Il grande ritorno di Paola Turci a Sanremo con “Fatti bella per te”. Intervista

Paola Turci

Paola Turci

Il grande ritorno di Paola Turci al Festival della Canzone Italiana è con il brano “Fatti bella per te”, scritto dalla stessa Paola con Giulia Ananìa, Luca Chiaravalli, Davide Simonetta e prodotto da Luca Chiaravalli che dirigerà l’orchestra della Rai. Paola Turci ritorna dunque in grande stile con una canzone importante, ispirata al difficile vissuto della cantautrice e contenente un messaggio universale. Questa sera Paola Turci proporrà la sua versione di “Un’emozione da poco” presentata nel 1978 da Anna Oxa
per la sua prima esibizione al Festival di Sanremo. 

Il singolo “Fatti bella per te” anticipa la pubblicazione del suo nuovo album di inediti “IL SECONDO CUORE” in uscita il 31 marzo 2017 e del TOUR  2017 anticipato da due importanti eventi live a Roma e a Milano, rispettivamente il 9 maggio a Roma, Auditorium Parco della Musica e il 22 maggio a Milano, Auditorium La Verdi – Fondazione Cariplo. I biglietti saranno disponibili sul circuito ufficiale Ticketone (sito e punti vendita) dalle ore 10 di lunedì 6 febbraio.

Intervista

Come è nato “Fatti bella per te” e che tipo di sintonia c’è con l’autrice Giulia Anania?

Il brano è stato scritto anche insieme a Luca Chiaravalli e Davide Simonetta ma l’incontro con Giulia Anania è stato uno dei più felici degli ultimi anni. Lei è la persona con la quale scrivo meglio, riesce a tirare fuori quello che rimane nascosto. La canzone è un inno alle donne, quello che canterò sarà per tutte anche se quando ho scritto il brano, l’ho scritto innanzitutto per me. Ho passato lunghi anni a fare finta di essere sicura di me stessa, a fare finta di aver superato il problema legato all’incidente invece mi sono accorta che stavo mentendo a me stessa e a tutti gli altri.

Poi cosa ha segnato la svolta?

Con uno scatto di reni ho scritto un libro ammettendo ciò che stava succedendo e da allora ho cominciato a sentirmi meglio.  Prima avevo paura del giudizio degli altri, ora che ho compiuto questo scatto in avanti, mi presento a Sanremo completamente rinnovata.

Parlaci di “Fatti bella per te”

Il tipo di canzone è totalmente nuovo. Il brano è grintoso ed è tanto suonato. Non ho mai portato una canzone cantando a voce così alta. Il brano è, in sintesi, il risultato di un cammino che ho fatto e che mi aiutata. Certo, qualche paura rimane ma non mi faccio più intimidire o condizionare da questo tempo che porta in primo piano un giudizio superficiale. Sto bene, sono contenta.

Il brano è figlio del monologo “Mi amerò lo stesso” che hai portato al Teatro Menotti di Milano?

Giulia è venuta a vedermi, lì è nata la frase “Fatti bella per te”. Giulia l’ha pensata, l’ha immaginata guardando questo monologo che ha rappresentato un altro importante passo in avanti per me. Ventiquattro anni fa ho interrotto il sogno di diventare attrice. Dopo aver fatto un anno di teatro, stavo facendo provini a Cinecittà, avevo un’agenzia poi incontrai Ettore Scola e Monicelli. Tutto sembrava andare per il verso giusto poi quando l’incidente mi ha cambiato i connotati, ho chiuso il sogno in un cassetto senza mai ripensarci fino a quando Emilio Russo mi ha proposto di portare in scena la mia storia dopo aver letto il libro che avevo scritto. Salire su quel palco mi dava la sensazione di scalare una montagna dopo 20 anni che non fai allenamento. Per me è stato un fatto importante e imponente.

Paola Turci

Paola Turci

Chi ti ha colpito tra i big?

Quella di Elodie è stata la più bella performance, il suo canto è stato impeccabile. Aldilà del giudizio sulle canzoni, a me importa il modo in cui si cantano le parole, questa ragazza di 26 anni mi ha dato una lezione.

Come mai hai scelto come cover un “Un’emozione da poco”?

La scelta è stata immediata, è venuta fuori spontaneamente. Ho pensato al Festival e ho pensato che la prima volta che ho guardato Sanremo a 13 anni, vidi Anna Oxa e mi colpì profondamente per tanti motivi. La mia versione sarà totalmente diversa.

 Raffaella Sbrescia

Video: Fatti bella per te

Do retta a te: ecco il Sanremo di Nesli e Alice Paba. Intervista

Nesli e Alice Paba

Nesli e Alice Paba

NESLI torna al Festival di Sanremo, per la seconda volta, con il brano “Do retta a te” in duetto con Alice Paba (vincitrice dell’ultima edizione di The Voice)

Venerdì 10 febbraio uscirà nei negozi e nei digital store KILL KARMA La mente è un’arma, il nuovo album di Nesli che chiuderà così la trilogia musicale iniziata con “Andrà Tutto Bene”. La versione digitale dell’album invece, conterrà 4 inediti: oltre alla versione originale del brano Do retta a te cantata solo da Nesli (long version), la cover sanremese in duetto con Alice Paba de Ma il cielo è sempre più blu, l’acoustic version di Vivere è ridere oltre a Tesoro non conta e Dove sto andando.

Alice Paba, vincitrice dell’ultima edizione di The Voice, pubblica il 10 febbraio, il suo primo album contenente 8 nuove canzoni (oltre alla cover di Toxic di Britney Spears) e intitolato “Se fossi un angelo”.

Gli album Kill Karma la mente è un arma di Nesli e Se fossi un angelo di Alice Paba  sono prodotti da Brando (GoWild Music/Universal Italia).

Intervista

Come è nata la canzone che portate a Sanremo e com’è nata anche la vostra collaborazione?

La nostra collaborazione è nata in maniera molto spontanea e naturale durante le registrazioni dei rispettivi album visto che abbiamo il produttore in comune. Alice conosceva già un po’ il mio mondo, poi l’ho sentita registrare e le ho proposto di fare questa canzone insieme. In genere non sono solito fare duetti e collaborazioni perché sembra quasi impossibile incontrarsi in studio. Tra noi c’era sintonia nell’aria per cui ci siamo convinti della validità del progetto e l’abbiamo presentato a Carlo Conti che l’ha scelto.

Cosa vi accomuna?

Il fatto che scriviamo le nostre canzoni. Abbiamo le idee chiare su quello che vogliamo fare e, sebbene i nostri siano due mondi differenti, abbiamo la stessa intenzione di poter raccontarci al meglio attraverso le nostre canzoni.

Quali sono le vostre sensazioni pre-sanremesi?

Nesli: Per me è tutto migliore. Mi sento a mio agio in un contesto già vissuto, vedo volti ormai familiari e poi il fatto di essere stato scelto in 3 anni per la seconda volta è una bella conferma per me, rende tutto più leggero.

Alice: Per me è tutto nuovo ma riesco a sentire solo energie positive. Sia da parte mia che di Nesli, nonché di tutto il nostro team, arriva la giusta carica. Condividiamo tutte le sensazioni per cui non ho troppa ansia.

Nesli, cosa è cambiato rispetto alla tua precedente partecipazione sanremese, quando invece c’erano stati problemi con le prove del brano?

Stavolta affronto tutto meglio. All’epoca venivo da cambiamenti discografici e contrattuali, il brano l’avevo cantato 3 volte in tutto prima di arrivare a Sanremo e anche le prove andarono male. Dopo due anni di esperienza in più le cose stanno andando decisamente meglio.

Perchè avete scelto il brano di Rino Gaetano come cover?

Nesli: Ce la godiamo proprio! La facciamo tipo karaoke, ci dà carica forse perché la cantiamo all’unisono dall’inizio alla fine. Rino Gaetano ci rappresenta bene, non era facile trovare una cover che potesse valorizzare Alice e andare bene anche per me. Brando e Raffaella di GoWild ci hanno aiutato molto in questo. Questa canzone è impattante e, siccome il pezzo in gara è una ballad, abbiamo scelto di mostrare un altro lato di noi con un brano che va all’opposto.

Che vi aspettate dalla partecipazione al Festival di Sanremo?

Noi vorremmo semplicemente fare bene per mettere in luce i nostri rispettivi album in uscita il 10 febbraio. Quindi presentiamo noi stessi, la canzone ed il relativo progetto.

A proposito di disco. Con il brano “Tesoro non conta” torni alle origini per scrivere la fine di un capitolo.

Questo brano in particolare, insieme a “Dove sto andando”, chiude la fase di un percorso. Si può percepire il primo Nesli ma prodotto come sarebbe dovuto essere fin dall’inizio. Il brano di chiusura definisce ed esaurisce l’approccio artistico avuto in questi due anni.

E intanto cosa cambia, sei tu che sei sempre lo stesso…

Certo la mia essenza è la stessa.

In che senso la mente è un’arma?

Si tratta di una visione in cui sposto geograficamente il cuore e la mente. Relego alla mente il potere di un’arma attraverso molteplici sfaccettature.

