Franco Ricciardi è un artista presente sulla scena partenopea da oltre un ventennio. Amante della ricerca musicale e, sempre aperto alla sperimentazione, l’artista si è aggiudicato il David di Donatello 2014 per il brano “A Verità”, colonna sonora del film “Song’ e Napule” dei Manetti Bros. Reduce dalla pubblicazione dell’album intitolato “Figli e Figliastri”, ricco di prestigiose collaborazioni e svariati featuring, Franco Ricciardi si sta preparando ad un lungo tour che lo porterà in giro per tutta Italia. La sua missione? Cantare la periferia della gente per bene.
La musica per te è qualcosa di epidermico… Quali sogni, speranze, problemi canti nelle tue canzoni?
Nelle mie canzoni canto quello che vedo, quello che ascolto e cerco di dare voce a chi non ce l’ha. In effetti lo dico sempre, per me la musica è un fatto epidermico, capace di arrivare al cuore aldilà di qualsiasi ostacolo possibile e di accompagnarci in ogni momento della nostra vita.
La periferia è, da sempre, il tuo punto di riferimento, il tuo cordone ombelicale…Cosa significa nascere e muovere i propri passi in un contesto che viene abitualmente additato da tutti?
Significa avere più forza, combattere con più sacrificio, significa fare la fatica due volte: la prima volta per imparare, la seconda per far capire alla gente che hai imparato. Alla fine però, quando riesci nel tuo intento, sei doppiamente soddisfatto.
Quali sono i punti fermi e i caposaldi del tuo “Cuore Nero”?
Il mio punto fermo è il credo nella libertà d’espressione. La musica non può essere vincolata da un produttore o dal discografico di turno. L’arte è libertà e io ho voluto mettere su la mia etichetta “Cuore Nero” per essere libero di esprimere tutto quello che ritengo giusto per me.
Nell’album “Figli e figliastri” hai ulteriormente esteso la tua ricerca musicale attraverso una serie di featuring e collaborazioni importanti, ce ne parli nel dettaglio?
In “Figli e Figliastri” ci sono varie collaborazioni perché sono del parere che chi ama la musica la condivide con gli altri. Mi fa piacere ospitare nel mio disco, sia persone napoletane che non… Ci sono anche tanti giovani come Ivan Granatino in “Luna Park”, quest’anno ho scelto anche Enzo Dong, un ragazzo del rione Don Guanella, che ha del talento, e mi ha fatto piacere duettare con lui in un mio pezzo old school qual è “Prumesse mancate”. Un altro ospite speciale è stato Clementino, Lucariello, uno dei primi rapper napoletani poi ci sono Gue Pequeno eRocco Hunt. I featuring partono sempre da una stima reciproca, il risultato, dunque, è sempre naturale.
Come hai vissuto l’emozione della vittoria del David di Donatello per il brano “A Verità”, contenuto anche nel film “Song’ e Napule” dei Manetti Bros?
Ho vissuto tutto con molta tranquillità, semplicemente perché non credevo assolutamente di poter vincere. Mi sono goduto tantissimo la nomination, perché per me quella era la vera vittoria. Essere stato selezionato, per me che partivo da Scampia, era già qualcosa di incredibile e mai mi sarei aspettato di vincere l’Oscar italiano. Mentre ero lì, i miei amici che hanno condiviso il pezzo, ovvero Rosario Castagnola, Sarah Tartuffo e Nelson mi chiedevano a ripetizione di preparare qualcosa da dire in caso di vittoria, io, invece, controbattevo loro che non era nemmeno lontanamente ipotizzabile e che una nostra vittoria sarebbe stata una cosa da pazzi. In gara c’erano dei film che avevano produzioni incredibili e fino all’ultimo non ci ho mai creduto… Poi, quando ho sentito Caparezza nominare il titolo del mio brano, mi sono letteralmente gelato! La sorpresa inaspettata è sicuramente la più bella cosa, senza la preoccupazione di dover sperare in qualcosa e con la consapevolezza di vivere con tranquillità una sconfitta che si era già messa in conto. Quello che non mi piace è arrivare alle cose con affanno.
Nel brano canti “Arraggia ca saglie e nun fa sunnà”… Tu cosa sogni?
Il mio sogno è quello di sognare sempre perché sognando si coltiva la speranza. Vivo giorno per giorno, mi do degli obiettivi che cerco di vivermi in piena serenità. La musica ha proprio bisogno di questo, di serenità da divulgare anche agli ascoltatori. Se sei “arraggiato” la gente avverte questa tua rabbia…
Un tuo concetto molto importante è “Canto la Scampia della gente per bene…”
Certo! Soprattutto in questo periodo pieno di fiction, libri e quant’altro che non esaltano la parte per bene di questa zona così martoriata. Io abito proprio a pochi passi da Scampia, l’ho vista nascere, l’ho vista venire su negli ’70 e credo, anzi sono fermamente convinto, che la maggioranza delle persone che ci vivono sono brava gente. Forse a qualcuno fa comodo far credere che la parte brutta di questa popolazione sia molta di più di quanto sia in realtà…da parte mia vedo con i miei occhi e tocco con le mie mani tante brave persone.
Sei molto attento e disponibile con tante giovani leve dello scenario rap e hip hop nazionale, come mai? Cosa ti spinge ad aiutare questi ragazzi?
Le nuove generazioni sono il nostro futuro, guardare loro è guardare il nostro domani. Io in genere amo il nuovo ed è per questo che amo le nuove generazioni. Sono sempre contento di dare loro una possibilità, nel mio piccolo, e, in genere, lo faccio sempre.
Hai altri progetti, anche non musicali, in corso o in programma?
Sto per iniziare il “Figli e Figliastri” tour mentre da ottobre saremo in giro per l’Italia, e oltre, con uno spettacolo teatrale intitolato sempre “Figli e Figlastri”, che, ovviamente, subirà svariati ritocchi perché non sarà come lo show che portiamo in piazza, sarà più raccolto con delle piccole prefazioni a quello che canterò. Sarà una nuova esperienza visto che come spettacolo teatrale ho fatto solo il Musical però, in quel caso, ero con altre persone. Per il resto andrò a trovare un bel po’ di amici sul palco. Mi hanno anche chiamato per tenere un concerto all’interno del carcere di Poggioreale, credo che canterò anche nelle carceri minorili per cercare di portare un messaggio positivo a queste persone e far capire loro che ci sono tante strade e alternative da scegliere per vivere una vita onesta, fatta di sacrifici.
Che rapporto hai con il tuo pubblico e com’è strutturato il tuo concerto?
Io ed il mio pubblico siamo ormai una famiglia, grazie anche alla rete e ai social network siamo sempre in contatto. Con molti di loro mi vedo e mi incontro anche tutti i giorni, ormai sono 20 anni che faccio musica e li conosco un po’ tutti, alcuni sono proprio dei miei amici, persone che mi danno dei consigli. A me, poi, piace molto ascoltarli, dal più piccolo al più grande e adoro avere il loro parere, di cui spesso faccio tesoro.
Raffaella Sbrescia
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Video: “A Verità”