Ironia, autenticità, poesia. Dario Brunori presenta “L’albero delle noci” e debutta a Sanremo. Intervista

Dario Brunori presenta il nuovo album “L’albero delle noci”, in uscita il 14 febbraio per Island Records.

Il disco si compone di dieci tracce e prende il nome dal brano che Brunori ha scelto di presentare al 75esimo Festival di Sanremo. Questo lavoro segna il ritorno dell’artista a cinque anni di distanza da Cip!: il suo ultimo lavoro discografico, certificato Disco di Platino.

L’albero delle noci” affonda le sue radici in una dimensione intima e riflessiva. A dare una direzione inedita nel percorso musicale brunoriano, il nuovo sodalizio artistico con Riccardo Sinigallia, che ha prodotto l’intero disco al fianco di Dario. Partendo da La vita com’è, brano che ha impreziosito la colonna sonora del film Il più bel secolo della mia vita (2023), passando dai singoli La ghigliottina Il morso di Tyson pubblicati negli ultimi mesi.

Il titolo dell’album, così come della title track in gara a Sanremo 2025, germoglia dall’immagine di un albero di noce emblematico nella vita di Dario Brunori, punto di osservazione privilegiato e d’ispirazione per celebrare la gioia e la rivoluzione che una nuova vita porta con sé, suggerendo come ogni nascita sia al tempo stesso una rinascita.

“Questo disco arriva dopo due anni di lavoro intenso, due anni di sottrazioni, in cui ho cercato di sfrondare i rami secchi o comunque tutto ciò che è superfluo. Riccardo Sinigallia ha curato la direzione artistica del disco ma non si è trattato solo di questo, lui non è solo un grande produttore ,ma è anche un grande autore e cantautore, che con la sua esperienza mi ha accompagnato in questi anni.

Brunori PH. TONI THORIMBERT

Brunori PH. TONI THORIMBERT

L’album precedente Cip! si muoveva a metà strada tra cielo e terra. Da quel disco in poi ci sono stati tanti eventi, subito dopo c’è stato il Covid e con sé un momento di riflessione che mi ha portato a rivedere e ripensare il mio quotidiano in maniera più specifica e diretta. Da quel momento, con la decisione di metter su famiglia, è arrivata la nascita di mia figlia Fiammetta e ho aperto una azienda agricola in Calabria in cui io e Riccardo abbiamo scritto il disco. Si tratta di un luogo molto importante in quanto avevamo bisogno non solo di un contesto intimo, ma anche che restassimo ben piantati con i piedi per terra. Abbiamo fatto lunghissime chiacchierate, prima di partire con la scrittura, Riccardo ha voluto fare un momento di conoscenza; non si è trattato di un processo semplice, d’altronde mi aveva avvisato che sarebbe stato faticoso.  “L’albero delle noci” è permeato da questa rivoluzione, da questa gioia ma anche da una sensazione di inquietudine, ho cercato di raccontare luci e ombre che stanno dietro questa esperienza. Arrivato al sesto disco, in una fase felice della mia vita, avevo timore che la scrittura potesse togliermi quella felicità, temevo di mettere la polvere sotto al tappeto, invece Riccardo mi ha spinto a tirare tutto fuori, mi ha spronato ad agire con coraggio, cercavamo entrambi di andare verso l’urgenza di scrivere qualcosa che riguardasse gente della nostra età con l’auspicio che il disco potesse essere più trasversale. Abbiamo fatto tanti esperimenti in termini di arrangiamenti, abbiamo toccato anche l’elettronica, siamo passati attraverso il mio trip africano, poi alcune cose sono entrate nel disco perché, pur essendo fuori dalla mia comfort zone, in qualche modo si trattava di un vestito che mi stava bene. Anche da un punto di vista grafico abbiamo scelto l’autenticità attraverso il lavoro di Robert Figlia e i suoi disegni a carboncino. L’albero delle noci è quello di fronte a casa mia a San Fili. Abbiamo  scelto di ridurre al minimo l’uso della tecnologia, evitando l’uso di trucchi e parrucchi. Per alcuni brani abbiamo scelto di inserire nel disco le registrazioni fatte con il mio cellulare includendo anche dei miei errori irrepetibili e, per questo unici, con l’intento di rappresentare attimi essenziali nell’esistenza di un uomo. Riccardo mi ha tolto di dosso il solito intento di raggiungere il lieto fine con una morale finale, mi ha scardinato la tendenza a seguire un discorso lineare, mi ha guidato verso un approccio mirato alla ricerca delle sporcature, non c’è stata la tentazione di sistemare e pulire tutto. Visto che Riccardo è anche regista, mi ha spinto a premiare la scrittura per immagini, mi ha fatto da specchio, lui diceva “qui te credo, qui nun te credo”, questo è in genere il discrimine totale per tutto quello di cui noi fruiamo per cui non ci ho pensato più di tanto e mi sono buttato, con l’intento di arrivare subito all’ascoltatore ma soprattutto a me stesso.

brunori

Nel disco parlo della mia vita negli ultimi anni, da sempre cerco, se possibile, le luci e le ombre di certe situazioni all’insegna dell’autenticità. Anche il pezzo di Sanremo sotto questo aspetto cerca di raccontare cose mie sperando di parlare di cose degli altri. In linea di massima comunque sono contento che sia giusto e necessario affrontare l’abitare e il guardare in faccia le cose di se stesso che danno fastidio o che disturbano. A tutti piace mostrare la faccia bella ma sarebbe interessante riuscire a fare in modo di aprire dibattiti e confronti, tante volte necessari, anche per comprendere a fondo un problema e affrontarlo. Per la prima volta nel disco canto in dialetto cosentino. Serviva un qualcosa di peculiare e questo brano si rifà a una canzone di Pino Daniele “Cammina cammina”; la musicalità è vicina a quella partenopea, l’ho scritta nel periodo del Covid e racconta il punto di vista di un anziano di paese che si ritrova da solo. Si tratta di un brano commovente che, come altri, fa una leva importante sull’emotività. In linea generale sono innamorato di Pino Daniele, Massimo Troisi, Eduardo De Filippo e nutro un grande amore per la napoletanità da cui mi sento influenzato nel modo teatrale con cui gestisco il mio parlare.

Nei live che verranno, cercheremo il più possibile di suonare tutto. Sul palco ci saranno esseri umani che dialogano, che suonano, che si trasmettono un certo tipo di energia e che impazziscono a un certo punto. Faremo un live alla vecchia maniera, non faremo come quelli che oggi usano riprodurre pari pari il disco, i nostri concerti saranno sempre diversi e, dopo i palazzetti, ci sarà il grande appuntamento del 18 giugno al Circo Massimo di Roma in cui, finalmente, ci sarà l’orchestra.

Durante il Festival di Sanremo rimarrò fedele alla mia attitudine, l’ironia non è sempre capita ma forse questo rafforza il desiderio di continuare a farla.

La partecipazione al Festival di Sanremo credo che arrivi nel momento giusto. Dopo aver lavorato tanto per due anni volevo dare al disco dei riflettori importanti. Mi sento anche più leggero rispetto a quello che mi ha frenato in passato, ora sono più tranquillo, ci ho riflettuto e sono consapevole che del fatto che ci saranno persone che finora non mi hanno mai intercettato. Certo, stavo bello comodo anche senza festival, al sicuro con il mio pubblico ma questa cosa mi fa tornare a essere debuttante e sono pronto a vivermela. Il brano in gara a Sanremo l’ho scritto da solo, per intero, la notte del sabato di Pasqua. Volevo mettere insieme tutta una serie di cose legate al tempo, le stagioni, le inquietudini, il non sentirsi adeguato o all’altezza di essere un genitore. Infine se mi chiedete per chi faccio il tifo tra i miei colleghi, vi rispondo: Lucio Corsi, una delle penne più belle, un cantautore di razza, un folletto, una creatura di un altro tempo e forse di un altro mondo. Sarei felice se arrivasse ad un pubblico più ampio perché vorrebbe significare che c’è ancora speranza per la poesia”.

Raffaella Sbrescia

Free Love: i Negramaro raccontano il nuovo album che soffia su un vento di libertà

I Negramaro pubblicano il nono album “Free Love” e ancora si emozionano come la prima  volta.

In questa occasione sono dodici le tracce che compongono il disco con tanti duetti che sono figli di amicizie di lunga data e di stampo fraterno. Tra tutti segnaliamo i duetti con Niccolò Fabi, Fabri Fibra, Malika Ayane, JJ Julius Son e quella con Aiello, frutto di una sintonia nata dietro le quinte del Festival di Sanremo del 2021.