 La poesia si prende tutto?

I brani inclusi in questo album sono poesie, quasi degli sfoghi. In genere quando inizio a scrivere canzoni, uso la forma della poesia poi solo in un secondo momento inizia la costruzione della struttura melodica, faccio mille passaggi di stesura ma alla fine l’origine e la fine sono la stessa cosa.

Dove sono gli altri brani che avevi preannunciato?

Tredici di questi sono nel file Nesli intoccabili, in realtà potrei metterne cento ma ne butterei via tante. Il mio lavoro deve passare attraverso il filtro di un interlocutore, non posso iniziare un discorso e aprirne altri cento.

A proposito di questo, qual è stato il riscontro dei tuoi interlocutori?

Il riscontro ha un tempo biologico più lungo di quanto in realtà vorrei. Nello specifico il secondo capitolo di questa trilogia aveva tutto il sapore di un’edizione limitata, in primis per il periodo di uscita (giugno), e poi per la scelta di fare 11 brani chiusi a 4 mandate: non entri in “Kill Karma” se non ci entri per davvero, non puoi ascoltarlo fugacemente, si tratta di un concept album e voleva essere considerato in quell’ottica.  In base a questi presupposti credo che quell’edizione limitata non annunciata verrà recepita bene nel momento in cui ci sarà il capitolo finale, le canzoni avranno un senso completo. Quindi il riscontro reale arriverà con il sopraggiungere del tour.

Nesli e Alice Paba

Nesli e Alice Paba

Per quanto riguarda te, Alice… la titletrack “Se fossi un angelo” rivela la presenza di due anime nel tuo lavoro, forse è un modo per rispecchiare la tua personalità?

Esatto! La mia personalità è in effetti contraddistinta da diverse sfaccettature che, in alcuni casi, arrivano ad essere l’una l’opposto dell’altra. Anche nella mia musica si percepisce molto questa cosa per cui diventa un po’ difficile conciliare tutto. Ho 50 stili in testa, tanti input diversi però poi con il lavoro che abbiamo svolto, ho capito che era possibile incanalare tutto in un unico progetto.

Visti i tanti richiami di stili e influenze, non solo a livello testuale ma anche musicale, si è trattato di un lungo lavorìo di cesellamento?

Sì, il tempo a disposizione è stato poco dalla vincita di The Voice fino alla resa finale dell’album. Naturalmente all’interno del disco ci sono canzoni che avevo da tempo, poi con l’aiuto di Brando sono state inserite altre cose per far emergere la vera Alice. Quando scrivo le mie canzoni sento tanto la differenza tra un brano e l’altro, con questo primo album ho capito che posso farcela, è stata una conferma per me e spero si veda.

Quali sono state le difficoltà maggiori?

La cosa più difficile per me è credere nelle mie canzoni, trovare un filo logico a ciò che scrivo e a ciò che mi passa per la mente.

Nella scrittura, così come nella vita di tutti i giorni, sono molto confusionaria. Poi però con il lavoro fatto insieme al team riesco a dare un senso a questa confusione.

Forse hai solo bisogno di essere incanalata per poi andare per conto tuo?

È proprio quello che intendevo dire.

Quali sono i temi che affronti e cosa senti di dover comunicare?

Il tema dell’amore è quello principale perché è quello che ti fa vivere. Ci sono anche altri temi come la visione della mia dimensione e cerco di esprimerla.

“Ho solo me” mette in luce la tua parte introspettiva…

La parte introspettiva è quella che sento di più anche nello scrivere un brano; questo mio lato è come un tormento per me, cerco sempre di stare al passo ma dopo tutto i conti li fai con te stessa a prescindere dal resto.

Nonostante abbia vinto un talent importante e abbia un percorso alle spalle, quanto ti dà fastidio il fatto che la tua presenza al Festival non sia stata percepita con entusiasmo?

Ci sono stati molti commenti sul fatto che non sono abbastanza conosciuta. Rispondo sempre che un percorso serio l’ho affrontato così come tanti altri che sono sul palco di Sanremo. Mi sento a posto, l’unica cosa è che l’album non è ancora uscito ma è pronto per essere ascoltato e valutato quindi aspetto solo di farmi conoscere.

Raffaella Sbrescia

INSTORE TOUR

13.02 – VARESE ore 14.30 Varesedischi e TORINO ore 18.00 Mondadori
14.02 – MONZA ore 14.30 Feltrinelli e MILANO ore 18.00 Mondadori Duomo
15.02 – ROMA ore 17.00 Discoteca Laziale
16.02 – NAPOLI ore 18.00 Mondadori Vanvitelli
17.02 – BARI ore 18.30 Feltrinelli
18.02 – LECCE ore 15.00 Feltrinelli
19.02 – COSENZA ore 16:00 Feltrinelli
20.02 – CATANIA ore 18.00 Feltrinelli
21.02 – PALERMO ore 15.00 Palermo

L’ottavo Sanremo di Marco Masini con “Spostato di un secondo”. Intervista

Marco Masini

Marco Masini

 

Marco Masini torna in gara al 67esimo Festival di Sanremo per l’ottava volta con il brano intitolato “Spostato di un secondo”. Il brano dà anche il titolo al nuovo album di inediti dell’artista in uscita il 10 febbraio. Alla base di questo nuovo lavoro, che ha portato Masini a collaborare con un nutrito gruppo di amici e autori, c’è una ricerca spazio/temporale sincera e mirata. Se da un lato troviamo la necessità di allinearsi con il mondo in cui viviamo nel brano “Ma quale felicità”, dall’altra c’è la consapevolezza di non essere sincronizzati con il tempo che ci è stato assegnato “Nel tempo in cui sono tenuto a restare”. Ecco quindi il brano sanremese “Spostato di un secondo”, una sorta di sliding door esistenziale: se si potesse capire il nostro passato, misurando l’intensità della nostra corsa. Se si riuscisse a ignorare la fretta che condiziona le azioni forse arriveremmo un secondo prima negli stessi istanti e negli stessi posti, forse potremmo scegliere la cosa giusta da fare. Non solo rimpianti ma anche spunti: in “Invece di scriverti una canzone” fanno capolino nuove sensazioni, piccoli atti di coraggio alla ricerca della verità, esattamente come avviene in “Guardiamoci negli occhi”. Il momento più intenso dell’album è racchiuso nelle parole e nella musica di “Una lettera a chi sarò”: un bilancio esistenziale intenso e senza sconti, in pieno stile Masini.

Intervista

Da quali riflessioni prende vita questo disco?

Spostato di un secondo è la punta dell’iceberg di un progetto iniziato qualche anno fa. L’idea concettuale da cui nasce il disco è una riflessione utopistica che mi si è palesata all’alba dei 50 anni. Ho sviluppato questa idea immaginando una sorta di ritorno al passato per poter rimediare alle cose fatte in passato ragionando in maniera più lucida.

Uno degli aspetti più importanti di questo nuovo lavoro è un forte cambiamento inerente alla scelta dei suoni e degli arrangiamenti del disco.

I suoni di questo album sono figli dell’esperienza e richiamano gli anni ’80. Partendo dal presupposto che sono un tastierista e che sono sempre stato affascinato dall’uso dei sintetizzatori e dall’uso del moug, ho voluto unire quello che sono sempre stato con quello che sono diventato.

Come vivi questa nuova partecipazione al Festival di Sanremo?

Risalire sul palco dell’Ariston sarà l’occasione per raccontarmi e rimettermi in discussione. In sostanza il mio lavoro è sempre lo stesso anche se gli stimoli sono sempre nuovi. Per me Sanremo è uno sparo allo start, un modo per avere una consegna altrimenti non avrei mai finito di rimaneggiare e cambiare quello che stavo producendo.

E la sfida qual è?

Capire se il mio pensiero può incontrare anche quello dei giovani.

Se dovessi fare il punto sul tuo percorso artistico, quali sarebbero le tappe fondamentali?

Non sono mai stato un nostalgico o un vittimista. A parte un problema discografico, penso che tutto mi abbia dato un input nella vita. Il punto è cercare di non adagiarsi e non fossilizzarsi sulle cose.

Marco Masini ph Angelo Trani

Marco Masini ph Angelo Trani

 

Cos’ hai in mente per il tour?

Il tour sarà uguale al disco, renderò tutto omogeneo alle sonorità. In scaletta inserirò sei canzoni del nuovo album, ci saranno ovviamente i pezzi più importanti della mia carriera con dei medley che strizzeranno l’occhio ai miei fan più vicini. Ci saranno anche delle piccole chicche per ringraziare tutti quelli che non mi hanno mai abbandonato, nemmeno quando non riuscivo a scrivere. Creare e raccontarsi non è sempre facile.

Che rapporto hai con i tuoi musicisti?

Non mi sono mai sentito io l’artista e loro i musicisti. Masini è semplicemente il cantante della band, mi piace lo spirito di gruppo. Cesare Chiodo sarà il direttore musicale, gli arrangiamenti saranno in stile elettronico e sperimenterò un po’ con gli strumenti perché mi piace molto farlo.

