Il 19 maggio uscito “You” (Baraonda/Artist First), il nuovo album dei The Kolors. Stash Fiordispino, il cugino Alex Fiordispino e Daniele Mona tornano in pista con un disco di inediti registrato tra Milano e Londra con la collaborazione di Gucci Mane, Daddy’s Groove, Tommaso Colliva e la partecipazione di Andy Bell e Gem Archer (Oasis). La notizia importante è questo nuovo progetto spinge i The Kolors oltre confine e lo fa senza mezze misure. Il suono, curato, giovane, metropolitano esce dagli schemi e raccoglie influenze, richiami, idee sotto un unico tetto. Con questo nuovo lavoro, il trio prova a rimettersi in carreggiata mantenendo alcuni tratti della propria identità pop senza rinunciare a proporre un suono fresco. Assoli di chitarra melodie radiofoniche, contaminazioni e influenze innescano un meccanismo di fusione tra rock, pop ed elettronica. “Abbiamo lavorato senza mai pensare che dovevamo fare qualcosa per restare sulla cresta dell’onda – hanno raccontato i The Kolors durante la conferenza stampa di presentazione del disco a Milano – Abbiamo voluto scrivere le nostre canzoni, fare la nostra musica e Lorenzo Suraci ci ha dato la libertà di poterlo fare esattamente come desideravamo. Per noi non esiste il ragionamento del “batto il ferro finchè è caldo”. Ci siamo chiusi in studio e abbiamo pensato a fare del nostro meglio. Il nostro unico mantra era: divertiamoci. Abbiamo lasciato la negatività fuori dalla porta e si sente. Non abbiamo lavorato pensando di dover sbarcare all’estero ma siamo contenti di avere in mano un lavoro che può sicuramente giocarsi qualche buona carta fuori dai confini dell’Italia”.
Video: What Happened Last Night
Ad arricchire il progetto anche uno speciale artwork realizzato in collaborazione con con Sergio Pappalettera di Studio Prodesign: “Con lui abbiamo elaborato una sorta di simbolo che potesse rappresentare una sfera globale della comunicazione visiva, un occhio psichedelico che potesse racchiudere un mondo in cui tutto è assuefatto dall’uso della tecnologia”. E così dopo aver collaborato con J-Ax e Fedez in “Assenzio” e aver prodotto alcuni dei brani del primo Ep di Thomas “Adesso più che mai”, Stash si concentra sulla nuova strada di un album ispirato a tanti momenti personali. Su tutti il brano strumentale “Souls connected”: “Ho scritto questo brano subito dopo la morte di mio nonno, una persona con cui sono praticamente cresciuto. Appena ho ricevuto la notizia, mi sono lasciato andare per esprimere tutto quello che provavo in quel momento. Credo che in questo caso la chitarra canti più di me”. Il risultato è un brano davvero notevole, psichedelico, di chiara ispirazione Pink Floydiana e di grande forza espressiva. Non solo riferimenti vintage, i the Kolors spaziano tra generi e generazioni, a dimostrarlo è la loro grande stima nei riguardi dei Twenty One Pilots: “Siamo andati a sentirli a Milano, li abbiamo anche incontrati e occupano un ruolo importante all’interno della vastissima rosa dei nostri ascolti” – ha spiegato Stash. “Le playlist oggi sono le più varie possibili, allo stesso modo anche il nostro album intende muoversi con disinvoltura tra tematiche e sonorità ricercate. Per quanto riguarda i contenuti, abbiamo cercato di analizzare il modo con cui le persone si rapportano con il web e con i social network in particolare. Noi, a differenza di molti, non investiamo emotivamente nel web. Proviamo, piuttosto, a viverlo come un normale veicolo di mutuo scambio. Non temiamo lo scontro con il pubblico e non suoniamo in funzione di quello che ci si aspetterebbe da noi. Quello che cerchiamo di fare è essere noi stessi in ogni contesto senza mai smettere di essere molto permeabili nei riguardi di quello che ci piace”. A questo punto non ci resta che immaginare come potrà essere il nuovo tour che, a giudicare dalla potenza delle tracce del disco, non deluderà i clubbers: “Le nostre sono storie di club life. In estate ci saranno dei concerti di “riscaldamento” poi in autunno partirà il vero e proprio tour in cui cercheremo di accontentare tutti. Veniamo dal mondo delle suite lunghissime, il nostro messaggio abbraccia gli anni ’80 e quando suoniamo dal vivo non amiamo ripeterci. Il live sarà sicuramente diverso dal disco, il nostro obiettivo sarà integrare il mondo della canzone alla produzione elettronica. Ci sarà da divertirsi”!
Raffaella Sbrescia
TRACKLIST
01. Intro
02. You
03. Crazy
04. What happened last night (feat. Gucci Mane e Daddy’s Groove)
05. Don’t understand
06. Chemical love
07. Souls connected
08. Crystallize
09. High
10. No
11. What happened last night
12. Dream alone (feat. Andy Bell e Gem Archer)
The Kolors partiranno oggi per il tour degli instore, e a luglio e agosto saranno in tutta Italia per una serie di appuntamenti live organizzati da F&PGROUP (Info www.fepgroup.it):
08/07 BELLARIA IGEA MARINA (RN) – Area Porto Canale 10/07 MAROSTICA (VI) – Piazza Degli Scacchi 15/07 COMO – Arena Teatro Sociale 11/08 MARINA DI CASTAGNETO (LI) – Marina Arena – Bolgheri Festival 12/08 MARINA DI PIETRASANTA (LU) – Teatro La Versiliana 16/08 PAESTUM (SA) – Teatro Dei Templi 18/08 ZAFFERANA ETNEA (CT) – Anfiteatro Falcone E Borsellino 19/08 PALERMO – Teatro Di Verdura.
La vita sa metterti a dura prova ma da qualche parte devi sempre riuscire a tirare fuori la forza per andare avanti. Quando la trovi, devi usarla per te stesso, certo, ma anche e soprattutto per chi ti sta intorno. Ecco, forse da qui nasce “Come se non ci fosse un domani”, il nuovo album di Omar Pedrini, in uscita domani 12 maggio per Warner Music. Si definisce vintage, lo zio Rock, così amano chiamarlo i suoi fan. Lui, a quasi 50 anni e con due interventi a cuore aperto all’attivo, si è rimesso in carreggiata con un disco che richiama le atmosfere e i toni degli anni ’70 ma che invece trova ispirazione nei grandi dilemmi che scandiscono i nostri giorni privi di certezze. Ecco cosa mi ha raccontato negli uffici Warner di Milano.
Intervista
Ti aspettavamo da tanto tempo. Cosa ti ha spinto a tornare?
Questo album è nato più per urgenza che per consapevolezza. L’ho scritto con la pancia, quasi in contemporanea con l’ultimo incidente cardiaco che mi è occorso. Tutti i brani di questo album sono nati da lì tranne “Un gioco semplice” che avevo già registrato. Ricordo benissimo quel giorno mentre ero in ambulanza a vele spiegate e non riuscivo a stare sdraiato. Ero a Bologna, ripensavo ai mitici anni ’90, a quando tutte le porte mi si aprivano davanti, ho pensato a Freak Antoni e a quanto mi mancasse lui e l’atmosfera di quegli anni. Questo brano è molto più di una dedica, non ho mai intitolato una canzone con un nome proprio di una persona, stavolta era l’occasione giusta.
La canzone in questione ha avuto dei riscontri da parte degli Skiantos?
Sì, mi ha contattato Dandy Bestia, altro membro importante del gruppo. Abbiamo suonato insieme il brano e forse verrà inserito nel loro disco. Quest’estate dovrebbe essere inaugurata la statua dedicata a Freak Antoni immortalato nelle vesti di direttore d’orchestra seduto su un water. Mi piacerebbe suonare la canzone in occasione dell’inaugurazione. Ho provato a portare il brano anche all’ultimo Festival di Sanremo, sapevo che Freak avrebbe voluto andarci ad ogni costo ma purtroppo il brano non è stato accettato.
Quali sono le riflessioni che hanno scandito la realizzazione di questo progetto?
La valutazione più importante che ho fatto è che sono uno che non molla mai. I miei fan mi chiamano zio rock ma da sempre sono “il guerriero”. In questo disco istintivo racconto del mio senso di incertezza. Quando sono stato operato mi hanno detto che avrei potuto suonare ancora ma senza spingere troppo, io sono un rocker, o suono al massimo o niente. I filosofi dicono “vivi ogni giorno come fosse l’ultimo”; ecco questo concetto ormai ci abbraccia un po’ tutti. La parola chiave di questo ragionamento è nel singolo: mi sveglio e sento che ho già paura.
