Il cantautore torinese Bianco torna in scena con “Guardare per Aria”. La sua terza fatica discografica, pubblicata lo scorso 3 febbraio per l’etichetta INRI Torino, distribuita da Artist First e Believe Digital, lo elegge rappresentante del cantautorato pop made in Torino e decreta il passaggio dell’artista oltre il bivio: la musica di Bianco conquista la leggerezza necessaria per mantenere la testa tra le nuvole senza tuttavia rinunciare alla cura per le parole e alla ricercatezza degli arrangiamenti. La chiave di questa svolta sta nella ricerca dei termini più congeniali per esprimere concetti profondi ed emozioni intime in maniera immediata, eppure poetica. “Guardare per aria” racchiude, tra l’altro, un buon numero di collaborazioni che pongono a diretto confronto il sound della scuola cantautorale romana con quello della Torino indipendente, grazie all’equilibrio creato da Bianco insieme al produttore Riccardo Parravicini, attraverso l’intervento di numerosi musicisti: si va da Niccolò Fabi a Roberto Angelini a Pier Cortese a Mr T-Bone, per arrivare a Nadàr Solo, Daniele Celona e Levante.
La tracklist dell’album si snoda attraverso nove tracce, piene di stelle, di mare e di tutto ciò che troviamo in mezzo; sogni, incertezze e paure ci tengono in equilibrio mentre proviamo a muoverci sulla corda della vita, sottile quanto un “filo d’erba”. Ogni brano ha la sua colonna portante, la chitarra, che accompagna la voce di Bianco sicuro di sé e delle sue intenzioni. Il filo conduttore del disco è un pop pulito e leggero, di stampo cantautorale moderno in cui Bianco è il demiurgo di un’atmosfera ottimista, sognante e melanconica al contempo. La prima traccia “Filo d’erba” rompe il ghiaccio: “Arriverà l’estate e i fiori si apriranno … le stelle ci invidieranno perché è meglio guardare per aria che a terra”. Il “Volume” della vita, dell’amore e delle difficoltà ci regala la consapevolezza di possedere la forza necessaria per affrontarle ad una ad una. Il ritmo di “Corri corri” rompe gli schemi grazie alla presenza accentuata della batteria e al fresco duetto con Levante. Interessante l’intro elettronica di “Drago”, un brano immaginifico, un viaggio onirico che ci riporta alla scoperta di noi stessi: “la felicità è un drago fatto di gesti piccoli, così piccoli, quasi invisibili”. Intima e delicata anche “Aeroplano”: “Spesso è la paura di andare lontano mi fa restare vicino alle cose che amo, a quelle che in fondo io merito veramente”. A godere del particolare fascino autobiografico è “Almeno a Natale”: “essere liberi è anche capire che per non passare la vita a fuggire, serve ogni tanto saper indossare, quel vestito buono che ti fa paura”. Chiude il disco il brano intitolato “Le stelle di giorno”, una morbida e vellutata ninna nanna, ulteriormente addolcita da arpeggi, chitarra acustica e l’ipnotico canto delle cicale che, come un balsamo, cura e lenisce gli affanni della lotta quotidiana a cui siamo destinati.
Raffaella Sbrescia
Video: “Filo d’erba”