Come mai hai scelto di cantare “Signor Tenente” di Giorgio Faletti come cover?

Questa è una delle rare canzoni che hanno avuto un grande successo tardivo ma non sono state più cantate; mi sembrava doveroso renderle giustizia. La serata delle cover è un’occasione speciale. Faletti è stato un caro amico con cui ho vissuto dei momenti di reale condivisione che mi hanno fatto capire la sua genialità. Il mio è un gesto di stima nei confronti di un uomo che ha saputo farci ridere e piangere e lo farò alla mia maniera.

In questo nuovo lavoro scegli di affrontare le avversità in modo saggio e propositivo…

Viviamo in un mondo che si tira la zappa sui piedi, affronto tematiche importanti con un’ammissione di difficoltà di allineamento in un mondo che mi vede agli antipodi. Ora però non serve la disperazione, serve la verità. La tendenza attuale è quella di nascondere lo sporco sotto i piedi, io invece cerco di affrontare una vita provocatrice, che ti eccita ma non te la dà.

Come hai lavorato alla realizzazione di questo album?

Ho compiuto un lungo percorso di ricerca insieme ad altri collaboratori. Diego Calvetti mi ha aiutato a trovare una forma da seguire ma ho lavorato anche con Zibba, Cecere, Carboni, Iammarino, Luca Vicini. Mi hanno dato uno stimolo per trovare un punto e una sintesi. Tutto questo per me è stato fonte di grande stimolo, io sono uno che fa stesure, sono della scuola di Bigazzi, gli altri invece vengono da un cantautorato di concetti; ecco perché il risultato che abbiamo raggiunto è così diverso.

Come procede la tua carriera da produttore?

Sto facendo dei lavori per la realizzazione di uno studio all’altezza insieme a Diego Calvetti e al suo collaboratore di fiducia Lapo Consortini. Entro la fine della primavera sarà tutto pronto e ho già un paio di cose che vorrei sperimentare con dei giovani ragazzi che vorrei coprodurre insieme agli stessi autori che mi hanno dato tanta forza attraverso un confronto continuo. La mia vita è la musica, mi piacerebbe fare in modo che quando avrò una certa età potrò fare andare avanti qualche giovane ragazzo di talento. Sarebbe quasi una soddisfazione paterna e mi riempirebbe l’anima in un modo incredibile.

Raffaella Sbrescia

Dal 14 febbraio Marco Masini sarà impegnato in un instore tour per presentare “Spostato di un secondo”, queste le date: il 14 febbraio a La Feltrinelli di Firenze, il 15 febbraio al Mondadori Megastore (via Marghera) di Milano, il 16 febbraio al Mondadori Megastore (C.C. Freccia Rossa) di Brescia, il 17 febbraio al Media World (C.C. Shopville Gran Reno) diCasalecchio di Reno (Bologna), il 18 febbraio alla Discoteca Laziale di Roma, il 20 febbraio al Mondadori Bookstore diNapoli, il 21 febbraio a La Feltrinelli di Catania, il 22 febbraio al Mondadori Megastore di Palermo, il 23 febbraio al Mondadori Bookstore di Padova, il 24 febbraio al Media World (C.C. Parco Commerciale Le Fornaci) di Beinasco (Torino), il 28 febbraio al Mondadori Bookstore di Genova, il 2 marzo al Media World (C.C. Pescara Nord) di Città Sant’Angelo (Pescara) e il 3 marzo a La Feltrinelli di Bari.

Il 30 aprile partirà il tour (prodotto e organizzato da ColorSound) con cui Marco Masini presenterà il nuovo disco. Queste le prime date: il 30 aprile al Teatro Verdi di Montecatini (PT), il 3 maggio al Teatro delle Muse di Ancona, il 5 maggio all’Auditorium Parco della Musica – Santa Cecilia di Roma, il 7 maggio al Linear Ciack di Milano, il 9 maggio al Teatro Massimo di Pescara, il 10 maggio all’Obihall di Firenze, il 13 maggio al Teatro Colosseo di Torino, il 14 maggio al Teatro Verdi di Pisa, il 16 maggio al Teatro Politeama Greco di Lecce, il 20 maggio al Palabanco di Brescia e il 27 maggio al Gran Teatro Geox di Padova.

 

Intervista a Diodato: “Cosa siamo diventati” è un caldo abbraccio a chi lo ascolterà

Diodato-Cosa-siamo-diventati

Diodato-Cosa-siamo-diventati

“Cosa siamo diventati” (Carosello Records) è il titolo del nuovo album di DIODATO, pubblicato a tre anni di distanza dal cd d’esordio “E forse sono pazzo”. Un disco di grande impatto emotivo, in cui l’artista ha scelto di esporsi in maniera intima e personale senza mai tralasciare una particolare attenzione alla costruzione di arrangiamenti ricchi e strutturati. Un caldo abbraccio fatto di parole forti e brani evocativi con cui Diodato si conferma cantautore esperto, sincero e di larghe vedute.

Intervista

Come è arrivata l’esigenza di esporti con un disco così sentito e introspettivo?

In questo lavoro c’è tanto di me perché per poter parlare di certe cose bisogna viverle. Dato che mi sono rifatto a cose che ho visto e vissuto negli ultimi anni, mi sembrava giusto lasciarle confluire in questo album in cui la parola chiave è emotività.

Quanto è doloroso mettersi così a nudo? Esporsi in modo così intimo rappresenta quasi un atto di coraggio da parte tua in un’epoca dove invece si tende a mascherarsi…

Non è stato semplice perché quando scrivi, tendi a tutelarti per evitare di mostrare troppo della tua intimità. In questo caso però desideravo essere sincero, volevo che le canzoni fossero uno specchio delle sensazioni che ho provato, non volevo cadere nelle trappole della scrittura né compiacermi troppo e quindi ho lavorato duramente. Naturalmente è stato un processo doloroso però sono molto contento di averlo fatto.

Che tipo di feedback stai ricevendo da parte del pubblico?

Mi sorprende vedere quanta gente mi stia scrivendo in questi giorni per dirmi non solo che ama l’album ma che lo sente vicino. Nel momento in cui scrivi cose molto personali non ti aspetti che possano ritrovarvisi anche delle persone praticamente sconosciute. Questa è la cosa che forse ha avvicinato anche me alla musica; anche io mi sento ispirato dalle canzoni che mi piacciono e le faccio mie perchè sento un legame con le parole del testo.

Un altro aspetto importante che salta subito all’occhio di questo lavoro è quello legato agli arrangiamenti particolarmente curati. Il suono è ricco, strutturato, ben costruito. Come ci hai lavorato, con chi e con quali strumenti?

Ci tengo molto a questo aspetto, lo curo da sempre nei miei lavori. Secondo me la musica è importante tanto quanto il testo. Lavoro da sempre con un gruppo di musicisti e amici che mi conoscono molto bene, che sanno dove voglio andare e che mi ci sanno portare. Si tratta di Daniele Fiaschi alla chitarra, Duilio Galioto al pianoforte e alle tastiere, Alessandro Pizzonia alla batteria. In alcuni brani c’è stato anche Fabio Rondanini batterista dei Calibro 35 e degli Afterhours poi abbiamo Danilo Bigioni al basso e gli archi dello Gnu Quartet, con cui avevo già lavorato nel disco “A ritrovar bellezza”. Il tutto è stato prodotto anche stavolta da Daniele “Il Mafio” Tortora con cui lavoro fin dal primo disco “E forse sono pazzo”. Curiamo molto gli arrangiamenti usando spesso strumenti vintage, organi di un certo tipo, cercando di ottenere un sound da band. Un tratto importate di questo disco è che l’abbiamo registrato con una serie di sessioni in cui suonavamo tutti insieme. Alcuni brani sono rimasti così come li abbiamo registrati con una take unica come “Paralisi” e “Cosa siamo diventati”. Ci tenevo ad imprimere quella tensione emotiva derivante dalle sensazioni provate mentre suonavamo dal vivo tutti insieme.

Decontestualizzando la titletrack “Cosa siamo diventati” dalla trama che racchiude la presa di coscienza della fine di un rapporto, ti chiedo: “Cosa siamo diventati noi oggi”?

Ovviamente quando ho scelto questo titolo volevo che avesse diversi significati. All’interno del brano racconto il vissuto di un rapporto  a due mentre usando la stessa domanda come titolo dell’album volevo rivolgere un quesito sia a chi mi conosce, sia a chi si avvicinerà a questo album e troverà le mie risposte nei brani. Non è possibile definire l’umanità contemporanea ma di sicuro viviamo un periodo molto complesso. In alcuni brani sfioro questi argomenti ma lo faccio sempre con il filtro della mia coscienza. Questo è un periodo particolare perché ci hanno fornito dei mezzi, come ad esempio i social network, che hanno raffreddato i rapporti umani. In questo senso volevo che questo album fosse in controtendenza, volevo che fosse un abbraccio caldo per chi lo ascolterà. Ci troviamo di fronte a quesiti importanti a cui dobbiamo dare risposte serie e impegnative, credo che anche gli artisti possano farlo con la propria musica senza dover per forza avere un tipo di scrittura politica, si può essere interessati al sociale anche parlando di noi stessi e delle sensazioni che proviamo in rapporto a certe tematiche.