Quindi questo filo conduttore attraversa tutti i brani?
Questo non è un concept album eppure i brani parlano dello stesso argomento visto da angolazioni diverse. La paura è in ciascuno di noi, c’è paura della guerra, del terrorismo, dell’altro, di arrivare a fine mese. Ho provato anche io la sensazione di stare “col culo per terra” quando non potevo lavorare per motivi di salute. Poi c’è anche la paura per la salute della terra, l’uomo sta distruggendo tutto e nessuno fa niente.
Alla luce di questi ragionamenti, come hai fatto a scrivere il brano “Sorridimi?
Vero, anche i titolo sono apocalittici. Beh, una mattina ero molto pensieroso, non riuscivo a pensare al futuro poi mia figlia Emmadaria di quattro anni mi è saltata in braccio stampandomi un sorriso in faccia e mi sono convinto che avrei fatto qualcosa per reagire. Cerco di dare segnali e dritte a lei, a mio figlio Pablo e a tutti i ventenni. Mio figlio mi parla su whatsapp, dal vivo non mi riesce a dire cose che invece abitualmente mi scrive. Da ragazzo mio padre mi parlava, mi invitava a pranzo e mi metteva ansia anche il solo pensarci. I ragazzi di oggi si sono chiusi in loro stessi, fanno una rivoluzione al contrario. Da giovane volevo fare il giornalista, appena iscritto alla facoltà di Scienze Politiche c’erano già le fazioni in cui avrei dovuto schierarmi. Qualcuno mi disse: non ti occupare di politica, sarà lei a occuparsi di te. E così è stato.
Quindi qual è la tua opinione dei giovani moderni?
Io credo nei giovani, non sono come chi dice che i giovani di oggi non valgono un cazzo. Ai miei tempi dovevi essere impegnato, oggi sono pacifista. Ho fatto la mia scelta dopo un incontro con i monaci tibetani ma, attenzione, essere buoni non vuol dire essere deboli. Sono nato incendiario e morirò piromane. Ai giovani dico: uscite e combinate qualcosa, qualunque cosa. Ho un bellissimo ricordo della sfilata dei ragazzi dei Liceo Manzoni di Milano. Purtroppo i giovani si sono persi nel mondo digitale, non sanno come organizzarsi, non si aggregano più, ci sono tanti mini-gruppi, non fanno più rete.
Cosa ci dici di tutte le tue altre attività?
In questo momento ho deciso di concentrarmi sulla musica. Per tanti anni sono stato un cane sciolto, avevo il mio ufficio stampa e mi gestivo tutto da solo. Ora con il mio manager ho scelto di focalizzare l’attenzione sulla mia attività primaria, la musica è mia moglie le altre arti sono le amanti. Quando ho realizzato che potevo cantare ancora, mi sono sentito un esordiente al secondo album. Sono stato per 8 anni in un angolo, conto di continuare ad insegnare perché quello potrebbe essere il mio piano B ma ora mi godo questa seconda vita che, da appassionato di rugby, mi piace chiamare “terzo tempo”.
Omar Pedrini
Come è venuto fuori il brano scritto da Ferlighetti?
Come sapete, Lawrence mi aveva già regalato due reading nei miei dischi. Lui ha 98 anni e vive a San Francisco ma quando sono stato male mi ha scritto una lettera che mi ha dato tanto coraggio. Un giorno, durante uno dei suoi incontri, era vestito da cowboy e un bambino gli si è parati davanti chiedendogli se fosse un cowboy vero. A quel punto Lawrence è rimasto spiazzato di fronte alla domanda che lo poneva di fronte all’assenza di un cavallo. Quindi ha spiegato al bimbo che lui cavalca tutti i giorni un cavallo invisibile e lì è nata “Desperation Horse”, un brano che mi ha donato e che ho rispettosamente lasciato in inglese.
Un buon auspicio per il nuovo tour?
La vera tourneè partirà a settembre. Voglio accompagnare questo disco come un bambino, farò un mese di incontri in Feltrinelli, in estate parteciperò a dei Festival e farò un po’ di date in Inghilterra.
A proposito come è andata la collaborazione con Noel Gallagher degli Oasis?
Il legame con l’Inghilterra è sempre stato molto forte, spesso una sorta di tallone d’achille. Eppure stavolta mi ha messo in contatto con Noel e il management degli Oasis. Ci frequentiamo spesso e mi sono divertito a realizzare la versione italiana di “Simple Game of a Genius”, un brano che aveva inciso solo per il mercato giapponese.
Chiudiamo questa intervista con una nota in merito ai suoni che hai scelto per questo album…
I suoni hanno una matrice anni ’70, ho cercato di fare un lavoro per sottrazione immaginando le canzoni come se fossi già sul palco a suonarle. Ora che ho una casa discografica mi piacerebbe farmi produrre da qualcuno, magari da qualche inglese e imparare cose nuove.
Raffaella Sbrescia
Questa la track list di “Come se non ci fosse un domani” :
1. Come se non ci fosse un domani
2. Fuoco a volontà
3. Dimmi non ti amo
4. Il cielo sopra Milano
5. Un gioco semplice
6. Angelo ribelle
7. Desperation Horse
8. Ancora lei
9. Freak Antoni
10. Sorridimi
Video: Come se non ci fosse un domani
Le date degli instore:
Dal 12 maggio Omar Pedrini incontrerà i fan negli store delle principali città Italiane : il 12 maggio a Torino alla Feltrinelli di Piazza CLN 251 h.18.30; il 13 maggio a Brescia alla Feltrinelli di Corso Giuseppe Zanardelli, 3 h.17.00 ; il 14 maggio a Verona alla Feltrinelli di Via Quattro Spade, 2 h.11.30 ; 15 maggio a Padova alla Feltrinelli di via San Francesco 7 h. 18.00; il 16 maggio a Milano ala Feltrinelli di Piazza Piemonte 2 h.18.30; 17 maggio a Bologna alla Feltrinelli di Piazza Ravegnana h. 18.00; 18 maggio a Firenze Feltrinelli RED di piazza della Repubblica h.18.30; 19 maggio a Genova Feltrinelli di via Ceccardi 16 h.18.00; il 23 maggio a Roma alla Feltrinelli di via Appia Nuova 427 h.18.00; il 24 maggio a Bari alla Feltrinelli di via Melo 119 h.18:30.
Lei è una cantastorie scozzese e “UNDER STARS” è il titolo del suo quarto album. Stiamo parlando di Amy Macdonald, la cantautrice che a 29 anni vanta 5 milioni di dischi venduti nel mondo a partire dall’esordio nel 2008 con il successo internazionale di “This is the Life”. L’abbiamo incontrata negli uffici di Universal Music a Milano, ecco cosa ci ha raccontato.
Intervista Ciao Amy, come ti senti a questo punto della tua carriera?
Stento a realizzare che siano passati tanti anni dal mio esordio. Essere qui a parlare del mio quarto album è un traguardo importante che mi dà la possibilità di rendermi conto in maniera tangibile dei passi che sono riuscita a fare fino ad oggi. L’esperienza professionale non ha cambiato la mia personalità e la mia essenza. Frequento gli amici di sempre e ho mantenuto un forte legame con la mia città.
Cosa stimola la scrittura delle tue canzoni e con quale obiettivo componi i tuoi brani?
Amo lasciarmi ispirare da tutto quello che faccio e dai luoghi in cui mi imbatto. Ogni brano dell’album ha una sua storia e deriva direttamente da esperienze che ho vissuto da sola o con degli amici. In genere immagazzino pensieri e idee e poi aspetto di trovarmi a casa, a Glasgow, per mettermi comoda e mettere nero su bianco tutto quello che ho vissuto.
Ad esempio?
“Dream On” è dedicata ad una mia amica che ha attraversato un momento molto duro. La canzone in realtà contiene un potente messaggio di speranza e spero di essere riuscita ad infonderle coraggio. Diverso è, invece, il caso di un altro brano come “Down By The Water” ispirato da una conversazione incentrata sulla perdita di qualcosa o qualcuno. Il brano è nato molto velocemente, aveva un forte senso di urgenza al suo interno eppure quando l’ho inciso la prima volta non lo percepivo più allo stesso modo. Questo è il motivo per cui mi sono presa il rischio di fermare i lavori di produzione del disco per rifare questa canzone al meglio; posso dire che il risultato mi ha dato ragione.
Amy Macdonald
Come è nato questo album e quali sono le caratteristiche che contraddistinguono l’intero progetto?