Il disco è stato registrato a Berlino negli Hansa Studios ma le musiche e i testi sono di Giuliano Sangiorgi la cui produzione artistica si è avvalsa della  collaborazione di diversi decani del settore come Taketo Gohara, Andro, d. whale (Davide Simonetta). Il file rouge che accompagna il lavoro trova efficace espressione nella cover del disco  in cui è riprodotta l’opera originale “Narciso” di Jago in cui vengono rappresentati l’uomo riflesso in una donna e il suo contrario. L’intento è quello di rispecchiare la simmetria dei sentimenti narrati dai Negramaro che, partendo da racconti personali, rivendicano la  libertà di amare sé stessi e gli altri senza pregiudizi ma anche senza possesso o prevaricazione della libertà altrui.

“Questo disco è il frutto di una consapevolezza acquisita dopo anni e anni di lavoro nella band”,  spiega Giuliano Sangiorgi alla stampa. “C’è stata veramente una grande evoluzione, siamo noi all’ennesima potenza, ci ritroviamo in tanti artisti giovani, ritroviamo tante analogie di cose fatte all’interno della band. Essere liberi è determinante ma è una libertà che stiamo imparando ad avere. Siamo sempre stati liberi ma in una civiltà la libertà si impara, non è fare quello che vuoi e basta, si tratta di imparare a fare quello che vuoi rispettando gli altri; è un’ossessione bellissima quella di voler essere liberi, quell’ossessione che abbiamo dentro non è mai negativa, ti spinge a fare le cose migliori, significa voler mostrare l’animale migliore di sé, è un disco quindi che impara ad essere più libero e senza la parola però accostabile accanto.

Anche i feat. rispettano la libertà con cui sono arrivati,  con ognuno di essi è stato così. Impariamo anche dagli errori, senza rimanere nel pregiudizio.

negramaro

Amore è tutto quello che sta dentro l’essenza dell’umanità stessa, noi crediamo che ci sia amore in ogni manifestazione di vita, nell’arte soprattutto. Stiamo cercando di non smussare più gli  angoli ma di incastrarci in essi, facendone la nostra grandezza; sono passati 24 anni ed è stupendo essere qui a raccontare di dischi, concerti, stadi e palasport. Ci siamo quindi concessi di amarci per come siamo stati in questi anni e per come saremo nel futuro.

Produrre un disco con più produttori ci esponeva al rischio di avere diversi suoni invece questa cosa non si è verificata. Questa volta, racconta Giuliano, ho preso in mano un po’ il lavoro, non voglio fare il producer, ma tutto ciò che sentite ha molti provini che si mantengono fedelissimi all’originale. Per me la prima cosa che faccio è sempre quella sbagliata,  in realtà quello che arriva  e traspare dal suono  dell’album è l’istinto, salvato dai produttori. Questo disco aveva quindi già la chiave corretta, sono stati bravi i produttori intorno a tenere viva quella cosa che io di base avrei trasformato, questo ci ha consentito di andare dritti in studio e fissare la magia. Il tempo è stato stato fondamentale, eravamo a Berlino a marzo -aprile ed eravamo già pronti con il disco, abbiamo però chiamato da Berlino Filippo Sugar, chiedendogli di uscire con il disco nel momento in cui eravamo pronti a incontrare le persone, era un nostro desiderio che ci ha spinto a programmare l’uscita in questo periodo in cui eravamo liberi per farlo. Non è solo questione di tempo che passa ma di rispetto per gli altri; i nostri dischi non hanno mai avuto una data di scadenza.

Quello dei tre minuti è rimasto un claim perfetto della mia vita, io rimango sempre affezionato a quelle canzoni che arrivano in meno di tre minuti, sono tagli sulla tela, sono quelle cose che restano appiccicate anche alla band altrimenti non ce la farebbero. Mi fido solo quando una canzone arriva e strazia il sereno, è una gioia quando una canzone racconta di qualcosa di felice, in qualche modo una  canzone è sempre un errore del sistema, è un momento della quotidianità in cui si apre un varco spazio-temporale in cui essere totalmente libero. Vorrei essere sempre in grado di trovarmi pronto per quei tre minuti, è sempre quello l’approccio e quando succede ti senti in pace con te stesso, senti di nuovo quell’animale che ti porti dentro.

I dischi, in generale, sono delle occasioni, a partire da un emergente fino a un artista navigatissimo. Aldilà del nostro percorso, si sta perdendo il concetto di occasione per comunicare, lanciare dei messaggi. Ogni album per noi è stata una foto del periodo che abbiamo vissuto, l’aspettativa è quella di continuare a vivere di musica ma rimanendo slegati da vendite e streaming.  Che siano passati 24 anni insieme, va già oltre ogni aspettativa. Ecco perché Free Love soffia su questo vento di libertà senza preoccuparci e senza voler sapere fin dove ci spingerà. Free love, do you feel the same?”

Raffaella Sbrescia

Buona Fortuna: il nuovo album di Ermal Meta. L’intervista

Esce il 3 maggio il nuovo album di inediti di Ermal Meta dal titolo “Buona Fortuna”. Un lavoro diverso da tutti gli altri che il cantautore ha presentato alla stampa dopo aver appena annunciato che diventerà papà a giugno 2024.

In questo disco ci sono memorie future ma anche passate, che vorrei fortemente rimangano impresse da qualche parte. Sono 12 fotografie musicali che non vedo l’ora di mostrare. Ho compiuto un viaggio dentro me stesso come mai avevo fatto prima d’ora. Ogni artista dice sempre che l’ultimo disco è sempre speciale e forse anche io sono caduto in questo clichè. Si tratta di qualcosa che non riesco a descrivere diversamente, è un tipo di emozione, un’euforia congelata.

La parola “fortuna”, sarà anche il nome della mia bambina che nascerà a giugno. L’idea ed è nata in un modo molto peculiare: mi trovavo in studio a casa mentre lavoravo al pezzo “ironica” diviso in due parti molto diverse l’una dall’altra; maneggiavo il testo in attesa di registrarlo e c’era la mia compagna Chiara seduta sul divano dietro la mia postazione. Lei spesso ha un intuito interessante, anche se è al di fuori dello spirito della creazione musicale, mentre cantavo ho pensato che se dovesse essere stata una femmina, avrei voluto chiamarla fortuna ed è stato surreale apprendere in quello stesso momento che anche Chiara stava pensando la stessa identica cosa.

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Arriva quel momento in cui, anche musicalmente parlando, devi fare un punto di quanto fatto e capire dove sei diretto. A volte nella musica non è semplice comprendere dove si è diretti però diventa necessario avere piccole coordinate dentro di sé, anche per fare un po’ di chiarezza da un punto di vista emotivo. Ultimamente ho cambiato tante cose: casa discografica, management, ho dovuto anche reimparare cose di me stesso e anche l’esperienza degli ultimi due anni che ho fatto con la scrittura del romanzo il cui successo inaspettato mi ha portato a mostrarmi quasi un po’ lontano dalla musica ma non è mai stato così. I libri sono pieni di musica e sono pieni di colonne sonore silenziose; a volte ho trovato più musica in certi libri che in certi dischi.

Questo viaggio mi ha portato ad attendere prima di scrivere un album, non riesco a scrivere al fuori dell’ispirazione, non riesco ad avere la disciplina di scrivere tuti i giorni, per ora l’ispirazione non mi è mai venuta meno e ho sempre fatto affidamento su quella. Negli ultimi due anni c’è stato un boost notevole, all’inizio però mi sentivo quasi inadatto ad esprimere a parole questa nuova emozione e questo nuovo sentimento e mi sono bloccato. Poi ho capito che si trattava di accettare che le parole che venivano fuori da me erano quelle ed erano quindi giuste per descrivere come mi sentivo, mi aspettavo forse di diventare un’altra persona, in realtà non sono un’altra persona ho solo il cuore un po’ più grande.

La fortuna è qualcosa per cui lotti, ti impegni, combatti.  Il caso ti capita, invece la fortuna buona è qualcosa per cui lavori e che costruisci con le tue mani giorno dopo giorno. In qualche modo ho ripreso questo concetto metaforicamente nella cover del disco in cui è raffigurata una balena bianca in un disegno di mio fratello ricamato su tessuto. Questa fortuna di trovare la balena bianca che poi cerca di farti fuori in qualche modo, bisogna essere pronti a catturarla, legarla con dei fili e portartela appresso. Questi 12 fili  rappresentano le canzoni, 12 foto, sogni, mondi immaginati o reali e ci si chiede se la balena si tiri appresso le canzoni o le faccia volare. Non ho risposta a questa domanda, perciò mi piace lasciarla a mezz’aria e pensare che la fortuna sia qualcosa per cui lavori e fai qualcosa.