Come spiegheresti questa tua capacità di rendere cinematograficamente i racconti che scrivi?

La mia è una scrittura per immagini. Quando scrivo una canzone mi piace vederla e mi piacerebbe la vedesse chi poi la ascolterà; la cosa deriva dal mio enorme amore per il cinema: mi sono appassionato, ho studiato e mi sono laureato in cinema. Anche musicalmente immagino la musica come una colonna sonora, tutti gli album che amo sono delle vere e proprie colonne sonore della mia vita e non mi dispiacerebbe se qualche mio album diventasse la colonna sonora della vita di qualcun altro o molto più semplicemente di un film vero e proprio. La scrittura comunque deve essere evocativa, sia dal punto di vista testuale che musicale.

Video: Mi si scioglie la bocca

Hai diversi rapporti di collaborazione e amicizia con tanti artisti della scena musicale italiana, come vivi questa cosa e che prospettive ti dà?

Mi piace tantissimo questa cosa. Nel nostro paese c’è un limite dovuto proprio al fatto che gli artisti spesso sono molto isolati tra loro, altre volte capita che ci siano delle invidie. Mi rendo conto che collaboriamo un po’ poco tra noi, ci sono poche collaborazioni interessanti. A me, per indole naturale, piace condividere il lavoro degli altri, mi piace conoscere gli artisti. Forse la cosa deriva da alcune cose che ho fatto nella mia vita. Già il fatto di essere il direttore artistico del 1 Maggio di Taranto, ad esempio, mi ha portato a interagire con tantissimi artisti che non conoscevo cercando di portare la loro proposta musicale all’interno di una manifestazione musicale importante. Anche quando ho fatto il Festival di Sanremo sono subito diventato amico di tutti i concorrenti perchè è giusto così; non mi piacciono le gare e le competizioni sterili in quella che alla fine è una guerra tra poveri. Vado ai concerti di tanti colleghi e loro vengono ai miei, dall’incontro tra anime artistiche diverse nascono tante cose belle. A me è successo: quando ho conosciuto Daniele Silvestri è cambiato anche il mio modo di pensare alla musica, grazie ad un’amicizia nata tra noi, stessa cosa con Manuel Agnelli che mi ha sorpreso dal punto di vista umano visto che artisticamente lo amavo già profondamente. Quando l’ho conosciuto sono rimato sorpreso non dalla sua evidente intelligenza ma dall’umiltà e dalla voglia di migliorarsi costantemente innalzando la propria personale asticella.

Come avete lavorato tu e Boosta nel brano “Quello che vuoi” incluso nel suo album solista “La stanza intelligente”?

Di solito entro nei progetti altrui quasi in punta di piedi perché sono fatto così, basti sentire anche i lavori fatti con Daniele Silvestri. A parte il brano con Manuel Agnelli  contenuto nel mio primo album, che era praticamente un duetto, negli altri mi piace cercare di portare una mia particolarità nel brano senza diventarne protagonista. Questo è quanto accaduto con Boosta: Davide mi ha scritto per chiedermi di collaborare in un brano contenuto nel suo album, conoscendo il suo valore artistico, ho ovviamente accettato. Successivamente mi ha mandato questo brano molto distante dal mio mondo musicale ed è stato proprio questo a stimolarmi, ho pensato che i due mondi potevano incontrarsi senza mischiarsi troppo quindi ho creato un tappeto di voci molto etereo che andasse a sposarsi ma anche a scontarsi con la sua vocalità.

Diodato ph Ilaria Magliocchetti Lombi

Diodato ph Ilaria Magliocchetti Lombi

Nel brano “La verità” c’è un tipo di sporcizia sonora di tipo aggressivo e sensuale al contempo. Prenderai spunto da questo brano per nuove idee?

Non amo limitarmi, adoro lasciar confluire la mia schizofrenia nella scrittura. Mi piacciono i brani con un forte impatto rock e che spingono ad una scrittura più cinica e fredda ma comunque passionale. Visto che la mia band è in grado di toccare certe corde, adoro spingermi oltre i limiti. Questo brano è nato durante alcuni concerti che abbiamo fatto tempo fa e quindi nasce con una propensione al live. A questo aggiungo che se si sceglie di essere sinceri bisogna accettare il fatto che siamo coabitati da più anime diverse tra loro. Mi piace che i miei lavori mi rappresentino in tutto e per tutto per cui preferisco non ripulirli troppo.

Raffaella Sbrescia

Questa la tracklist del disco: “Uomo fragile”, “Colpevoli”, “Paralisi”, “Fiori immaginari”, “Guai”, “Cosa siamo diventati”, “Mi si scioglie la bocca”, “La verità”, “Un po’ più facile”, “Di questa felicità”, “Per la prima volta”, “La luce di questa stanza”.

 

Le date del tour:

MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO – ROMA – MONK  (NUOVA LOCATION)

GIOVEDÌ 16 FEBBRAIO – FIRENZE – SPAZIO ALFIERI

VENERDÌ 24 FEBBRAIO – NAPOLI – LANIFICIO 25

SABATO 25 FEBBRAIO – PULSANO (TA) – VILLANOVA

Bouchra presenta “Yallah”: l’inizio di un’avventura all’insegna dell’indipendenza

Bouchra

Bouchra

Dopo il successo di  “Blanc ou Noir”, cantato in lingua francese, Bouchra, cantante di nazionalità marocchina cresciuta a Livorno, torna con il nuovo singolo “Yallah” firmandone il testo scritto in inglese con l’inciso in lingua araba. La musica e la produzione del brano sono  invece di Emiliano Cecere, compositore e arrangiatore livornese. “La canzone parla di una ragazza che scopre una forza interiore che non sapeva di avere. Da qui la decisione di poter vivere indipendente, cercando la propria strada, insieme alle persone che vogliono seguirla. Yallah, in lingua araba, significa infatti andiamo. E’ un messaggio per incitare le persone ad andare avanti senza fermarsi mai, superando le insidie della vita”. Ecco cosa ci raccontato Bouchra negli studi di Universal Music.

Intervista

Come è iniziato il tuo cammino musicale?

Dopo un primo periodo passato a registrare e pubblicare cover che mi hanno permesso di farmi conoscere in rete, ho incontrato Francesco De Benedittis, autore e produttore italiano, che ha scritto per me il brano in lingua francese “Blanc ou Noir” insieme ad Antonio Toni.

“Yallah” il primo brano che porta la tua firma…

Sono andata a Livorno dal produttore Emiliano Cecere che, di punto in bianco, mi ha messo questa base invitandomi a cantare la prima cosa che mi passasse per la testa.  Non conoscevo questo mio lato, non pensavo di riuscire a scrivere un brano tutto mio e trasmettere un messaggio preciso; è solo grazie a lui che ho scoperto questo lato che vorrei sicuramente sviluppare.

Per tornare alla tua veste di autrice: la tematica di “Yallah” rispecchia una forza interiore che cerchi di diffondere. Da dove nasce questo testo?

Sono sempre stata molto insicura sotto certi aspetti, piano piano ho capito che ogni volta che mi facevo dei problemi non sarei arrivata dove volevo. Pezzo dopo pezzo, ho costruito il mio mondo e sono fiera che il mio brano contenga questo tipo di messaggio.

Quali sono le altre tematiche che ti ispirano?

Sarebbe bellissimo se riuscissi a scrivere canzoni che racchiudessero diversi pezzi del mio vissuto. Vorrei raccontare dei retroscena che nessuno conosce. La cosa più importante al momento è riuscire a far capire alle persone che si può partire da zero per poter comunque arrivare ad un traguardo vincente.

Che tipo di feedback hai ricevuto dalle persone che ti seguono dall’inizio?

Super positivo! C’è chi mi ha visto crescere dai primi video senza basi fino a oggi. Si sentono quasi persone di famiglia ed è molto bello.

Hai in programma dei concerti?

Vorrei sicuramente farne tanti. Per ora il discorso è prematuro, ho pochi brani in repertorio, soprattutto cover. I miei artisti preferiti sono Amy Winehouse, Michael Jackson, Beyoncé, Sia e Stromae: da loro prendo molta ispirazione.

C’è un disco in lavorazione?

Il disco è quasi pronto, ci ho lavorato tutta l’estate ma non ho ancora rivelato alcun dettaglio se non che sarà composto da 8 brani.

Quanta cultura musicale araba c’è nella tua musica?

In realtà non c’è un’artista arabo a cui faccio riferimento, la lingua araba la uso a modo mio perché il mio genere musicale è molto differente dalla musica araba tradizionale. In ogni caso mi riesce più facile cantare in arabo, francese e inglese rispetto all’italiano. Non sono ancora brava ad usare la lingua italiana e credo che per scrivere una bella canzone servano assolutamente le parole giuste.

Che legame hai con Livorno?

