un brano scritto in chiave ironica. Il pezzo in questione era già stato fatto su un’altra base ed un altro tape, si chiamava “Sexy Line” e aveva già sconvolto tante mamme dei miei fan. Sinceramente non mi piace mostrarmi come teen idol, non voglio che la gente mi confonda con Benji & Fede o con Violetta; io sono un’altra cosa, faccio il rap. Ho voluto dare una strigliata ai genitori, spingerli ad informarsi sulla mia musica. Questo strattone comunque è il frutto di una scelta precisa, a 17 anni dicevo le peggio cose con le gare di free style, forse la tv mi ha ripulito un po’ troppo, ho voluto rimettere i piedi nel fango per essere più onesto e far vedere chi sono veramente senza prendere in giro la gente.
Raffaella Sbrescia
Questa la tracklist del disco “Terza Stagione”: “Dal basso”, “Non era vero”, “Prima che sia lunedì”, “Italian Dream”, “Quello di prima”, “Parigi feat. Neffa”, “Uno come me”, “Non è facile feat. Jake La Furia”, “Jack”, “All’alba delle 6:00 feat. Coez”, “Sopravvissuto feat. Fabri Fibra”, “Su di lei”, “CULT”, “3 Messaggi in segreteria”, “Buonanotte feat. Maruego”, “Vecchia maniera feat. Giso e Jamil”, “Vestiti sporchi”.
In questi giorni, Emis Killa sta girando l’Italia per incontrare i suoi fan e presentare il disco “Terza Stagione”, queste le prossime date dell’instore tour:
27 ottobre BOLOGNA (ore 15.00) @ La Feltrinelli (Piazza di Porta Ravegnana, 1)
28 ottobre SAVIGNANO SUL RUBICONE – Forlì Cesena (ore 17.00) @ Mediaworld c/o Romagna Shopping Valley (Piazza Colombo, 3)
30 ottobre CAGLIARI (ore 14.00) @ La Feltrinelli Point (Via Paoli, 19)
31 ottobre SONA – Verona (ore 14.00) @ Comet c/o La Grande Mela Shoppingland (Via Trentino, 1)
31 ottobre BASSANO DEL GRAPPA – Vicenza (ore 18.00) @ Mediaworld c/o Il Grifone Shopping Center (Via Capitelvecchio, 88)
Ascolta qui l’album:
A marzo, Emis Killa tornerà live per presentare i brani del nuovo disco con due date di anteprima speciali: il 20 marzo all’Alcatraz di Milano e il 27 marzo all’Atlantico di Roma. I biglietti sono disponibili su TicketOne e in tutti i circuiti di vendita autorizzati. Radio Italia è partner ufficiale del “Terza Stagione Tour”.
I concerti sono una produzione Massimo Levantini per Live Nation Italia (per info e prevendite: www.livenation.it - info@livenation.it, 02/53006501).
Abbiamo imparato a conoscere Davide Dileo aka Boosta nei panni di musicista, compositore, tastierista e fondatore dei Subsonica, ma anche scrittore, DJ e produttore discografico. Lo ritroviamo oggi nei panni di cantautore per “La Stanza Intelligente”, il disco di inediti, in uscita per Sony Music, il 28 ottobre. Questo progetto, pensato per un ascolto reiterato nel tempo, rappresenta una passeggiata fuori dall’astronave madre in cui Boosta si mette a nudo rivelando la sua attitudine alla riflessione, la voglia di mettersi continuamente in gioco, lo sconfinato amore per la musica, la piacevolezza di osare raccontando quelle che sono le fragilità, le scompostezze e i disordini interiori di ciascuno di noi. Ad accompagnarlo in questo viaggio emotivo, un nutrito gruppo di amici: Malika Ayane, Nek, Luca Carboni, Raf, Giuliano Palma, Cosmo, Briga, Marco Mengoni, Enrico Ruggeri e Diodato. “La Stanza intelligente” è, in definitiva, il frutto di una sensibilità non convenzionale.
Intervista
Davide, partiamo da una constatazione: “Non c’è un colore con cui non ti sia sporcato le mani”…
Io faccio quello che posso, sono eccezionalmente imperfetto e mi godo quello che ho, racconto e vivo quello che sono e penso che i “se” servano veramente a poco. La parte più difficile, a 40 anni, è accettarsi per quello che si vale.
Hai più volte definito “La Stanza Intelligente” come un disco onesto, cosa intendi dire?