Parlando di qualche brano contenuto nell’album, Ermal Meta spiega a proposito de “La strada la decido io”: “le persone pensano di sapere quale sia la cosa migliore da fare, il più delle volte questo non è corretto. Ognuno di noi percepisce il mondo attraverso la propria pelle e lo guarda con i propri occhi. Gli  gli anni più importanti della mia carriera sono stati 2016-2017-2018 ma proprio in quegli anni soffrivo costantemente di attacchi di panico  che erano molto difficili da controllare, sono salito sul palco spesso in apnea, dall’esterno questo non si vedeva. Durante un in store, ad esempio, stavo malissimo c’erano 2000 persone, ogni 15 minuti andavo in bagno per mettere la faccia sotto l’acqua, questa canzone cerca di scrollarmi di dosso quella sensazione.  Non voglio buttare addosso agli altri quello che spetta a me e che dipende da me.

“Mediterraneo” si trova lì perché musicalmente dà una svolta e scandisce la ritmica in maniera diversa. Le prime  4 canzoni  hanno portamenti ritmici diversi. Il brano è un mix di cose, di sud del mondo, ha una temperatura di 32 e 33 gradi, ma è anche canzone che inganna, parla del nostro mediterraneo: un luogo non luogo in perenne movimento, uno spazio all’interno del quale si incontrano più storie, racconti di quanti possiamo immaginare. Nei secoli passati era più facile comprenderlo perché era il centro del mondo e della cultura, per noi è diventato un posto di svago mentre per chi è dall’altra parte  è un luogo di speranza”.

“Penso di essere cambiato nell’essere più diretto musicalmente. Di fatto sono  prima musicista e poi cantante. Sono un musicista che ha imparato a cantare, a volte mi sono arzigogolato un po’ troppo spesso, invece ho ritrovato una certa semplicità che mettevo in pratica quando facevo solo l’autore. A questo giro ho pensato che forse dovevo perseguire questo approccio nella scrittura della canzone. In “Finchè morte non ci separi” mi sono lasciato andare di più e mi sono sfogato. Per il resto a livello testuale ho cercato di dire le cose in modo più diretto; non che non lo sia stato in passato, però ho pensato all’incontro di tanti anni fa con Mogol a cui feci leggere un mio testo, mi chiese cose volessi dire e mi disse di dirlo. Per questo a sto giro ho fatto mio questo suo insegnamento. Ho cercato di seguire un percorso musicale che avesse un filo, quello che unisce queste canzoni è la ricerca della propria fortuna e del proprio posto nel mondo attraverso l’analisi della quotidianità e uno sguardo, anche impietoso, sulla mia vita. Sono sempre stato parte del team conduci una vita semplice ed esagera poi nella scrittura, penso che nel mio caso sia stato molto utile.

Ermal Meta ph Nicolò De March

Ermal Meta ph Nicolò De March

Non sento di aver mai fatto parte di un filone, tutti gli artisti sono diversi, dall’esterno è facile cercare di avvicinarli però ognuno di noi cantautori etc cerca di fare il suo attraverso il proprio sguardo e il proprio colore. Non mi sono lasciato ispirare da altre canzoni, piuttosto cerco spesso qualcosa di incompleto che non ho capito fino in mondo. Il senso di incompiutezza l’ho sempre trovato in Bukowski che mi ha sempre molto ispirato.

Quando ho iniziato a scrivere, l’ho fatto per me steso con l’obiettivo di salvarmi, mi sono reso conto che la musica mi ha salvato la vita e, ha salvato la mia emotività. Intorno ai 20-25 anni tutta la mia infanzia è venuta fuori con grande violenza, avevo problemi con la gestione della rabbia, sono andato in terapia. Scrivere era un modo per respirare un po’ di più e tenermi a bada. Finivo quasi sempre in brutte situazioni, avevo ingoiato per tanto tempo e tanti anni. La musica mi ha salvato più volte, in quegli anni mi ha dato uno scopo, dopo mi ha fatto anche sopravvivere e poi vivere. Prima con la Fame di Camilla, poi scrivevo per altri e mi riempivo di orgoglio ,ero felicissimo, guadagnano e aiutavo la mia famiglia, dicevo a me stesso di avercela fatta a raggiungere un traguardo che mi ero prefissato. Solo un sogno può sconfiggere un sognatore, non mi sono mai tirato indietro per questo, questa gratitudine nei confronti della vita è stato il vento nelle vele. Nel 2016 con il mio primo disco da solista,  ancora una volta la musica mi ha salvato, non posso non essere positivo, è impossibile, non sono mai triste nelle canzoni, al massimo sono malinconico e la malinconia ha spesso un sapore di cose bellissime , che lo sono state o non lo sono più. Quel bagaglio me lo porto appresso, sono disperatamente romantico e amo l’idea del disco e di raccontare qualcosa.

Raffaella Sbrescia

“Buona Fortuna” sarà il cuore pulsante del nuovo tour di Ermal Meta in partenza il 13 luglio dal Teatro Romano di Verona che lo porterà questa estate sui palchi più importanti della penisola. Uno spettacolo nuovo che segna il ritorno alla dimensione live in un anno per lui molto importante.

I biglietti del tour, organizzato e prodotto da Friends and Partners e Vertigo, sono in prevendita su TicketOne. Qui il calendario:

13 luglio Festival della Bellezza, Teatro Romano – Verona

18 luglio Anima Festival, Anfiteatro dell’Anima – Cervere (CN)

19 luglio Live in Genova, Arena del Mare – Genova

28 luglio Anaxum Festival, Arena del Marinaretto – Palazzolo Dello Stella (UD)

11 agosto La Versiliana Festival, Teatro La Versiliana – Marina di Pietrasanta (LU)

21 agosto Oversound Music Festival, Piazza Libertini – Lecce

24 agosto Sotto Il Vulcano Fest, Anfiteatro Falcone e Borsellino – Zafferana Etnea (CT)

25 agosto Dream Pop Fest, Teatro di Verdura – Palermo

5 settembre Roma Summer Fest, Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, Cavea – Roma

14 settembre Carroponte – Sesto San Giovanni (MI)

 

Angelina Mango racconta “La noia” in gara al Festival di Sanremo: “Raccontarsi sul palco è comunicare con il pubblico e io amo farlo”. Intervista

 La noia è il brano con cui Angelina Mango partecipa alla 74esima edizione del Festival di Sanremo. Il brano è accompagnato dal videoclip ufficiale (https://www.youtube.com/watch?v=psiytW9Or2s) che immortala il processo di vestizione della “divinità” della Noia, interpretata dalla stessa cantautrice. Durante la prima serata del Festival di Sanremo, Angelina Mango si è posizionata al secondo posto della classifica provvisoria.

Il brano è scritto da Angelina Mango con Madame e composto dalle due cantautrici insieme a Dardust, che ne cura anche la produzione con E.D.D. Una cumbia messicana contemporanea in cui la cantautrice gioca con i contrasti: a partire dal ritmo incalzante ed energico su cui la sua voce si muove in apparente contrapposizione con il titolo.

Angelina Mango ph Andrea Bianchera

Il videoclip - per la regia di Giulio Rosati e prodotto da Borotalco.tv – immortala la fase di preparazione di Angelina, che rappresenta e impersonifica La noia. Quattro signore la vestono all’interno di una casa dal gusto popolare e Angelina durante questo processo è circondata dalle due sorelle più giovani, visibilmente annoiate mentre attendono che la sorella maggiore completi la preparazione.

Enigmatica, Angelina interpreta questo ruolo personificando le emozioni che caratterizzano la Noia: la monotonia, ma anche la voglia di evasione, elementi che ci permettono di riconoscere ciò che la vita può offrire, oscillando tra momenti positivi e momenti negativi.

Qui tutte le dichiarazioni dell’artista a Sanremo:

Fiorella Mannoia al Festival di Sanremo con “Mariposa”: l’impegno con e per le donne in una veste inedita.

Si apre sul palco del 74° Festival di Sanremo un anno speciale Fiorella Mannoia che, ad aprile, spegnerà 70 candeline festeggiando questo traguardo nella dimensione per lei più naturale: sul palco.