Abito a Collesalvetti e ho sempre bisogno di tornarci. Amo venire qui a Milano, lavorare e sviluppare i miei progetti ma poi devo tornare a casa dalla mia famiglia e dai miei amici per ricaricarmi al massimo.

Raffaella Sbrescia

Video: Yallah

ELISA ’97-’17: 20 anni di carriera, tre show unici e un cambio discografico. Intervista

Elisa  Foto di Carolina Moretti

Elisa Foto di Carolina Moretti

Il 2017 sarà un anno di grande fermento artistico per Elisa Toffoli che festeggerà ben 20 anni di carriera. Questa mattina la cantante nata a Monfalcone ha tenuto una conferenza stampa in cui annunciato una serie di importanti novità. La prima notizia è che ci saranno tre concerti unici, rispettivamente previsti il 12, 13 e 15 settembre all’Arena di Verona. Si tratta di tre serate uniche in cui l’artista metterà in scena tutta la sua versatilità musicale in tre modi diversi. Il primo appuntamento è stato denominato “POP – ROCK”  (12 settembre) perchè Elisa metterà in evidenza il suo lato più energico. Nella seconda serata, “ACUSTICA” (13 settembre), Elisa farà rivivere le atmosfere live di “Lotus” e “Ivy” che contengono i celeberrimi brani “Hallelujah” e “A Prayer”, ma anche le versioni acustiche di brani importanti come “Luce (tramonti a nord est)” e “Sleeping in your hand”. Ad accompagnarla sul palco tanti musicisti impegnati in un mix di strumenti acustici, etnici e street. Per il terzo ed ultimo show (15 settembre), Elisa si farà accompagnare da un’orchestra internazionale di oltre 40 elementi, grazie alla quale proporrà una scaletta di grandi classici della canzone italiana e internazionale, come “Caruso”, “Fly me to the moon” e “Amor Mio” ma anche brani significativi del suo repertorio riarrangiati per orchestra come “Eppure Sentire (un senso di te)” e “Almeno tu nell’universo”. L’altra grande novità riguarda l’aspetto prettamente discografico: dopo un lungo e proficuo rapporto di collaborazione con Sugar e Caterina Caselli, Elisa ha firmato un nuovo contratto con Universal Music inaugurando così un nuovo importante capitolo della sua carriera.

Intervista

Cosa stai preparando per i grandi festeggiamenti del ventennale?

Questo è un periodo di grande fermento per me e il mio staff. Stiamo preparando tre spettacoli unici in un luogo che mi ha sempre affascinato quale è l’Arena di Verona.

Perché saranno speciali e in cosa si differenzieranno?

Il mio intento sarà quello di andare fino in fondo alla musica attraverso la scelta degli arrangiamenti. Parto dal pop-rock con momenti di puro scambio di energia con il pubblico per poi passare alle atmosfere più intime e raccolte della serata acustica che mi vedrà insieme a tanti amici sul palco. L’ultima serata sarà quella in cui realizzerò il sogno di ogni cantante vestendo la mia voce con il suono di un’orchestra di 40 elementi. Sarà l’occasione per rivivere le mie origini soul, per rispolverare la mia passione per Otis Redding ed il mondo motown.

Cosa puoi dirci in merito al discorso ospiti?

Verranno tanti amici tutte le sere. La loro presenza sarà correlata alla scelta delle canzoni e ai relativi arrangiamenti. Aspettatevi delle sorprese perché ho intenzione di fare un vero e proprio tuffo nella musica all’insegna della libertà. Sto organizzando tutto nei minimi dettagli per cercare di differenziare il più possibile questi appuntamenti e per mettere in opera un salto verticale tra mondi e generi. Non escludo neanche incursioni dal mondo della moda, del cinema e della letteratura.

Cosa stai preparando insieme a Fox?

Ci sarà un docufilm, che andrà in onda in prima visione assoluta sui canali Fox la prossima primavera, è stato sceneggiato da me stessa per farvi entrare nel mio mondo a 360 gradi.

Cosa ricordi dei tuoi esordi?

Era il luglio del 1997 e ricordo che con l’apertura di due concerti di Zucchero mi trovai di fornte a 20.000 spettatori. Fu qualcosa di completamente inaspettato e surreale per me che ero abituata ad esibirmi nei localini del Friuli e della Slovenia. Mancavano pochi mesi all’uscita del disco e da allora ne sono successe di cose. Ringrazio con tutto il cuore i miei fans che mi hanno supportato fino a oggi. Festeggio un traguardo davvero importante e ne sono molto orgogliosa.

Come sei cambiata in questi anni?

A dire il vero non mi osservo molto se non quando è proprio necessario farlo. Ho sempre creduto nelle mie idee e anche oggi che ho molti strumenti a mia disposizione e potenzialità nuove, mi alleno ogni giorno a dare fiducia ai miei sogni. In sostanza comunque sono sempre la stessa.

Elisa_Foto di Carolina Moretti

Elisa_Foto di Carolina Moretti

Come mai hai deciso di chiudere la collaborazione con Sugar e passare a Universal Music?

Sono grata a Caterina Caselli e a tutta la Sugar per aver dato vita al mio sogno. Non ci sono ragioni particolari alla base di questo cambiamento, ci ho pensato a lungo e coscienziosamente ma alla fine ho semplicemente scelto di seguire l’istinto. Tra tutti i potenziali partner ho individuato in Universal Music quello che il mio istinto stava cercando. Abbiamo appena iniziato questa nuova avventura, ci stiamo conoscendo in un clima di grande concentrazione e di ricerca. C’è grande fermento creativo, ora sto pensando alla costruzione di questi tre concerti e mi ci dedicherò per i prossimi 6 mesi.

Nel frattempo stai scrivendo qualcosa di nuovo?

Alcune cose sì ma mi sto principalmente dedicando agli show. Ho messo da parte molti appunti, devo ancora telefonare agli amici, nei concerti di settembre ci saranno anche artisti non ancora consolidati che magari hanno pubblicato un solo album ma che mi piacciono molto. C’è tanta linfa nuova e voglio dare spazio a giovani talentuosi.

A questo proposito che ne pensi di Tommaso Paradiso e dei The Giornalisti?

Mi è piaciuto molto il loro album per cui ho voluto conoscerli dal punto di vista artistico con uno scambio musicale. Che si tratti di una semplice jam session o qualcos’altro, il loro mondo musicale mi incuriosisce molto.

Cosa ti è rimasto dell’esperienza ad Amici?

Questo programma mi ha fatto comprendere il concetto di immediatezza: in tv devi agire, performare, essere pronto. Per me è stato un bene prendervi parte, si è trattato di un fatto nuovo per me che per natura sono riflessiva. Ho compreso le dinamiche di gruppo e ho imparato molte cose che non avevo avuto modo di approfondire prima.

Quali sono invece i ricordi più vivi del tour che si è appena concluso?

Molti mi hanno criticato perché ho cantato di meno, la verità è che in alcuni momenti era più forte di me, dovevo raccogliere quello che il pubblico mi stava donando in quel momento. Mi sentivo veramente coinvolta con tutta me stessa, un’esperienza davvero straordinaria.

Raffaella Sbrescia

I biglietti per i concerti all’Arena di Verona (prodotti e organizzati da F&P Group) saranno disponibili in prevendita da domani, venerdì 3 febbraio, dalle ore 15.00 su www.ticketone.it (per info: www.fepgroup.it).

Vista l’unicità di ogni singolo show è stato previsto l’abbonamento per la gradinata non numerata al prezzo complessivo di €80,00 per tutti e tre gli spettacoli.

Ritratti di Sanremo: “Con te” è il brano di Sergio Sylvestre di cui uscirà l’album omonimo il 10 febbraio.

Sergio Sylvestre ph Julian Hargreaves

Sergio Sylvestre ph Julian Hargreaves

Abbiamo conosciuto Sergio Sylvestre nella veste di vincitore di Amici 15. Lo ritroveremo  in gara al prossimo Festival di Sanremo 2017 con il brano “Con Te”, una ballad che racconta di una storia d’amore finita tra dubbi e insicurezze e come ogni relazione si lascia alle spalle interrogativi a cui è difficile dare una risposta. Il brano porta la firma della cantautrice Giorgia (testo) e dello stesso Sergio con Stefano Maiuolo (musica) e anticipa il primo album di inediti dal titolo “Sergio Sylvestre”, in uscita il 10 febbraio. Dopo la pubblicazione del primo Ep “Big Boy” (disco d’oro) per questo gigante buono dalla voce calda e potente è arrivato il momento di fare sul serio.

Intervista

Finalmente pubblichi il tuo primo disco. Cosa troveremo al suo interno?

In questo album ho messo tutta la mia anima, ho lavorato tanto a queste canzoni e ho certezza di aver dato tutto. Ho voluto spaziare tra brani uptempo e struggenti ballate.