Penso che tutte le persone abbiano delle zone d’ombra e delle zone che sono più facili da esporre al sole, io ho cercato di raccontare il più possibile l’umanità. Non ci sono sentimenti speciali o situazioni particolari nel racconto se non che ogni racconto è particolare. La vita di ognuno si basa su una sorta di calendario emotivo e questo disco è venuto fuori con grandissima sincerità sotto questo punto di vista. Ho avuto la fortuna ed il privilegio di fare il disco che avevo voglia di fare. Questa cosa mi ha quasi eccitato, non è così scontato trovarsi ancora entusiasti dopo 20 anni di carriera musicale.
Come hai scelto questo titolo così suggestivo?
Il titolo del disco è mutuato è un libro di Weinberger David, pubblicato da Codice. Il concetto alla base della mia scelta è quello di potersi chiudere in un posto al riparo da un mondo arrogante ed invasivo; un modo per ritagliarsi uno spazio, una stanza, per l’appunto, in cui mettere se stessi.
Sei passato dalla tastiera alla voce. Come è cambiato Davide e come è cambiato Boosta?
Sono sempre stato un curioso e ho avuto il privilegio di vivere con la mia passione che mi ha consentito di togliermi diverse soddisfazioni. A 40 anni era doveroso fare un test per verificare a che punto fossi arrivato. Cantare per me non è facile e ho approfittato di questa pausa fisiologica dei Subsonica per ritagliarmi lo spazio ed il tempo di fare una cosa esattamente come volevo io. All’interno di un gruppo con cinque personalità molto forti non è possibile sviluppare molto della propria individualità, ovviamente alcune cose vengono privilegiate rispetto ad altre ed è giusto così.
Come descriveresti questo artwork così particolare?
Ho cercato di fare un disco come si faceva una volta cercando inserirvi qualcosa da ascoltare ma anche da guardare. Insieme ad una mia amica architetto, che ora si occupa di serigrafia, ho costruito questa tavola anatomica che racconta la trasformazione dell’uomo durante un particolare momento di fatica e pesantezza. Il risultato è un lavoro da ascoltare in poltrona, mi piacerebbe trovare così tutti i dischi del mondo, vorrei sempre leggerne la storia, sapere come, dove e da chi è stato registrato etc.
Come hai lavorato alla scrittura dei brani?
“La stanza intelligente” è il primo pezzo che ho scritto, il brano ha rappresentato uno spartiacque quando ho deciso di mettere da parte l’elettronica, una vera e propria stella polare che ha guidato la scrittura del disco. Tutti i brani sono nati durante il periodo di scrittura tranne “La conversazione di noi due” che non ha mai trovato spazio da nessuna parte. Ho voluto lavorarci con Ruggeri, discreto portatore sano di aneddoti e amico fraterno.L’unica cosa che non volevo fare in questo album era usare l’elettronica; sequencer e sintetizzatori ci sono in due o tre punti al massimo. Ho voluto suonare approfittando del fatto che, pur facendolo male, suono un po’ tutti gli strumenti. Il mio è stato un gioco, mi sono messo nel mio piccolo studio e ho fatto l’artigiano; non ho fatto calcoli particolari, ho una visione lucida di quello che sono e non mi ha sorpreso il risultato che ho raggiunto.
Boosta durante la presentazione de “La stanza intelligente”
Come ti sei trovato a lavorare con tanti colleghi?
Così come quando dai una festa e decidi di invitare chi vuoi, così ho voluto fare in questo disco. Sono stato fortunato perché ho avuto l’opportunità di chiamare tanti amici e tutti sono stati assolutamente disponibili a cantare le mie canzoni. Ho fatto anche un po’ da produttore, ho cercato voci che mi piacessero, voci magari lontane dal mio mondo. Per me è stato un bellissimo gioco e valeva la pena farlo con le persone con cui mi diverto.
Un aspetto particolare di questo album è il cantato: ogni ospite si è prestato ad un modo di cantare preciso e anticonvenzionale…
Certo, avendole scritte io, le canzoni hanno inevitabilmente preso un taglio diverso da quello che ci si potrebbe aspettare dai cantanti. Il lavoro di produzione dell’opera consiste proprio in questo; lo stesso avviene quando sei uno scrittore o un pittore, dipende dall’armonia che hai in testa, dal quadro che dipingi, dal testo che racconti…
Video: “1993″ Acoustic version
“Noi” è il pezzo più semplice del disco?
Sì, l’ho scritto su un giro di do. Non ho mai scritto una canzone così semplice e la voce di Malika rappresenta il vero surplus ultra.