L’artista torna in gara all’Ariston per la sesta volta con un brano - Mariposa – di cui firma in prima persona il testo insieme a Cheope e Carlo Di Francesco –che rappresenta un vero e proprio manifesto di donne. Fiorella canta le voci di ognuna di loro, nel tempo, nella storia, nel sentimento e nel mistero, raccontandole nella loro libertà, forza, dolore, gioia, amore…

Per Fiorella Mannoia si tratta della sesta partecipazione in concorso a Sanremo, a sette anni di distanza dalla partecipazione con “Che sia benedetta” che riporterà curiosamente in duetto con Francesco Gabbani durante la serata delle cover.

“Mariposa”, spiega Fiorella Mannoia, significa farfalla ed è nata durante la visione di una serie intitolata “Il grido delle farfalle”. La trama segue la vicenda delle sorelle Mirabal, denominate le farfalle, le più belle di tutto il loro villaggio, attiviste politiche che si battevano contro la dittatura del generale Trujillo. Le sorelle fecero una brutta fine in quanto il governo le uccise facendole trucidare e gettare in un dirupo cercando di far passare il tutto come se si fosse trattato di un incidente. L’opinione pubblica non gli credette, il popolo si adirò a tal punto da costringere il dittatore alle dimissioni. Forse non tutti sanno che il 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne proprio in onore delle sorelle Mirabal che furono uccise il 25 novembre 1960. L’idea del brano è nata dopo la visione di questa serie, in loro onore la canzone si intitola “Mariposa” ma l’unico reale riferimento è la farfalla che imbraccia il fucile in un contrasto di immagini. Per il resto la canzone è un manifesto femminile, ogni frase ha un’immagine con l’obiettivo di arrivare al racconto di quello che siamo state, di ciò che siamo e che saremo.

In genere si sceglie di tornare a Sanremo quando sia ha tra le mani una canzone importante come in questo caso. “Mariposa” mi rappresenta, è speciale per me e ne sono orgogliosa. Vorrei poter dire che torno su quel palco più spensierata e più tranquilla ma mentirei; ogni volta che si sale su quel palco, soprattutto in gara, le emozioni sono sempre le stesse e le paure pure. Quando sei lì sopra succede sempre la stessa cosa a tutti noi. Le persone che vengono ai miei concerti sanno che ho diverse sfaccettature e che non canto solo canzoni impegnate e statiche. Mi piace ballare, giocare, muovermi, forse nessuno mi ha mai visto in questa veste sul grande palco di Sanremo perciò sarà una grande sorpresa vedere un testo importante accompagnato da una musica gioiosa, ritmica, latina.

FiorellaMannoia_phDirk Vogel.

FiorellaMannoia_phDirk Vogel.

Purtroppo certe volte sui social si vedono messaggi feroci di donne contro altre donne; questo mi fa molto male, il mio impegno è essere attenta a quello che mi circonda, a quello che oggi la società vive; lo sento quasi come un dovere. Quando abbiamo organizzato l’evento “Una nessuna centomila” ho sentito il dovere di fare in modo che non finisse tutto lì, mi sembrava un’occasione sprecata, sentivo che dovevamo fare di più perciò con Lella Palladino e Celeste Costantino, abbiamo creato una fondazione di cui sono presidente onorario per portare avanti il nostro desiderio di stare accanto alle donne in difficoltà.

Ho gli stessi anni della Rai, questo è un anno speciale, il numero 7 mi fa effetto ma quando penso che sto per compiere 70 anni in realtà mi rendo conto che non me li sento affatto. La mia testa ancora viaggia, vuole sperimentare, provare, divertirsi, ha delle passioni da portare avanti. Sicuramente è un momento che vorrò festeggiare, vedremo come e quando, intanto mi dedico al Festival, poi il 4 e5 maggio all’Arena di Verona ci sarà “Una nessuna centomila” e nel frattempo stiamo cercando di organizzarci per capire che festa vorrò fare per festeggiare questo importante traguardo”.

La rabbia non ti basta: BigMama al Festival di Sanremo con un flow di emozioni tutte da vivere. Intervista

Marianna Mammone, in arte BigMama, sarà in gara al Festival di Sanremo 2024 con il brano “La rabbia non ti basta”. La rapper ventitrenne ha alle sue spalle un percorso di vita tortuoso che l’ha già messa più volte a dura prova forgiandone personalità e repertorio. Vittima di bullismo da bambina, BigMama ha iniziato a scrivere canzoni a 13 anni e, se all’inizio, di fronte all’odio altrui, ha cercato di difendersi reagendo con l’odio, oggi l’intento è quello di cercare di scrollarsi il peso del giudizio altrui dalle spalle per affermare con orgoglio un’identità forte e tenace.  Rap e dance si alternano in questo brano che crea al suo interno un corto circuito destinato a innescare nuova energia:

“Ritengo sia importante trasmettere un messaggio importante. Per prima cosa, in quanto donna, mi sento molto legata alla necessità di sfruttare l’opportunità di dire qualcosa di intelligente e usare parole che magari gli altri hanno paura di usare. Il mio pezzo a Sanremo chiude un cerchio e rappresenta la sensazione di rivalsa che cercavo. Il brano è dedicato alla me stessa bambina e contiene un messaggio preciso: non avere paura di credere in te stessa. Non credere troppo a quello che dicono gli altri, metti al primo posto la proiezione che hai di te nel futuro, pensa a quello che vuoi fare da grande e a come vuoi farlo, senza lasciarti condizionare da ciò che c’è intorno. Il pezzo è venuto fuori in una sessione unica, è il frutto di uno sfogo velocissimo venuto fuori per andare a scusarmi con la me bambina. Sono orgogliosa di coronare il sogno di potare questo pezzo sul palco più importante, era quello che desideravo. Anche quest’anno ho presentato un brano per Sanremo Giovani ma ne ho presentato anche uno per la gara dei big. Amadeus si lega tantissimo ai pezzi, lui li ascolta davvero e li valuta. L’anno scorso non gli sono piaciuta e non mi ha preso, quest’anno invece ha deciso di prendermi direttamente in gara e quando lo ha annunciato io davvero non sapevo nulla. Mi sono emozionata tantissimo.

La prima prova con l’orchestra è andata bene, avevo molta paura e temevo che ci fossero dei pregiudizi su chi fossi e perché fossi lì. Appena ho sentito i violini ho iniziato a piangere, sono molto emotiva per cui doveva succedere, ma allo stesso tempo ho finalmente capito che quel posto me lo merito ed è lì che devo stare.

Ho sempre avuto problemi con la socialità, ho subito bullismo che spesso sfociava in violenza fisica, non sono mancate violenze sessuali e a 20 anni ho scoperto di avere il cancro, ho fatto 12 chemioterapie e tutti questi momenti mi sono serviti per capire se voglio fare qualcosa, posso riuscirci. Sono veramente felice di poterlo urlare su quel palco.

In riferimento al concetto di rabbia, invece, se da piccolo vedi che il mondo intorno a te ti odia, non hai un posto sicuro e non sai dove collocarti, rispondi all’odio con l’odio; perciò ho iniziato a odiare il mondo, gli altri e me stessa, il mio primo vettore era la rabbia, quando qualcuno mi diceva qualcosa ero proprio arrabbiata. A partire da 13 anni scrivevo testi struggenti,  parlavo di autolesionismo e suicidio, cose che un bambino non dovrebbe conoscere, sfogavo la rabbia anche su me stessa, con questo brano voglio dire che tutta quella rabbia non basta, devi fare molto di più, ho capito che quelle energie negative dovevo trasformarle in positive, anche avere vergogna del mio fisico non mi serviva, non dovevo nascondermi, ho cambiato la visone di me stessa.  Un mio problema è quello di dare troppo retta agli altri, si tratta di traumi che è difficile togliersi dalle spalle, mi frega meno del giudizio del persone ma non potrà mai essermi indifferente, ascolto gli altri e, in base a quello, mi definisco come persona, sono abituata a farlo da sempre, è difficile togliermelo dalle spalle. Ho una grande intelligenza emotiva e non riesco  a scansare le brutte cose.

Grazie ai social la gente è più aperta parlare di bullismo e disturbi mentali. I miei non mi capivano, la colpa era sempre mia, non potevo parlare con nessuno, i miei non mi hanno mai aiutato da questo punto di vista e questa è una pecca di cui hanno fatto un po’ mea culpa in seguito. Una figlia che perde chi la vuole avere? Ero convinta che i miei si mettessero a pensare che non mi volesse nessuno, non volevo dargli dispiacere, da un lato non avevo il coraggio ma neanche la spinta emotiva; i miei non erano miei amici, mio padre tornava la sera tardi, mia madre con 4 figli aveva 100 cose da fare, lei è figlia unica, perse la madre per lo stesso cancro che ho avuto io, non si è mai fatta curare per questo trauma perciò non era così aperta nell’ ascoltare gli altri, ci ha sempre lasciati da soli in questo. A maggior ragione ritengo importante condividere queste storie per aiutare i genitori a capire i figli e viceversa. Nel 2000 le persone grasse che andavano in tv erano i pagliacci della situazione, anche io stessa avevo sviluppato una autoironia tossica, ero la pagliaccia del gruppo. Oggi pensare di poter essere un riferimento mi fa veramente piacere, quando conosco i bambini e mi parlano delle loro storie, piango immediatamente quando mi dicono di voler diventare come me.