Come hai lavorato insieme al team degli autori che hanno partecipato al disco? Ci sono anche tanti nomi nordeuropei…

Abbiamo fatto una ricerca di repertorio lavorando senza fretta. Sono venuti fuori dei nomi dalla Scandinavia, ci abbiamo chiacchierato e abbiamo visto che si trattava di una proposta interessante. Il nostro obiettivo era  cercare e creare nuove sfumature del pop per creare un punto di incontro tra Stati Uniti ed Europa. Ovviamente hanno partecipato anche alcuni tra i migliori autori italiani in circolazione e ne sono molto fiero.

Quali sono le tue sensazioni pre-Sanremo?

Sto vivendo un periodo davvero particolare, tutto quello che volevo succedesse mi sta capitando nello stesso momento. Sono fiero di me stesso ma devo imparare a gestire l’ansia e l’emotività. Faccio fatica ad espormi, mi sento messo a nudo.

Cosa pensi del palco dell’Ariston?

Le prove sono andate bene. Dietro le quinte però ci sono però troppe cose, devo cercare di restare calmo e concentrato senza andare in agitazione.

Com’è nato il brano che porti al Festival?

Il brano è nato a Los Angeles mentre lavoravo con il mio amico Stefano Maiuolo. In un secondo momento l’ho portato a Giorgia, non riuscivo ad immaginare che le sarebbe piaciuto invece non solo ha voluto darmi una mano, ha messo proprio tutta se stessa in questo pezzo.

Sergio Sylvestre durante l'ascolto del disco nello studio di registrazione

Sergio Sylvestre durante l’ascolto del disco nello studio di registrazione

Come è avvenuta la scelta della cover “Vorrei la pelle nera”?

Mentre eravamo su Youtube a cercare un pezzo, abbiamo trovato questo e ci siamo fatti due risate. Ho sempre seguito i Soul System e li trovo fantastici. Volevo condividere il palco con loro e son sicuro che vi faremo divertire!

Ti è mai capitato di seguire il Festival in precedenza?

Di solito lo guardo con i miei amici. Avevo 17 anni quando sono arrivato in Italia e mi è sempre piaciuto. Mi dispiace che in America non ci sia una manifestazione simile, mi sento fortunato a prendervi parte. I miei amici mi guarderanno e sarà emozionante pensare di essere dall’altra parte dello schermo! Spero di lasciare il segno!

Quali sono le canzoni che ti sono rimaste nel cuore?

Ce ne sono tante…su tutte: “Sulla porta” di Federico Salvatore, “Spalle al muro” di Mariella Nava, “Il terzo fuochista” di Tosca.

Come vivi il fatto che molti ti additeranno come un ex talent?

Provo a non pensarci. Voglio solo fare del mio meglio e fare in modo che la gente mi conosca per quello che sono. Chiaramente sono molto grato a Maria De Filippi ma non penso che la sua presenza possa mettermi in evidenza, nessuno può davvero aiutarmi se non soltanto me stesso.

Ci pensi alla vittoria?

Non sto pensando molto alla gara, farò il massimo sperando di fare un’ottima figura.

Come mai hai preferito “Con te” invece di “Come il sole ad ottobre”?

Il primo brano dà più energia, il secondo è veramente devastante. L’ho scelto perché l’ho visto nascere da zero e ci tengo veramente tanto.

Cosa senti quando canti in italiano?

Mi sento un’altra persona, sento di mettere in mostra un altro lato di me. Faccio fatica a cantare in italiano non per la lingua in sé quanto per il fatto che le parole mi strappano il cuore. In inglese ne servono quattro per rendere un’idea mentre in italiano ne basta una per stenderti.

Cosa pensi di quello che sta succedendo in America con Trump?

Tutto questo mi fa così male che preferisco non guardare. Mi vergogno davvero molto di quello che sta facendo.

Come ti è sembrato collaborare con J-AX e Fedez nel brano “L’Italia per me”, contenuto nel loro album “Comunisti col Rolex”?

L’Italia mi ha dato una nuova vita, ha abbracciato il mio cuore ed è uno dei paesi più belli che abbia mai visto. Mi sono molto divertito a lavorare con J-AX e Fedez, sono simpaticissimi!

La tracklist del dell'album "Sergio Sylvestre"

La tracklist del dell’album “Sergio Sylvestre”

E l’esperienza con Disney per il film “Oceania”?

In quell’occasione ho cantato il mio primo brano in italiano. Avevo tantissima ansia, mi vergognavo. Pian piano mi sono sentito più a mio agio ed è stata un’esperienza veramente stimolante, penso che ogni cantante vorrebbe farla.

Cos’è per te l’Honesty”?

Non sono un personaggio figo, sono un ragazzo normale, vorrei soltanto che la gente mi conosca, mi ascolti e magari mi apprezzi per quello che sono.

Dopo Sanremo, sarà finalmente l’ora del tour. Le prime due date saranno il 30 marzo all’Orion di Roma e il giorno successivo, il 31 marzo, ai Magazzini Generali di Milano.

Non vedo l’ora! Ce l’ho in mente da un pezzo! Ho scelto di posticipare le prime date proprio per dedicarmi solo alla lavorazione del disco, non volevo fare le cose in fretta.

Raffaella Sbrescia

Ritratti di Sanremo: Marianne Mirage presenta “Le canzoni fanno male”. Intervista con contributo di Caterina Caselli

Marianne Mirage

Marianne Mirage

Marianne Mirage con “Le canzoni fanno male” è tra gli otto finalisti di Sarà Sanremo e si esibirà in gara sul palco dell’Ariston nella categoria “Giovani” del Festival di Sanremo 2017. L’abbiamo incontrata negli uffici della Sugar a Milano; a darle tutto il sostegno possibile anche Caterina Caselli per un lungo e piacevole incontro informale. Ecco com’è andata.

«Marianne è venuta qui in ufficio da noi due anni fa e ci ha ammaliato. Il suo modo di fare non è da tutti. Durante il percorso intrapreso insieme, Marianne si è impegnata con tutta se stessa, ha agito con umiltà mettendosi in gioco e questo ci ha fatto capire che potevamo fare affidamento su di lei. Tutta l’azienda si sente coinvolta, crediamo molto in lei e la sua personalità ci induce a lavorare per lei con un piacere ancora maggiore. Nel suo ep abbiamo quindi raccolto due anni e mezzo di esperienze personali ma anche di conoscenza reciproca» – ha raccontato Caterina Caselli. «Visti i tanti impegni da fronteggiare ogni giorno – ha aggiunto la signora- non ho idea di come lavorino le altre case discografiche. Di sicuro noi non abbiamo cambiato il nostro metodo di lavoro: la Sugar lavora non solo sul brano ma anche sulla carriera e sul repertorio degli artisti. Per questa ragione quando abbiamo iniziato a lavorare con Marianne, lo abbiamo fatto pensando alla carriera, siamo editori-artigiani».

In effetti è particolare Marianne, con la sua inconfondibile capigliatura e quei tratti somatici così peculiari. Italiana doc, Marianne Mirage incarna lo spirito cosmopolita per eccellenza. Con il pallino per Londra e una giovinezza sdoganata da qualunque standard, Marianne Mirage ha fatto incetta di avventure per l’Europa, colleziona playlist dal taglio unico e ricercato e lavora personalmente alle musiche e a i testi del suo prossimo lavoro discografico intitolato “Le canzoni fanno male”, prodotto da Tommaso Colliva e Riccardo Damian. Nel pieno rispetto della sua poliedricità, Marianne esprime la sua creatività anche come regista dei suoi videoclip e come disegnatrice, curando anche artwork del disco e visual dei suoi concerti. La sua formula musicale è raffinata e graffiante grazie a quel pizzico di fascino grezzo che non guasta mai.

Intervista

Partiamo da “Le canzoni fanno male”: il brano scritto da Francesco Bianconi e Kaballà è una grintosa ballad soul che racconta l’amore perduto con uno sguardo obliquo e disincantato.

Questo brano non è stato scritto da me e non ho voluto metterci mano perché era già perfetto quando l’ho sentito. Bianconi è stato molto carino con me, abbiamo trascorso diversi giorni ad ascoltare musica insieme dopo questa mia interpretazione del brano. Sono convinta che da questo nascerà qualcos’altro perché ci siamo trovati veramente bene nel lavorare insieme.

In che senso hai lottato per averlo?

In verità non avevo in mente di andare a Sanremo perché avevo già pubblicato un disco e questo per me era il punto d’arrivo principale. In un secondo momento ho sentito questa canzone e ho voluto subito cantarla e fargliela avere perché me ne sono praticamente innamorata. Penso che questo brano sul palco di Sanremo sarà un pezzo importante.

Con quale spirito arrivi al Festival di Sanremo?

Spero di trovare il mio posto anche se nel frattempo sto vivendo un piccolo sogno. Sugar mi sta dando la possibilità di portare me stessa su quel palco, oggi non è così così per tutti. Molti hanno bisogno di partecipare a un talent prima di raggiungere certi traguardi ma magari nel talent può succedere che si possa essere snaturati da quello che si era originariamente. Qui si è lavorato su di me, la mia proposta è quella di chi non guarda le tendenze altrui, faccio quello che mi viene spontaneo. So che questa non sarà la strada più facile. Con questa canzone mi sento molto uomo, sarà perché è stata scritta da un uomo, sento un’energia molto forte ma non ho voluto saperne molto.

