Terza intensa giornata a Umbria Jazz, quella di domenica 15 luglio.
Gli eventi a Perugia sono moltissimi, per tutti i gusti, tutte le tasche, tutti i sound: sarebbe bello poterli seguire tutti, ma del dono dell’ubiquità purtroppo non siamo ancora forniti. Così abbiamo assistito all’incantevole live di Kravitz, con un pochino di rammarico per aver dovuto tralasciare il concerto di Paolo Fresu al Morlacchi, programmato per la stessa ora.
Mancano un poco gli appuntamenti notturni al Morlacchi che ci coinvolgevano stanchi ma ancora molto entusiasti. Sicuramente il nuovo orario di programmazione è più comodo, però quel mischiarsi di sapore di tabacco stantio in bocca, lacrimazione densa negli occhi assonnati e impiastricciati e meraviglia nelle orecchie era magico.
Restano immutati invece gli appuntamenti nella sala Podiani, arricchiti da importanti eventi nella prima fascia pomeridiana, come quello che ieri ha visto sul palco del Palazzo dei Priori il Micah Thomas Trio, formato appunto da Micah Thomas, Dean Torrey e Kayvon Gordon.
Un jazz altamente innovativo, una sorta di raffinata rielaborazione gourmet di sonorità che prendono forme assolutamente originali e accattivanti. Esibitosi alcuni giorni fa a Spoleto, il trio, per la prima volta in Italia, propone a UJ il lavoro “Reveal”.
E’ un vero talento universalmente riconosciuto Thomas, che ha il coraggio di proporsi nello standard essenziale “pianoforte – batteria – contrabbasso”, per regalarci qualcosa di insolito che, come sostengono molti dei più grandi jazzisti di fama mondiale, lascerà un segno indelebile nella storia del Jazz.
Di corsa al Morlacchi, nuovamente sold out, per l’esibizione di Kurt Rosenwinkel’s the next step, accompagnato da Mark Turner, Ben Street e Jeff Ballard. Si riuniscono quattro nomi significativi del panorama jazzistico mondiale, intorno al progetto di un chitarrista decisamente importante, che già da solo riempie di atmosfera il teatro gioiello di Perugia, al suo terzo importante sold out in tre giorni, nonostante il caldo sia insopportabile. L’amore per la musica comporta qualche sacrificio, sacrificio che le note di Mark Turner al sax, i ritmi di Jeff Ballard alla batteria e le espressioni simpatiche e sonore di Ben Street al contrabbasso compensano pienamente. Ci fa piacere constatare come, rispetto alle precedenti edizioni che abbiamo avuto l’onore di seguire, il pubblico sia particolarmente coinvolto. Vero anche che la percentuale di stranieri è altissima, e sicuramente all’estero hanno orecchie diversamente allenate dalle nostre.
Ce lo dimostrano gli originalissimi CHA WA in Arena Santa Giuliana alle 21, in apertura del concerto di RAYE.
Da New Orleans, una band colorata e allegra, essenzialmente funky, ma che non disprezza il rap, il cui nome trae origine da una frase utilizzata dagli indiani del Mardi Gras, e significa “stiamo arrivando per voi”.
Una sintesi lessicale che si traduce in un’articolatissima estensione di suoni e colori, questi ultimi indossati da Honey Bannister, il frontman, che veste per l’occasione un costume dalle prevalenze di toni caldi, il giallo e il rosso, e un copricapo piumato che, davvero, non sappiamo come faccia a saltare e ballare senza sosta a 32 gradi fuori dai riflettori: figuriamoci sotto.
Conosciuti dai più giovani, gruppi di ventenni che ne seguono i fraseggi, e ballano entusiasti. Che come si fa a pretendere di far stare seduta la gente con questo sound, non lo sappiamo. E non lo sa nemmeno l’indulgente ma attenta security, rassegnata al potere dirompente della musica, ma attenta che tutto fili liscio. Alla security di Perugia tutta la nostra ammirazione e stima, soprattutto per l’educazione, che non è sempre scontata, purtroppo.
Fatte le dovute differenze, è una sorta di Orchestra di Piazza Vittorio statunitense con un poco di colore in più, quella che ci salta e canta e balla di fronte pur più di un’oretta, convincente nella musica e nelle coreografie, nominata ai Grammy Awards e premiata per aver realizzato un video musicale di eccellenza: con questi numeri di creatività e fantasia, non ci meraviglia.
Il grande palco prende un attimo di respiro e introduce un’artista davvero eccezionale per capacità canore, bellezza e sensualità. Talmente eccezionale che Guido Harari ritiene opportuno fare un salto nel PIT, tra l’emozione generale.
Lei è lì magnifica nel suo abito bianco, disinvolta, sorridente, accattivante, bellissima: RAYE.
Alle cronache assurta grazie all’esecuzione del brano del DJ Jax Jones ”You don’t know me”, esecuzione magistrale per quello che riguarda la perfezione dell’impostazione della voce, ha riscosso un notevole successo nel 2022 in Gran Bretagna, con il suo singolo d’esordio “Escapism”.
Racconta tanto e velocemente cose che la nostra scolastica conoscenza dell’inglese non ci permette di cogliere pienamente, ed è un peccato: possiamo però coglierne la bellezza con cui ci fa dono di un mix sofisticatissimo di jazz, soul e ballate, la capacità di stare sulla scena da vera regina, con la freschezza della sua età e senza retoriche da diva, le coreografie essenziali ma elegantissime.
Ringraziamo sempre per la bellezza, e ringraziamo RAYE per averci fatto dono della sua, accomiatandoci soddisfatti da un’Arena Santa Giuliana infocata in tutti i sensi.
Una menzione a Nico Gori, che con i suoi fiati disinvolti e seducenti intrattiene tutte le sere un accaldato pubblico, prima degli eventi principali in Arena Santa Giuliana. Ogni sera in modo diverso, come solo un affascinante e disinvolto “suonatore di flauto” riesce a fare in maniera incantevole: è il caso di urlarlo… Cool!!!
Roberta Gioberti