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Se ti ami poco, le persone ti amano poco, se ti presenti in maniera insicura anche gli altri vedranno quella versione di te, se non hai paura di esistere, le persone ti vedranno in modo diverso, ho attraversato un vero e proprio life change. Mi sono costruita da sola da una famiglia non benestante, sono grassa, queer, i miei messaggi voglio che arrivino in maniera universale in quanto non parlo di minoranze specifiche, non parlo solo di corpo, bensì dell’essenza di ciò che è successo e dell’importanza di credere nei sogni.  

Ciò che mi contraddistingue è il fatto che non ho mai avuto paura di parlare, ho sempre usato la musica come mezzo per dire le cose e le dico in tranquillità. I miei testi spesso sono stati giudicati come troppo diretti, taglienti ma lo dico senza paura di dover rispettare certe sensibilità, musica voglio essere ciò che sono davvero. Non ho paura, penso anche se quella cosa può essere fraintesa o rigirata contro di me, non mi pento di dire le cose e penso che continuerò a farlo, mi sono presa tanta merda per delle cose che ho detto  sia per difendermi che per difendere altre persone e continuerò a farlo.

Avere i riflettori puntati addosso è una cosa bella ma anche brutta allo stesso tempo; se fai un passo buono lo  notano tutti ma se ne fai uno sbagliato, lo notano più che tutti. Ho paura di steccare o di deludere me stessa, sto studiando tanto, sono molto studiosa, la mia paura è deludere le mie stesse aspettative.

Per la serata dei duetti e delle cover, porto tre donne sul palco con me per interpretare il brano Lady Marmalade. In un contesto musicale dove è evidente una forte maggioranza maschile, per me è fondamentale far vedere la presenza scenica delle donne sul palco e  dimostrare che tre donne giovani possono sfondare su quel palco. Siamo tutte amiche, creeremo sinergia e mostreremo che l’unione fa la forza. Ho scelto quel pezzo apposta, è tutto molto compatto e non è una scelta casuale. Potevo portare l’artista x di turno e rimanere nella mia bolla ma voglio dare visibilità a delle ragazze magari più emergenti e dimostrare che possono salire su quel palco e fare qualcosa di bello che funziona. La versione che mi ha influenzato è quella di Cristina Aguilera ma ovviamente ci saranno anche barre inedite, ho sempre amato pezzi dove ci sono più donne, e per organizzare questa performance abbiamo fatto un grande lavoro di ricerca, non è stato semplice, la maggior parte delle donne presenti in playlist sono già Sanremo quest’anno. Ci tengo a portare donne giovani come me anche se i miei pilastri sono Fiorella Mannoia, Noemi e Annalisa: le rosse della musica italiana. Per un certo periodo partecipavo a tutti i karaoke della zona e avevo tutti i loro CD. Da ragazzina la mia wave era il pop americano, un giorno mio fratello mi ha fatto andare ad un concerto rap al Giffoni Film Festival con Salmo, Ensi e Clementino: da quel momento sono diventata super fan di Salmo, è sempre stato il mio mentore per quanto concerne flow e metrica.

Elodie mi ha scritto per complimentarsi con me quando è uscita la notizia, mi ispiro molto a lei quando faccio le prove, rappare non mi preoccupa, lo faccio a occhi chiusi. Sanremo è un palco che sogno anche di notte e io mi ispiro alla leggerezza e alla disinvoltura di Elodie per calmarmi. Lo styling che ho scelto mi rispecchierà al 100%, compresa la tematica queer, ho scelto brand molto inclusivi, desidero arrivare in modo forte su più fronti. L’idea del patriarcato è radicata nel nostro inconscio, io posso provare a far sentire la mia voce  e spero che questo tipo di sensibilizzazione prima o poi porterà a qualcosa. Non ho la saccenza di pensare di cambiare il mondo, io faccio la mia parte ma bisogna farlo insieme e su più fronti”.

 Raffaella Sbrescia

Negramaro al Festival di Sanremo con Ricominciamo tutto: “Per stare bene c’è bisogno di azzerarsi e ripulirsi da qualsiasi pregiudizio”

I Negramaro parteciperanno in gara al Festival di Sanremo 2024 con il brano “Ricominciamo tutto”, un messaggio chiaro e senza fronzoli dietro cui si cela una riflessione profonda, ampia e matura. In occasione della presentazione alla stampa del brano in oggetto, la band salentina, con alle spalle 20 anni carriera, mette subito le cose in chiaro:

“Torniamo a Sanremo senza alcun pregiudizio. Eravamo già stati ospiti al Festival con Baglioni e, Amadeus, con cui abbiamo un grande rapporto di stima reciproca, ha pensato di reiterare l’invito ma stavolta per farci partecipare in gara. Abbiamo scoperto i nomi del cast dopo e pensiamo davvero che Amadeus abbia ragione nel dire che si tratti di un roaster di super ospiti. Dal canto nostro pur avendo perso nel 2005, il Festival lo abbiamo poi stravinto e ci sono tanti amici e colleghi che lo hanno vinto; tra tutti Diodato con cui abbiamo festeggiato durante il nostro tour dei 20 anni al concerto di Galatina.

Ad Amadeus abbiamo fatto sentire “Ricominciamo tutto” e abbiamo puntato tutto su questo brano che ho scritto circa un anno fa mentre ero in montagna in Abbruzzo con la mia compagna Ilaria e mia figlia Stella. Il fulcro nasce da una piccola, stupenda visione; una suggestione data dal candore incredibile di un manto nevoso. Questo brano è un ATTO di speranza: ricominciare è un qualcosa che facciamo tutti e sei sempre e forse è anche questo il segreto per farci stare insieme da tanti anni. Questa è una canzone piccola che poi diventa grande per noi sei, con la speranza che lo sia per tutti. Tradotta nelle nostre emozioni, la canzone diventa un claim in cui credere. Ci teniamo a dire che non c’è nulla di negativo dietro il significato del brano. Per stare bene c’è bisogno di azzerarsi, ripulirsi da qualsiasi pregiudizio. Questo è un esercizio che facciamo anche tra di noi, ogni volta in sala prove è una novità e ci porta a una esplosione di emozioni. Questo significa ricominciare tutto: ripulirsi ogni volta e pensare di essere nuovi. Noi abbiamo lavorato vent’anni affinchè il rock arrivasse al mainstream e il pop venisse considerato oltre il pianobar.

negramaro

Del nostro primo Sanremo, abbiamo un ricordo che va al limite del trauma: siamo passati dall’eliminazione all’essere passati in tutte le radio. Fu una vera esplosione che ha compensato l’incidente della sera prima; uno dei tanti tasselli che hanno fatto parte della nostra storia. Il passaggio a Sanremo è stato determinante per la nostra carriera. Da bambini musicali, quali eravamo, non abbiamo capito subito cosa stesse succedendo, venivamo da una  terra di grande cultura, non ci sentivamo a distanza, abbiamo vissuto quella cosa come un sogno; una volta scesi dal palco, trattati non bene, così come erano trattati i giovani all’epoca, in quell’occasione fu bello sentire mio padre per comunicargli che avevamo vinto il premio della critica, successe una cosa stupenda.

Ad oggi la gara è stata in qualche modo eliminata, ci sono tutti super ospiti. A giugno andiamo a suonare nei nostri posti, ci auguriamo che vincano dei giovani che hanno 20 anni davanti, così come fu per noi, su questo siamo sereni, sono riusciti a fare del brand sanremese un posto in cui non ti senti in gara. Noi eravamo piccoli, scalmanati e neri, oggi ci sentiamo uguali e con la voglia di fare.  Stiamo lavorando a un nuovo disco e, nonostante ci fossero tante canzoni che avrebbero potuto metterci in crisi, siamo tutti convinti di questo brano e di quello che vogliamo dire, così come fu con “Mentre tutto scorre”, che Caterina Caselli tolse a Mina. Questa volta vogliamo condividere una cosa che sembra classica ma non lo è. Se togliessimo la mia voce ingombrante, verebbero in evidenza le incredibili referenze musicali: dagli M83 a Battisti a Lucio Dalla agli U2 alle band delle nuove generazioni; si tratta di una sintesi della nostra musica. 