La veste sonora in acustico dei nuovi brani con i Gnu Quartet ha portato un valore aggiunto alle canzoni, pensi di portarla in giro, magari nel nuovo tour?
Vediamo come mi sento. Proprio perché non è un disco facile da portare live ci ho pensato in tutti i modi: farlo solo piano e voce, o con una band, nei teatri, nei locali, con un quartetto d’archi, con un’orchestra, coi fiati… Non so bene come strutturerò il da farsi. Sicuramente manterrò la struttura narrativa dell’album: sarà qualcosa simile ad un recital, o a uno storytelling. Comunque qualcosa di unico.
Hai definito il brano con Cosmo un viaggio intergenerazionale. Come è venuto fuori questo abbinamento con lui?
Cosmo mi piace da matti, trovo davvero che sia il cantautore 2.0 italiano. A differenza di altri che hanno preso il linguaggio del cantautore italiano e l’hanno fatto loro, lui ha fatto un passo in più, magari peggiore ma comunque un passo diverso. “Mezzo uomo” è nato proprio dalla prima frase del pezzo: “Un cane vecchio fa vecchi guai”, da lì in poi è venuto il resto.
E Mengoni?
Conosco Marco da tanti anni, gli voglio bene e mi considero un suo fratello maggiore. Sono veramente felice che abbia cantato in questo disco, sono felice di aver scritto un bel pezzo e di averglielo fatto cantare perché quella roba lì la può cantare bene solo uno come lui.
Un risultato particolare è quello del brano insieme a Briga…
Questa è la cosa bella, il nostro è un meraviglioso gioco, è bellissimo decontestualizzare, cambiare le carte in tavola, sorprendere. Quel pezzo lì aveva un bella potenza nel ritornello, lui ha una voce pazzesca, è stato bello vederlo cimentarsi con un tale entusiasmo!
Boosta ph Francesco Prandoni
Cos’altro bolle nel tuo personalissimo pentolone?
Questo avrebbe dovuto essere un disco doppio ma tante persone mi hanno sconsigliato. Ho dovuto togliere una decina di pezzi dalla tracklist. Per ora l’idea è quella di lavorare alla colonna sonora di “1993”. Presto uscirà un nuovo libro e nel frattempo vorrei finalmente conseguire il brevetto di pilota di linea. Cerco di godermi quello che ho, non so quanto durerà, mi auguro di avere a lungo qualcosa da raccontare ma se le circostanze della vita dovessero costringermi a continuare… beh, vi chiedo scusa in anticipo (ride ndr).
Il Boostalk è un modo per aprirti senza filtri con le persone che ti seguono?
Noi artisti non vogliamo che ci vengano rotte le scatole nella vita in generale ma ci piace che la gente sappia un po’ di noi. Funziona un po’ come quando esci, vai in un posto e hai voglia di chiacchierare, anche io ho voglia di chiacchierare, mi diverto e quando ne ho voglia lo faccio molto volentieri.
Cos’è per te il volo?
Il volo è la mia disciplina, le mie arti marziali senza la parte della mazzate. Il volo mi rimette a posto, è il mio manutentore.
Raffaella Sbrescia
La Stanza Intelligente – tracklist:
1. 1993
2. Mezzo uomo (feat. Cosmo)
3. Sulla strada (feat. Nek)
4. La stanza intelligente
5. Santa Kaos (feat. Giuliano Palma)
6. Come la neve (feat. Luca Carboni)
7. Ad altezza uomo (feat. Briga)
8. Noi (feat. Malika Ayane)
9. Il mio compleanno (feat. Raf)
10. La conversazione di noi due (feat. Enrico Ruggeri)
Enzo Avitabile festeggia i 35 anni di attività artistica con un nuovo album di inediti intitolato “Lotto Infinito” (Sony Music Italy). Il disco, tra i più ispirati dell’artista, si compone di 14 brani con la partecipazione di alcune tra le voci più rappresentative del panorama italiano e internazionale: GIORGIA, FRANCESCO DE GREGORI, MANNARINO, RENATO ZERO, CAPAREZZA, ANGELA E MARIANNA FONTANA, DABY TOURÈ, PIPPO DELBONO, PAOLO FRESU, GIOVANNA MARINI, HINDI ZAHRA e LELLO ARENA. Giunto a 4 anni di distanza da “Black Tarantella”, “Lotto infinito” raccoglie sonorità provenienti da tutto il mondo spaziando tra World music, canzone napoletana, jazz fusion e soul e dando spazio a tematiche calde come disoccupazione, immigrazione, solidarietà e speranza. Muovendosi tra polarità contrapposte, Enzo Avitabile dà voce alle terre dimenticate, parte dalla periferia nord di Napoli per parlare delle periferie del mondo. Il grande merito di questo artista è aver dato voce agli ultimi, a quelli che nonostante l’oppressione di una continua lotta per la vita non rinunciano alla speranza di un domani che possa essere migliore.