Ogni brano nasce da momenti precisi ma completamente diversi tra loro. Il filo conduttore che attraversa la tracklist è il desiderio di positività. Mi stimola l’idea di scrivere brani che possano far sorridere e commuovere chi le ascolta. Il processo di scrittura è iniziato nel 2015, subito dopo la fine del tour precedente. Mi sono presa tutto il tempo necessario per poter fare qualcosa che soddisfacesse me per prima. Molti mi hanno fatto notare un’evoluzione del suono dal folk al pop/rock ma credo che la cosa sia dipesa dal fatto che, a differenza degli altri album in cui ho lavorato in autonomia, stavolta ho collaborato con alcuni dei miei musicisti sin dalla fase di scrittura dei testi. Per questo motivo i demo delle canzoni erano già più corposi e strutturati e ho voluto lasciarli così anche nella versione finale del disco.
Cosa ci racconti della tua esperienza in tour? Come vivi il contatto con il pubblico quando sei sul palco?
Il live è sicuramente il momento che preferisco di più in assoluto. Amo esibirmi e coinvolgere le persone con la mia musica insieme alla mia band.
Ti vedremo in Italia?
Non ci sono ancora delle date fissate ma mi farebbe davvero piacere venire a suonare da voi. Tempo fa ho partecipato a qualche show e a qualche Festival in Italia e ne conservo un ottimo ricordo. Spero sia di buon auspicio per il futuro!
“Despacito” è diventata da diverso tempo il tormentone del 2017 italiano. Il video del brano, che in Italia ha raggiunto il 4° disco di Platino, ha superato il miliardo di visualizzazioni testimoniando un successo che non accenna a fermarsi anche grazie al remix realizzato con Justin Bieber. Scritta da Luis Fonsi e Daddy Yankee in collaborazione con Erika Ender e prodotta da Andrés Torres e Mauricio Rengifo, “Despacito” ha rilanciato la ventennale carriera di Fonsi che nel corso degli anni non ha mai smesso di reinventarsi. Dopo una lunga gavetta fatta di provini e tentati approcci a etichette della sua città, nel 1998 Fonsi registra il suo primo album “Comenzaré” e inizia un percorso fitto di collaborazioni ed esperienze importanti. Col quinto album, “Abrazar la Vida”, Fonsi si impone anche in Europa diventando una star apprezzata a livello internazionale. Attivo anche come attore - nella telenovela messicana “Corazones al límite” e nella serie Nickelodeon “Taina”, Fonsi è anche molto impegnato nel sociale (tra le altre cose è il portavoce del St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis, Tennessee). In attesa di rivederlo in Italia tra poche settimane per partecipare il prossimo 5 giugno in qualità di ospite internazionale all’edizione 2017 dei WIND MUSIC AWARDS (5-6 giugno Arena di Verona) ecco cosa ci ha raccontato in occasione del nostro incontro negli uffici di Universal Music a Milano.
Intervista
Ciao Luis, come stai e come vivi questo periodo di travolgente successo?
Ho iniziato questo mestiere quando avevo 17 anni ma non mi sento vecchio, anzi, posso dire di non aver ancora scritto la mia canzone migliore e di non aver raggiunto il top della mia carriera. Sono sempre alla ricerca di cose nuove da imparare, non mi sento stanco, mi sento alla grande, Vivo questo momento come un nuovo inizio per accedere a nuovi mercati e conoscere nuovi paesi. Il calore del pubblico italiano mi regala tanta gioia, spero di conoscerlo meglio e instaurarci un rapporto duraturo.
“Despacito” ormai esiste in tante versioni. In rete girano tantissimi video, ce n’è qualcuno che ti ha colpito in particolar modo?
Dei tanti video che ho visto ce n’è uno che mi ha divertito molto in cui una giovane ragazza balla con suo nonno dietro di lei. Quello che mi ha colpito è stato vedere due generazioni a confronto che si divertono sulle note della mia canzone. Esistono diverse versioni di “Despacito” in lingue diverse, alcune le ho condivise sulla mia pagina Facebook, ne sono molto felice.
Quindi usi spesso i social network?
Uso i social allo stesso modo, forse Instagram lo uso di più ma non ne ho uno preferito in particolare, adoro semplicemente la loro capacità di connettere le persone. Si tratta di un buon termometro di conoscenza delle persone e del loro modo di pensare, ricevo messaggi in tutte le lingue del mondo, è l’occasione per me di imparare un po’ di lingue nuove!
Che parole useresti per descrivere “Despacito”?
Questa non è una canzone d’amore, è una canzone sensuale. Prima di “Despacito” ho scritto molte canzoni d’amore, questa è una fase di transizione, racconto di un sentimento provocante.
Ogni anno in Italia ci sono due o tre tormentoni latino-americani. Questo è il tuo anno, come ti senti a riguardo?
Trovo eccitante il fatto che l’Italia abbia scelto la mia canzone come tormentone dell’anno, è stata una grande sorpresa sia per me che per tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione del brano. Questa canzone ha connesso tante persone nel mondo, un fatto simile non accade tanto spesso. Sogno di cantare in paesi dove non mi sono mai esibito prima, spero di conoscere a ampliare sempre di più il mio pubblico.
Ti piacciono molto le collaborazioni!
Ho sempre amato le collaborazioni fin dagli inizi della mia carriera nel 1998. Ho lavorato con Christina Aguilera, Laura Pausini, ho spaziato tra i generi e le persone. Daddy Yankee è più vicino alla scena urban, sono stato felice di aver lavorato con lui perché ha portato la canzone ad un livello più alto. Sono un fan della musica, conosco tanti artisti italiani: oltre alla Pausini ci sono Eros Ramazzotti, Tiziano Ferro, Nek. In ogni nazione ci sono tante persone che vorrei conoscere. La musica es para compartir no para competir.
Che rapporto hai con Laura?
Abbiamo condiviso molto tempo insieme sia da amici che da colleghi. Lei è simile a me, è molto naturale, ha un forte legame con le radici e la famiglia. Lei è una delle migliori star femminili che abbia mai conosciuto.
Come si sta evolvendo, secondo te, il pop latino?
Quando pensi alla musica come a un prodotto, sbagli approccio. Bisogna essere onesti e lasciare spazio all’anima. “Despacito” è probabilmente la canzone più semplice che io abbia mai scritto ma è semplice in un modo interessante: il testo cerca di essere sensuale in modo divertente e provocante. Ho scritto bellissime canzoni d’amore per diciannove anni, non potrei essere diverso da chi sono. Disco dopo disco cerco di evolvermi senza stravolgere la mia natura, la gente sa che po’ aspettarsi sempre qualcosa di nuovo da me. Amo voltare pagina, gli artisti che preferisco non hanno mai avuto paura di crescere e cambiare. Io ho colto l’occasione con “Despacito” e grazie a Dio mi è andata più che bene. Quando senti che tutto si allinea nel modo giusto in maniera naturale allora sai di aver fatto un buon lavoro. In questo caso sapevamo di aver scritto un brano che sarebbe piaciuto alla gente, questo per me è il nuovo latin pop. Il pop tradizionale è il suono di ieri, il suono di oggi deve avere un tocco urban.
Raffaella Sbrescia
Luis Fonsi, Daddy Yankee – Despacito (Audio) ft. Justin Bieber
“IO+IO” è il titolo dell’ultimo progetto discografico di Syria. Pubblicato il 28 aprile su etichetta Universal Music, l’album contiene i brani interpretati dalla cantante durante il concerto evento “Vent’anni in una notte” tenutosi al Teatro Grande di Brescia per celebrare i vent’anni di carriera musicale. Con Syria sul palco quella sera c’erano tanti amici e un’orchestra di cinquanta elementi diretta dal maestro Bruno Santori. Syria ha ripercorso qui le tappe più importanti di una carriera eclettica iniziata nel 1996 quando, poco più che diciottenne, inizio un percorso scandito da un unico filo conduttore: la libertà. In “IO+IO” l’artista duetta con Emma, Noemi, Paola Turci, Francesca Michielin, Ghemon ed Emiliano Pepe. L’album, che si apre con la lettura di una favola scritta dalla Pina e dedicata personalmente a Syria, contiene anche cinque inediti e la cover di un brano di Ambra, “Io Te Francesca e Davide”.
Intervista
Ciao Syria, come stai? Quale bilancio fai della tua carriera e con quale stato d’animo pubblichi questo lavoro?