Anche nell’arrangiamento che abbiamo costruito con Davide Rossi sono racchiuse tutte le nostre influenze di questo ventennio. Gli arrangiamenti sono bollati da lui ma il lavoro è il frutto di una simbiosi e di un’empatia esplosiva. La prima prova con l’orchestra è stata emozionante, proprio bella. Con Davide ci siamo trovati al Jova Beach Party, ci siamo divertiti insieme in quell’occasione, mentre durante le prove con l’orchestra ci siamo emozionati. Si gioca molto sulle emozioni vere dal vivo, è stato bello accostarci alla musica per la prima volta come fossimo degli esecutori. Deve arrivare quel momento in cui devi giocare con la musica e sentire il tuo limite; riconoscere il proprio limite è una liberazione. Nella perfezione è compreso lo sbaglio ed è per questo che cogliamo l’occasione anche per dire che è giusto permettere l’errore alle nuove generazioni e dare loro modo di gestire il cambiamento e acquisire quell’esperienza necessaria per porre la giusta attenzione ai processi e alla creatività, solo così le nuove personalità verranno fuori nel tempo.

Per quanto riguarda il nuovo album, si parte dalla consapevolezza dell’importanza che riveste il concetto di viaggio. Durante un viaggio a Berlino, ho scritto una canzone appena sono arrivato, il brano si intitola “Berlino Est” e a marzo andremo a chiudere il disco negli studi in cui andarono gli U2 e David Bowie. Facciamo tutto questo per rimanere negli alveoli della sostanza, siamo abituati a fare il lavoro alla vecchia maniera e che possa fare del bene alle nuove generazioni. Ci piace andare negli studi dove non ci conoscono per lavorare al meglio, i dischi si devono riempire di storia, non è sempre facile trovare entusiasmo dopo 20 anni. Abbiamo sempre fatto musica per viaggiare e viaggiamo per fare musica”.

Raffaella Sbrescia

Esibizione acustica dei Negramaro a Sanremo:

I Pinguini Tattici Nucleari presentano il nuovo album Fake News

Fake News è il titolo del nuovo album dei Pinguini Tattici Nucleari in uscita venerdì 2 dicembre 2023. Anticipato dai singoli Giovani Wannabe (Triplo Platino) e Ricordi (certificato Platino), Fake News riassume gli ultimi due anni della band bergamasca che oggi ha presentato l’album alla stampa presso il Ride di Milano.

“Il titolo Fake News è nato la scorsa estate a Cattolica quando, parlando del più e del meno, durante la nostra vita fatta di attese, discutevamo di come le fake news possano influire sulla società moderna, inquinando un possibile dibattito politico sociale di qualsiasi tipo. Abbiamo quindi voluto portare questo tipo di riflessione in un album quanto mai vero e talvolta autoreferenziale. Parlare di sé può essere rischioso ma anche terapeutico nonché interessante per il pubblico.

pinguini

In quanto band, riteniamo che l’aspetto comunitario sia tanto tautologico quanto importante per noi. Le risposte ai problemi si affrontano insieme, noi ci completiamo a vicenda, ciascuno di noi suona il suo strumento e ci piace anche l’idea che qualche ragazzino possa avere voglia di suonare in una band. La solitudine in pandemia per noi è stata micidiale, ci siamo sentiti prede dello sconforto e ci sembrava ipocrita non parlarne dopo anni lontani dai palchi. Fake news è stato un album difficile, ci abbiamo messo parecchio tempo a partorirlo e registrarlo. La stesura risale a un anno e mezzo fa, alcune canzoni hanno avuto diverse gestazioni e rimescolamenti; anche per questo lo sentiamo come un album maturo ma non marcio. Abbiamo una certa manualità in studio, ci mettiamo tempo a fare le cose, ci sono dibattiti, idee, confronti. Tutto questo può rallentare il processo ma non l’allegria di quando esce un album come questo, soprattutto quella che viene pensando a un pubblico come il nostro che sente e percepisce il lavoro che c’è dietro e che spesso apprezza anche le singole parti suonate rispetto alla figura del frontman. La nostra proposta è diversa, riempie un segmento poco popolato e, in un mondo in cui le band stanno scomparendo, portiamo avanti questo stendardo e ne siamo molto fieri.

Fake news è un disco ampio, ci sono tanti pezzi che prendono anche direzioni sperimentali. Ci sono brani che cercano di strizzare l’occhio a diverse modalità di far musica, c’è un tentativo di andare oltre la frasetta empatica, abbiamo voluto intavolare un discorso che raccontasse uno sprazzo della nostra generazione. Questo emerge in particolare nel brano “La cena di classe” in cui si racconta la crescita e l’incontro con gli ostacoli della vita. Siamo una proposta che mostra delle differenze rispetto a tante altre cose che escono, la nostra aspirazione è quella di rimanere nel tempo, così come vorrebbero fare tutti quelli che fanno questo mestiere. Siamo diversi in partenza, siamo qualcosa di atipico, cerchiamo di attraversare con i nostri testi e concept alcuni dei luoghi comuni che la nostra generazione vive.

Acquisire la consapevolezza di avere un pubblico più ampio ci ha spronato ad avere un confronto molto più clinico al fine di avere la migliore canzone possibile. Abbiamo cercato di dare lo stesso tipo di attenzione a tutti i pezzi con l’obiettivo di poter arrivare a una persona. Ci rendiamo conto del fatto che ci siano persone che hanno delle aspettative, questo spaventa perché per noi il pubblico è sempre stato fondamentale. Chi fa pop deve ragionare così, amiamo l’idea di generare un engagement anche fisico con la gente sotto al palco. La nostra storia nasce dalla fisicità, dal riscontrare qualcosa l’uno nell’altro. Abbiamo incasellato canzoni che sono andate molto bene, ci si aspetta quindi che vada sempre meglio ma a una certa è ovvio che qualcosa non andrà bene, per questo ci diamo equilibrio mentale a vicenda. Vogliamo essere esempi di persone che sono contente nella vita, non di gente che ha avuto successo nella vita.

Per noi fare bene ha la priorità, il resto è conseguenza ma anche effetto collaterale. C’è gente che storce il naso rispetto alle nostre date negli stadi, in effetti è stato un bell’azzardo ma fa quasi piacere che ci siano le critiche, sta succedendo davvero qualcosa di grande e pur non credendoci neanche noi stessi, i risultati ci sono e non potremmo essere più contenti di così. La nostra dimensione è sempre il concerto, lavoriamo sinergicamente tra discografia e booking esattamente per questo.

Anche se facciamo 10 stadi, resteremo sempre i ragazzi della porta accanto, queste cose ci caricano di responsabilità e ci aprono ad un pubblico più grande, abbiamo sempre fatto ore e ore di prove per preparare lo show, ci sentiamo con i piedi per terra. Questo risultato arriva da tanti anni di lavoro, la forza di noi sei è anche questa; nessuno si sente più importante , siamo molto felici, ma ci piace lavorare giorno per giorno, questo è rimanere umili e darsi da fare , non andiamo in salotti e contesti che non siano nostri, viviamo dove vivevamo, la nostra terra ci ha insegnato l’etica del lavoro, il divismo è alieno dal nostro dna.

Non ci aspettavamo di fare un tour del genere, né di fare così bene. Stiamo costruendo idee che possano portare il live a essere un’ esperienza narrativa. Vogliamo far capire che siamo qui per restare. La gente si aspetta che tu non ti comprometta, abbiamo detto no diverse volte, anche a malincuore, a volte vorresti fare altro ma scegliere di fare altro non è troppo ben visto da fuori, è come se togliesse verità al discorso, a quel poco mito che ci può essere oggi in una società moderna. Per il momento ci sentiamo di fare soltanto questo e mettere la nostra professionalità al servizio della musica che ci consente di essere noi stessi e far cantare tutti. Ci allontaniamo dalla finzione, non sapremmo conviverci”.