Intervista
“Lotto Infinito” è uno dei dischi più ispirati della sua carriera?
Lo spero. Queste canzoni nascono dalla realtà che viviamo ogni giorno.
Il titolo è ispirato ad uno striscione esposto su uno dei balconi di “Lotto Zero” a Ponticelli in provincia di Napoli. Da un piccolo frammento circoscritto ad una realtà precisa, si finisce a parlare di una realtà molto più ampia…
Ogni volta che passo davanti a questo striscione mi fa un effetto davvero fortissimo. Si tratta di un frammento di realtà che abbraccia tante altre realtà simili, una goccia in un oceano. Ho voluto raccontare la periferia della mia città, quella che non si vede, quella di cui non si parla, per raccontare le periferie di tutto il mondo e le relative speranze di persone che lottano per arrivare alla fine del mese con orgoglio e dignità.
Toccante il brano in cui cita tutte le località martoriate della Campania riportando all’attenzione tematiche e luoghi ripiombati nell’oblio mediatico.
Certo, non ho voluto lasciare da parte nessuna di queste terre. Non ho dimenticato niente e nessuno
In questo album ci sono collaborazioni con alcune delle più grandi voci della musica italiana. Partiamo da quella con Renato Zero per “Bianca” in omaggio a Bianca d’Aponte, brano in cui il cantautore canta con lei in napoletano…
Renato mi ha fatto un regalo nel cantare questo pezzo in napoletano ma in realtà questo è un dono che ha fatto alla mia città. Il concetto era inglobare Napoli e l’identità italiana perseguendo una prospettiva di fratellanza.
Enzo Avitabile Ph Matteo-Basile
Molto intenso il duetto con Giorgia in “De Profundis”
In effetti stiamo riscontrando un grande consenso da parte di chi l’ascoltato, ci abbiamo messo tutta l’emozione possibile.
Originale la collaborazione con Caparezza in “Amm’ ‘a amm’ ‘a””
Insieme a Caparezza ho cantato la voglia di cambiamento, l’esigenza di andare avanti.
Il brano di chiusura è l’emozionante “Addo’ so nato io” recitato da un intenso Lello Arena…
Questa è una poesia di speranza; la speranza di vincere e sopportare il disastro economico che il paese sta affrontando, il degrado che siamo costretti a vivere, le condizioni di arretratezza socio-culturale e di degrado spirituale. Proprio gli ultimi, proprio quelli che non vengono considerati, sono quelli che sperano con tutte le proprie forze, che sognano e che combattono per il cambiamento e la riscossa.
E con Francesco De Gregori in “Attraverso l’acqua”?
Insieme cantiamo di questi uomini raccolti dall’acqua mentre cercano una terra promessa esattamente come fa ciascuno di noi, migranti sulla terra. Sembra facile osservare da lontano quelli che provano ad arrivare e a spostarsi attraverso il mare, dovremmo indagare i fondamenti della nostra coscienza, solo così possiamo capire cosa possiamo fare, innanzitutto per gli altri ma anche per noi stessi.
Il mantra di “Jastemma d’amore” a questo proposito si presta assolutamente bene a questo intento…
Certamente: “ ‘mparat a te vulè bene overamente si over vuò bbene all’ate”.
Raffaella Sbrescia
Tracklist:
Il lato A della versione in vinile contiene i brani “NAPOLI NORD”, “DE PROFUNDIS” con Giorgia, “QUANDO LA FELICITÀ NON LA VEDI, CERCALA DENTRO”, “ATTRAVERSO L’ACQUA” con Francesco De Gregori, “SAN GHETTO MARTIRE” con Mannarino, “BIANCA” con Renato Zero e “AMM’’A AMM’’A” con Caparezza; nel lato B sono presenti “ABBI PIETÀ DI NOI” con Angela e Marianna Fontana,“COMM’ ’A ‘NA” con Daby Touré, “JASTEMMA D’AMMORE” con Pippo Delbono, “NISCIUNO SAPE” con Elena Ledda e Paolo Fresu, “LOTTO INFINITO” con Giovanna Marini, “VERITÀ SARÀ” con Hindi Zahra e “ADDÒ SO’ NATO IO” con voce recitante di Lello Arena.
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