Questo album s’intitola Io + Io ma racchiude il concetto di 10 anni più 10, due fasi della mia vita distinte e separate in cui si sono avvicendate le mie mille me. Ho amato il mio primo periodo, quello in cui ho sperimentato con Mattone in un mondo un po’ patinato. Per me che mi sono resa autonoma molto presto è stato fisiologico prendere stare diverse. Ho un bel ricordo della collaborazione con Biagio Antonacci perchè ha segnato il passaggio dalla melodia al pop determinando l’inizio della mia vita radiofonica. In quegli anni c’era più spazio, più attenzione, eravamo tutti più liberi e più comodi. L’incontro con Pierpaolo (Peroni) mi ha ribaltato la vita, mi sono innamorata di questa persona che mi ha dato modo di crescere occupandomi di altro. Con lui ho fatto cose anche un po’ lontane da me. L’esperienza teatrale con Paolo Rossi mi ha dato la possibilità di calmarmi e respirare, in quell’occasione ho capito cosa mi stesse succedendo, ho preso le misure dei miei desideri. Quello che è rimasto immutato in tutti questi anni è la mia curiosità, ho sempre voluto fare cose nuove senza limitarmi a fare il compitino. In qualità di interprete mi piace trovare una chiave sempre diversa per sentirmi a mio agio. Ho abituato il pubblico a questi cambiamenti, non riesco a fare a meno di fare tante cose. Sono felice di essere arrivata a questo progetto con la giusta consapevolezza, mi è piaciuto coinvolgere alcune mie amiche e colleghe e non escludo che mi piacerebbe pensare a qualche evento che possa vederci tutte insieme su un palco. Sarebbe bello coinvolgere le più grandi dive della musica italiana, adoro la coralità artistica tutta al femminile.
Cosa ci dici degli inediti che hai messo in questo lavoro?
Questi 5 inediti rappresentano tutte le Syria, è stato tutto molto naturale e quello che ascolterete è il frutto di una scelta di cuore.
Sul fronte live?
Da due anni a questa parte porto in giro “Bellissime”, un ripasso che faccio col pubblico, uno spettacolo senza scadenze che riunisce le grandi cantanti italiane dagli anni 50 agli anni 80. Tutti mi chiedono se farò un tour ma mi chiedo perché farlo a tutti i costi, andare in giro è faticoso ed è faticoso farlo anche nei contesti che mi piacciono di più. Io ho quel mondo lì, non cerco di più, non mi sento in dovere di stupire. Sicuramente farò delle date elettroacustiche, ci saranno i miei Djset e poi ho un’idea in testa…
Cioè?
Sto lavorando ad un progetto che mi dia la possibilità di portare in scena il repertorio di Gabriella Ferri, spero di farlo al più presto.
Syria
Tu che hai così tanti interessi, che rapporto hai con l’estero? Hai qualche collaborazione nel cassetto?
Siamo in tanti, ormai si fa la fila per tutto. Io mi metto in fila volentieri, mi passano davanti dei treni ma la prendo con filosofia. Ci sono tante cose belle che mi vivo appieno e tra queste c’è il mestiere di mamma che rimane il più bello. Per il resto non mi dispiacerebbe approfondire l’aspetto produttivo del mio lavoro oppure aprire un negozio di abbigliamento vintage. Per quanto riguarda l’estero mi perdo spesso ad ascoltare tanti artisti, presto andrò al Primavera Sound e mi metterò a sognare sottopalco come sempre. Sogno che James Blake produca un mio disco ma nel frattempo aprirò il concerto di Justin Bieber al Parco di Monza con un djset insieme a Pierpaolo.
E Ayris?
Mi piacerebbe produrre un nuovo disco, so che questa idea avrebbe un riscontro positivo in più ambiti che conosco.
Rifarai Top Dj?
Sì, il programma si farà a dicembre. Mi piace il genere, mi sto documentando e spero sempre di poter dare il mio contributo al meglio.
I Kasabian sono pronti a tornare in pista con un nuovo album ispirato al classic rock. “For Crying Out Loud” è il titolo del disco in uscita il 5 maggio, preceduto dal singolo che ha fatto da apripista “You’re In Love With A Psycho”. Il sesto album della band composta da Sergio Pizzorno (voce e chitarra), Tom Meighan (voce), Chris Edwards (basso), Ian Matthews (batteria) and Tim Carter (chitarre) è stato scritto e prodotto da Pizzorno (cantante e chitarrista del gruppo) e registrato al Sergery, il suo studio a Leicester, nel giro di sei settimane. Descritto come un disco istintivo, felice e particolarmente ispirato, “For Crying Out Loud!” è figlio di una mentalità creativa old school ma tiene conto del ricambio generazionale e delle evoluzioni linguistiche che ormai hanno acquisito la quasi totalità dell’ utilizzo corrente. In attesa di ascoltarli in Italia il 19 luglio al Teatro Antico di Taormina, il 21 luglio al PostePay Sound Rock’in Roma Ippodromo delle Capannelle (Roma), il 22 luglio, all’Anfiteatro Camerini, Piazzola sul Brenta (Pd) e il 23 luglio al Lucca Summer Festival Piazza Napoleone (Lucca), abbiamo incontrato i Kasabian negli uffici della Sony Music a Milano. Ecco cosa ci hanno raccontato.
Intervista
Bentrovati ragazzi, qual è lo spirito che attraversa questo vostro nuovo lavoro?
L’intento era quello di mettere a punto un album in grado di trasmettere benessere. In questo disco speranza e felicità la fanno da padrone. La struttura delle canzoni è quella classica tuttavia ci siamo divertiti a fondere tra loro stili e generi diversi.
In effetti si nota un certo lavorìo. Come è andata nel dettaglio?
Ci siamo ispirati al rock, quello classico degli anni ’70, ma abbiamo scelto di reinterpretarlo alla nostra maniera. Ci siamo riavvicinati alle radici prediligendo l’uso delle chitarre e mantenendo l’uso dell’elettronica che c’è sempre stata nei nostri lavori.
Da dove nasce il singolo “You’re in Love with a Psycho”?
Questa è una canzone in cui tutti possono rispecchiarsi, un brano in cui amore e follia convivono nello stesso momento.
Come mai avete deciso di incidere un disco in controtendenza rispetto ai tempi che corrono?
La nostra musica intende portare gioia a chi l’ascolta. Nel nostro lavoro precedente ci siamo abbondantemente dedicati alle tematiche relative all’attualità e, dato che questi contenuti ricorrono nei lavori di tanti altri artisti, stavolta ci siamo concentrati nel fare del sano rock’n’roll.
Come è avvenuta la scelta del titolo “For Crying Out Loud”?
Il titolo riprende l’espressione “For Fuck Safe”. Questa è musica che viene dal cuore, che fa urlare ma anche piangere e ridere.
Chi c’è in copertina?
Si tratta di uno dei tecnici che ci seguono quando siamo in tour!
Uno dei brani con la personalità più spiccata è “Are You Looking For Action”…
Ogni disco classico che si rispetti ha bisogno di momenti in cui si rielabora un po’ tutto il discorso. Questo brano è uno di quei momenti. Siamo partiti con un brano di tre minuti ed è diventato di otto; un bellissimo risultato per noi.
Quali ascolti confluiscono in questo disco?
Tra gli altri citiamo Ramones, Blondie, Sex Pistols, The Stooges.
Cosa è accaduto durante le sei settimane di gestazione di questo album?
Ci siamo affidati all’istinto senza fare nessun ragionamento particolare. “Bless this Acid House” e “Ill Ray (the King)” sono i pezzi “killer” che abbiamo aggiunto alla fine.
Video: You’re in Love With a Psycho
A proposito chi è III Ray?
Il padre di Sergio è solito chiamarlo “King”, il titolo del brano s’ispira ad un’opera italiana.
Da dove salta fuori tutta questa dirompente ironia?
Ce l’abbiamo sempre avuta, forse ora è più evidente.
Nei testi si evince la voglia di stare al passo dei tempi con un relativo adeguamento del vostro linguaggio, è così?
Il tipo di linguaggio che usiamo traspare sin dalla copertina, quello che cerchiamo di fare è proprio quello di tenere conto dei cambiamenti del linguaggio nelle nuove generazioni.
Cosa pensate del fatto che siete una delle ultime rock band rimaste indenni nel 2017?
Una ballad come “Goodbye Kiss” ci ha resi famosi ma questo è il nostro bello: siamo imprevedibili. Il passaggio allo streaming ha condizionato irrimediabilmente l’ascolto della musica ma anche il modo di pensare agli album. Noi non siamo fissati col passato, consideriamo il disco come un’opera d’arte da prendere nel suo insieme ma non pensiamo ai singoli. Di solito la musica contemporanea prende vita nel corso di estenuanti riunioni in cui si riuniscono 12 autori che pensano ai prodotti da studio. Noi invece facciamo musica con il cuore, questo è un disco vero e sentito ed è questo che lo renderà potente facendo la differenza.