Raffaella Sbrescia

TRACKLIST
01_Zen; 02_ L’ultima volta; 03_Hold On; 04_Stage Diving; 05_Ricordi; 06_Melting Pop; 07_Forse; 08_Fede; 09_Dentista Croazia; 10_Hikikomori; 11_Giovani Wannabe; 12_Barfly; 13_Non sono cool; 14_ Cena di classe

IL TOUR NEGLI STADI 2023
07.07.2023 – VENEZIA PARCO SAN GIULIANO MESTRE - DATA ZERO
11.07.2023 – MILANO STADIO SAN SIRO - SOLD OUT
12.07.2023 - MILANO STADIO SAN SIRO - NUOVA DATA
15.07.2023 – FIRENZE STADIO ARTEMIO FRANCHI - NUOVA DATA
19.07.2023 – TORINO STADIO OLIMPICO - NUOVA DATA
23.07.2023 – ROMA STADIO OLIMPICO - SOLD OUT
24.07.2023 –  ROMA STADIO OLIMPICO - NUOVA DATA
27.07.2023 - BARI STADIO SAN NICOLA - NUOVA DATA
30.07.2023 - MESSINA STADIO SAN FILIPPO - NUOVA DATA
13.08.2023 – OLBIA RED VALLEY FESTIVAL - NUOVA DATA

Mario Venuti presenta “Tropitalia”. Intervista

Ritratti Di Note ha incontrato il cantautore siciliano Mario Venuti per una breve intervista sul suo ultimo progetto “Tropitalia”, un disco di canzoni italiane rivisitate in maniera originale e in chiave “bossanova”…

OIF

Mario, prima di parlare dell’ultimo disco, torniamo agli inizi della tua carriera da solista. Che ricordi hai riascoltando l’album “Un po’ di febbre” e il tuo singolo d’esordio “Fortuna”?

Beh, quegli anni sono irripetibili, scoprivo il magico mondo del Brasile e con “Fortuna” in qualche modo rendevo omaggio a questa cultura straordinaria. La canzone è anche una dedica ad una persona cara che è stata un po’ il mio Guru e mi ha fatto conoscere questa cultura affascinante.

A partire dalla collaborazione con i Denovo, hai attraversato con la tua musica tanti decenni. Cosa tenere secondo te oggi degli Anni ’80?

E’ cambiato tutto, ma al di là delle caratteristiche del mercato corrente e dei mezzi di fruizione, che ci sia il vinile, il cd o lo streaming. Credo che alla fine, l’essenza della creazione, dell’urgenza comunicativa dell’artista, che poi è la cosa più importante, non sia cambiata, perchè alla fine, alla base, ci deve essere il tocco, la magia della creazione: deve essere genuina, deve avere qualcosa che tocca il pubblico, cose che non si sono mai potute racchiudere con una formula. Non c’è un ricettario per fare la canzone perfetta, di successo. E’ sempre qualcosa di misterioso, un miracolo che avviene all’improvviso…

“Tropitalia” è il tuo ultimo progetto discografico. Cosa ti ha guidato nella scelta delle canzoni da rivisitare?

Nella scelta delle canzoni ho cercato di coprire un arco temporale molto vasto. Sono tornato anche agli anni Trenta. Poi gli anni ’50 con “Nel Blu dipinto di blu di Modugno”, che ha un rifacimento in portoghese; una versione percussiva che ha stupito chi l’ha ascoltata; è totalmente diversa dall’originale.Gli anni ’60 sono molto presenti, un’epoca d’oro di cantanti e canzoni. Poi gli Anni ’70 ed ’80. La cosa più recente del disco risale al 2000. Il criterio di scelta delle canzoni non è stato razionale ma istintivo. C’era davvero da perdersi tra migliaia e migliaia di canzoni e quindi si è andati un po’ a cuore e istinto.  Tutto il lavoro di scelta l’ho fatto con il produttore Toni Canto, che è stato un complice perfetto in questa operazione. Siamo andati avanti finchè non abbiamo raccolto il numero sufficiente di canzoni che potesse convincerci, perchè il gioco doveva essere interessante, divertente, stimolante. Se non aggiungi alle cover qualcosa di originale, non vale la pena rifare le canzoni; se invece una reinterpretazione aggiunge elementi nuovi e spiazzanti, offre all’ascoltatore anche una chiave di lettura diversa. In questo caso il gioco vale la candela…

Veniamo da due anni difficili per il mondo della musica. In questo tempo, oltre alla musica, quale è stata la tua ancora di salvezza?

La Pandemia ha minato tantissimi capisaldi della nostra vita; è stato uno sconvolgimento radicale. Il primo lockdown è stata una dimensione che ricordo con un po’ di nostalgia. L’isolamento totale, le città deserte. Qualcosa di poetico lo riconosco a quel periodo. C’era un sentire comune, la voglia di lottare insieme contro questo mostro e quindi c’era anche qualcosa di eroico. Poi i lockdown che sono seguiti dopo, anche per la gestione vaccini e green pass, hanno reso tutto più noioso e burocratico. Ora siamo tutti un po’ esausti, speriamo che possa essere vicina la fine di tutto, e di poter ricostruire sulle ceneri…

In quest’album duetti con con due artisti con i quali hai già collaborato: Joe Barbieri e Patrizia Laquidara…

Questi due artisti sono prima di tutto amici con i quali ho una storia da raccontare, che parte nel passato, ed è per questo motivo che li ho chiamati a cantare nel disco. Con Joe Barbieri duetto in “Vita”, il successo di Dalla e Morandi, con Patrizia Laquidara in “Maledetta Primavera”. Loro due sono stati gli artisti più nelle corde di questo progetto, quindi non ho davvero dovuto spiegare loro nulla. Il disco è nato nel pieno del primo lockdown e, nonostante le distanze, tutti i musicisti che hanno collaborato sono stati eccezionali. Molti hanno suonato da remoto, ma la musica è un linguaggio che riesce ad esprimersi benissimo anche a distanza, anche se non si è presenti tutti insieme in uno studio.

Rivedremo Mario Venuti a Sanremo?

Perché no, spero ci sia l’occasione…

GIULIANA GALASSO

“Tropitalia” Tracklist

1) Ma che freddo fa

2) Figli delle stelle

3) Quella carezza della sera

4) Maledetta Primavera

5) Xdono

6) Non ho l’età (Per amarti)

7)  Voar (Nel blu dipinto di blu)

8) Vita

9) Vivere

10) Il cuore è uno zingaro

11) Una carezza in un pugno

Maldestro presenta “EgoSistema”. Intervista ad ego aperto.

Abbiamo  incontrato il cantautore napoletano Maldestro per una chiacchierata sull’ultimo album “EgoSistema” ma anche tanto altro. Un universo-uomo fatto di immagini, pensieri, personaggi che fluttuano voluttuosi tra i tanti progetti di un artista poledrico.
maldestro

Antonio, più che un’intervista a cuore aperto, la nostra è una chiacchierata ad “Ego” aperto sulle canzoni di questo nuovo progetto. Partiamo proprio dal cuore, disegnato anche sulla copertina del disco. Secondo te come se la gioca con l’ego?

Penso che cuore ed ego siano sempre e completamente in lotta. Ogni tanto vince l’ego, ogni tanto il cuore ha la meglio su tutto. La soluzione sarebbe trovare un equilibrio perfetto tra le due cose. L’ego è fondamentale per l’essere umano, ma non deve prevalere, “sforare”; in questo modo, finirebbe solo per fare danni. La cosa più giusta sarebbe costruire un ponte tra cuore ed ego…

So che “EgoSistema” è un album che, almeno dal punto di vista della scrittura, non ha avuto una gestazione lunghissima…

Sì, è vero, l’ho scritto in pochi mesi, da Novembre 2019 a Gennaio 2020. Rispetto agli album precedenti, è stato diverso il metodo, nel senso che prima tendevo solitamente a prendere la chitarra o il pianoforte e cominciavo a scrivere canzoni. Per questo disco, invece, ho cercato prima un suono diverso, ho creato prima gli arrangiamenti e poi ho cominciato a scrivere, quindi è stato partorito in maniera diversa. Mi sono divertito molto. Ho concluso le registrazioni a Milano a Marzo del 2020, qualche giorno prima del primo lockdown. Sono tornato a Napoli giusto in tempo…

Nel primo periodo di pandemia sei anche tornato al tuo primo grande amore, il Teatro, scrivendo molto anche per questo…

Sì, in quei mesi ho lasciato stare un po’ la musica e mi sono dedicato al teatro, riprendendo delle cose già scritte e scrivendo dei racconti nuovi per ultimare il mio primo romanzo. Gli ultimi due anni li ho trascorsi così…

Qualche mese fa hai anche portato in scena al Teatro Piccolo Bellini di Napoli lo spettacolo “Io non sono pacifista”…