Cosa vorresti che trasparisse di te?

Spero sempre si veda la passione che metto nel mio lavoro, i miei progetti non nascono mai da soli e hanno sempre bisogno di un ottimo team che capisce il progetto e ne capisce il valore. Questo ep parla di me, canto in italiano ma, così come succedeva negli anni ’60, propongo un tipo di musica che non è prettamente italiana. Tengo a specificare questa cosa perché fin da piccola i miei ascolti si rifanno al mondo soul, al jazz, al blues.

Marianne Mirage

Marianne Mirage

Che rapporto hai con la tua famiglia?

Mio padre mi diceva spesso: “Tu non potrai mai fare la cantante perchè non sei nera”. Avevo 12 anni, componevo le mie canzoni con la chitarra poi però ho scoperto Edit Piaf, mi sono appassionata alla musica francese e ho capito che c’erano altre possibilità. I miei genitori non hanno mai guardato a me pensando all’idea di una cantante, adesso sono abbastanza emozionati ma gli ho chiesto di non venire a Sanremo perchè sono molto indipendente nelle mie cose di lavoro. La passione del viaggio l’ho ereditata proprio da mio padre, che è un pittore ma anche un velista. Anni fa aggiustava le barche a vela e poi le riportava ai proprietari con lunghe traversate in mare in cui portava anche me e mia madre. In ogni caso i miei non mi hanno mai imposto nulla.

Perché il nome d’arte Marianne Mirage?

Ho sempre pensato che sul palco si dovesse essere qualcosa di diverso rispetto a ciò che siamo nella vita reale. Mi piaceva anche rifarmi all’idea di Marianne, simbolo della libertà in Francia e poi sono fan di Marianne Faithfull.

Che ne pensi del rap?

Mi piace molto il rap, ascolto molti rapper e non a caso ho fatto un featuring con LowLow in “Io ti ammazzerei” e ci siamo trovati veramente in sintonia. Mi piace mettere insieme nelle mie canzoni i miei ascolti e penso che la musica di oggi abbia bisogno di questo tipo di miscela. Nel mio nuovo ep comunque non troverete del rap perché volevo concentrarmi sul mio lato soul.

Marianne Mirage e Caterina Caselli

Marianne Mirage e Caterina Caselli

Cosa ci dici dei tuoi studi?

Tornata da Londra volevo soltanto cantare ma mio padre mi ruppe la chitarra per spingermi a laurearmi. Oggi penso che un titolo di studio in Lettere e Filosofia abbia rappresentato un mio arricchimento personale per maturare la capacità di scrittura e la mia sensibilità, nonché la mia passione per la fotografia.

Senza dimenticare la tua esperienza di attrice…

La uso molto dal vivo, ho molta coscienza di quello che deve succedere sul palco. Ho studiato al Centro Sperimentale di Cinematografia a Milano.

Per quanto riguarda la tua veste di autrice: come lavori alle tue canzoni, quali sono i temi che ti ispirano e in che modo ci lavori?

Non riesco a non essere autobiografica, è più forte di me. Tutto quello che racconto ha a che fare con quello che penso, infatti anche la canzone di Sanremo la sento come se l’avessi scritta io perché parla di me. Non ho una tecnica, a volte nasce prima la musica, altre volte nascono prima le parole, di solito nascono in inglese o in francese. Non sono solita scrivere in italiano, scrivo in inglese poi faccio tutto un lavoro di adattamento testuale. Nell’ep c’è ad esempio il brano “Corri”, scelto da Pupi Avati per un film che andrà in tv intitolato “Il fulgore di Dony”, che in realtà si chiama “Slowly”.

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Come hai lavorato con il produttore Tommaso Colliva?

Lui ha soltanto ascoltato le canzoni, non ha modificato nulla, non c’erano references. Abbiamo lavorato senza strafare e con le idee molto chiare, il nostro obiettivo era raggiungere un buon equilibrio tra la resa vocale ed il mondo musicale dentro cui volevamo mantenerci.

In “Un’altra estate” collabori con Cassandra Raffaele, un’artista molto particolare…

Sì, Cassandra è davvero molto brava, le sue canzoni sono diverse dal solito. Abbiamo legato molto, sono andata a conoscerla di persona e ci siamo trovate benissimo. Le mie canzoni hanno un percorso molto lungo, ho bisogno di conoscere realmente le persone con cui lavoro, non potrei fare diversamente.

 Come vivi il live?

Il live è la cosa più bella per me. Le canzoni vivono sul palco, è lì che si consuma la musica. Sono nata suonando per strada e con i soldi che facevo dormivo sui divani, stavo via dei mesi senza dire dov’ero e con chi ero. Vengo da una famiglia molto umile, ho fatto un milione di lavori perché non ho mai sentito l’Italia come la mia unica casa per cui per me era fondamentale viaggiare.

Raffaella Sbrescia

Ritratti di Sanremo: Ron rilancia “La forza di dire sì” con L’Ottava Meraviglia. Intervista

RON ph Alessio Pizzicannella

RON ph Alessio Pizzicannella

Rosalino Cellamare, in arte Ron, sarà uno dei protagonisti del 67° Festival di Sanremo per la settima volta nella sua carriera. Nel 1970, a sedici anni, salì sul palco del Festival di Sanremo insieme a Nada, conquistando il settimo posto con “Pa’ diglielo a ma’”. La sua carriera come autore comincia nel 1972, quando scrive la musica di “Piazza Grande”, presentata poi a Sanremo da Lucio Dalla.  Restano indimenticabili alcune sue canzoni: “Non abbiam bisogno di parole”, “Anima”, “Joe Temerario”, “Vorrei incontrarti fra cent’anni”, “Attenti al Lupo”. Oggi lo ritroviamo con “L’OTTAVA MERAVIGLIA” (M. Del Forno/ Ron, F. Caprara ed E. Mangia), brano che sarà contenuto nell’edizione speciale del doppio disco“LA FORZA DI DIRE SÌ”, in uscita il 10 febbraio. Questa nuova edizione del progetto conterrà, oltre al brano sanremese, anche un secondo inedito: “Ai confini del mondo”.

Intervista

Qual è la forza delle canzoni d’amore?

La loro forza è il nostro innato bisogno d’amore continuo. Il mondo che stiamo vivendo, la difficoltà che stiamo vivendo, il nostro sentirci soli. In questo stato di cose l’amore diventa l’unica cosa che possa sostenerci.

 Come hai lavorato al brano sanremese e che tipo di chimica si è creata con i ragazzi de La Scelta?

La canzone è arrivata senza cercarla troppo. Mattia Del Forno mi ha portato un ottimo inizio del brano e poi abbiamo iniziato a lavorarci. Emiliano Mangia e Emiliano Caprara completano i crediti autorali, mi piace molto lavorare con loro e vedo che quando ci mettiamo a suonare insieme le cose arrivano in maniera spontanea. Qui c’è un’idea che mai come in questo momento fa venire fuori la canzone. Di cosa ho bisogno in questo momento? Di tutto perché mi trovo in un contesto in cui ci sparano da tutte le parti, vivere è sopravvivere. In questa condizione esistenziale il fulcro diventa la persona che hai al tuo fianco, che quindi diventa l’Ottava Meraviglia davvero.

Nel ritornello del brano c’è un riferimento all’America e all’Oriente. Cosa rappresenta per te l’una e cosa l’altro?

L’America per me è sempre stato il sogno. Ci sono andato quando avevo 17 anni, ho avuto la fortuna di andare a cantare al Madison Square Garden insieme a Massimo Ranieri. Prima erano altri tempi, si andava in pompa magna. Adesso andare in America vuol dire andare in un locale con una chitarra e chiedere di poter cantare anche se arrivi da non so quale paese. A me è successo ed è stata una cosa meravigliosa,  sono stato travolto dall’emozione. Per me l’America è ancora il paese dei sogni per chi vuole fare arte, se hai talento lì puoi fare qualcosa sul serio. L’Oriente racchiude, invece, il fascino di un paese che quasi percepisci come invisibile e poi quando ci vai ti rendi conto di essere in un posto magico.

“L’Ottava meraviglia” è stata l’unica canzone presentata a Sanremo?

No, sono state presentate 3 canzoni ed è stata scelta questa.

E l’inedito “Ai confini del mondo”?

Questo brano è arrivato in un secondo tempo. Anche in questo caso si parla di speranza, voglia di ricominciare e di chiamare ancora un nome che hai dentro e che continua a rimbombare nella mente.

Come sono cambiate le sensazioni pre-sanremesi nel corso del tempo?

Sono sempre diverse. La mia prima apparizione a Sanremo è stata nel 1970, avevo 16 anni, ero bellissimo e le ragazzine mi correvano dietro. Per il resto ero uno che era appena uscito dalla scuola, entrai in questo mondo con una grande forza, facevo spesso concorsi per voci nuove, ero abituato a stare sul palco e a combattere. Quando rivedo quel filmato, mi ritrovo a domandarmi come sarebbe adesso se avessi quella stessa forza. Gli altri Festival sono sempre stati collegati al mio iter professionale, man mano cominciavo a sentirmi responsabile per quello che avevo fatto in precedenza. Quindi oggi mi chiedo principalmente cosa penserà il pubblico di questa nuova canzone.