Esce oggi “Nel caos di stanze stupefacenti” (Carosello Records) il nuovo album di inediti scritti e interpretati da Levante, la cantautrice siciliana che con il suo stile unico è riuscita a ritagliarsi un ruolo di primo piano all’interno dello scenario pop nazionale. “Nel caos di stanze stupefacenti” segna il suo ritorno discografico, a distanza di due anni da “Abbi cura di te”. Un disco interamente scritto da Levante che ha avuto un ruolo attivo nella realizzazione di ogni dettaglio di questo progetto. Attraverso dodici canzoni che raccontano di tanti stati emotivi diversi, l’artista ha scelto di raccontarsi in un album energico, ironico, libero ed emozionante.
Intervista
Bentrovata Levante, cosa dobbiamo aspettarci da “Nel caos di stanze stupefacenti”?
In questo disco ci sono 12 storie racchiuse in 12 stanze rumorose. Il caos di cui racconto nasce da un profondo silenzio in cui mi sono ritrovata nell’ultimo anno. Un silenzio che mi ha dato modo di raccontarmi, un silenzio che ha fatto davvero molto rumore. Anche nella scelta del titolo ho voluto giocare con i contrasti. Quando scrivo mi metto a nudo, racconto della mia vita senza tralasciare anche cose scomode. Scrivo canzoni perché non voglio parlare, a volte mi sento una “pesantona”, sono molto legata ai giochi di parole. Entrare nelle stanze, ad esempio, implica l’allontanarsi da tutto il resto.
Come mai hai scelto questo tipo di copertina
La cover del disco è strettamente correlata a quella dei miei due precedenti dischi. In “Manuale distruzione” indossavo l’abito da sposa di mia madre, ero appoggiata ad un muro scrostato, quello della casa in cui vivevo con i miei genitori e in cui è mancato mio padre. Sulla copertina di “Abbi cura di te”, invece pugnalavo un cervello salvando il cuore e i sentimenti. In entrambe i casi ero stata immortalata in una posa molto composta, qui invece, la persona composta cade sullo specchio, sul suo doppio, sulle sue riflessioni. In molti l’hanno critica ma non avrei potuto indossare nient’altro che le mie mutande e la mia canottiera perché mi sono messa davvero a nudo.
Quali sono i caratteri dell’impianto musicale di questo disco?
Questo è sicuramente un album più rumoroso degli altri due, il concetto di base è che avevo bisogno di fare rumore. La batteria è la protagonista insieme ai timpani, ho voluto che si esagerasse con la ritmica e con l’elettronica.
Che apporto ti hanno dato Antonio Filippelli e Dario Faini?
Quando ho portato i brani a Filippelli e a Dario, ho portato i miei riferimenti, i miei spunti, le mie idee. Quindi hanno scelto le tracce e messo ordine. Ogni brano si ispira a un mondo diverso e ha visto la partecipazione della mia band composta da: Alessio Sanfilippo (batteria), Giovanni “Giuvazza” Maggiore (chitarre), Mattia Bonifacino (basso) e Alessandro Orefice (piano, organo, synth, rhodes). Il lavoro in studio è stato pazzesco, per la prima volta ho davvero partecipato a ogni dettaglio, questo risultato mi gratifica molto. “Nel caos di stanze stupefacenti” è disco del 2017 e lo si percepisce subito.
Come hai vissuto la collaborazione con J-Ax e Fedez in “Assenzio?
L’incontro con loro due mi ha stupito. Arrivo da un percorso musicale diverso dal loro, prima che mi arrivasse la chiamata, J –Ax mi aveva già detto in tempi non sospetti che avrebbe voluto fare qualcosa con me. In questo caso ho potuto scegliere la canzone, ho scelto “Assenzio” perché ero in linea con il messaggio contenuto nel testo. A questo aggiungo che sono entrambe delle persone molto carine che mi hanno dato la possibilità di parlare ad un pubblico molto più ampio.
Cosa ci dici del brano “Pezzo di me” con Max Gazzè?
Max Gazzè è il mio padrino, con lui c’è un bellissimo rapporto, a tratti paterno. Ho aperto molti dei suoi concerti del Sotto Casa tour nel 2013. Quando ho scritto questa canzone ho pensato subito a lui per un possibile featuring, ci siamo divertiti molto, il brano era perfetto per lui.
Come mai non ti abbiamo vista a Sanremo quest’anno?
Ambisco al Festival anche se la porta non si è ancora aperta per me. Sono cresciuta con i Sanremo di Pippo Baudo, non escludo di provarci il prossimo anno anche se, nel caso partecipassi, lo vivrei in modo leggero, non sono brava a gareggiare.
Cosa racconti nel brano “Gesù Cristo sono io”?
Poche volte mi sono guardata attorno, scrivo spesso delle mie tristezze, dei miei dolori. Qui senza grandi pretese ho voluto raccontare la storia di chi vive violenze da parte dei propri compagni prendendo spunto da fatti biblici. La protagonista è una donna che crede di essere una regina ma sulla testa ha soltanto delle spine. Si tratta di un testo molto chiaro, con ampi riferimenti all’attualità.
Qual è il fulcro del brano “Santa Rosalia”?
Il brano cerca di spiegare l’omosessualità ai bambini. Mi piace l’idea di affrontare l’argomento in modo molto semplice e l’ho fatto.
Video: Non me ne frega niente
Cosa pensi dei talent show?
Nel 2010 fui contattata da X Factor ma ho scelto di dormire per due mesi sul pavimento di un appartamento a Leeds. Non giudico chi partecipa ai talent, si tratta pur sempre di strade rischiose. Con il mio percorso, la strada è lunga e faticosa e tante cose tardano ad arrivare ma è anche vero che ci vuole coraggio anche a fare la tv. Il rischio è quello di essere subito dimenticati, a molti è capitato. Diciamo che se sei pronto con dei materiali ed una progettualità allora la scelta può essere vincente, in caso contrario appena spenti i riflettori potresti ritrovarti con un nulla di fatto in mano.
Come descriveresti il tuo linguaggio?
Non saprei esprimermi in altro modo, la mia scrittura è spigolosa. Amo dipingere le parole, ho bisogno di raccontare e mostrare al contempo un immagine. Adoro la lingua italiana, amo la scrittura. Mi piace poter raccontare un amore come hanno fatto in milioni di persone, però lo faccio a modo mio, attraverso i miei filtri e il mio modo di vedere il mondo. So di essere un po’ maschiaccio, forse è questo che mi distingue dal cantautorato femminile eppure esiste un mondo di donne che non riesce a farsi spazio in classifica e che sa parlare in modo più concreto e meno vaporoso.
Come si combatte la superficialità all’ascolto?
La colpa è la velocità con cui si fa e si ascolta musica. Io stessa ho fatto tre dischi in tre anni. Tutto sta correndo e chissà dove si va. I miei primi dischi li consumavo, oggi non saprei come si potrebbe invertire la rotta. Al momento i dischi si fanno per il live, di certo non per le vendite.
Questo tema del caos lo ritroviamo anche nel tuo romanzo. Che legame c’è tra il libro e questo album?
Il libro e l’album sono strettamente connessi perché ho cominciato a scriverli esattamente nello stesso momento. Il mio mondo musicale è entrato inevitabilmente nel romanzo un po’ come accade tra due persone che si frequentano. Anche il personaggio del libro mi somiglia molto.
Levante presenta Nel Caos di Stanze Stupefacenti
A chi dedichi questo disco?
A chi è caduto e ha avuto il coraggio di rialzarsi. Lo dedico a tutti loro ma alla fine lo dedico a me, c’è tantissimo ego in questo disco, quindi lo dedico al coraggio che ho avuto di rialzarmi con una certa facilità e con il sorriso sulle labbra.
E il live come sarà?
Prepotente ed esplosivo. Vorrei che fosse non solo un buon concerto ma anche un bello show, i preparativi sono in corso!