Sì, è uno spettacolo ispirato alla storia di Gino Strada. Ho letto i suoi libri e mi hanno letteralmente aperto il cuore a metà, così ho pensato di farne una pièce teatrale. E’ stato un bellissimo viaggio. Io amo molto il teatro civile. Questo è stato uno spettacolo necessario, e anche doloroso. Persone come Gino Strada devono essere raccontate, perchè si tratta di uomini in grado di “spostare” il pensiero e cambiare la visione del mondo. Per me è stato un onore poterlo far rivivere in questo spettacolo e poterlo rappresentare in qualche modo…

Iniziamo ad entrare nelle canzoni di questo disco. Parto dalla title track “EgoSistema”. La frase “Io fingo di ascoltare tutti” quanto ti somiglia?…

Parecchio. Mi somiglia parecchio perchè è così, talvolta siamo così presi da noi stessi che quello che dicono gli altri ci interessa poco. Nonostante io sia un “ascoltatore seriale” e mi piaccia molto ascoltare, ogni tanto fallisco vergognosamente…

Alla fine della canzone ci sono delle bellissime parole. Mi hanno colpito in particolare queste, perchè raccontano una grande verità: “Ci sono persone scritte al contrario, puoi leggerle solo da dentro, e allora ci devi entrare”…

Sì, a declamare queste parole è Cinaski, Vincenzo Costantino, un bravo poeta milanese, anche se dire bravo è molto riduttivo. E’ un grande poeta con il quale ho collaborato; ci siamo ritrovati una sera a Milano in un locale, assieme a Manuel Agnelli, e per caso è nata anche la nostra amicizia. Lui ha scritto molti libri e ha lavorato anche con Vinicio Capossela. Le persone scritte al contrario sono in assoluto le migliori che abbia mai incontrato in vita mia, hanno un pensiero diverso dai soliti schemi abituali. Faccio sempre il tifo per questo tipo di persone…

Sì questo è un po’ il discorso che facevamo prima, dell’equilibrio tra cuore ed ego. Trovare un equilibrio col mondo esterno ti aiuta poi a guardarlo meglio il mondo, e per trovarlo, secondo me, bisogna prima cercare dentro di sè, cercare chi si è, in modo che poi gli altri si possano accordare, un po’ come le navi sull’oceano. Il mondo è fatto di individualità che devono poi creare una comunità, e quindi è fondamentale trovare questo equilibrio…

Una delle mie canzoni preferite di questo disco è “Anna se ne frega”, un pezzo delicato e intimo che racconta anche di quanto a volte sia liberatorio “sbagliare e fregarsene”…

Assolutamente. Sbagliare ci aiuta a correggere il tiro, a comprendere chi siamo. Chi non fallisce, non fa. Sono un grande fan dei fallimenti perchè su quelli si costruisce e si guarda avanti. Sbagliare è fondamentale…

Un’altra canzone fortemente autobiografica è “Pezzi di me”. Hai in qualche modo ricomposto i pezzi di questo Puzzle?

No, non credo. O almeno, in quei tre minuti e mezzo di canzone, sì, perchè in quel breve tempo, canti, ti liberi, e in qualche modo ti rimetti a posto con l’universo. Poi subito dopo, i pezzi, e per fortuna direi, ritornano di nuovo sparsi, e quindi il lavoro che mi tocca fare ogni tanto è quello di raccoglierli e di metterli di nuovo insieme. Sono fatto di pezzi che si compongono e scompongono continuamente…

Probabilmente non basta una vita a raccogliere tutti i pezzi di sè

Ma forse nemmeno due…

“Il Panico dell’ansia”, L’ansia del Panico. Sono in qualche modo complementari o intercambiabili?

Sì, in base al livello di ubriacatura… (ride… n.d.r.)

Nel 2017 hai partecipato al Festival di Sanremo con “Canzone per Federica” (Secondo Posto tra le Nuove Proposte e  Premio Della Critica Mia Martini n.d.r.) che io considero una delle canzoni più belle mai scritte nella musica italiana. Rifaresti il Festival?

Sì lo rifarei. Sanremo è stata un’esperienza molto bella, divertente, appassionante. L’ho vissuta come se fosse veramente un gioco, cercando di non essere risucchiato dalle luci della ribalta. L’ho vissuta davvero come fosse una gita della scuola…

Quale canzone di questo disco avresti presentato a Sanremo?

Forse “Come Kim Ki-Duc”, uno dei pezzi che più mi rappresenta.

Hai citato il Regista “Kim Ki-Duc”, e in due pezzi dell’album citi Marilyn. Che rapporto hai con il Cinema?…

Con il cinema ho un rapporto straordinario. Sono un appassionato di film in bianco e nero, ma anche del cinema muto. Amo in particolare il cinema coreano che, secondo me, ha autori e registi fantastici, tra cui Kim Ki-Duc, Il cinema mi ha dato tanto, ed è una forma d’arte che, attraverso le immagini, la scrittura, il sonoro, esprime tantissimi sentimenti. E’ una forma d’arte completa…

C’è una frase che ripeto spesso nelle mie interviste con gli artisti, e che nel tuo caso, mi sembra particolarmente calzante: Ci sono “Dischi da leggere e Libri da ascoltare”. Tra i tanti, quali sono stati i libri che ti hanno cambiato e salvato la vita?

Uno dei libri che mi ha cambiato la vita è stato “La Fine è il mio inizio” di Tiziano Terzani, uno di quegli autori che “sposta il pensiero” e ti fa guardare le cose e il mondo in maniera diversa., Questo è stato un libro che mi ha aperto davvero gli occhi su tante cose e situazioni, soprattutto interiori. Terzani, oltre ad essere un giornalista di grande valore, è stato anche un uomo che è sceso spesso dentro di sè. A me ha donato tanto, quindi è un autore che consiglio a tutti…

Un altro pezzo che amo di quest’ album è “Paranoie”, canzone che racconta delle nostre fragilità. Mi piace questa frase che recita un’altra grande verità: “Farsi amare senza amare” è un piccolo reato…

Sì lo è, anche se io sono del parere che si cambia nella vita, si cambia almeno ogni mezz’ora. A volte riascolto cose che ho scritto un paio di anni fa e mi dico ” Ma questo sono io… io non la penso così ora…”. Questa frase ha in sè una piccola verità anche se penso che poi tutto è amore, e anche quando non si ama ci sono sempre delle ragioni d’amore. Riascoltandola oggi probabilmente non la riscriverei…

Cose dette da altri con le quali Maldestro è d’accordo o meno…

“Date fiducia all’amore, il resto è niente” (Giorgio Gaber)
Beh sì, sono d’accordo. L’amore è la ragione per cui tutto è…

“La Globalizzazione è un sistema studiato per far respirare il denaro attraverso la pace” (Alessandro Baricco)

Trovo che la globalizzazione abbia i suoi pro e i suoi contro, io sono per l’Umanità. Per me è un fallimento che l’Italia si chiami Italia e la Polonia si chiami Polonia. Mettere una bandiera per varcare un confine è come mettere un muro, e questo spesso è causa di guerre, ma è anche vero che la globalizzazione ha portato ricchezza culturale; rispetto a cinquant’anni fa, oggi è molto più semplice potersi confrontare con qualcuno che vive in Finlandia, e questo confronto ci porta a crescere, conoscere e comprendere anche altre culture e umanità.

“Ogni cosa fatta in qualche modo la si paga in ansia, in insuccesso, e se tutto va bene, in nostalgia… (Fabrizio De Andrè)
Sì concordo… e con la morte concluderei io… Mi viene in mente una frase di un film d’animazione, quella della scena in cui Simba e il padre guardano l’orizzonte e Simba chiede al padre: A cosa serve l’orizzonte se noi ci avviciniamo e lui si allontana?… E il padre risponde: Per avanzare…
Anche se noi sappiamo che ad un certo punto c’è la fine, viviamo per avanzare, l’istinto umano ci porta ad andare sempre oltre. Sembra una follia ma la grandezza della vita è questa…

Ci saranno prossimamente appuntamenti live di concerti o teatrali?…

Sì, stiamo lavorando in questi giorni alla chiusura di alcuni concerti. Anche per il teatro è così. Ci saranno delle date estive ma non abbiamo ancora un calendario definito.

Nell’Egosistema di Maldestro come si vive?…

Una bomba… (ride n.d.r.)… Scherzi a parte, si vive tra terremoti e primavere…

“EgoSistema” Tracklist

1) Ma chi me lo fa fare
2) EgoSistema
3)Precario Equilibrio
4) Anna se ne frega
5) Pezzi di me
6) Il panico dell’ansia
7) Leggero
8) Segnali di fumo
9) Paranoie
10) Un’altra bella scena (porno)
11) Come Kim Ki-Duc

GIULIANA GALASSO

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