Cosa ti aspetti da questo Festival?

Il piacere di andare a Sanremo con Carlo Conti e Maria De Filippi è forte perché sono due persone intelligenti, che sanno ascoltare. Sono capitato in alcune edizioni del Festival veramente isteriche per cui questa premessa è già importante. Dal momento che avevo questa canzone che si collocava bene in questo contesto, ho colto la palla al balzo.

RON ph Alessio Pizzicannella

RON ph Alessio Pizzicannella

Qual è il tuo vero intento?

Ho un sogno da realizzare: dare una spinta importante al disco “La forza di dire sì”, uscito a favore della ricerca per la SLA. Si tratta di un disco che ha richiesto sei mesi di lavoro con 24 artisti eccezionali che hanno duettato con me, è stata una delle soddisfazioni più grandi della mia vita però non abbiamo ancora raccolto abbastanza per poter consegnare un bel gruzzolo all’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica). Per fare ricerca ci vogliono molti soldi per cui non mi sono accontentato e ho voluto portare di nuovo questo disco alla ribalta, esattamente un anno dopo,, per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di questa malattia.

Quindi senza questo progetto non avresti partecipato al Festival?

No. Innanzitutto perché non avevo un disco nuovo. Per me fare un disco vuol dire mettermici sul serio e per diverso tempo. Questa è l’occasione per dare forza al progetto per la ricerca.

Per quanto riguarda la cover perché hai scelto “Insieme a te non ci sto più” e perché duetti proprio con Annalisa?

Il brano lo sento particolarmente vicino perché da bambino ci facevo i concorsi per voci nuove, era un mio cavallo di battaglia e ha un testo bellissimo. Ho voluto riprendermi il brano in questa occasione anche se circolava anche “Piazza Grande” tra le papabili che ci hanno messo a disposizione. Avevo già portato Lucio Dalla tempo fa a Sanremo con “Cara” non mi sembrava onesto riproporlo. Ho scelto Annalisa perché la trovo eccezionale, lei è un outsider, è protagonista, ha delle idee, non si lascia influenzare, è una musicista che potrebbe stare benissimo in America a fare il suo lavoro.

A distanza di un anno che ricordi hai della lavorazione al disco “La forza di dire sì”?

Quello è un esempio della grande forza che abbiamo in Italia. Abbiamo anche dei grandi cuori, io ho incontrato 24 cantanti che erano completamente a mia disposizione. Non stavo promettendo loro nulla di pazzesco, non ho millantato niente, ho solo proposto di venire a cantare un pezzo con me dicendo loro che questa canzone avrebbe rappresentato un pezzetto di ciascuno, che sarebbe rimasto a chi avrebbe comprato il disco per la SLA. Si è svolto tutto in un clima di grande serenità a casa mia e ci siamo ritrovati in tantissimi, mi guardavo intorno ed ero incredulo. Tutti hanno messo l’anima nel cantare con la consapevolezza di sapere cosa stava facendo. Erano lì per fare la cosa più bella non solo per esserci e basta. Vista la forza con cui abbiamo agito, credo che un progetto del genere possa ripetersi.

Quali sono stati i riscontri da parte delle persone a cui è dedicato il disco?

Quando cammino per strada la cosa che può darmi più soddisfazione sta nel vedere che chi ha comprato il disco ha creduto in questo progetto. Il vero riscontro arriva quando vado a trovare le persone ammalate di SLA, lì sono il loro Pelè, capiscono che ho lavorato per loro, che mi sono messo a disposizione. Per questi motivi non ho voluto perdere tempo e lasciare che il disco si perdesse. L’ho ripreso in mano e ci voglio lavorare al massimo.

Qual è il tuo giudizio in merito alla nuova scena cantautorale italiana?

Sto seguendo un po’ tutti, mi piace molto Ermal Meta, mi ha colpito. Faccio ancora molta fatica con i rapper. Sto cercando un’armonia gradevole tra come cantano e quello che cantano e che musica ci mettono sopra. Sento che c’è ancora qualcosa che non funziona.

Esiste ancora l’attitudine alla lotta?

I ragazzi che esordiscono oggi lo fanno principalmente attraverso i talent per cui è chiaro che sono più abituati al palcoscenico e all’idea di giuria. In questo senso sono anche avvantaggiati perché è il pubblico a votarli. In ogni caso è giusto che ci siano, sono una realtà, alcuni sono strepitosi. Mi piacciono molto Giusy Ferreri e Mengoni, il loro approccio è stato diverso.

Dopo la partecipazione al Festival di Sanremo, tornerai live il 6 MARZO al TEATRO ARCIMBOLDI di Milano con un concerto-evento benefico a sostegno di AISLA insieme a tanti amici e colleghi. (Tra i primi ospiti confermati: Annalisa, Luca Barbarossa, Loredana Bertè, Luca Carboni, Elodie, Giusy Ferreri, La Scelta, Nek, Francesco Renga, Syria). Cosa stai preparando?

L’allestimento sarà praticamente lo stesso di quello che sarà un viaggio che prenderà il via il 6 marzo e che toccherà tutta l’Italia. Sarà una grande festa e ce la metteremo tutta per far venire quanta più gente possibile. Anche in questo caso i proventi saranno devoluti all’AISLA, così come avverrà per quelli provenienti dal brano sanremese e del brano inedito.

Raffaella Sbrescia

Austin Mahone presenta “ForMe+You”. Intervista

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Lui è giovanissimo, ha 20 anni è di San Antonio (Texas) ed è già una pop star amatissima dai più giovani: stiamo parlando di Austin Mahone, che lo scorso 30 dicembre 2016 ha pubblicato il suo nuovo ep intitolato “ForMe+You”. Questo nuovo lavoro gioca molto sui gusti molto variegati del giovane artista, in particolare quella per il pop influenzato dall’ R’n'B. L’ep contiene 8 brani e svariate collaborazioni con celebri produttori e rapper di fama, come 2Chainz, Juicy J e soprattutto Pitbull, presente come guest featuring nel primo singolo estratto “Lady” ma ormai punto di riferimento in studio per Austin Mahone. A dircelo è stato proprio la giovane star, all’indomani della sua performance live alla sfilata di Dolce & Gabbana: «Con Pitbull ho lavorato alla rivisitazione del brano dance portato al successo dal duo francese Modjo all’inizio degli anni 2000. Abbiamo presentato il brano in anteprima live allo show di capodanno di Pitbull e in poche ore il brano ha accumulato oltre 400 mila ascolti solo su Spotify! Io e Pitbull avevamo già lavorato insieme in passato e continueremo a farlo anche in futuro». “ForMe+You” è il terzo ep per Austin Mahone: il debutto deflagrante è del 2014 con “The Secret”, prodotto da RedOne (Mika, Lady Gaga, Jennifer Lopez) e contenente la hit “Mmm Yeah” il cui video ufficiale totalizza 150 milioni di visualizzazioni. Nel 2015 segue “This Is Not The Album”, anticipato dal singolo “Dirty Work e dopo questo Ep si vociferà già che nel 2017 ci sarà la pubblicazione del suo primo “full lenght”: «Sono sempre al lavoro in studio. Insieme ai miei produttori creiamo le tracce e beats. In un secondo momento lavoriamo alla registrazione e infine alla scelta delle melodie giuste. I lavori sono a buon punto, spero che quest’anno sia quello buono!».

Austin Mahone

Austin Mahone

A proposito di “ForMe+You” racconta: «Il progetto nasce dal passato: ho collaborato con diverse persone per realizzare otto canzoni, ognuna delle quali ha differenti suoni e messaggi. Personalmente amo tutta la musica. Mi piace dal country all’ R&B. Anzi, non vi nascondo che mi piacerebbe molto collaborare con George Strait: lui è un grande in Texas per la musica country». Un’anima artistica onnivora quella di Austin sempre molto presente sui canali social con quasi 10 milioni di follower su Instagram, 9,7 milioni su Twitter, di 13,2 milioni di like su Facebook: «Sono sempre il primo a pubblicare tanti post e tanti selfie. Penso che i social network, snapchat in particolare, possa essere un modo per divertirmi ma anche per spiegare i miei progetti, dire sempre cosa faccio e interagire con i miei fans». Infine l’annuncio di prossimo ritorno in Italia (con tanto di tweet che testimoniano la nostalgia di Austin nei confronti della cucina italiana): «Vi adoro ragazzi, grazie per il vostro continuo supporto. Tornerò presto in Italia, non vedo l’ora di sentirvi cantare insieme a me. Mi sto organizzando per tornare a trovarvi!»

Raffaella Sbrescia

La tracklist:

When We Make Love (feat. Juicy J)

Pretty and Young

Lady (feat. Pitbull)

Better With You

Double Up

Wait Around

Except For Us

Shake It For Me (feat. 2 Chainz)

Ascolta qui l’Ep:

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