Raffaella Sbrescia
Ascolta qui l’album
In-store tour
07 APRILE – h 18.30 MILANO @ FELTRINELLI (Piazza Piemonte) UNICO SHOWCASE LIVE
08 APRILE – h 17.00 TORINO @ FELTRINELLI (Stazione Porta Nuova)
09 APRILE – h 17.00 NAPOLI @ MONDADORI BOOKSTORE (Piazza Vanvitelli)
10 APRILE – h 15.00 BARI @ FELTRINELLI (via Melo)
10 APRILE – h 18.30 LECCE @ FELTRINELLI (via Templari)
11 APRILE – h 14.00 CATANIA @ FELTRINELLI
11 APRILE – h 18.30 PALERMO @ MONDADORI MEGASTORE
12 APRILE – h 18.00 ROMA @ DISCOTECA LAZIALE
13 APRILE – h 18.00 BOLOGNA @ FELTRINELLI (piazza Ravegnana)
A maggio Levante sarà live con la sua nuova tournée “Nel caos tour 2017” organizzata da OTRlive. Si parte il 4 maggio dall’Atlantico di Roma e si prosegue il 5 maggio a Perugia all’Afterlife Live Club, il 6 all’Estragon Club di Bologna, il 12 al New Age Club di Roncade (TV), il 13 maggio al Teatro della Concordia di Venaria Reale (TO) e si concluderà il 16 maggio all’Alcatraz di Milano (NUOVA DATA). Prevendite disponibili su Ticketone: http://bit.ly/nelcaosLEVANTE
“StraMarassi” è un’evoluzione di Marassi, un po’ come mettere il 70 o la Malossi sul cinquantino. Stramarassi è Marassi più ricco e vario”. Così i genovesi Ex-Otago presentano la nuova versione deluxe del fortunato album “Marassi”. Nato dopo la prima collaborazione con Jake La Furia per il singolo “Gli Occhi della Luna”, il progetto continua a compiere passi in avanti. Sarà, infatti, in radio dal 7 Aprile il nuovo singolo “Ci vuole molto coraggio” feat. Caparezza, uno dei tanti featuring che arricchiscono “Stramarassi”.
Intervista
“Stramarassi” si presenta come qualcosa che è tutt’altro che un repack del vostro ultimo progetto. Nuovi linguaggi integrano e modificano i contenuti del l’album originario. Da dove arriva questa idea?
In effetti è proprio così, le collaborazioni presenti nel disco sono tutte autentiche e questo si percepisce. Proprio per questo motivo, il progetto ha un peso specifico molto importante rispetto al disco originario.
Qual è stato l’apporto nell’uso di diversi linguaggi? L’avvicinamento al rap apre nuovi spiragli nella vostra scrittura?
I linguaggi pop e rap non sono poi così distanti anzi sono spesso molto complementari, forse è una cosa un po’ italiana pensarli come distanti, in America ci sono continuamente interazioni tra artisti pop e rap. L’idea che accomuna il nostro “Marassi” al linguaggio del rap è la voglia di voler raccontare la contemporaneità attraverso un’urgenza espressiva.
Come è venuta fuori una rosa di collaborazioni tanto variegata?
Jake La Furia ci ha offerto il pretesto giusto per iniziare questa cosa. Fu lui a contattarci dicendoci che gli piaceva molto “Marassi” e che avrebbe voluto fare qualcosa con noi. Dopo il featuring in “Occhi della luna” abbiamo gettato sul tavolo un mazzo di carte con i possibili artisti con cui avremmo voluto collaborare e che stimiamo; tutto è avvenuto in modo molto naturale.
Poi ci sono i remix… ci sarà la possibilità che vengano riproposti anche dal vivo?
Sì, lavoreremo affinchè gli artisti possano intervenire nei nostri live. Per quanto riguarda i remix, abbiamo avuto un sacco di buone sensazioni, ne suoneremo qualcuno a palla per tutta l’estate.
Ex – Otago
Il tour sta andando benissimo, qual è stata la risposta del pubblico finora?
Abbiamo lavorato duro per arrivare fino a questo punto, il successo di questo tour è stata una piacevolissima conferma per noi, il pubblico vive il concerto con partecipazione assoluta e noi amiamo cibarci dell’inesauribile energia delle prime file.
Come si svolte una vostra giornata tipo mentre siete in tour?
Ci si sveglia tendenzialmente annebbiati e con un filo di mal di testa, si va a fare colazione con scarso entusiasmo, ci si ringalluzzisce se la coazione è buona e si guardano gli hashtag sui social per guardare foto, video e commenti relativi al live della sera precedente. Successivamente si fa l’itinerario della giornata, si cerca una buona trattoria a pranzo (cercando di evitare gli autogrill), poi si parte e si viaggia in furgone, si arriva nel posto, si fa il soundcheck (un momento sempre molto emozionante) e abbiamo sempre un pallone in furgone con cui improvvisiamo dei palleggi nei parcheggi dei locali. Tendenzialmente ce la viviamo sempre come se fossimo 7-8 amici che vanno a farsi un bel giro senza mai trascurare tutti gli aspetti professionali del caso.
E in studio?
Lì c’è bisogno di tempo e concentrazione. Bisogna stare lì a suonare, riascoltare, criticarsi, avere la lucidità, il coraggio e la bravura di capire cosa è venuto bene e cosa invece no. Quando abbiamo scritto l’ultimo disco eravamo in una casetta a Marassi, andavamo lì ogni mattina, qualcuno portava la focaccia e il caffè ed eravamo lì tutti insieme a lavorare.
In questi ultimi periodi avete avuto il tempo di mettere da parte qualche bozza per dei nuovi brani?
Finora no però siamo pronti a scrivere qualcosa di nuovo perché ne abbiamo voglia e perché qualche idea comincia a bollire in pentola. Probabilmente scriveremo in furgone, in qualche albergo o nei backstage di qualche Festival estivo dove andremo a suonare.
Quali sono le cose a cui pensare più spesso? Ci stupiamo sempre di tutto questo successo che stiamo avendo, ci domandiamo sempre cosa succederà dopo, come andrà il prossimo disco e se avremo le spalle abbastanza larghe; insomma i contrasti non mancano!
Raffaella Sbrescia
Tra le varie collaborazioni sono presenti: Eugenio Finardi su “I giovani d’oggi”, Caparezza su “Ci vuole molto Coraggio”,Dardust su “Cinghiali Incazzati”, Willie Peyote su “La Nostra Pelle”, Mecna su “Stai tranquillo”,Marianne Mirage su “Mare”,Levante su “Quando sono con te”, España Circo Este su “Non molto lontano” e Bianco su “Sognavo di Fare l’Indiano”.
Ad arricchire ulteriormente il contenuto, sono presenti i remix di: Mare (Lemandorle remix), Gli Occhi Della Luna (Keaton remix), Quando Sono Con Te (Godblesscomputers remix), Cinghiali Incazzati (c.o.c.c.o detox remix), Non Molto Lontano (Herald Clawe Yakitori remix), Sognavo di fare l’Indiano (Cowboy Remix).
“Il secondo cuore” è il nuovo album di inediti di Paola Turci. Prodotto da Luca Chiaravalli su etichetta Warner Music Italy, il nuovo progetto discografico della cantautrice romana arriva dopo la trionfale partecipazione della cantautrice romana al 67esimo Festival di Sanremo e rispecchia un momento molto bello della sua vita. Le 11 tracce realizzate in co-scrittura con Giulia Ananìa, Marta Venturini, Fabio Ilacqua, Niccolò Agliardi, Enzo Avitabile, lo stesso Chiaravalli e Fink testimoniano una lavorazione fatta di incontri felici e ispirati. Paola Turci fa pace con la parte più inquieta di sé, si lascia finalmente andare e ce lo racconta lei stessa.
Intervista Ciao Paola, il tuo ritorno discografico è tra i più attesi di questa stagione. Come ti senti?
Questo è il disco che non ho mai fatto, è il frutto della realizzazione di me stessa. La musica mi riappacifica con me stessa, mi dà stimoli nuovi. Questo è un album di co-scrittura, un ‘esperienza che mi fa sentire forte, che mi ha permesso di avere un confronto affermando anche me stessa al contempo. Prima avevo difficoltà nell’affrontare persone, pensieri, caratteri, personalità diverse da me. Qui ho avuto la fortuna di avere confronti molto aperti, gentili, costruttivi con persone che mi amano e che mi vogliono bene. Uscita dal limbo e presa di coscienza sono i movimenti che fanno da filo conduttore un po’ a tutti i brani di questo album. In ogni canzone c’è la mia storia, mi sono finalmente lasciata andare, ho riaperto le chiusure, ho superato le paure che avevo nello scrivere. Insomma questo è un disco felice che afferma il mio stato d’animo, la mia situazione attuale.
Tutto nasce dalla tua prima canzone in dialetto “Ma dimme te”
Sì, questa è la prima canzone che ho realizzato per questo disco ed è anche la miccia che ha acceso il tutto. Quando ho ritrovato la Warner Chapell, mi sono stati fatti i nomi di alcuni autori con cui poter lavorare e mi sono scoperta subito entusiasta di lavorare in co-scrittura. Nello specifico ho lavorato con Giulia Ananìa e Marta Venturini. Visto che Giulia abita vicino a casa mia, un giorno mi è venuta a prendere a casa e, mentre ero in macchina con lei per andare in studio, abbiamo cominciato a parlare dell’idea di scrivere una canzone in romanesco, si trattava di una cosa che volevo fare da diverso tempo. Ho pensato a Gabriella Ferri, Anna Magnani, Chavela Vargas, quindi ci siamo messe a scrivere. Io ero con la mia chitarra, lei era al pc e in un paio d’ore è venuta fuori questa canzone che ho subito cantato e registrato. Ero un fiume in piena, sono partita da un semplice la minore, così come si sente nel disco. Questa canzone rappresenta un po’ quello che è per me la musica: impatto emotivo fortissimo, un rapporto viscerale con le mie radici. Scriverla è stato facile perché ho attinto alla vita, ad un’icona che mi ricorda mia nonna, a quel tipo di donna forte che ha sofferto nella vita. La canzone è nata da una poesia di Giulia Anania, intitolata “L’amore è un accollo” e subito mi sono immaginata un interlocutore, ho pensato a un rappresentante della romanità con un fascino di quelli da playboy e ho subito contattato Marco Giallini perché secondo me era perfetto.
Un ruolo chiave l’ha svolto Luca Chiaravalli…
Luca Chiaravalli è stata la scoperta della mia vita, ha una vitalità, un’energia, una gioia di vivere che mi hanno contagiata. Ci siamo parlati tantissimo e ci siamo sentiti molto uniti. Ho sempre amato le persone che hanno fatto delle loro difficoltà un punto di forza, le persone grate alla vita, Luca è così e anche io sono così. Penso che tutto quello che arriverà da adesso in poi sarà un grande regalo. Per ora aver fatto pace con la me più inquieta è un grande regalo. In questo disco ho cantato come non ho mai cantato, ci siamo emozionati insieme, è stato un incanto dopo l’altro, non smettevamo di sorprenderci di come stessero venendo fuori queste canzoni dirompenti anche per noi.
In che senso hai cantato come non hai mai fatto?
Luca ha messo in evidenza quella parte di me che è emersa quando ho cantato “Ma dimme te”. La prima volta che ho cantato “Fatti bella per te” nella tonalità che ha scelto lui temevo mi andasse via la voce, il giorno dopo in uno studio affittato al volo di domenica a Roma, ho cantato con poca voce ma Luca era felicissimo e quella voce è rimasta. Nel disco ci sono molte take che hanno una voce alla buona la prima.
Paola Turci ph Luisa Carcavale
Cosa ci racconti di “Ci siamo fatti tanti sogni” scritta insieme a Diego Calvetti?
Questa canzone mi ha sorpreso molto perché voleva raccontare una cosa ma ha finito per raccontarne un’altra. Il fulcro è una storia che non riusciva a risolversi e che ho vissuto in prima persona. Con Calvetti l’idea iniziale era più legata al sociale.
Come mai hai scelto di inserire la cover di “Un’emozione da poco” anche nell’album?
Questa canzone mi è venuta in mente dopo “Fatti bella per te”, ho pensato a una canzone che avesse grinta, che fosse struggente ma che mi permettesse anche di esprimere le mie capacità interpretative. Canto spesso certe canzoni che uno non si aspetta che io canti.
Sfrecciano i ricordi tra grovigli di emozioni nel testo de “La vita che ho deciso”…
Questa canzone è dedicata alla musica e ripercorre un po’ delle immagini di me piccola, di me in crescita. Man mano che scorrono le immagini il cuore e fulcro di tutto rimane sempre la musica. La musica davanti al mare di Porto Ercole, la spiaggia dove sono sempre andata, dove ho cominciato a suonare è un’immagine che mi porto dentro ed è la più bella che ho, quella che mi fa sognare davvero.
Una delle canzoni più vicine alla tua storia è “Combinazioni”
Dopo anni io e Niccolò Agliardi siamo riusciti a scrivere insieme. Lo conosco fin dai miei esordi, veniva ai miei concerti e poi diventato un grande autore. Stavolta ha fatto centro probabilmente grazie al libro che ho scritto e alla storia che ho reso pubblica. Nel testo ci sono dei precisi rimandi alla mia vita tra imprevisti, coincidenze e sliding doors.
Come è nata la collaborazione con Fink?
Questa è l’ultima canzone che abbiamo scritto in questo disco. Anche qui c’è stata una combinazione felice: ho conosciuto Fink un paio di anni fa, l’ho visto in concerto a Roma, sono andata a salutarlo in camerino e in quell’occasione mi ha proposto anche di fare qualcosa insieme chiedendomi se cantavo anche in inglese. Successivamente ho fatto un disco antologico quindi ho lasciato stare fino a quando un giorno in studio Luca Chiaravalli mi ha parlato proprio di lui. Un attimo dopo ho scritto a Fink proponendogli di venire a Roma per un paio di giorni per provare a fare qualcosa insieme liberamente. Lui ha subito accettato, è arrivato in studio e abbiamo cominciato a scrivere il pezzo firmandolo in 4. Sublime è un aggettivo altissimo che a me fa molto effetto.
A proposito di incontri, molto importante è stato quello con Enzo Avitabile
L’incontro con Avitabile è stato determinante perché ha fatto sì la mia più grande passione diventasse il titolo del disco che è tratto proprio dal suo testo “Nel mio secondo cuore”. Dopo i miei esordi, io ed Enzo ci eravamo persi, gli scrissi un tweet quando ascoltai “Lotto infinito”, lui lo lesse e mi cercò dichiarandomi la sua stima; un fatto reciproco che ci ha dato la voglia di fare le cose insieme. Questo, per noi, è un anello di congiunzione.
Cosa è cambiato all’interno del tuo percorso?
Tutto è successo in un breve lasso di tempo che a me è sembrato lunghissimo. La scrittura del libro “Mi amerò lo stesso” mi ha aperto una nuova prospettiva. Poi il ritorno in scena con il monologo ha segnato l’avvio di un vero e proprio percorso.
Qual è stato l’ostacolo più grande per te?
Togliermi i capelli dalla faccia. Nascondermi mi ha fatto soffrire fino a quando non ho trovato il coraggio di dichiararlo.
Come hai vissuto questo Festival di Sanremo?
Quando scrivi una canzone è inevitabile che il punto di partenza sia l’autoriferimento. “Fatti bella per te” contiene un messaggio preciso, mostra il mio sentire e il mio essere. Sarà per questo che il pubblico ha recepito in maniera forte la mia credibilità, la mia storia sostiene la canzone, in ogni caso non mi aspettavo una reazione così forte e così bella. A Sanremo ero molto concentrata. Ho voluto godermi il momento e fare le cose al meglio per poter trasmettere questo mio momento di equilibrio. A 53 anni mi sento più a fuoco, più forte e più leggera di prima.
Il prossimo 11 aprile ti esibirai sul palco del Teatro Manzoni a Bologna, a favore della Fondazione Francesca Rava NPH Italia insieme a Paolo Fresu. Cosa stai preparando?
Ho incontrato la Fondazione grazie a mia sorella Francesca che opera da anni al suo interno. Mi ha portato 3 volte ad Haiti e ogni volta che mi chiede di fare qualcosa, rispondo sempre con grande slancio. Stavolta abbiamo coinvolto anche Fresu. Mentre 4 anni fa facemmo un concerto a Firenze improvvisando tutto il tempo, questa volta faremo qualcosa di più strutturato. Paolo ha un grande cuore, è venuto anche lui ad Haiti e faremo qualcosa di molto speciale.
Come ti trovi a cantare senza chitarra?
La chitarra è sempre stata la mia coperta di Linus. Ai primi tempi della mia carriera quando suonavo senza strumento mi sentivo agitata, mi muovevo in continuazione, oggi invece sento tanta forza e, anche da ferma, percepisco una carica che mi travolge e che mi spinge verso il pubblico. Non vedo l’ora di suonare sul palco e sprigionare tutta questa intensità.
Raffaella Sbrescia
Dal 31 marzo Paola Turci incontrerà i fan negli store delle principali città italiane : il31 Marzo a ROMA (Feltrinelli, Via Appia Nuova, 427 – h. 18.00), l’1 Aprile a FIRENZE (Feltrinelli Red, Piazza della Repubblica – h. 17.00); il 2 Aprile a BOLOGNA (Mondadori, Via Massimo D’Azeglio, 34,a – h. 18.00), il3 Aprile a TORINO (Mondadori, Via Monte di Pietà, 2 ang. Via Roma – h. 18.00); il 4 Aprile a MILANO(Feltrinelli, Piazza Piemonte, 2 – h. 18.30); il 5 Aprile a NAPOLI (Feltrinelli, Piazza dei Martiri – h. 18.00); il 6 Aprile a BARI (Feltrinelli, Via Melo, 119 – h. 18.30); e il 7 Aprile a PALERMO (Mondadori – Via Ruggero Settimo, 16 -h. 18.00).
Da maggio Paola Turci sarà in tour per importanti eventi live:
SABATO 6 MAGGIO – TODI – Teatro Comunale (data zero)
MARTEDI’ 9 MAGGIO – Roma, Auditorium Parco della Musica
MARTEDI’ 16 MAGGIO – Fermo, Teatro Dell’Aquila
MERCOLEDI’ 17 MAGGIO – Trento, Auditorium Santa Chiara
LUNEDI’ 22 MAGGIO – Milano, Auditorium La Verdi -Fondazione Cariplo
MARTEDI’ 23 MAGGIO – Reggio Emilia, Teatro Valli
MERCOLEDI’ 24 MAGGIO – Vicenza, Teatro Comunale
DOMENICA 2 LUGLIO – Torino, Festival d’Estate c/o Piazzetta Reale
VENERDI’ 11 AGOSTO – Marina di Pietrasanta (LU), Teatro La Versiliana
Esce oggi “Vulcano”, il nuovo album d’inediti di Clementino, il quinto da solista. Il disco contiene 13 tracce e rappresenta una precisa fase artistica del rapper che in questo lavoro ha voluto mettere a fuoco se stesso e la propria carica adrenalinica senza alcun featuring e con l’ausilio di tante nuove sonorità.
Intervista
Qual è il filo conduttore che lega le tracce di questo tuo nuovo lavoro?
Mi circondo sempre di tanta napoletanità. La cosa è testimoniata dal titolo dell’album: “Vulcano”. Il legame non è solo con il Vesuvio ma anche con la mia dirompente personalità. Con questo album ho cercato di riprendere il discorso di “Napoli Manicomio”. Negli ultimi 10 anni ho dato le mie strofe praticamente a tutti. Ho fatto decine di featuring ma ora ho detto basta, adesso è il momento di concentrarmi solo su di me. Un po’ come facevano gli umanisti: ci sono io al centro di tutto (ride ndr).
In queste nuove canzoni c’è tanto dialetto, non temi di perdere del potenziale pubblico?
Nelle mie canzoni mi muovo alternando italiano e dialetto cercando di creare il giusto equilibrio. In ogni caso anche se vado a cantare a Treviso, il pubblico vuole “Clementino ca spacc’ e vetrine”. Tra l’altro con il grande successo di alcune serie tv, il napoletano è stato ormai sdoganato ovunque.
Come ti approcci alla scrittura?
Non scrivo mai senza base, non ci riesco. A seconda dell’atmosfera, scrivo cose diverse.
In questo album ci sono dei suoni molto variegati con ampi riferimenti alla tradizione napoletana…
A differenza dei miei lavori precedenti in cui cercavo di fare le cose che piacevano agli altri, stavolta ho cercato le cose che piacevano a me. “Vulcano” rappresenta me stesso: ci sono beats anni ’90, beats napoletani, un pizzico di trap e una manciata di richiami alla West Coast dove sono stato di recente.
Nelle tue canzoni parli spesso dei più giovani, che tipo di responsabilità senti di avere?
Non mi sono autonominato voce di una città o dei giovani. Sono il rapper che è ascoltato dalla mamma e dalla fidanzata. Ho fatto l’animatore turistico per 12 anni, ero l’outsider che copriva tutti i ruoli, lo sono anche nel rap perché abbraccio tutti i temi. D’altronde le mie iniziali parlano chiaro: MC sta per maestro di cerimonie. Da bambino salivo sul tavolo con la penna a mò di microfono e facevo lo show di Clemente, i miei genitori recitano fin da quando ero piccolo ed è forse anche per questo che ho sempre sognato il palco. Mi faccio portavoce di un genere ben definito: il black pulcinella, un tipo di musica che unisce l’eredità lasciata da Pino Daniele al mondo hip hop. Mi sento un vero Pulcinella: allegro fuori e triste dentro. Il disagio psicologico lo tiro fuori attraverso la musica. Vengo dalla terra dei fuochi, un posto dove i ragazzi hanno pochissime possibilità e anche se qualcosa si sta iniziando a muovere, ci vorranno anni prima che la gente possa smettere di morire per mano della criminalità. A Cimitile ho aperto una scuola calcio per bambini, la “Iena Soccer Academy”, con il ricavato di ogni torneo compriamo defibrillatori e macchinari per gli ospedali; cerco di muovermi il più possibile per il sociale. C’è il Corriere della Iena, poi c’è l’iniziativa denominata “I messaggeri del Vesuvio” in cui invito i giovani emergenti a rappare con me.
Com’eri da adolescente?
Sono sempre stato molto disordinato e con la testa per aria. A scuola venivo continuamente ripreso perché mi perdevo in una sorta di torpore da sognatore incallito. Ho viaggiato molto, con la testa e non. Quando ho cominciato a fare le gare di freestyle affrontavo lunghissimi viaggi ma non mi sono mai fermato. Ho fatto tante comparse in teatro e qualcosa anche al cinema poi, però, le cose si sono ribaltate da un momento all’altro.
Sfizioso il video del nuovo singolo “Tutti scienziati”…
L’idea è di mio fratello Paolo. Abbiamo pensato dapprima a Emmett Brown di “Ritorno al futuro”, poi a Frankestein Junior e infine a Leonardo da Vinci. Abbiamo fatto riferimento a “Non ci resta che piangere” senza scimmiottare Troisi e Benigni, ci siamo solo ritrovati a vivere la loro esperienza. Poi abbiamo coinvolto i The Jackal con la loro parodia de “Gli effetti di Gomorra sulla gente” e ci siamo divertiti davvero molto. Con questo video mi è venuta voglia di fare cinema, magari con un bel ruolo comico. Ho studiato all’Università dello Spettacolo e mi sono laureato con il massimo dei voti. I miei genitori recitano il repertorio di De Filippo e Scarpetta, mi piacerebbe avere qualche ruolo da recitare anche se nelle mie esperienze precedenti interpretavo sempre me stesso. Per ora, in ogni caso, mi concentro sul rap che rimane la cosa che so fare meglio.
A proposito di cinema, come mai hai dedicato un brano al regista Paolo Sorrentino?
Tempo fa sono stato a casa di un amico che aveva il cofanetto con tutti i suoi film. Li ho guardati tutti, uno dopo l’altro e mi sono innamorato di Sorrentino. All’inizio la canzone si chiamava “L’uomo in più”, poi l’ho intitolata con il nome del maestro che, proprio ieri mattina, mi ha telefonato per ringraziarmi. Abbiamo parlato tutto il tempo in dialetto, gli ho promesso di raggiungerlo a Roma per stringergli la mano.
Clementino
Il tuo contributo all’interno del docufilm dedicato a Pino Daniele è stato uno dei più apprezzati. Che ricordo hai di lui?
Pino è stato il mio maestro, ho scritto una canzone per lui mettendo nero su bianco un flow che mi usciva direttamente dal cuore. Quando Verdelli mi ha chiesto di partecipare, ho voluto recitare a cappella quei versi, sono l’ultimo artista con cui Pino ha collaborato e conservo un prezioso ricordo di quando lo incontrai, terrorizzato, per la prima volta. Sono davvero onorato di aver avuto la preziosa possibilità di collaborare con lui, ascolto ancora oggi le sue canzoni, me lo sono persino tatuato sulla pelle. Cercherò di mettere sempre qualche suo verso nella mia musica.
Una delle canzoni più forti del disco è “Spartanapoli”.
Difficilmente scrivo roba incazzata, questa è una storia di strada. Il rap è verità e io cerco di mettere nero su bianco quello che vedo per strada.
Potente il dissing virtuale che proponi in “ ‘A capa sotto”
In effetti c’è tanto “explicit content” ma il freestyle è una cosa che fa bene, la sana competizione è la linfa dei rapper.
Che fine farà l’amata cover “Svalutascion”?
Dopo il plauso dell’orchestra sanremese mi aspettavo un destino diverso per questa canzone. L’arrangiamento l’aveva resa simile alla colonna sonora di un film di Tarantino, spero di riuscire a portarla nei miei nuovi live. A proposito, a maggio partirà la mia tourneè europea, poi da giugno a settembre girerò l’Italia. Stare con il pubblico è la mia forza, sono uno del popolo.
Raffaella Sbrescia
La tracklist di “Vulcano”
UE’ AMMO (prodotto da Deliuan)
STAMM CCA’ (prodotto da TY1)
CENERE (prodotto da Shablo)
TUTTI SCIENZIATI (prodotta da Marz)
KEEP CALM E SIENTETE A CLEMENTINO (prodotto da Amadeus)
RAGAZZI FUORI (prodotto da Shablo e Zef)
DESERTO (prodotto da Shablo)
JOINT (prodotto da Yung Snapp)
COFFEE SHOP (prodotto da Swan)
LA COSA PIU’ BELLA CHE HO (prodotto da Deleterio e Fabrizio Sotti)
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